Hotel Club La Villa
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Martinsicuro (TE), Abruzzo
abbateggio, alba adriatica, anversa degli abruzzi, bugnara, campli, caramanico terme, casoli, castel del monte, castelli, città sant'angelo, civitella del tronto, crecchio, cugnoli, giulianova, guardiagrele, loreto aprutino, martinsicuro, navelli, opi, pacentro, palena, penne, pescocostanzo, pettorano sul gizio, pietracamela, pretoro, rocca san giovanni, roseto degli abruzzi, santo stefano di sessanio, scanno, tagliacozzo, tortoreto, villalago
Scopri tutti i comuni del territorioSe è vero che la toponomastica dice tanto di un luogo, nel caso dell’Abruzzo dice tutto. Racconta da una parte di una regione con chilometri di spiagge bianche – da qui nomi più che espliciti come la stessa Pescara e le tante “marine” lungo la costa – e dall’altra di borghi incastonati fra vette appenniniche – le più alte d’Italia, grazie alla presenza dei massicci della Majella, del Parco Nazionale d’Abruzzo e del Gran Sasso – come testimoniano per esempio Pietracamela, Rocca San Giovanni, Castel del Monte, Tagliacozzo e così via.
Borghi che, per la loro natura “arroccata” e di difesa dell’entroterra, hanno saputo attraversare secoli, arrivando a noi con un centro storico ancora intatto che sa trasmettere fascino ed emozioni dal sapore antico, tanto che ben 25 sono entrati di diritto nel novero dei “Borghi più belli d’Italia”.
Un ricco patrimonio architettonico, artistico e di tradizioni vive, che animano ancora adesso questi “avamposti” di cultura locale immersi in una natura incontaminata e prorompente.
Dati ottenuti tramite l’analisi delle recensioni sul web
Le attività del turista Culturale
“Baviera d’Italia”. Titolo alquanto curioso per l’Abruzzo, giustificato però dalla presenza di circa 700 edifici fra castelli, torri e fortilizi. Una miriade di avamposti militari e non, che dall’alto di colline, passi e promontori impongono la loro presenza, offrendo spunti di viaggio carichi di suggestioni ed echi di tradizioni e culture locali.
Il tour ideale di questo ingente patrimonio architettonico non può che partire da Rocca Calascio nel Parco Nazionale del Gran Sasso, e approdare al Castello Aragonese a Ortona, con vista sull’Adriatico. Questi due fortilizi, che hanno in comune un’imponente struttura caratterizzata da torrioni angolari, sono l’uno agli antipodi dell’altro. Se il primo svetta in tutta la sua grandiosità sulle valli sconfinate e silenziose degli Appennini Abruzzesi, il secondo domina il litorale da cui poco lontano inizia la ciclabile detta Via Verde della Costa dei Trabocchi.
Nel mezzo, decine e decine di esempi di castrum più o meno antichi: a Crecchio e Casoli, in provincia di Chieti, si visitano rispettivamente il Castello Ducale e di Masciantonio. A Pacentro e Pettorano sul Gizio, nell’aquilano, quello di Caldora e di Cantelmo e, nello splendido borgo medievale di Santo Stefano di Sessanio, c’è la Torre Medicea, mentre a Civitella De Tronto, Teramo, la Fortezza, fra gli esempi di architettura militare meglio conservati non solo del Centro Italia ma persino d’Europa, con tanto di Museo delle Armi. E già che si è qui, imperdibile il Museo NINA, che narra la storia della città attraverso cimeli e abiti appartenuti agli aristocratici del luogo, ex città regia e di frontiera.
Preziose testimonianze di epoche e vicende lontane, ognuna delle quali ha lasciato il segno nell’evolversi della storia locale, come si può apprezzare anche dal numero di musei sparsi ovunque. Sono ben quattro nel solo borgo di Guardiagrele, in provincia di Chieti, nel Parco Nazionale della Majella: ci sono nell’ordine il Museo Archeologico Filippo Ferrari, il Museo del Costume e delle tradizioni della nostra gente, il Museo del Duomo Don Domenico Grossi e l’Antiquarium Medievale Antonio Cadei. A Crecchio si “naviga” in acque di più di mille anni fa, nel Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale. Sconfinando nel pescarese, a Penne, l’excursus temporale va dal Museo Archeologico Civico Diocesano a quello di Arte Moderna e Contemporanea; ad Abbateggio, l’Ecomuseo del Paleolitico della Valle Giumentina Villaggio Tholos riporta a qualche era geologica fa; a Caramanico Terme, il Museo Naturalistico ed Archeologico Paolo Barrasso racconta di flora e fauna della Majella e delle civiltà di un tempo; a Città S. Angelo si ripercorre invece una storia imprenditoriale recente, quella di un’ex manifattura tabacchi ora trasformata in Museolaboratorio. Infine, a Castelli, nei dintorni di Teramo, ecco il Museo delle Ceramiche, ouverture dedicata a questa delicata arte in un range produttivo che va dal IV secolo a.C. alla fine dell’800.
Le attività del turista Enogastronomico
Campo Imperatore, altopiano a 1800 metri nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. È qui che a maggio, migliaia di pecore salgono al pascolo secondo l’antico rito della transumanza, per poi dare il via al processo di produzione del formaggio Canestrato di Castel del Monte. Il latte viene filtrato, riscaldato a 35-40°C per 15-25 minuti e addizionato con caglio naturale (ottenuto dallo stomaco di agnello), cotto a 40°-45°C per 15 minuti circa, e infine pressato nelle fiscelle e lasciato riposare al fresco nelle casere. Sempre sul Gran Sasso, fra i 600 e i 1400 metri di quota, dove il freddo e le quote elevate permettono di ottenere un risultato qualitativo eccellente, si coltivano la varietà di Grano solina dell’Appennino abruzzese e la squisita Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, mentre sull’Altopiano di Navelli si producono ceci di piccole dimensioni, nelle varietà bianca e rossa, ideali per zuppe e minestroni.
Con le essenze più tipiche di queste montagne e del massiccio del Sirente Velino, la santoreggia e la stregonia, si aromatizzano due mieli monofloreali. Dall’alta e media valle del Sangro e dell’Aventino, alle pendici orientali della Majella, proviene invece il salume tradizionale noto come salsicciotto frentano, insaccato di carne di maiale realizzato con tagli pregiati quali prosciutto, spalla, lombo e capocollo, con aggiunta di sale e pepe. A insaporire i piatti della tradizione locale ci sono infine tre olii extravergine d’oliva DOP, l’Aprutino Pescarese, il Pretuziano delle Colline Teramane e quello delle Colline Teatine, tutti molto fruttati e aromatici. Di olive sempre si tratta quando si parla di “intosso di Casoli”, trattate con il cosiddetto “sistema sivigliano”, che prevede la fermentazione lattica in una soluzione salina per una decina di giorni.
Le attività del turista Naturalistico
Al secolo era Pietro Angeleri detto da Morrone, per la storia fu Celestino V. Il contesto della vita di questo semplice uomo “di montagna” che da eremita a Sant’Onofrio al Morrone, sopra Sulmona, divenne Papa, era l’Abruzzo, sua terra d’origine che da più di 700 anni, ogni 28 e 29 agosto ne celebra il ricordo con il solenne rito della Perdonanza. Questo l’antefatto: il 29 agosto 1294, Pietro, già designato successore di Niccolò IV, si recò nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, dove venne eletto Papa. Evento eccezionale che attirò una folla di centinaia di fedeli, oltre a nobili, cardinali e persino re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, che pare lo avessero addirittura “scortato” nel suo lungo viaggio a dorso d’asino. Per ringraziarli di questo inaspettato omaggio, il neo eletto concesse in dono a tutti i presenti la Perdonanza, ossia la remissione dei peccati e l’assoluzione della pena. L’eco fu così straordinaria che L’Aquila ne giovò in fama per lungo tempo, anzi, fino ai giorni nostri, tanto che nel 2019, la Bolla della Perdonanza Celestiana è stata iscritta dall’Unesco alla Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Oltre che con il consueto pellegrinaggio agostano, il ricordo di questo Papa fuori dagli schemi, che seppe anche innovare la Chiesa di allora, è oggi tramandato con il cosiddetto Cammino di Celestino lungo circa 90 km. Sei le tappe, tracciate sulla Rete Sentieristica Ufficiale del Parco Nazionale della Majella, in parte coincidenti con l’ormai storico Sentiero dello Spirito (segnavia S) e con quelli che era solito percorrere lo stesso Celestino.
La partenza avviene alla Badia Celestiniana di Sulmona e dopo aver toccato Pacentro, Roccacaramanico, Caramanico Terme, Roccamorice e Lettomanoppello si conclude all’Abbazia di S. Liberatore a Maiella nel comune di Serramonacesca. Particolarmente impegnative sono le due tappe che transitano per la vetta del Monte Morrone (2.061 metri) e per la ripida Rava dell’Avellana nella Valle dell’Orfento. Per orientarsi, c’è la Charta Peregrini (o Credenziale del Pellegrino), una sorta di “tessera a punti”, che una volta completata dà diritto a ricevere la Croce di Celestino, il Testimonium che certifica l’intera percorrenza delle tappe.
Le attività del turista Spirituale
Al secolo era Pietro Angeleri detto da Morrone, per la storia fu Celestino V. Il contesto della vita di questo semplice uomo “di montagna” che da eremita a Sant’Onofrio al Morrone, sopra Sulmona, divenne Papa, era l’Abruzzo, sua terra d’origine che da più di 700 anni, ogni 28 e 29 agosto ne celebra il ricordo con il solenne rito della Perdonanza. Questo l’antefatto: il 29 agosto 1294, Pietro, già designato successore di Niccolò IV, si recò nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, dove venne eletto Papa. Evento eccezionale che attirò una folla di centinaia di fedeli, oltre a nobili, cardinali e persino re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, che pare lo avessero addirittura “scortato” nel suo lungo viaggio a dorso d’asino. Per ringraziarli di questo inaspettato omaggio, il neo eletto concesse in dono a tutti i presenti la Perdonanza, ossia la remissione dei peccati e l’assoluzione della pena. L’eco fu così straordinaria che L’Aquila ne giovò in fama per lungo tempo, anzi, fino ai giorni nostri, tanto che nel 2019, la Bolla della Perdonanza Celestiana è stata iscritta dall’Unesco alla Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Oltre che con il consueto pellegrinaggio agostano, il ricordo di questo Papa fuori dagli schemi, che seppe anche innovare la Chiesa di allora, è oggi tramandato con il cosiddetto Cammino di Celestino lungo circa 90 km. Sei le tappe, tracciate sulla Rete Sentieristica Ufficiale del Parco Nazionale della Majella, in parte coincidenti con l’ormai storico Sentiero dello Spirito (segnavia S) e con quelli che era solito percorrere lo stesso Celestino.
La partenza avviene alla Badia Celestiniana di Sulmona e dopo aver toccato Pacentro, Roccacaramanico, Caramanico Terme, Roccamorice e Lettomanoppello si conclude all’Abbazia di S. Liberatore a Maiella nel comune di Serramonacesca. Particolarmente impegnative sono le due tappe che transitano per la vetta del Monte Morrone (2.061 metri) e per la ripida Rava dell’Avellana nella Valle dell’Orfento. Per orientarsi, c’è la Charta Peregrini (o Credenziale del Pellegrino), una sorta di “tessera a punti”, che una volta completata dà diritto a ricevere la Croce di Celestino, il Testimonium che certifica l’intera percorrenza delle tappe.
L’Eremo Celestiniano di San Giovanni all’Orfento a Caramanico Terme, in provincia di Pescara, fu fatto costruire da fra’ Pietro detto da Morrone nel 1290, su uno sperone di roccia poco sopra alla grotta dove era solito ritirarsi in preghiera, negli anni precedenti alla sua elezione a Sommo Pontefice con il nome di Celestino V. Un luogo spettacolare per il suo stare in bilico a metà costa, appena sopra Sulmona, ma non certamente l’unico sito religioso che merita attenzione in terra d’Abruzzo, disseminata di abbazie, chiese, santuari ed eremi che partono dalla costa adriatica e arrivano fino ai 1500 metri di quota della Chiesa di Santa Maria della Pietà, a Rocca Calascio, in provincia dell’Aquila. Là dove alla bellezza di una costruzione del Cinquecento eretta in mezzo al nulla si affiancano le rovine del Castello Normanno, creando un insieme di grande fascino, spesso set di film, come Ladyhawke e Il nome della rosa.
Tornando a Caramanico Terme, nel cuore del Parco Nazionale della Majella, troviamo anche la Chiesa Santa Maria Maggiore e l’Abbazia di San Tommaso in Becket, quest’ultimo Monumento Nazionale voluto nel Duecento dagli agostiniani in memoria dell’Arcivescovo di Canterbury dell’Ordine dei Templari, morto durante una battaglia fra Corona inglese e Santa Romana Chiesa. E ancora, sempre in provincia di Pescara, si visitano la Chiesa di San Francesco a Città Sant’Angelo, e ad Abbateggio la Collegiata S. Michele Arcangelo, la Chiesa Medievale e Altomedievale di Sant’Agata e il Santuario della Madonna dell’Elcina, quest’ultimo legato all’antica leggenda di un’apparizione della Madonna a due pastorelli muti. La Madonna sarebbe stata seduta su un leccio (elce), i cui resti conservati sotto l’altare sono ora oggetto di culto.
Altri misteriosi avvenimenti sarebbero invece legati alla costruzione della Chiesa Romitorio della Madonna della Mazza, a Pretoro, sempre sulla Majella. Qui si narra che l’immagine di Maria sia stata rinvenuta su un tronco, poi trasportata in paese e infine ritrovata nuovamente in Chiesa, per opera della Madonna stessa, che nel farlo lasciò le proprie impronte su un’improbabile neve caduta nel giorno 2 di luglio.
Le attività del turista Sportivo
Al secolo era Pietro Angeleri detto da Morrone, per la storia fu Celestino V. Il contesto della vita di questo semplice uomo “di montagna” che da eremita a Sant’Onofrio al Morrone, sopra Sulmona, divenne Papa, era l’Abruzzo, sua terra d’origine che da più di 700 anni, ogni 28 e 29 agosto ne celebra il ricordo con il solenne rito della Perdonanza. Questo l’antefatto: il 29 agosto 1294, Pietro, già designato successore di Niccolò IV, si recò nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, dove venne eletto Papa. Evento eccezionale che attirò una folla di centinaia di fedeli, oltre a nobili, cardinali e persino re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, che pare lo avessero addirittura “scortato” nel suo lungo viaggio a dorso d’asino. Per ringraziarli di questo inaspettato omaggio, il neo eletto concesse in dono a tutti i presenti la Perdonanza, ossia la remissione dei peccati e l’assoluzione della pena. L’eco fu così straordinaria che L’Aquila ne giovò in fama per lungo tempo, anzi, fino ai giorni nostri, tanto che nel 2019, la Bolla della Perdonanza Celestiana è stata iscritta dall’Unesco alla Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Oltre che con il consueto pellegrinaggio agostano, il ricordo di questo Papa fuori dagli schemi, che seppe anche innovare la Chiesa di allora, è oggi tramandato con il cosiddetto Cammino di Celestino lungo circa 90 km. Sei le tappe, tracciate sulla Rete Sentieristica Ufficiale del Parco Nazionale della Majella, in parte coincidenti con l’ormai storico Sentiero dello Spirito (segnavia S) e con quelli che era solito percorrere lo stesso Celestino.
La partenza avviene alla Badia Celestiniana di Sulmona e dopo aver toccato Pacentro, Roccacaramanico, Caramanico Terme, Roccamorice e Lettomanoppello si conclude all’Abbazia di S. Liberatore a Maiella nel comune di Serramonacesca. Particolarmente impegnative sono le due tappe che transitano per la vetta del Monte Morrone (2.061 metri) e per la ripida Rava dell’Avellana nella Valle dell’Orfento. Per orientarsi, c’è la Charta Peregrini (o Credenziale del Pellegrino), una sorta di “tessera a punti”, che una volta completata dà diritto a ricevere la Croce di Celestino, il Testimonium che certifica l’intera percorrenza delle tappe.
Il Gargano e i Monti della Daunia in Puglia e l’Irpinia in Campania hanno una cosa in comune: la vista sul massiccio della Majella, che insieme a quello del Gran Sasso, rappresenta il “cuore di pietra” – calcarea per la precisione – dell’Appennino Abruzzese nonché del Centro Italia. Gli ampi spazi su cui si affaccia permettono infatti di scorgerlo da oltre 70 km di distanza, grazie a cime che raggiungono nella sua parte sommitale i 2793 metri con il Monte Amaro, i 2737 dell’Acquaviva e così via a scendere fino ai 2143 del Blockhaus.
Il Parco Nazionale della Majella esiste dal 1991 e, oltre a comprendere al suo interno sette riserve naturali statali, dal 2021 è un sito riconosciuto Geoparco Mondiale Unesco. Il tutto a tutela delle oltre 2100 specie vegetali che, a conti fatti, rappresentano circa un terzo dell’intera flora nazionale.
La sua altitudine e la caratteristica di presentare una serie di vasti pianori erbosi ha permesso lo sviluppo del comprensorio sciistico Passo Lanciano – Majelletta. Solo la Majelletta ha 4 skilift e un tapis roulant per 4 piste blu e 4 rosse, mentre più a valle, a quota 1650, si sviluppano anche due anelli per lo sci nordico, e in località Rifugio Pomilio c’è pure uno snowpark servito da uno skilift con campo scuola, pista bob e tubing, molte aree per i fuoripista e diversi itinerari per lo sci d’alpinismo. In alternativa, a Passo Lanciano, a quota 1350, si trovano altri impianti: seggiovia, 2 skilift e 2 nastri trasportatori per 2 rosse, 2 blu e 2 verdi, che scivolano a valle per oltre 6 km attraversando una magnifica faggeta. Snowpark, campo scuola, kindergarden per i piccoli e un anello di fondo di 5 km sono invece a Piane di Tarica, a chiudere un’offerta per ski addict, ciaspole comprese, che non ti aspetteresti mai in Centro Italia, soprattutto a un’ora d’auto dalla costa.
La sua altitudine e la caratteristica di presentare una serie di vasti pianori erbosi ha permesso lo sviluppo del comprensorio sciistico Passo Lanciano – Majelletta. Solo la Majelletta ha 4 skilift e un tapis roulant per 4 piste blu e 4 rosse, mentre più a valle, a quota 1650, si sviluppano anche due anelli per lo sci nordico, e in località Rifugio Pomilio c’è pure uno snowpark servito da uno skilift con campo scuola, pista bob e tubing, molte aree per i fuoripista e diversi itinerari per lo sci d’alpinismo. In alternativa, a Passo Lanciano, a quota 1350, si trovano altri impianti: seggiovia, 2 skilift e 2 nastri trasportatori per 2 rosse, 2 blu e 2 verdi, che scivolano a valle per oltre 6 km attraversando una magnifica faggeta. Snowpark, campo scuola, kindergarden per i piccoli e un anello di fondo di 5 km sono invece a Piane di Tarica, a chiudere un’offerta per ski addict, ciaspole comprese, che non ti aspetteresti mai in Centro Italia, soprattutto a un’ora d’auto dalla costa.
Su una missiva del 1047 inviata dall’imperatore Enrico III al Monastero di San Giovanni in Venere si parla per la prima volta del borgo chietino di Rocca San Giovanni. Dapprima feudo di nobili famiglie longobardo-franche interessate alla colonizzazione monastica benedettina a partire dal VIII secolo, dall’XI al XVI secolo è rocca-rifugio della vicina abbazia benedettina, per poi diventare proprietà della congregazione di Filippo Neri di Roma e infine, nel XVIII secolo, del Regio Demanio. Inserito a buon diritto fra i “Borghi più belli d’Italia”, regala atmosfere d’altri tempi, in monumenti come la Chiesa di San Matteo Apostolo, in stile romanico e a tre navate, e il Palazzo Municipale del XIX secolo, di ispirazione classica, sede di un’interessante raccolta di opere d’arte. La passeggiata per le vie del centro non può mancare la sosta sulla terrazza panoramica, da cui lo sguardo spazia sulla verde vallata percorsa dal fiume Sandro e dal torrente Feltrino, fino a giungere alla costa adriatica. Qui, in località la “Foce”, tra l’antico borgo di Vallevò e Punta Torre, si stende un’ampia spiaggia, che insieme a quella del “Cavalluccio” è cuore della Costa dei Trabocchi. Entrambe vantano infatti un trabocco, attrattiva da non perdere, soprattutto nel caso in cui sia stato adattato a ristorante. Molti sono infatti i trabocchi che oggi offrono la possibilità di fare l’esperienza di un pranzo a base di pesce locale, con piatti della tradizione come la “palazzole”, composto da acciughe o sardine, mollica di pane, aglio, prezzemolo e olio extravergine di oliva.
In materia di buona tavola, Rocca San Giovanni è Città del Vino: due le cantine che producono vini Doc Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo. Non solo. Dalle distese di olivi della zona, a varietà “Gentile” di Chieti, deriva l’olio Dop Colline Teatine, un fruttato dai sentori erbacei e di colore verde oro. Ottima anche la varietà di arance locali, identificata con una denominazione inconfondibile, Costa dei Trabocchi.
L’etimologia del toponimo Guardiagrele porta lontano e permette di ripercorrere 2500 anni di storia. In principio, nel IX secolo a.C., fu Aelion, da Hélios, Apollo, Dio del Sole, da cui Graelion, divenuto Graelium con i Romani, Grele con i Longobardi e Graeli con i Normanni, e infine in Guardia (dal longobardo warda, che indica un posto di vedetta militare) di Grele, da cui l’attuale Guardiagrele. A Guardiagrele ha sede il Parco Nazionale della Majella, area ricca di acque, boschi e pascoli, anfratti e valli nascoste da scoprire a passo lento, in mountain bike o a cavallo. I sentieri sono segnalati e attrezzati con appositi cartelli predisposti dal Club Alpino Italiano su flora e fauna, che da queste parti include l’orso, il lupo e l’aquila.
Chi volesse invece affidarsi a guide specializzate può farne richiesta presso la Cooperativa Sociale Linea Verde, che offre anche tour storico-culturali nel Borgo Medievale di Guardiagrele. Questo tocca la Cattedrale di Santa Maria Maggiore, il Sacrario di Andrea Bafile, il Museo del Costume e della Tradizione, la bella Villa Comunale, la Chiesa di Santa Maria Del Carmine, Torre Orsini e la Chiesa di San Rocco. Sempre a Guardiagrele, in località Piana delle Mele, ha inoltre sede il Parco Avventura Majella, il più grande Parco Avventura d’Italia, con oltre 250 giochi sospesi tra gli alberi, collegati da passerelle, ponti tibetani, tunnel e tirolesi mozzafiato.
C’è stato un momento del lungo passato di Penne in cui questo borgo pescarese, situato a uguale distanza tra il Mar Adriatico e il Gran Sasso, è stato l’antica capitale della popolazione italica dei Vestini. Da allora, mille vicissitudini storiche hanno modificato e arricchito di significato il tessuto urbano e il territorio, come rivelano le visite al Museo Archeologico G. B. Leopardi allestito nelle sale del Palazzo Vescovile, al Museo Civico Diocesano ricavato nella cripta del Duomo, al Museo di Arte Moderna e Contemporanea ambientato negli spazi tardo-cinquecenteschi di Palazzo De Leone, nei pressi del Duomo, e infine al Museo Naturalistico De Leone, situato nella Riserva naturale regionale Lago di Penne, in contrada Collalto.
Non c’è quindi da stupirsi che faccia parte dei “Borghi più belli d’Italia”. Oltre alle molte bellezze artistiche, Penne è la porta di accesso al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, immerso com’è nella Riserva naturale controllata Lago di Penne. Ciò ne fa una perfetta meta escursionistica per chi vuole praticare trekking, birdwatching, equiturismo e persino pesca sportiva presso l’Oasi Lago di Penne. Fra le passeggiate più piacevole c’è quella che conduce alla Chiesa e Convento Santa Maria in Colleromano, del XIV secolo, appartenuti prima ai Benedettini e poi agli Osservanti. Da notare come portale romanico, bestiario medievale, capitelli traforati, formelle e sculture sono opera di una scuola locale originaria di Atri, piccolo borgo medievale non lontano da qui. Sulla strada che conduce al lago di Penne, si può invece fare sosta presso la Chiesa barocca di Santa Maria del Carmine, con facciata settecentesca.
“Castrum Pretorii de Theti”. La toponomastica non mente mai, e infatti Pretoro sorge sui resti di un fortilizio posto nel V a.C. a guardia della valle e del Passo Lanciano – Maielletta, là dove oggi sorge un comprensorio sciistico. Ricostruito più volte, l’ultima delle quali nel Seicento, Pretoro è inserito nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”: vicoli, stradine strette, case scavate nella pietra, e un’infinità di gradini, 1407 in tutto, da percorrere fra chiesine, palazzi nobiliari e botteghe di piccoli artigiani dediti per lo più alla lavorazione del legno. Tornitori, scalpellini e intagliatori di mortai, setacci per la farina, strumenti per fare la pasta alla chitarra, cucchiai e forchette di legno.
Tre gli edifici religiosi da visitare. La chiesa di Sant’Andrea Apostolo, del XV – XVI secolo, la chiesa di San Nicola, romanica d’origine e poi rivista in chiave tardorinascimentale e secentesca, nota come chiesa di San Domenico, luogo di culto usato per le celebrazioni de Lu Lope (il lupo) e dei Serpari (i manipolatori di serpenti). E infine l’Eremo della Madonna della Mazza, di origine duecentesca o trecentesca, frequentato in estate e soprattutto la prima domenica di luglio, quando la Madonna viene riportata in processione qui, sui monti, dopo aver trascorso due mesi nella chiesa di Sant’Andrea.
Il territorio di Pretoro – primi Comuni in Italia a sperimentare un progetto di audioguide su telefonia mobile, tuttora attivo – è particolarmente vocalo per l’escursionismo. E’ infatti inserito nella Riserva Naturale Valle del Foro, creata nel 1997 come primo nucleo del Parco Nazionale della Maiella, e comprende la suggestiva area dei mulini rupestri, meta meritevole di una deviazione. A livello faunistico, l’area è inoltre dedicata al ripopolamento dei lupi.
La storia sulle origini del Santuario della Madonna dell’Elcina ad Abbateggio, in provincia di Pescara, assomiglia a quella di altri luoghi sacri sorti in Italia e non solo in seguito a una “visione”, ma in questo caso sarebbe avvenuta in tempi assai più remoti, ossia fra il XV e il XVI secolo. Questo l’evento mistico: due pastorelli muti di Abbateggio avrebbero visto in cima alla collina appena fuori dal borgo una Signora, ai piedi di un leccio, e un quadro che rappresentava la Madonna seduta su un albero con in braccio Gesù Bambino. La Signora avrebbe poi esortato i due a far costruire una chiesa proprio in quel punto. Gli abitanti di Abbateggio, venuti a conoscenza del fatto, avrebbero portato l’immagine sacra per tre volte nella Chiesa di San Lorenzo Martire, ritrovandola poi per altrettante volte in cima alla collina. Solo allora, si decise di procedere con la costruzione del Santuario. Questo l’antefatto, cui seguì nel 1927 un’ultima ricostruzione dell’edificio, che oggi è un “puzzle” di epoche e stili diversi. Presenta infatti una facciata in blocchi di pietra con portale a vetrata in ferro battuto e un interno a tre navate dalle linee neoclassiche chiuso da mura medievali. Sull’altare maggiore è conservata una statua della Madonna in terracotta dipinta datata al Quattrocento, che a sua volta poggia su un tronco di elce che la tradizione vuole essere l’antico albero sul quale apparve la Vergine.
Se Abbateggio, in provincia di Pescara, è fra i “Borghi più belli d’Italia” lo si deve anche alla Chiesa di San Lorenzo Martire, che nella sua semplicità sa trasmettere un senso di composta eleganza. Con la sua facciata in muratura di pietrame affiancata dalla torre dell’orologio e divisa in due livelli con paraste tuscaniche, trabeazione intermedia e timpano triangolare, accoglie i visitatori con un ben portale in pietra che apre su un impianto interno ad aula con loggia per la cantoria, altari laterali e abside semicircolare, con copertura a volta a botte lunettata e semicatino absidale. Lo stile tardobarocco ottocentesco connota lo spazio, ornato da stucchi e cartigli, mentre gli altari sono in muratura con ordine architettonico e timpani di forme diverse con decorazioni in stucco, cartigli e figure a rilievo, come le superfici delle volte.
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