Le attività del turista Culturale
cultura materiale (città d'arte, siti archeologici, musei)
Per approcciare nel modo più corretto la conoscenza del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane c’è il Centro visite di Frisanco, ricavato nello stabile dell’ex-caseificio di Poffabro. Quattro le sezioni: gli aspetti naturalistici del Parco, la Val Colvera, le malghe del Parco e il caseificio vero e proprio. Qui, si dà particolare rilievo all’attività della Società Latteria Sociale Turnaria di Poffabro-Casasola, durata una trentina di anni, fra il 1932 e la seconda metà degli anni ’60.
Di tutt’altro genere la storia e soprattutto lo stile di Palazzo Mocenigo – Centi, a Barcis, la cui architettura rivela chiare influenze veneziane, in un felice accostamento agli elementi tipici dello stile rustico della Valcellina, vedi il doppio loggiato della facciata, con un arco ribassato nel piano terra e uno a tutto sesto nel piano superiore. Semplicità e struttura, tono rustico ed eleganza tutto in uno.
Si torna in una realtà totalmente contadina a Claut, durante la visita del Museo della casa clautana: aperto al pubblico nel 1990, illustra tutte le sfumature della figura della donna clautana e per estensione valcellinese, intenta ai lavori di casa, dei campi, della stalla e come venditrice ambulante di utensili di legno. Ma Claut si è anche conquistata un posto d’onore nei libri di paleontologia, grazie al ritrovamento casuale di una serie di impronte fossili di un dinosauro. Era il 1994, e quelle tracce impresse su un masso di Dolomia Principale, formazione rocciosa depositatasi nel triassico superiore, risultarono essere datate a più di duecento milioni di anni fa.
Di rocce, ma di ben altra natura e per altre ragioni, si parla anche nel piccolo borgo di Erto, al centro della tragica vicenda della diga del Vajont. Nella notte del 9 ottobre 1963, una gigantesca frana si staccò dal Monte Toc precipitando nel bacino della diga, che con la sua struttura ad arco alta 265 metri era la più imponente al mondo nel suo genere. L’onda d’urto causò la fuoriuscita di una spaventosa massa d’acqua e la conseguente distruzione dei paesi a valle, senza però infrangere la struttura della diga stessa. Il Centro visite è diviso in due sezioni: “Vajont Immagini e memorie”, con foto d’epoca sugli usi e costumi della gente del Vajont prima del tragico evento; e “Uno spazio della memoria”, incentrata sulla progettazione del bacino idroelettrico del “grande Vajont” fino al processo conseguente la tragedia.
Si viaggia indietro nel tempo nel Museo Archeologico di Montereale Valcellina, allestito all’interno del complesso edilizio del seicentesco Palazzo Toffoli, grazie a una ricca raccolta di reperti datati dal XIV secolo a.C. in poi, dalla Protostoria al Medioevo. Nella vicina Centrale idroelettrica A. Pitter di Malnisio si passa al capitolo dell’archeologia industriale, ripercorrendo quasi un secolo di diffusione dell’energia elettrica, da quella prima accensione in Piazza San Marco a Venezia, nel 1905, fino al 1988, anno in cui la centrale chiuse i battenti.
A Tramonti di Sopra e Forni di Sopra, in provincia di Pordenone, il focus si sposta invece sul tema fortilizi e castelli antichi. In particolare, a Tramonti si può ammirare uno dei primi esempi di struttura fortificata della Regione, risalente a prima dell’XI secolo, mentre a Forni si trovano i resti del Castello di Sacuidic, luogo legato a numerose leggende. Si dice infatti che il maniero, eretto alla fine del XII secolo, andò distrutto per volere di chi poi lo comprò, vale a dire i Savorgnani, una casata nobile del Friuli che voleva mettere fine alla zecca clandestina in attività al suo interno. Con la chiusura della zecca, il castello cadde sempre più in disuso fino a crollare quasi del tutto. A memoria di quel passato da fuori legge, rimangono i molti reperti delle campagne di scavo realizzate nel XX secolo, che hanno riportato alla luce lingotti e attrezzi di metallo per battere moneta.
Le attività del turista Enogastronomico
Enogastronomia
L’alimentazione nelle valli del Parco Naturale Dolomiti Friulane potrebbe essere definita un’economia circolare ante litteram. Perché da queste parti si è sempre vissuto di quello che offre la natura, in risorse agricole e animali, a cominciare dalla caccia, e dai proventi derivati dalla vendita dei suoi derivati, in particolare delle pelli dei capi cattura o allevati.
Questo passato più o meno lontano, fatto di grande semplicità ed economia domestica nel vero senso della parola, lo raccontano ancora molto bene i menu dei locali tradizionali, che non possono prescindere da certi piatti.
Primo fra tutti il Frico, formaggio fritto rosolato in un tegame insieme a cipolle e patate, ideale per accompagnare la polenta, o il ‘Suf, la versione locale con la consistenza quasi di un budino. O ancora il Petùt, fatto con acqua, farina di granoturco e frumento e abbondante strutto e poi infornato per la cottura, mentre lo Scòt è una polenta condita con aceto e salsiccia.
Se la Sòpa di brodo di carne, così come la zuppa di ortiche, è la minestra che accompagna la classica cena invernale, il Pestìch è a base di rape bianche macerate in acqua e sale e cotte con aglio, cipolla, burro e salame nostrano, da gustare con lo Scòt. Anche le erbe spontanee dei campi e gli ortaggi hanno il loro posto d’onore sulle tavole friulane: si inizia in primavera con l’insalata di tarassaco e lardo, e con la frittata di erbe, quali Silene vulgaris, turioni di pungitopo, tarassaco e ortica, poi si gusta il risotto con la “fava cornigia” (Silene vulgaris), e si prosegue in autunno con la purea di zucca e fagioli.
Fra i prodotti locali a base di carne, escludendo la bresaola, regina è sicuramente la Petuccia, detta anche Pitina o Peta. Nei mesi autunnali e invernali, le carni ovine e caprine o da selvaggina venivano sminuzzate finemente con un coltello dentro un ceppo di legno incavato, e poi condite con sale, pepe, aglio e aromi naturali come il finocchio selvatico o altre erbe aromatiche. Dall’impasto si ricavavano polpette che, passate nella farina di mais andavano poi poste nella cappa del camino ad essiccare per circa una settimana. Ancora oggi è possibile gustarla in diversi paesi del Parco. Infine, un tocco di dolcezza lo dà il pane dolce, la più semplice ma gustosa ricetta per finire un pasto, o per una merenda veloce e sana. Latte per inzupparlo, uova per friggerlo e zucchero per caramellarlo, et voilà!
Le attività del turista Naturalistico
alpinismo
Sia il versante occidentale che quello orientale delle Dolomiti Friulane sono naturalmente ricchissimi di vie e ferrate da alpinisti, per lo più segnalate dal CAI. Fra quelle più notevoli c’è la Ferrata 50 del Clap, considerata fra le cinque più difficili di tutta la Regione. Si fa base a Forni di Sopra, per salire poi verso la vetta del Clap Varmost (1780 metri), belvedere che abbraccia tutta la catena Fornese delle Dolomiti, oltre a la Civetta, le Tre Cime di Lavaredo e la Croda dei Toni già in territorio veneto.
Fra le numerose altre “strade” CAI percorribili in cresta c’è la cosiddetta Ferrata Cassiopea, che parte dal Passo del Mus, a 2100 metri, e con un dislivello di soli 160 metri risale un pendio ripido di ghiaia e roccia per arrivare alla base del Torrione E. Comici.
Presenta invece un dislivello di 619 metri il Sentiero CAI n. 321, che insiste sul costone Sud del Gruppo del Siera e raggiunge Cima Sappada, valico ben noto a chi le salite le affronta su due ruote perché, pur trovandosi a “soli” 1292 metri di quota, è stato per tre volte Gran Premio della Montagna al Giro d’Italia.
tur. naturalistico/svago/relax
Nel Parco delle Dolomiti Friulane ci si può dedicare a numerose attività sportive, fra cui alcune passeggiate di fondovalle. Fra queste, quelle denominate Col dei Piais (Claut), Truoi dal Von (Forni di Sopra), Anello lungo il fiume Tagliamento (Forni di Sopra), Cascata Val Rovadia (Forni di Sopra e Forni di Sotto), Sentieri dei Mulini a Cimolais, Sentieri della Nongola e della Moliesa (Erto e Casso), Sentiero dei Landris (Frisanco), Sentiero del Dint (Barcis).
Tra le escursioni, si possono affrontare quelle a Mont Ciavac (Andreis), il Trekking delle bregoline (Cimolais), la Traversata della Val Cimoliana (da Cimolais a Forni di Sopra), e Truoi dai Sclops (Forni di Sopra). Decisamente più impegnative sono quelle di Forcella Capra e Monte Raut (Andreis), Monte Pramaggiore (Claut), Bivacco Marchi Granzotto da Forni di Sopra, Cresta delle Saronidas (Forni di Sotto), Chiarescons (Forni di Sotto).
L’Ente Parco organizza anche escursioni di geotrekking, faunistiche, alpinistiche, di arrampicata sportiva e altre iniziative, che prevedono sempre l’accompagnamento delle guide naturalistiche. Il Dolomiti Adventure Park di Forni di Sopra è invece un parco avventura con percorsi per adulti e bambini. Sulla vetta panoramica del Clap Varmost, si dipartono alcuni sentieri e ferrate sportive caratterizzate da una vista meravigliosa sulle cime dolomitiche: è bene sapere però che oltre agli ostacoli di una classica ferrata di montagna, tale itinerario prevede il superamento di forre e pareti strapiombanti non adatte a tutti.
Chi ha una buona preparazione fisica può tentare la salita alla cima del Clap Varmost, lungo un semplice sentiero che porta alla vetta. Sulla cima, una grande croce
contiene il “Libro di Vetta”, che raccoglie le impressioni degli scalatori. Ai piedi della montagna da segnalare la Palude del Clap Varmost, una ricca raccolta di specie botaniche di alta montagna.
Le attività del turista Sportivo
alpinismo
Sia il versante occidentale che quello orientale delle Dolomiti Friulane sono naturalmente ricchissimi di vie e ferrate da alpinisti, per lo più segnalate dal CAI. Fra quelle più notevoli c’è la Ferrata 50 del Clap, considerata fra le cinque più difficili di tutta la Regione. Si fa base a Forni di Sopra, per salire poi verso la vetta del Clap Varmost (1780 metri), belvedere che abbraccia tutta la catena Fornese delle Dolomiti, oltre a la Civetta, le Tre Cime di Lavaredo e la Croda dei Toni già in territorio veneto.
Fra le numerose altre “strade” CAI percorribili in cresta c’è la cosiddetta Ferrata Cassiopea, che parte dal Passo del Mus, a 2100 metri, e con un dislivello di soli 160 metri risale un pendio ripido di ghiaia e roccia per arrivare alla base del Torrione E. Comici.
Presenta invece un dislivello di 619 metri il Sentiero CAI n. 321, che insiste sul costone Sud del Gruppo del Siera e raggiunge Cima Sappada, valico ben noto a chi le salite le affronta su due ruote perché, pur trovandosi a “soli” 1292 metri di quota, è stato per tre volte Gran Premio della Montagna al Giro d’Italia.
sci di fondo
Dalla pista per lo sci di fondo artificiale al circuito più grande d’Europa. Il range di offerta della Regione Friuli Venezia Giulia per questa disciplina sportiva è sufficientemente ampia da farne una Nordic Ski destination di tutto rispetto. Se infatti si è alle prime armi o ci si vuole tenere in allenamento anche quando la neve si fa attendere, o perché no, in estate, a Cimolais c’è la pista da sci di fondo artificiale, un tappeto rosso lungo 500 metri che può essere utilizzato in qualsiasi periodo dell’anno e con la stessa attrezzatura impiegata in inverno. È lungo invece 10 km il tracciato di Claut denominato Pista Despolei, con innevamento programmato e adatto anche a principianti per il percorso prevalentemente pianeggiante.
Si deve invece andare a Forni di Sopra per testare la pista inclusa nel circuito di fondo del Dolomiti Nordic Ski, il più grande d’Europa. Dotata di illuminazione notturna su una lunghezza di circa 2 km, ha un impianto di innevamento artificiale e anelli adatti a ogni esigenza di sciatore. La partenza della pista di Fondo “Tagliamento”, lunga 13 Km, si trova in località Santaviela (di fronte alle seggiovie del Varmost), e offre numerose varianti buone sia per i corsi organizzati dalla locale Scuola Italiana Sci, sia per gli atleti agonisti più esigenti. L’anello è anche omologato FIS per gare a livello europeo e ha ospitato gare ufficiali di Coppa Europa.
sci alpino
“Lieto di belle montagne, di più fiumi e di chiare fontane”. In questo breve verso, Giovanni Boccaccio delineava già nel Trecento l’immagine principe del Friuli Venezia Giulia, affascinato da quell’anfiteatro di rocce che digradano dolcemente verso il mare, proteggendo la Regione tutta da climi più rigidi. Una catena ininterrotta di cime lunga quasi 100 chilometri – tutelata come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nella sua sezione dolomitica – che per la sua natura selvaggia rappresenta la parte più incontaminata dell’intero gruppo dolomitico, lasciata al suo stato primordiale.
Cime irte come guglie di chiese e campanili, ma pronte per essere scalate da chi alla montagna guarda come a un incredibile terreno di gioco per avventure e sfide da vertigine, lungo itinerari ad anello che le collegano l’una all’altra, da rifugio a rifugio, dove sostare per rifocillarsi con piatti tipici per poi ripartire verso un’altra vetta. Free climbing, scialpinismo e ice climbing per i più arditi, nordic walking, ciaspole ed escursioni slow per chi invece cerca il relax nella tranquillità di una passeggiata in quota, pronto a immortalare albe e tramonti che, con un po’ di fortuna, incorniciano anche il mare, distante poco più di un’ora d’auto.
Le Dolomiti del Friuli Venezia Giulia sono così, offrendo pendii anche per il più classico degli sport invernali, lo sci da discesa e di fondo, da praticare a ogni livello. Per esempio nel comprensorio sciistico di Forni di Sopra, attrezzato con gli impianti sciistici del Varmost – Forni di Sopra e un Fantasy Snow Park delizia di tutta la famiglia.