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Secondo un’antica leggenda greca fu Dedalo, il più grande architetto del passato, a insegnare alle popolazioni sarde come costruire un nuraghe. Segno che anche i Greci si interrogarono su queste misteriose costruzioni, senza però arrivare a spiegare come edifici tanto imponenti potessero reggersi in piedi con la semplice sovrapposizione di massi. Dopo quasi 4.000 anni, l’enigma rimane, senza trovare una risposta plausibile oltre all’evidenza dei fatti: gli abitanti preistorici della Sardegna dovevano essere un popolo evoluto, in possesso di sofisticate tecnologie e conoscenze matematiche e astronomiche. Studi sulla geometria dei nuraghi ipotizzano persino che la loro struttura rispecchi l’ordine cosmico, creando una sorta di tramite con gli dei.
Al di là di ogni spiegazione scientifica o pseudo tale, rimane l’immenso fascino trasmesso da tali monumenti, e con esso da una civiltà che ha lasciato importanti tracce nella cultura regionale. Basti pensare che nella lingua e nella toponomastica sarde ci sono ancora più di mille parole di origine nuragica, che hanno la strana particolarità di avere una sola vocale ripetuta più volte: Orgosolo, Mogoro, Ittiri, Isili, Arzana, Ardana, Seneghe, Semestene e così via.
Fra i numerosi insediamenti visitabili, il più spettacolare è senz’altro quello di Su Nuraxi di Barumini, vicino Cagliari, datato a circa 3.500 anni fa, con una pianta quadrilobata con quattro torri angolari più una centrale, dal 1997 entrato nella World Heritage List dell’Unesco. Ma non c’è zona della Sardegna che non offra un sito archeologico con tracce più o meno imponenti di questo lontano passato, inserite oggi in un’iniziativa di promozione territoriale noto come Sardegna Nuragica.