Abbazia di Fossanova

Comune di PRIVERNO

  • Chiese e luoghi di culto

Priverno, Annus Domini 1208. Nella campagna attorno a questo piccolo vicus in provincia di Latina, in quell’anno sorgeva la monumentale Abbazia di Fossanova, uno dei primi esempi di architettura gotico-cistercense in Italia e uno dei meglio conservati. Per costruirla ci vollero ben 45 anni, partendo dai resti di un preesistente monastero benedettino datato al VI secolo, a sua volta eretto nelle vicinanze di una villa romana del I secolo a.C., ancora visibile davanti alla chiesa.

L’intero impianto ruota attorno al chiostro, fulcro della vita monastica di un tempo ma anche della comunità di frati minori conventuali che oggi ancora vi risiedono. Da qui si accede a refettorio, dormitorio, cucina e “shop” dei prodotti realizzati dai monaci, oltre che alla Chiesa di Santa Maria, dove si notano il magnifico rosone della facciata, il tiburio e i capitelli finemente scolpiti.

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  • Cammini religiosi

Abbazia di San Domenico Abate

Sora, Lazio

Luoghi come l’Abbazia cistercense di San Domenico a Sora, nel frosinate, fanno la gioia di studiosi, archeologi e appassionati di arte antica. Stando ai documenti, la prima consacrazione avvenne nel 1011, ma c’è chi attesta nel 1030, ad opera dell’abate Domenico di Foligno a suggello pubblico di penitenza, conversione e devozione di due fedeli “speciali”, Pietro Rainerio, governatore di Sora e d’Arpino, e Doda sua moglie. Il 22 agosto del 1104 sarebbe invece avvenuta una riconsacrazione per mano di Papa Pasquale II, durante la quale, al titolo originario di Beata Madre di Dio e Vergine Maria, sarebbe stato aggiunto anche quello di San Domenico.

L’impronta romanica e gotica si evince dalla semplicità rigorosa della facciata, dalla pianta a croce latina con tre navate, dai tre absidi semicircolari, e dalla copertura a volta sostenuta da colonne. La presenza della cripta sotterranea è solo una piccola parte di ciò che custodisce il sottosuolo: l’abbazia di San Domenico sorge infatti sulle rovine di una villa di Marco Tullio Cicerone, il celebre oratore vissuto ai tempi di Cesare e Augusto. Oggi l’edificio è parte della Congregazione Cistercense di Casamari.

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  • Chiese e luoghi di culto

Certosa di Trisulti

Collepardo, Lazio

Il 17 luglio 1879, quasi 7 secoli dopo la sua fondazione, la Certosa di Trisulti di Collepardo, nel frosinate, veniva riconosciuta Monumento Nazionale. A volerla fu nel 1204 Papa Innocenzo III, che quattro anni più tardi la affidava ai monaci Certosini, rimasti a prendersi cura delle anime dei fedeli di passaggio ma anche dell’immenso patrimonio d’arte accumulato nell’imponente edificio fino al 1947. Da allora, sono invece i Cistercensi che ogni giorno si dedicano con passione alla tutela del vasto complesso, composto da mura, chiesa, foresteria, giardini, farmacia e biblioteca. Solo in quest’ultima, sono conservati ben 36.000 volumi, mentre nella farmacia si possono ancora ammirare mobilio, vasi in ceramica e magnifici trompe l’oeil di ispirazione pompeiana.

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  • Cammini religiosi

Il Cammino di Francesco nel Lazio: tragitto da Rieti a Poggio Bustone

Rieti, Lazio

Arezzo, Santuario de La Verna, e da qui giù fino a Roma. Queste le stazioni di inizio e fine del Cammino di Francesco, che nella sua parte mediana transita per la cosiddetta Valle Santa Reatina. È infatti nella campagna della provincia di Rieti che San Francesco si recò più volte, fra il 1209 e il 1226, fondando quattro santuari e compiendo atti che hanno segnato la sua esistenza e quella della Cristianità intera: la realizzazione del primo Presepe, la stesura della Regola dell’Ordine Francescano e la composizione del Cantico delle Creature.

Il Cammino si compone di otto tappe per un totale di 80 km, da percorrere con la dovuta lentezza, per godere di paesaggi meravigliosi e luoghi d’arte di tutto rispetto. Fra questi, spiccano senz’altro i Santuari voluti dal “Poverello” – quelli di Greccio, La Foresta, Poggio Bustone e Fonte Colombo – il centro storico di Rieti, l’Abbazia di San Pastore e il bosco del Faggio di San Francesco a Rivodutri, nella Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile. L’alternativa al cammino è la Ciclovia della Conca Reatina, ma per tutti, da portare con sé e da far timbrare a ogni tappa, c’è il “Passaporto”, oppure, per chi ci mette meno di due giorni, l’ “Attestato del pellegrino”.

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  • Cammini

La Via Francigena del Nord

Viterbo, Lazio

I 120 km della Via Francigena del Nord non sono che una minuscola porzione dei 1800 km dell’intero cammino, quello che da Canterbury, nel cuore dell’Inghilterra, conduce fino a Roma. Ma attraversare la Tuscia Viterbese, da Proceno a Monterosi, dà già un assaggio di ciò che significa questa esperienza, di vita prima ancora che di fede. Intraprendere ogni giorno un pezzo di quell’antico itinerario vuol dire meditare, fermarsi a contemplare, dentro e fuori se stessi, ripartire con più consapevolezza. Anche grazie alle molte bellezze naturalistiche e storico-artistiche che si ammirano lungo la “Via delle Vie”. Da Viterbo, si dipartono due direttive della Via Francigena della Tuscia, verso Vetralla e verso la Variante Cimina. Quest’ultima è senz’altro la più suggestiva, poiché ripercorre il profilo del cratere vulcanico del Lago di Vico, per poi immergersi in boschi incontaminati.

A fare da collante a tutte le varie alternative possibili, dal 2001 è stata creata l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF), che ha anche il prezioso compito di tessere relazioni fra le realtà locali nei Paesi attraversati (Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia), e promuovere i valori dei pellegrinaggi, partendo dallo sviluppo sostenibile dei territori attraverso un approccio culturale, identitario, turistico.

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  • Musei

Museo Civico di Rieti

Rieti, Lazio

In una Regione come il Lazio traboccante di istituzioni museali, essere annoverati fra le raccolte più antiche non è cosa da poco. Il Museo Civico di Rieti nasce infatti nel 1865, quando in seguito all’esproprio dei beni degli enti ecclesiastici e delle chiese chiuse al culto, venne creata una prima Quadreria Civica di Rieti, che già allora vantava opere di Zanino di Pietro, Luca di Tommè e Antoniazzo Romano. Un “prodromo” che non ha mai smesso di arricchirsi, grazie a donazioni di privati, soprattutto appassionati cultori di antichità romane, e acquisizioni pubbliche. Due le aree espositive, la Sezione Storico-Artistica e la Sezione Archeologica, dove sono raccolti materiali di scavo e di spoglio della città e del territorio suddivisi in sale a tema: La vita, la morte, la religione, Monete e sculture, Rieti dall’età romana al medioevo, Le necropoli e così via. Nel 2007 il museo ha aperto anche l’Ala dei Sabini, con reperti di età protostorica e romana della Sabina reatina e sale quali Le ville del territorio Sabino e I centri urbani della Sabina.

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  • Arti, Saperi e Sapori

Tiella di Gaeta

Gaeta, Lazio

Il rischio di chiamarla pizza farcita c’è, ma quei due dischi di pasta ricolmi di prelibatezze di terra o di mare che vengono proposti a Gaeta e dintorni, non sono altro che le basi della tiella. La differenza vera sta nella lavorazione della sfoglia, più accurata e fatta a mano, morbida e gustosa tanto da meritarsi nel 2005 il marchio “Denominazione Comunale d’Origine”. E risalendo appunto alle origini di questa specialità della tradizione laziale, già contadini e pescatori dell’epoca dei Borboni la consumavano come piatto unico, nei campi o a bordo dei galeoni, per la sua completezza, gustosità e durevolezza nei giorni.

Se si era a bordo, la si farciva con polpo, calamaretti, baccalà, alici, sarde e cozze con l’aggiunta, a seconda della cambusa, di scarola, spinaci, zucchine e cipolle, verdure presenti anche nella versione rustica, di terra. Il segreto per farla buona è presto detto: l’olio di Gaeta, che un tempo doveva scorrere fino ai gomiti, essere cioè così abbondante da straripare su tutti i lati, ma tant’è… Ne basta anche solo un filo per avere un prodotto genuino e da gourmand.

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  • Monumenti

Teatro Flavio Vespasiano

Rieti, Lazio

L’imperatore Tito Flavio Vespasiano è associato da sempre all’anfiteatro più imponente e celebre dell’antichità, il Colosseo di Roma, noto anche come Anfiteatro Flavio. Ma c’è un altro luogo deputato a spettacoli e cultura che lo ricorda, e sta nel centro di Rieti: il Teatro Flavio Vespasiano, nome che rendo omaggio all’imperatore originario della Sabina. Se per il Colosseo ci vollero appena otto anni per la sua costruzione, per il teatro reatino ne furono necessari circa una sessantina, a causa di una serie di divergenze fra architetti e committenti su luogo e costi della struttura. Finalmente, dopo mille difficoltà, sotto la guida dell’architetto Achille Sfondrini, il 16 dicembre 1883 fu posata la prima pietra, mentre il 20 settembre 1893 si tenne l’inaugurazione, sulle note del Faust di Gounod e della Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Ma fu un incipit breve, perché già dopo appena cinque anni, un terremoto provocò il crollo della cupola e di parte della facciata.

Solo alla fine degli anni novanta del Novecento, l’edificio è tornato a mostrare la sua allure piena di eleganza, caratterizzata da una grande cupola affrescata che è anche il dopo più prezioso per chi si esibisce su questo palco. Pare infatti che la sua acustica sia fra le migliori al mondo, tanto da aver ricevuto un riconoscimento ufficiale nel 2002, quando Uto Ughi ha decretato l’assegnazione della prima edizione del Premio Nazionale per l’Acustica proprio al teatro di Rieti. Un titolo di merito approvato anche dal professor Bruno Cagli, presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che lo ha definito in assoluto il migliore al mondo per la diffusione e la qualità del suono.

Ad oggi, qui si svolgono l’annuale Rieti Danza Festival, il Concorso internazionale per le nuove voci della lirica “Mattia Battistini”, il Concorso nazionale per giovani attori e alcuni spettacoli del Reate Festival, che celebra lo straordinario patrimonio del Belcanto italiano.

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  • Siti archeologici

Villa Adriana

Tivoli, Lazio

La magnificenza che trasmette oggi Villa Adriana a Tivoli è nulla rispetto a ciò che doveva essere duemila anni fa, quando fra il 118 e 138 d.C. fu realizzata su committenza dell’imperatore Adriano. I 40 ettari su cui si sviluppa il parco archeologico sono infatti solo un terzo dei 120 ettari iniziali, distribuiti su un pianoro tufaceo ai piedi dei Monti Tiburtini.
I lavori per la sua costruzione furono seguiti personalmente dall’imperatore, che fra le sue passioni aveva quella dell’architettura. Basti pensare che tre degli edifici più rappresentativi della Roma Antica furono voluti da lui: il Tempio di Venere e Roma eretto nel Foro, il Pantheon, rifacimento del precedente tempio costruito da Agrippa – ma da alcuni studiosi attribuito ad Apollodoro di Damasco, architetto ufficiale dell’imperatore Traiano – e Castel Sant’Angelo, destinato a tomba di Adriano ma poi riconvertito in fortezza dello Stato Pontificio.

Villa Adriana a Tivoli è, senza esagerazione alcuna, un capolavoro sotto ogni punto di vista: per la ricchezza della decorazione architettonica e scultorea – purtroppo in parte dispersa in varie collezioni private e musei di tutto il mondo in seguito alle sistematiche spoliazioni di marmi avvenute a partire dal Medioevo in poi – per la varietà di edifici e per le soluzioni architettoniche innovative per l’epoca e stupefacenti ancora adesso e per la vastità stessa del sito. Fra le particolarità da sottolineare c’è per esempio una rete viaria sotterranea carrabile e pedonale realizzata solo a scopo di servizio. E si aggiunga la spettacolarità di alcuni spazi, come per esempio le terme monumentali nelle dimensioni e la zona del Canopo e del Serapeo, specchio d’acqua contornato da statue e alberi maestosi.

In virtù di tutto ciò, dal 1999 Villa Adriana è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, cui nel 2001 si è aggiunta Villa d’Este, sempre a Tivoli, che vanta anche altre memorabilia, come il Parco Villa Gregoriana, area naturalistica situata sull’antica acropoli romana.

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  • Borghi

Civita di Bagnoregio

Bagnoregio, Lazio

Torbido da una parte e dall’altro Chiaro. Si chiamano così i due torrenti che scorrono ai piedi della collina al centro della Valle dei Calanchi su cui sorge Civita di Bagnoregio, detta “la città che muore”. Questo triste soprannome si deve alla natura argillosa del terreno, eroso oltre che dai due corsi d’acqua anche dai fenomeni atmosferici. Il paese è oggi quasi totalmente disabitato e vi si può accedere solamente per mezzo di una strada, realizzata in cemento, che fa da ponte verso il resto del mondo.

La vista sulla Valle dei Calanchi dal belvedere è di quelle che non si scordano. Da qui, il borgo sembra essere sospeso, magico e mistico, con i suoi vicoli stretti fra case antiche che sorgono attorno alla piazza principale, su cui affaccia la Chiesa di San Donato. Qua e là, la vista si apre sulla vallata sottostante e allora la sensazione è di essere nel vuoto, sorretti da una qualche misteriosa forza che ancora oggi custodisce questo borgo. Il borgo di Civita di Bagnoregio ha una storia che affonda le radici in epoca etrusca ed è segnata da diverse dominazioni, come quella dei Goti, poi dei Longobardi e infine dello Stato della Chiesa.

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  • Chiese e luoghi di culto

Abbazia di Montecassino

Cassino, Lazio

Le tre tastiere e le 5200 canne dell’organo settecentesco dell’Abbazia di Montecassino funzionano perfettamente, come fossero nuove, tanto quanto le 82 sedute intarsiate del coro ligneo poste attorno all’altare centrale. E questo grazie alla meticolosa opera di restauro che ha interessato tutto l’immenso complesso edilizio, raso al suolo dai bombardamenti degli Alleati nel 1944.

Un luogo che nei suoi 1500 anni di vita è stato duramente colpito più e più volte, per esempio nel 570 dal saccheggio dei Longobardi e nell’883 da quello dei Saraceni. Eppure, ogni volta, la prima abbazia fondata da San Benedetto nel 529 è risorta dalle proprie ceneri, arrivando a noi intatta nella sua bellezza architettonica, oggi custode di un immenso patrimonio di antichissimi manoscritti, codici miniati, incunaboli, paramenti liturgici, oreficerie sacre e persino di opere pittoriche di Sandro Botticelli, Luca Giordano e Pietro Annigoni.

Tesori portati in dono da duchi, principi, re, imperatori e pontefici, poi messi in salvo dalle truppe tedesche poco prima dell’attacco aereo, che per settimane li trasportarono in Vaticano in gran segreto, e infine riportati qui al termine del restauro. Una storia travagliata quanto ricca di colpi di scena, consacrata alla Regola benedettina dell’”Ora et labora”, e poi riconsacrata nel 1964 da Papa Paolo VI con queste parole: “Pace a questa casa e a tutti quelli che ne hanno dimora. Qui la pace troviamo, come invidiato tesoro nella sua più sicura custodia”.

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