Castello Svevo – Borgo Vecchio

Comune di TERMOLI

  • Castelli e ville

Nel pittoresco scenario di Termoli, è il Castello Svevo a raccontare le storie avvincenti del passato. Questa maestosa torre si erge nella cinta muraria del borgo vecchio e la sua aura evoca un passato affascinante e influente. L’architettura del Castello non solo testimonia la sua funzione difensiva, ma ne determina anche il genius loci locale, influenzando la connessione emotiva tra gli abitanti e la loro città. Ed è così che l’ambivalenza di questa struttura imponente accanto alle piccole abitazioni diventa una armoniosa fusione fin un primo sguardo.

Nel 1885 il Castello fu dichiarato monumento nazionale e museo storico regionale e oggi ospita mostre d’arte temporanee e cerimonie di matrimonio civile. Da non perdere, ogni 15 agosto, il suggestivo evento dell’incendio del castello, rievocazione dell’assalto turco, in cui il borgo viene illuminato da giochi di fuochi e colori.

Il Borgo Antico di Termoli, situato su un promontorio affacciato sull’Adriatico, offre uno spettacolo pittoresco. Il porto, simbolo di transito e commercio, e i trabucchi, antiche macchine da pesca, raccontano storie di vita passata. Attraversando i vicoli e le piazze del Borgo Vecchio, si svelano angoli suggestivi. Montecastello, con la sua vista panoramica, regala scorci mozzafiato sul mare e sulle isole Tremiti. Vico Il Castello, uno dei vicoli più stretti d’Europa, è un gioiello da scoprire.
Da non dimenticare poi la Cattedrale, edificata sull’insediamento più antico del Borgo, che testimonia il legame tra storia e religione. Distrutta e ricostruita nel corso dei secoli, rivela reperti che risalgono all’età del bronzo e mosaici pavimentali. Una passeggiata attraverso le vie medievali permette ai visitatori di immergersi nel passato affascinante di Termoli, tra tradizioni e tesori nascosti.

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  • Musei

Museo Storico della Campana – Pontificia Fonderia Marinelli

Agnone, Molise

Nella provincia di Isernia, si trova un’altra importante emergenza culturale dell’Alto Molise, il Museo Storico della Campana, proseguo espositivo della Pontificia Fonderia Marinelli.

La meta da raggiungere è Agnone, borgo sin dal Medioevo legato alla produzione di campane, tradizione oggi portata avanti dagli ultimi discendenti dei Marinelli. Si tratta di un’azienda familiare attiva da oltre mille anni, che dal 1924 si fregia dello Stemma Pontificio, dal 1954 della medaglia d’oro “quale premio ambitissimo alla Ditta più anziana per attività e fedeltà al lavoro in campo Nazionale” e che con ogni probabilità è la più antica al mondo nel settore.

Fra le tante memorabilia, negli annali di Casa Marinelli c’è l’aneddoto che nel 1339 vide Nicodemo “Campanarus” realizzare per una chiesa del frusinate una campana mastodontica per quell’epoca, pari a circa 2 quintali.

Mentre venendo a tempi più recenti, c’è una data che non si può scordare: il 19 marzo 1995, giorno in cui San Giovanni Paolo II fece loro visita per assistere al miracolo della nascita di una campana. Indimenticabile anche il momento in cui qui furono fuse le nuove campane dell’Abbazia di Montecassino, in seguito alla distruzione dell’edificio durante la Seconda Guerra Mondiale.

Se dunque oggi ad Agnone dominano la scena i Marinelli, un tempo per le vie del borgo era tutto un riecheggiare di colpi di incudine e martello. Per saperne di più su questo antico mestiere, dal 1999 è possibile visitare il Museo Marinelli, dove è conservato un raro esemplare di campana gotica che la tradizione vuole fusa 1000 anni fa proprio qui nel borgo molisano, oltre a manoscritti, antichi documenti e testi rari come l’edizione olandese, del 1664 del “de tintinnabulis”, definita la “bibbia” dell’arte campanaria.

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  • Riserve

Riserva MaB Unesco Collemeluccio – Montedimezzo

Vastogirardi, Molise

MAB è l’acronimo del Programma scientifico intergovernativo intitolato “Man and the Biosphere”, “L’uomo e la biosfera”, varato nel 1971 dall’Unesco per promuovere un rapporto equilibrato fra uomo e ambiente. Ecco, nell’Alto Molise ci si può immergere nella Riserva MAB di Collemeluccio- Montedimezzo, caratterizzata da natura incontaminata e da paesaggi di grande fascino, resi tali anche da costumi e tradizioni locali ben radicati.

Il bosco di abete bianco di Collemeluccio fu acquistato nel 1628 dalla nobildonna Melucci, che lo portò in dote per le nozze con il Duca D’Alessandro di Pescolanciano, e poi nel 1895 fu espropriato dal Banco di Napoli e venduto in tre blocchi ad altrettante famiglie benestanti della zona. Frazionato più volte per successioni ereditarie, oggi si compone di 363 ettari a fronte dei circa 500 ettari originari. Dal 1971, 187 ettari sono diventati Riserva Naturale Orientata, e nel 1977 altri 160 ettari Bosco da Seme-Riserva Biogenetica.
Nel sottobosco rigoglioso si trovano biancospino, agrifoglio, prugnolo, nocciolo e salice. Nelle radure e lungo i margini sono diffusi meli, peri selvatici e sorbi. Cinghiale, lepre, tasso, martora, donnola, faina, volpe, poiana, gufo, barbagianni, scoiattolo, ghiro, ghiandaia e molti passeracei sono solo alcune delle specie che la abitano, insieme al gambero di fiume tipico dei corsi del Trigno e del torrente Salcitaro.

Ben altra storia riguarda la Riserva MAB di Montedimezzo-Feudozzo-Pennataro. I suoi 1.170 ettari furono nel XIII secolo di proprietà degli Angioini, poi dal 1606 dei Monaci Certosini di Napoli e infine del regio patrimonio della Casa Borbonica come Reale Riserva di Caccia. Con l’avvento dell’unità d’Italia, passò allo Stato e da qui all’Amministrazione Forestale come bene inalienabile dello Stato. Oggi, quest’unica grande realtà della Riserva MAB di Collemeluccio- Montedimezzo è lì da vedere, visitare e vivere pe una immersione totale nella natura.

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