GAM Galleria d’Arte Moderna

Ciò che oggi vediamo allestito all’interno del Complesso Monumentale di Sant’Anna è frutto di oltre un secolo di lavoro, per far sì che la GAM – Galleria d’Arte Moderna di Palermo diventasse una delle più moderne e proattive istituzioni culturali del capoluogo siciliano e non solo. L’attuale sede è attiva dal 2006, e ha visto un team di grandi esperti collaborare per la sua realizzazione: il progetto generale di ordinamento scientifico del Museo è stato curato da un gruppo di studiosi sotto la guida di Fernando Mazzocca e composto da Gioacchino Barbera, Luisa Martorelli, Antonella Purpura e Carlo Sisi, mentre l’allestimento è stato firmato da Corrado Anselmi e quello illuminotecnico da Leonardo Adragna.

La GAM è oggi un ensemble di 14 sezioni tematiche e monografiche che illustrano il percorso delle arti figurative in Italia tra Otto e Novecento e tra i maggiori capolavori comprende le grandi tele di Giuseppe Sciuti, i paesaggi di Francesco Lojacono, il naturalismo di Antonio Leto, gli echi Art Nouveau di Ettore De Maria Bergler, il gusto luministico di Giovanni Boldini. Il Novecento è invece rappresentato da una carrellata di opere di Massimo Campigli, Felice Casorati, Mario Sironi, Renato Guttuso, Franz von Stuck, aggiuntesi alla collezione iniziale esposta per la prima volta il 24 maggio 1910 nel Ridotto del Teatro Politeama. All’epoca, era in voga la Belle Epoque e a dirigere le operazioni c’era Empedocle Restivo, alla cui memoria è oggi intitolata la GAM.

Street Food Fest

Pane e panelle, pane ca’ miuza, fritti e frittini di ogni genere, senza contare il trionfo di dolci dalle origini multietniche. Il cibo di strada è ovunque a Palermo ed è fra i più ricchi d’Italia e del mondo. Per questo, proprio qui si svolge il Palermo Street Food Fest, che per dieci giorni trasforma il Centro Storico del capoluogo siciliano, e in particolare la zona di Piazza Marina e Corso Vittorio Emanuele, in un Villaggio gastronomico a cielo aperto. Cuochi di ogni estrazione e provenienza si confrontano in show cooking, laboratori e degustazioni che raccontano tutte le tipologie di street food possibili, in una vera e propria festa del gusto globale. Non solo. Concerti di grandi artisti italiani e nuovi talenti, artisti di strada, talk show e momenti di approfondimento arricchiscono il calendario dell’evento, in un connubio di ogni forma d’arte, da quella culinaria a quella fatta di note, parole e musica.

Area Archeologica monumentale di Castello a Mare

In Via Crispi a Palermo si sviluppa l’Area Archeologica monumentale di Castello a Mare. Un luogo inaspettato, che spesso neanche i palermitani conoscono, ma che merita di essere visitato e apprezzato. Si tratta del “Castrum Inferior” posto all’imboccatura dell’antico porto della Cala. C’è chi sostiene l’esistenza di un precedente edificio di fondazione islamica, ma i recenti scavi archeologici della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Palermo parlano del periodo compreso negli ultimi decenni dell’epoca normanna, fra il 1160 e l’inizio del XII° secolo. Di certo c’è che il primo documento giunto fino a noi in cui si cita il Castello a Mare di Palermo è il “Liber de regno Siciliae” di Ugone Falcando, datato al 1154: qui si parla di un “Mastio” turriforme (Torre Mastra), separato dalla citta da una vasta spianata, di un impianto planimetrico a forma di quadrilatero con ampi e profondi fossati e di stanze riservate all’alloggio per il castellano e la truppa. Accanto a questa costruzione di chiara funzione militare c’erano due chiese, quella di San Giovanni Battista, riedificata dai normanni su una moschea, e quella di San Pietro la Bagnara, che era rivolta verso la città.
Ingrandito, modificato, adeguato ai diversi momenti storici e all’evolversi dell’arte militare, il Castello a Mare ha visto nei secoli l’aggiunta di numerosi elementi architettonici, e ad oggi è parzialmente visitabile.

Palazzo Butera

Nel 1735, l’edificio fatto costruire circa trent’anni prima sul frontemare di Palermo dal Duca Branciforti Girolamo Martini diventa di proprietà dei Principi Butera, giusto in tempo per ospitare Carlo di Borbone appena incoronato. Nel 1760, dopo un terribile incendio, il Principe Butera acquista anche l’edificio accanto dei Principi Moncada, e dall’unione delle due proprietà deriva ciò che oggi ancora si vede. L’artista Gioacchino Martorana riceve la committenza dei decori pittorici, cui nel periodo Roccocò si aggiungono stucchi, specchiere e molto altro.

Questo l’antefatto di quanto accade oggi in questo meraviglioso centro d’arte che è Palazzo Butera, acquistato nel 2016 da Massimo Valsecchi e Francesca Frua De Angeli. Importanti lavori di restauro hanno riportato la dimora a quell’epoca d’oro, cui si è aggiunto l’allestimento della straordinaria collezione di opere raccolte dai due proprietari rimasta per anni in prestito al Fitzwilliam Museum di Cambridge e all’Ashmolean Museum di Oxford.
La formazione della Collezione Valsecchi è avvenuta a Londra, nell’arco degli ultimi cinquant’anni, ed è stata definita “the least known private holding of great art in London” (Susan Moore, ‘Apollo’, giugno 2016).

Ora al piano terra di Palazzo Butera c’è una biblioteca di consultazione, spazi per le esposizioni temporanee e per le attività didattiche rivolte agli studenti delle scuole e delle università. Il primo piano è di fruizione privata e è una casa-museo, mentre il secondo piano nobile è aperto al pubblico per le visite guidate. Per ridare un senso di mecenatismo al palazzo, è disponibile anche una foresteria, pronta ad accogliere artisti, curatori e personalità della cultura coinvolti nelle attività espositive in-house.

Area Archeologica Su Nuraxi di Barumini

Su Nuraxi. Quello di Barumini è “il nuraghe” per eccellenza, il più complesso e rappresentativo degli oltre 7000 diffusi in tutta l’isola, nonché grande attrattiva della provincia del Sud Sardegna, che nell’insieme ne conta almeno una trentina. Il significato della parola stessa “nuraghe” – “mucchio di pietre”, “cavità” – anticipa le due caratteristiche principali delle costruzioni tipiche della cosiddetta civiltà nuragica, l’essere cioè un tipo di architettura militare difensiva con mura turrite. Sviluppatasi in un arco temporale di circa 1000 anni, a partire dal 1500 a.C., quella nuragica era una comunità probabilmente suddivisa in classi sociali alle quali appartenevano famiglie o clan.

Nella sua unicità, l’insediamento di Barumini presenta una stratificazione culturale sui generis, dilatata cioè su oltre 2000 anni – dal 1500 a.C. al VII sec. d.C. – che vide passare di qui anche i Fenici (V a.C.) e poi i Romani (II-I a.C), arrivando a occupare una vasta superficie che ad oggi è di più di 23.000 mq. Fulcro del sito archeologico è un nuraghe quadrilobato dalle dimensioni ciclopiche, con una torre centrale alta 14,10 metri e larga 10, circondato da un esteso villaggio di capanne sviluppatosi tutto intorno nel corso dei secoli successivi. Il principale materiale utilizzato per la sua costruzione è il basalto, una pietra vulcanica molto dura proveniente dall’altopiano della Giara, vale a dire la zona centro-meridionale della Sardegna identificata come Sulcis e Marmilla.

Pur nella sua vastità, Su Nuraxi è un tesoro riemerso solo di recente, negli anni ’50, grazie agli scavi condotti dal grande archeologo Giovanni Lilliu, la cui valorizzazione ha portato anche al più alto dei riconoscimenti, l’inserimento nel 1997 nel listing del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco.

Puccini Museum

A Lucca, si entra al civico 9 di Corte San Lorenzo e si apre un altro mondo, fatto di note, arie musicali diventate immortali, costumi di scena e cimeli della vita e delle opere, è il caso di dirlo, di Giacomo Puccini. Siamo nel Puccini Museum-Casa Natale, dove Giacomo Puccini nacque il 22 dicembre 1858 e visse gli anni dell’infanzia e della prima giovinezza, prima del trasferimento a Milano. Qui, fra gli arredi c’è anche il pianoforte Steinway & Sons su cui compose molti dei suoi lavori, tra i quali Turandot. Poco più in là, in Piazza Cittadella, c’è il monumento bronzeo a questo lucchese d’eccellenza, opera del 1994 firmata da Vito Tongiani.

Dopo gli anni a Milano, nel 1891 Puccini tornò a Lucca per trasferirsi a Torre del Lago, ora Torre del Lago Puccini, frazione di Viareggio, luogo da lui molto amato perché gli permetteva di immergersi nella composizione e di dedicarsi alla sua grande passione, la caccia. Fu qui che nel 1900 fece costruire Villa Puccini, dove visse con la famiglia fino al 1921 e dove in quegli anni vergò decine di spartiti di opere musicali: Manon Lescaut (1891), La Bohème (1896), Tosca (1900), Madama Butterfly (1904), La Fanciulla del West (1910), La Rondine (1917), Il Trittico (1918). Un crescendo in musica che a distanza di un secolo non smette di ammaliare. Dal 1924, il compositore è sepolto con la moglie e il figlio nella cappella mausoleo annessa a quella che è oggi “Villa Museo Puccini”, aperta al pubblico. Un luogo per melomani anche per il Festival Puccini di Torre del Lago che vi si svolge dal 1930, e che dal 2008 è ambientato nel Nuovo Grande Teatro all’aperto realizzato sul lago per i 150 anni dalla nascita del compositore.

Gli ultimi tre anni di vita di Giacomo Puccini e famiglia si svolsero in un’altra dimora, a Viareggio, a causa dell’inquinamento prodotto dalla fabbrica di estrazione di torba situato vicino alla residenza di Torre del Lago. A Viareggio iniziò Turandot, il suo ultimo lavoro, rimasto però incompiuto a causa della morte precoce, avvenuta il 29 novembre 1924 a Bruxelles. Chi volesse proseguire il tour sulla scia delle glorie operistiche del Maestro lucchese può recarsi infine nella casa degli avi di Giacomo Puccini, situata a Celle di Pescaglia, che nel 1904 ispirò la stesura di “Madama Butterfly”.

Catacombe dei Cappuccini

Durante il suo Grand Tour, Guy de Maupassant ebbe modo di fermarsi qualche tempo anche a Palermo, diventando un vero estimatore delle tante bellezze artistiche del capoluogo siculo. Fra i luoghi che più apprezzò ci fu il cinquecentesco Convento dei Cappuccini, situato nel quartiere Cuba e annesso alla Chiesa di Santa Maria della Pace. Lo scrittore francese raccontò di essere rimasto impressionato dallo spettacolo macabro nel sotterraneo del convento: qui si trovano infatti le famose catacombe, con migliaia di cadaveri esposti – si dice siano circa 8.000 – in gallerie scavate alla fine del ‘500 in stile gotico, a formare un ampio cimitero sotterraneo.

Per scoprire questa Palermo “underground” basta prenotare una visita al Convento dei Cappuccini. Percorrere i lunghi corridoi delle catacombe è un viaggio nell’Ade: le mummie sono disposte in piedi o coricate, vestite di tutto punto, divise per sesso e categoria sociale. Prelati, ufficiali dell’esercito, commercianti, borghesi nei loro vestiti “buoni”, giovani donne vergini con il loro abito da sposa, intere famiglie e purtroppo anche molti bambini e infanti. Lo spettacolo della vita che va in scena nel regno dei morti.

Palazzo dei Normanni

È uno dei monumenti più visitati nella Sicilia e dal 2015 è Patrimonio dell’Unesco nell’ambito del sito seriale “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale”. Tanto basterebbe per stimolare una certa curiosità verso Palazzo dei Normanni, detto anche come Palazzo Reale. Il motivo di questa notorietà è semplice: l’edificio è la più antica residenza reale d’Europa, ex dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale di Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Monumento simbolo di un’epoca d’oro per Palermo e la stessa Sicilia, il palazzo custodisce tesori d’arte di inestimabile valore, primo fra tutti la Cappella Palatina, che Guy de Maupassant non ebbe indugio a definire “la più bella che esiste al mondo, il più stupendo gioiello religioso vagheggiato dal pensiero umano ed eseguito da mano d’artista”. A volere la costruzione della Cappella fu Ruggero II, che all’indomani della sua incoronazione, avvenuta nel 1130, volle sottolineare l’incontro fra culture e religiosi diverse in un luogo che riunì maestranze bizantine, islamiche e latine.
Ma la reggia palermitana ha altre sorprese in serbo: la splendida Sala d’Ercola, decorata da un ciclo di affreschi rifinito nel XIX secolo da Velasquez, gli Appartamenti e i Giardini Reali, con piante plurisecolari che da sole meriterebbero la visita.

Orto Botanico

Il caveau di una banca della Natura, ma di un istituto bancario speciale, detto germoplasma, in cui la “moneta di scambio” è rappresentata dalle semenze di piante e fiori allo scopo di aumentare il numero delle specie vegetali “in.house” e di conseguenza anche quelle nei luoghi di “esportazione”. Si potrebbe definire così l’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Palermo, una tra le più importanti istituzioni accademiche italiane dotata di un vasto museo en plein air che da oltre 200 anni – fu inaugurato nel 1789 – contribuisce allo studio e alla diffusione di specie vegetali in Sicilia, in Europa e in tutto il Mediterraneo. Specie non solo autoctone ma anche provenienti dalle regioni tropicali e subtropicali, che creano un mix di rara bellezza e varietà: Agavaceae, Aloaceae, Araliaceae, Cactaceae e così via sono suddivise in diverse aree, in un complesso corollario botanico e geografico che con le sue 12.000 piante non smette di stupire.

Fortezza del Priamar

Là dove dal 1542 in poi si è fatta la guerra, ora si fa cultura. Dopo anni di abbandono e degrado, la Fortezza del Priamar è tornata finalmente accessibile, restituendo al Comune di Savona, committente dei lunghi lavori di restauro, una vera e propria “cittadella” vocata alla bellezza, all’arte e alla conoscenza. Nell’immenso complesso monumentale – oltre 50.000 i metri cubi di superficie riattati – sono oggi allestiti il Civico Museo Archeologico e il Museo “Sandro Pertini e Renata Cuneo”, il Palazzo del Commissario come spazio per rassegne, laboratori e performance artistiche, il suggestivo ambiente delle Cellette e il Palazzo della Sibilla diventato Centro Congressi di rilevanza internazionale. La missione culturale della Fortezza del Priamar non si esaurisce all’interno del complesso, ma si allarga al Piazzale del Maschio, dove ogni estate viene allestito un teatro all’aperto con oltre 600 posti numerati, per un cartellone ricco di eventi.

Skip to content