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Comune di BAGNOLI IRPINO
Il Tartufo Nero di Bagnoli Irpino PAT e la Castagna di Montella IGP sono due delle eccellenze più rappresentative del territorio dell’Irpinia e del Parco dei Monti Picentini, giustamente celebrate dall’annuale Sagra della Castagna e del Tartufo Nero che si svolge a Bagnoli Irpino nel periodo autunnale.
Tartufo e castagna, accompagnati da funghi e prodotti caseari, fra cui spicca il pecorino bagnolese a base di latte di pecore autoctone, fanno di questa Sagra un appuntamento fra i più attesi, popolato da circa un centinaio di stand distribuiti per le vie del borgo.
Spettacoli, concerti di musica popolare e danze folkloristiche completano il calendario, cui si aggiungono visite guidate ai siti di interesse nella zona. Un’occasione da non perdere per una full immersion in cultura, storia, arte ed enogastronomia dell’Irpinia.
Sagra della Castagna e del Tartufo Nero
Turista
Enogastronomico
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Alghe fossili e gusci di bivalvi con un diametro fino a 20 cm si trovano inclusi nelle pietre di colore grigio chiaro utilizzate per lastricare strade e piazze di Pietraroja, nel beneventano, e del vicino borgo di Cusano Mutri. Il perché di questo fenomeno è presto detto: nel Cretaceo, Pietraroja era lambito da una laguna. Ora di quella laguna se ne ha traccia nei reperti conservati nel Paleolab – Museo del Parco Geopaleontologico, sistema multimediale che permette al visitatore di viaggiare indietro nel tempo di 100 milioni di anni, per ritrovarsi immersi nell’Oceano Tetide, a quando cioè questa zona della Campania era popolata da pesci, coccodrilli e salamandre, e soprattutto dallo Scipionyx Samniticus, un piccolo di celosaurus di cui è stato ritrovato un esemplare che rappresenta un vero unicum, con gli organi e le fibre muscolari ancora intatti.
Il percorso di visita del Paleolab di Pietraroja ricorda la scena del film Stargate, in cui varcando una soglia ci si ritrova in un’atra era: il viaggio ha inizio con un “ascensore geologico”, una sorta di teletrasporto grazie al quale in pochi secondi ci si ritrova nel Cretaceo. Gli exibit, le scenografie, i filmati e un grande acquario interattivo permettono nelle prime sale del museo di entrare in questo ambiente tropicale e di conoscerne gli abitanti. Il percorso termina con un excursus sulla storia degli esseri viventi sulla Terra ripercorsa attraverso i fossili.
Per stimolare le future generazioni di paleontologi è stato allestito un campo scavi per i bambini che vogliono cimentarsi con le fatiche ma anche le molte emozioni che regala questo mestiere, cui segue un laboratorio didattico dove è possibile, usando forme di gesso, creare un piccolo calco dei reperti esposti.
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“Perla del Sannio“ e “gioiello della Valle Caudina”. I soprannomi di Sant’Agata de’ Goti anticipano già tutto e vanno ad enfatizzare ciò che racconta anche il nome, frutto di una summa dei vari periodi storici che l’hanno interessata: nell’VIII secolo, fu intitolata alla Santa catanese e dunque fu costruita la Chiesa di Sant’Agata de Amarenis, mentre in epoca normanna, intorno al 1117, si aggiunse la seconda parte, con l’arrivo nel territorio di Sant’Agata della famiglia di feudatari francesi Drengot. Ed ecco appunto Sant’Agata de’ Goti.
Anche architettonicamente, la cittadina in provincia di Benevento – il cui Centro Storico è inserito nel circuito de “I borghi più belli d’Italia” – è un perfetto connubio fra lasciti di epoca romana, longobarda e del XIX secolo. Non solo. Dal 2005, grazie alla ricca campagna che la circonda, fa parte dell’associazione Nazionale Città del Vino. Basta fare due passi fuori dall’abitato per ritrovarsi davanti a un’antica masseria, a contrade di case contadine vecchie di secoli.
Il consiglio da conservare, per apprezzare Sant’Agata de’ Goti nel suo insieme, è di andare sul ponte del torrente Martorano: da qui si può notare come il Centro Storico sorge su un promontorio di tufo che ricorda una mezzaluna, materiale fra i più friabili e instabili, ma che qui è stato sfruttato al meglio con costruzioni adatte al caso. A guardarlo sembra quasi un miracolo, sospeso sulla vallata in cui scorre placido il torrente.
La Valle Telesina si trova nel cuore della provincia di Benevento, a pochi chilometri da Telese Terme, nota meta benessere sin dai tempi dell’antichità grazie alle sue acque sorgive messe a frutto da uno stabilimento termale. La natura è l’elemento che contraddistingue tutta la zona, tutelata in parte dal Parco del Grassano, oasi di vero relax disseminato di vestigia romane, castelli medievali e piccoli borghi dove è piacevole fare tappa fra un’escursione e un’attività sportiva proposta dall’ente parco. Canoa, rafting, MTB, trekking…o anche un semplice picnic nelle aree riservate: il Parco del Grassano è un vero punto di riferimento nel beneventano e non solo per chiunque sia in cerca di una meta per trascorrere una giornata all’insegna del benessere tout court.
Bagnoli Irpino, 1959. Pier Paolo Pasolini e Camillo Marino fondano il primo festival dedicato al “cinema del reale” in Italia. Nasce l’evento che da lì a breve diventerà il Festival Internazionale del Film “Laceno d’Oro”, con un chiaro imprinting che mette al centro i problemi sociali, stimolando il dibattito e l’approfondimento, ma spesso rimanendo fuori dai circuiti della grande distribuzione.
Da allora, il festival prevede ogni anno a dicembre la proiezione di opere significative del cinema indipendente e di ricerca, oltre a una serie di iniziative collaterali in grado di attrarre un pubblico molto trasversale, per età e cultura.
L’Irpinia e la ceramica. Una storia plurisecolare che affonda le radici nel passato, e che in ogni epoca ha visto compiersi evoluzioni, di stile, tecnica, gusto. A raccontare tutta questa ricchezza sono gli oltre 250 pezzi della collezione del Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino, situato all’interno di Palazzo Forte.
Si va da ceramiche del IX secolo a maioliche dal Trecento in poi fino a opere contemporanee: in questo ampio excursus, brocche, piatti, fiasche e boccali dai colori solari illustrano gli usi, i costumi, le abitudini e i valori di un popolo e del suo territorio nell’arco di oltre dieci secoli.
Momento clou della ceramica arianese fu il Settecento, periodo in cui erano attestate ben 11 fornaci e circa 29 artigiani con diverse mansioni: faenzari, cretai, rovagnari e stovigliai, artefici di alcuni dei pezzi più notevoli conservati nel Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino. Fra questi, lucerne antropomorfe e zoomorfe, brocche e fiasche a segreto, estrose saliere, scaldamani a foggia di scarpetta, grandi piatti e piatti devozionali e così via.
Calitri è un antico borgo dell’ avellinese, in Irpinia, che deve la sua fama alla lunga e ricca tradizione delle ceramiche dipinte. A testimoniarlo sono le numerose botteghe presenti in zona e nell’intera Alta Valle dell’Ofanto, da quelle a conduzione familiare fino a veri e propri colossi per la produzione di laterizi e vasi in terracotta, e ovviamente il Museo della Ceramica situato nel Borgo Castello di Calitri.
Inaugurato nel 2008, il museo raccoglie oggetti databili dalla protostoria alle mezze maioliche dell’epoca medievale, dalle maioliche rinascimentali fino a quelle del XX secolo. Una collezione preziosa che assomma reperti provenienti dai numerosi scavi archeologici effettuati in zona, a donazioni e prestiti fatti da cittadini privati e associazioni culturali.
Tra le prelibatezze enogastronomiche che emergono in questa regione, spiccano il Taurasi DOCG, il Fiano di Avellino DOCG e il Greco di Tufo DOCG.
Il Taurasi, vino di straordinaria raffinatezza, ha radici in un’area di lunga tradizione vitivinicola, abbracciando 17 comuni. Presenta un intenso colore rosso rubino che sfuma in toni granato con l’invecchiamento. Grazie a un lungo periodo di affinamento, sviluppa profumi e sapori complessi. L’Aglianico è il vitigno predominante, con la possibilità di includere fino al 15% di altre varietà a bacca rossa non aromatiche. Dopo tre anni di maturazione in botti di rovere, nasce il rinomato “Taurasi”, un’espressione unica di fattori come il terroir, il clima e le uve provenienti dai vigneti situati tra i 400 e i 700 metri sulle incantevoli colline. Questo vino pregevole rappresenta uno dei pilastri della rinomata “Strada dei vini e dei sapori”.
Una delle manifestazioni più significative a sostegno dell’enologia locale è la Fiera Enologica Taurasi. Questo appuntamento, che si svolge ad agosto, si svolge per cinque giorni e unisce enogastronomia, musica e cultura del territorio. L’obiettivo è presentare un quadro completo delle attività legate al vino nell’area. Le giornate includono degustazioni, visite guidate, convegni, esposizioni, artigianato locale, stand enogastronomici, concerti e naturalmente, l’opportunità di gustare eccellenti vini.
La fiera si snoda in diverse località del comune di Taurasi, con un ruolo centrale svolto dal maestoso Castello Marchionale, luogo di nascita del Principe Carlo Gesualdo. Oggi sede dell’Enoteca regionale, il castello offre spazi per degustazioni e laboratori del gusto durante l’evento. La partecipazione delle aziende vinicole e cantine presenti sul territorio contribuisce in modo sostanziale al successo della fiera, che apre le porte all’entusiasmante “Taurasi Tour”.
Nel corso degli anni, l’evento ha cresciuto la sua popolarità, dando vita anche ad una versione invernale, dimostrando così la sua importanza turistica e enogastronomica campana.
La Campania, terra dai ricchi e antichi vitigni, offre una produzione vinicola autentica e radicata nella storia millenaria della regione. Questa tradizione affonda le sue radici in insediamenti secolari, con molti vigneti che ancora oggi ospitano viti plurisecolari. I “vini degli imperatori” come la Vitis Hellenica, il Vinum Album Phalanginum e la Vitis Apiana, menzionati da autori come Virgilio, Plinio, Cicerone e Marziale, sono gli antenati di celebri vini quali il Greco, la Falanghina e il Fiano. Una regione ricca di varietà di uve autoctone, da cui si originano oltre cento vini bianchi e rossi, rinomati per la loro autenticità e pregio.
Il distretto dell’ Irpinia dei Principi e dei tre Re, intitolato al Principe Carlo Gesualdo da Venosa e ai tre vini che nascono in queste terre ovvero il Taurasi DOCG, il Fiano di Avellino DOCG e il Greco di Tufo DOCG, racchiude comuni come Bonito, Gesualdo, Taurasi e altri. Il Taurasi, un vino rosso DOCG, è prodotto in un territorio dalle radicate tradizioni vitivinicole, comprendente 17 comuni dell’Irpinia. Di un rubino intenso, virante al granato, il Taurasi è adatto a un invecchiamento prolungato che ne esalta gli aromi e i sapori complessi. Elaborato principalmente dall’Aglianico, può includere fino al 15% di altre uve rosse non aromatiche. Questo vino rappresenta un’armoniosa combinazione tra terreno, clima e uve coltivate tra i 400 e i 700 metri sulle colline irpine.
Il Fiano, rinomato bianco, è prodotto in un’area che abbraccia 26 comuni, dalle Valli del Calore e del Sabato al Monte Partenio e le colline del Vallo di Lauro. Questo vino bianco secco, citato dal Gambero Rosso tra i migliori, sposa finezza e sapidità in perfetta armonia, grazie a un’acidità armonicamente integrata.
Il Greco di Tufo, uno dei vini bianchi italiani più rinomati, porta con sé una tradizione millenaria. Con una corposità ben bilanciata, questo vino presenta un colore giallo paglierino e un sapore fresco e minerale, con sentori di agrumi e fiori di ginestra. Si abbina a piatti di pesce, crostacei, molluschi e carni bianche, risultando un’ottima scelta per l’aperitivo.
Per immergersi nel mondo enologico dell’Irpinia, la Fiera Enologica Taurasi rappresenta un evento imperdibile, organizzato da Taurasi Wine City. Questa manifestazione di cinque giorni unisce enogastronomia, cultura e musica, offrendo un’ampia panoramica delle eccellenze enologiche della regione. Le attività includono degustazioni, visite, convegni, esposizioni, artigianato locale, concerti e ovviamente una vasta selezione di vini.
Il “Consorzio tutela vini d’Irpinia” rappresenta un’importante realtà, composta da circa 500 produttori di uve e aziende vitivinicole. Questo consorzio rappresenta il 75% dei vini certificati DOCG Taurasi, DOCG Fiano di Avellino, DOCG Greco di Tufo e DOC Irpinia prodotti nell’Irpinia. L’organizzazione di eventi come Ciak Irpinia, presso Atripalda, e Wine Art Museum, che offre esperienze di degustazione e percorsi immersivi, promuove l’arte del vino in tutta la sua bellezza e complessità.
Scegliendo di esplorare cantine come Tenuta del Meriggio e Feudi di San Gregorio, si può scoprire l’equilibrio tra tecnologie moderne e tradizioni antiche. Queste cantine offrono tour degustativi e un’esperienza completa nella scoperta dei vini irpini. In alternativa, The Grand Wine Tour offre visite guidate che portano alla scoperta delle eccellenze vinicole dell’Irpinia.
La Campania, terra di antichi sapori e profonde radici enogastronomiche, si svela attraverso i suoi vini pregiati e le esperienze uniche offerte dalle cantine e dagli eventi enologici del territorio.
L’Oasi WWF Lago di Conza è una delle più vaste aree umide della Campania e una delle più importanti stazioni di ristoro e riposo per le specie di uccelli migratori che attraversano il territorio tra il Tirreno e l’Adriatico. Data la sua importanza, l’area assume un rilievo sia nazionale che sovranazionale, specialmente per la varietà e la ricca avifauna che vi trova rifugio durante le migrazioni. L’ambiente si integra nel paesaggio Sannitico-Lucano, situato in un’area di basse montagne. La presenza di una diga influenza periodicamente il livello dell’acqua del lago.
La fruizione dell’Oasi è concentrata principalmente nella zona prossima al centro visite, da cui partono tre diversi sentieri in terra battuta, brecciolino o assi di legno, presentando un andamento prevalentemente pianeggiante, adatto a tutti i tipi di visitatori.
Il primo sentiero, chiamato “Sentiero Natura,” è un percorso ad anello accessibile tutto l’anno. Si sviluppa su un camminamento in legno, fruibile da tutti i visitatori. Lungo questo sentiero, sono posizionate bacheche e pannelli illustrativi che forniscono informazioni sull’habitat, la fauna e la flora dell’Oasi. Lungo il percorso si trovano numerosi punti di interesse come il Belvedere sul lago, che offre una vista panoramica sull’Oasi, gli antichi borghi di Conza e Cairano e lo Stagno Didattico.
Il secondo sentiero, conosciuto come “Sentiero della Cicogna Bianca,” è accessibile tutto l’anno ed è costituito da un camminamento in pietrisco che circonda l’area abitata dalle cicogne. Esso permette l’accesso a un capanno d’osservazione, da cui è possibile ammirare alcune esemplari di Cicogna Bianca. Quest’area ospita cicogne bianche nate in cattività, destinate a un progetto di ripopolamento nell’alta Irpinia. Il sentiero conduce anche al giardino delle Testuggini, dove sono ospitate quattro diverse specie di tartarughe affidate all’Oasi dal Corpo Forestale dello Stato.
Il terzo sentiero, conosciuto come “Sentiero Mountain Bike,” si estende per quasi 4 km lungo la sponda del lago, dalla diga al centro visite. Fanno parte di questo percorso delle vecchie strade di campagna, che attraversavano le case coloniche e offrono un paesaggio suggestivo. Lungo il sentiero è possibile avvistare diverse specie di uccelli tipiche degli ambienti prativi, come Cappellaccie, Allodole e Cardellini. Il sentiero offre numerosi punti di osservazione dell’avifauna acquatica.
I diversi ambienti presenti nell’Oasi includono il bosco igrofilo, i pascoli e gli ambienti steppici. Il bosco igrofilo è composto da varie piante, tra cui il salice bianco, la tamerice, l’ontano e il pioppo italico. La vegetazione palustre è estesa e comprende specie come il salice bianco, diverse varietà di pioppo, cannuccia di palude, tifa, scirpo, iris palustre, sagittaria e ranuncolo d’acqua. I pascoli e gli ambienti steppici sono caratterizzati dalla presenza predominante di Bromus erectus, accompagnato da avena selvatica, rovo, sambuco, biancospino, prugnolo e rosa canina.
L’Oasi WWF Lago di Conza è un ambiente ideale per lo studio dell’avifauna acquatica e delle migrazioni degli uccelli. Nel Centro Visite, è presente una sala conferenze, un laboratorio di educazione ambientale e un’aula all’aperto. La gestione dell’Oasi è affidata all’Associazione Campana per le Oasi del WWF (A.C.O.WWF), in collaborazione con l’Ente Irrigazione di Puglia, Lucania e Irpinia e la Provincia di Avellino. Il centro visite offre diverse strutture, tra cui una sala per conferenze, un laboratorio didattico, un percorso natura, capanni di osservazione e un’area attrezzata per la sosta.
Le visite guidate sono condotte da operatori esperti e includono parti dei sentieri natura, delle cicogne e delle mountain bike. Durano circa un’ora e mezza, sono su prenotazione e si svolgono per gruppi di almeno 10 persone. Inoltre, l’Oasi WWF Lago di Conza offre ai visitatori la possibilità di esplorare l’area protetta in modo indipendente, grazie alla tecnologia QRcode, che fornisce narrazioni guidate attraverso dispositivi abilitati come smartphone e tablet.
Nel cuore della provincia di Avellino, a Mercogliano, si erge il celebre complesso monastico mariano, un autentico simbolo dell’Italia meridionale: il Santuario Montevergine. Questo monumento nazionale rappresenta un’esperienza unica, includendo il Santuario, un’abbazia millenaria, una ricca biblioteca e un affascinante museo.
La storia del Santuario è intrecciata con la figura di San Guglielmo, un pellegrino dalla vita avventurosa che, dopo un periodo di riflessione, si ritirò in solitudine sul monte ora noto come Partenio. A oltre mille metri d’altitudine, costruì una modesta cella e visse un anno intero in contemplazione profonda, in armonia con la natura circostante, persino in compagnia di orsi e lupi, che parevano rispettare la sua presenza.
Sebbene la salita di San Guglielmo al monte Partenio risalga al 1118, la costruzione del Santuario ha inizio con la consacrazione della prima chiesa nel 1126. Questa chiesa, con dedicata alla Madonna, visse il suo massimo splendore tra il XII e il XIV secolo. Durante questo periodo, il Santuario si arricchì di numerose opere d’arte e divenne custode del dipinto della Madonna, venerato anche oggi nella cattedrale, insieme a numerose reliquie.
Un altro momento importante della storia della chiesa fu nel 1956 quando venne aperta una funicolare che collega il centro di Mercogliano al Santuario in soli 7 minuti, offrendo ai pellegrini una comoda alternativa alla strada, ripida e tortuosa.
L’architettura del Santuario si compone in Nuova e Antica Basilica. La Nuova Basilica, in stile romanico, presenta una pianta a tre navate, con un coro ligneo dietro l’altare principale e un soffitto a cassettoni decorato in oro zecchino. Il campanile, imponente e rivestito di granito bianco e grigio raggiunge un’altezza di circa 80 metri.
L’Antica Basilica si caratterizza per l’arte barocca, con decorazioni a stucco. All’interno si trovano la Cappella del Crocefisso e la Sala San Guglielmo, che ospita testimonianze di grazie e ex voto. Un altare del XVII secolo, con tarsi della scuola napoletana e influssi dell’arte araba, domina la Basilica, circondato da opere d’arte di notevole pregio.
La cripta di San Guglielmo accoglie il sarcofago contenente le spoglie del santo, impreziosito da raffigurazioni salienti della sua vita terrena e alcune reliquie raccolte nel corso degli anni.
Alla devozione della Madonna è legata la “Juta a Montevergine” che si svolge due volte all’anno e ha come protagonista la Madonna Nera di Montevergine, anche detta Mamma Schiavona. La “Juta” è il percorso in montagna per raggiungere il Santuario, all’interno del quale è custodita l’icona della Mamma Schiavona, oggetto di culto che richiama pellegrini da ogni parte d’Italia. La leggenda che si confonde con la realtà, in uno dei culti più seguiti nel sud Italia, ruota proprio attorno al misterioso quadro inserito nel complesso monastico realizzato da Montano D’Arezzo. La leggenda narra che la Madonna di Montevergine, unica nera di 7 sorelle (da qui l’appellativo Schiavona, cioè “straniera”), per il colore della sua pelle era considerata la più “brutta” e che per tale motivo, offesa, si rifugiò sul Monte Partenio. Nel tempo la Mamma Schiavona è diventata il simbolo di protezione degli ultimi, dei deboli, dei poveri e degli emarginati, diventando così la più bella delle sorelle, tanto da essere festeggiata due volte all’anno: il 2 febbraio, giorno della Candelora, e il 12 settembre, giorno di Santa Maria. Queste due date segnano rispettivamente l’apertura e la chiusura della festa delle sette Madonne che, come gran parte dei culti mariani, affonda le sue radici in arcaici riti precristiani legati al culto della Madre Terra e volti a propiziare un buon raccolto.
Nel giorno della Candelora, come già accennato, si compie anche uno degli eventi più suggestivi e caratteristici della tradizione campana: la juta a Montevergine dei femminielli.
Il maestoso Castello di Avella, che si erge imponente su una collina lungo la parte orientale della pianura campana e affacciato sul fiume Clanio, racchiude in sé la storia di una roccaforte longobarda. Costruito nel VII secolo e dedicato all’arcangelo Michele, aveva il compito di sorvegliare il confine. Nel corso dei secoli, il castello subì vari attacchi, tra cui l’assalto saraceno nel 883.
Situato a un’altitudine di 320 metri sul livello del mare, il Castello di Avella fu edificato dai Longobardi nel VII secolo d.C. sui resti del tempio di Ercole. Questo primo insediamento potrebbe aver svolto la funzione di avamposto militare, contribuendo al controllo della strada tra Avellino e Benevento e alla difesa dal Ducato bizantino di Napoli. Nel corso dei secoli, il castello passò di mano tra diverse dinastie, tra cui i baroni di Avella di origine normanna, i Del Balzo, gli Orsini e i Doria del Carretto, fino a giungere nelle proprietà della famiglia Spinelli che nel 1533 restaurò la fortezza. La struttura fortificata presenta una forma trapezoidale con tre aree distinte disposte in modo quasi concentrico. La prima comprende il palatium Mastio, le cui murature interne realizzate con tufo e rari pezzi di calcare sagomato conservano tracce delle modifiche subite nel corso dei secoli. Un elemento caratteristico è la torre circolare situata nell’angolo sud-est del palatium, tipica dell’architettura angioina. Questa torre alta e slanciata serviva alla difesa dell’accesso principale. All’interno della torre, si trovano ambienti per la residenza e servizi, mentre la cisterna è al piano inferiore. Le seconde e terze aree sono costituite da due cinte murarie.
Nonostante la sua importanza come complesso medievale, solo recentemente il Castello di Avella è stato oggetto di esplorazioni sistematiche, grazie a finanziamenti destinati a creare un parco archeologico. Le indagini condotte tra il 2000 e il 2001 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento si sono concentrate sulla rocca per definirne lo sviluppo planimetrico e stabilire una periodizzazione basata su stratigrafia delle fasi di occupazione.
Il Castello di Avella, gestito dal Comune di Avella, insieme all’Anfiteatro di Avella e ai Monumenti funebri della necropoli romana, rappresenta una delle principali attrazioni della città. È possibile acquistare un biglietto unico che consente l’accesso a questi tre siti archeologici, e richiedere una guida ufficiale della regione per una visita guidata. Inoltre, il comune mette a disposizione un servizio di navette che collega i siti principali. Il sito web del comune dispone di una guida ai siti archeologici in Lingua Italiana dei Segni (LIS).
L’ufficio turistico di Avella regola gli ingressi al sito archeologico e offre la possibilità di prenotare visite guidate con guide turistiche ufficiali della regione. Durante i mesi estivi, dall’inizio di giugno a settembre, è attivato il format “TRAMONTO ED APERITIVO AL CASTELLO”, che comprende incontri, visite guidate all’anfiteatro romano, al centro storico (Convento e Palazzo Baronale) e al Castello di Avella, seguite da un aperitivo con vista panoramica sul Vesuvio e sul tramonto.
Avella è facilmente raggiungibile attraverso la S.S. 7/bis e l’autostrada Napoli – Bari, grazie alla presenza dei caselli autostradali Nola – Baiano, oltre che dai treni e mezzi pubblici gestiti dalla circumvesuviana.
Sportivo
Comune: Ascea
Mese di inizio: Dicembre
Durata: 10 Giorni
Culturale
Comune: Bagnoli Irpino
Mese di inizio: Dicembre
Durata: 8 Giorni
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Comune: Avellino
Mese di inizio: Dicembre
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Comune: Ascea
Mese di inizio: Dicembre
Durata: 10 Giorni
Culturale
Comune: Bagnoli Irpino
Mese di inizio: Dicembre
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Comune: Avellino
Mese di inizio: Dicembre
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