A un tiro di schioppo
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Calitri (AV), Campania
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Scopri tutti i comuni del territorioCampania Felix. Gli Antichi Romani la chiamavano così, e il senso di questa definizione sta nella fortunata composizione di elementi naturalistici e “umani” che sono andati nel tempo a creare realtà straordinarie come Capri, Pompei e Sorrento, solo per citarne alcune. In periodo imperiale, la Regione comprendeva i territori che da Capua arrivavano fino a Salernum e poi tutta l’area circumvesuviana. Particolarmente apprezzati erano già all’epoca quelle che oggi chiameremmo wellness destination, ossia le sorgenti termali attorno a cui sorsero grandiosi stabilimenti termali frequentati anche da personalità e aristocrazia romana. Fra questi, le “Spa” di Contursi Terme, Telese e Napoli, attive ancora, oltre ovviamente a quell’unicum che è Ischia, vera e propria “Isola del benessere”. La natura generosa ha regalato alla Campania anche una serie di oasi verdi, a iniziare dal Parco Nazionale del Vesuvio e quello del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, cui si aggiungono il Parco Regionale del Matesesino, il Parco sommerso di Gaia e l’Area Marina Protetta di Costa degli infreschi e della Masseta nel Cilento.
Felix la Campania lo è anche per la ricchezza che ha saputo coltivare l’uomo, a volte letteralmente, con colture come la vite, presente da oltre duemila anni con vitigni autoctoni – vedi le vitis Hellenica, Apiana e Aminea Gemina – che oggi hanno ceduto il passo a Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo, prodotti da esportazione che fanno parlare di questa terra in tutto il mondo.
Così come altri prodotti di tradizione locale: le ceramiche artistiche di Vietri sul Mare, i tessuti artigianali di San Leucio, i coralli e cammei di Torre del Greco, cuore di un fiorente distretto orafo noto a livello internazionale, e le ceramiche di Capodimonte nel capoluogo.
Dati ottenuti tramite l’analisi delle recensioni sul web
Le attività del turista Culturale
La ceramica è un’arte antica in Campania, come attestano reperti di epoca etrusca e romana in vari siti archeologici, uno dei quali si trova nell’area di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. In particolare, è nel XIII secolo che, all’interno di grotte di arenaria, si perfeziona la tecnica dell’invetriatura, di origine greco-romana e mixata con le culture orientali, bizantine e islamiche, su cui nel XV secolo si innesta anche la sapienza dei maestri faentini portati qui intorno al 1421 dal Conte Francesco Sforza. L’evoluzione continua fino al ‘700, periodo in cui il piccolo borgo irpino arriva a contare 11 fornaci e 20 forniciai specializzati nella produzione di manufatti per uso domestico. A oggi, Ariano è tornato a far sentire la sua voce, proponendo sul mercato i cosiddetti “oggetti solari”, acquasantiere, mattonelle votive, coppe, fiasche a forma di animale o umane dai colori sgargianti.
Si trova nell’avellinese anche Calitri, dove la tradizione ceramica prende piede a partire dal XVI secolo, grazie alla scoperta di ricchi giacimenti di argilla in zona. Da qui, in breve inizia un fiorente commercio anche extra regionale, sulla scia del successo di due decori tipici e assai caratterizzanti: i “sing sing”, tipiche linee verticali che seguivano la circonferenza dei manufatti, e la “rosa mascarina”, una sorta di rosa selvatica stilizzata, arricchita nel tempo con stemmi o emblemi gentilizi e richiami ad animali o piante.
Altri due luoghi dediti a quest’arte si trovano nel Sannio. Il primo è Cerreto Sannita, nel Parco Regionale del Matese, dove è stato rinvenuto un forno arcaico per la cottura dell’argilla. Bisogna però attendere il ‘700 per veder nascere la Scuola delle Maioliche Cerretesi, dovuta a una proficua produzione di manufatti che iniziò a essere esportata in tutto il Meridione. Un approfondimento su tutte le fasi evolutive dello stile locale lo dà il Museo Civico e della Ceramica Cerretese, che raccoglie in tre sezioni i capolavori degli artigiani locali dall’epoca romana fino all’età contemporanea.
Il secondo “spot” sannita per appassionati del genere è San Lorenzello, la cui particolarità è che qui, dal Seicento in poi, si sono sviluppate varie botteghe ma tutte specializzate in una tipologia di manufatto, chi in vasi, chi in presepi, acquasantiere e così via. Una particolarità che ha reso unica la sua ceramica, ancora oggi esportata con successo, fino ad arrivare in Giappone e non solo.
Nel salernitano si trova infine Vietri sul Mare, tanto legata al mondo della ceramica da essere dichiarata nel 1997 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ciò che oggi si vive in paese, nelle sue viuzze affollate di botteghe artigiane dedite a tramandare quest’arte antica, è uno spaccato assolutamente fedele di ciò che già accadeva nei secoli addietro, quando il borgo era sia la base di produzione sia lo scalo commerciale della Badia di Cava de’ Tirreni. Perfetta, a chiudere questo itinerario all’insegna della bellezza plasmata da mani sapienti, è la visita alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, impreziosita dentro e fuori da straordinarie maioliche del Seicento.
Le attività del turista Enogastronomico
Una cucina dalle infinite sfumature quella della Campania, aristocratica e gustosamente plebea, che intreccia mare e terra senza distinzione o prevalenza alcuna. Una cucina che si avvale di prodotti premiati con le classificazioni DOP e IGP, frutto di una campagna “felix” per via della fertilità generata da fenomeni vulcanici e affini.
Sulla pizza, alimento mitico e universale, si possono trovare molti degli ingredienti di eccellenza che la rendono un emblema di italianità, oltre che di regionalità: in primis, la Mozzarella di Bufala Campana, DOP come il Caciocavallo podolico dei Monti Alburni e il Provolone del Monaco della Penisola Sorrentina, tre dei numerosi gioielli di una produzione casearia ampia e di qualità. DOP sono anche varie tipologie di olio extravergine d’oliva, la Colatura di alici di Cetara e, complice la pummarolla, il Pomodoro di San Marzano e il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, entrambi portabandiera di una ricca selezione di ortaggi e frutta di altissima qualità. Fra questi spiccano il carciofo di Paestum, le Olive di Gaeta DOP, il Fico bianco del Cilento DOP e il limone di Sorrento, con cui vengono prodotti oli essenziali, liquori e conserve.
Dopo la pizza, c’è la pasta secca, altro emblema della cucina di territorio, prodotta in centinaia di pastifici artigianali – assiepati in particolare nella zona di Gragnano, in provincia di Napoli – dove la trafilatura al bronzo, l’essiccazione lenta e a basse temperature sono ancora gli elementi cardine di una filiera controllata.
Fra i salumi, se il più comune è il salame di Napoli e il più sfizioso è il prosciutto di Pietraroja, quello più di nicchia è la salsiccia di polmone, detta anche polmonata, a base di carne di maiale nero casertano. Salumi che in genere ben si accompagnano a molti dei vini autoctoni, che negli ultimi anni hanno conquistato sempre più terreno – 24.000 gli ettari vitati – e sempre più “premi”, come certificato da ben 15 DOC (Ischia, Capri, Vesuvio, Cilento, Falerno del Massico, Castel San Lorenzo, Aversa, Penisola Sorrentina, Campi Flegrei, Costa d’Amalfi, Galluccio, Sannio, Irpinia, Casavecchia di Pontelatone, Falanghina del Sannio), 4 DOCG (Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Aglianico del Taburno) e 10 IGP (Colli di Salerno, Dugenta, Epomeo, Paestum, Pompeiano, Roccamonfina, Beneventano, Terre del Volturno, Campania e Catalanesca del Monte Somma).
Le attività del turista Naturalistico
L’Isola di Ischia, il Golfo di Napoli, la Costiera Amalfitana, il Cilento, l’Irpinia…Non c’è zona della Campania che non richiami alla mente antiche memorie legate a sorgenti benefiche. Fra le terme pubbliche dell’isola a più alto “tasso di benessere” del Mediterraneo ci sono quelle di Sorgeto e delle Fumarole, ben note e sfruttate sin dai tempi dei Romani e da allora sempre rimaste fra le mete preferite di personalità di ogni epoca, come testimonia il fatto che fu qui che Giuseppe Garibaldi, “ferito ad una gamba”, venne a curarsi, immergendosi nella fonte del Gurgitello a Casamicciola.
Insieme a Ischia, anche Procida e Vivara fanno parte della vasta area denominata Campi Flegrei, che nel tratto di mare da qui alla terraferma presenta numerosi crateri sprofondati sott’acqua. Per la sua natura altamente sismica, il Golfo di Pozzuoli tutto e i Campi Flegrei in particolare erano il luogo ideale per la pratica dell’otium, inteso come momento per la cura del sé, là dove manifestazioni dovute alla continua attività vulcanica di una grande caldera in stato di quiescenza venivano interpretate come segnali divini. Se quest’ultimi erano frutto di interpretazioni assolutamente aleatorie, gli effetti curativi erano e sono tutt’oggi tangibili, qui come negli altri centri termali della Regione. Restando in zona, per combattere artrosi, acne, reumatismi e malattie respiratorie si può andare alle Terme di Pozzuoli, vicino al Lago Averno, particolarmente tonificanti e anti-infiammatorie, con temperature che oscillano dai 38°C ai 74°C nelle piscine principali. Sempre non lontano da Napoli, ci sono le Terme di Agnano, che hanno la particolarità di essere immerse in un parco archeologico dove sono visibili le strutture del primo impianto costruito fra il I e il II secolo d.C. dall’imperatore Adriano.
Sul Golfo di Napoli affacciano le Terme di Castellammare di Stabia, note per le cure dermo-cosmetiche che possono attingere a un circuito di ben 28 diverse fonti minerali. Si lascia la costa per inoltrarsi nell’entroterra salernitano e raggiungere Contursi Terme, che ha il vanto di offrire acque con la più alta concentrazione di anidride carbonica d’Europa e perciò di grande efficacia contro le patologie vascolari.
In provincia di Benevento troviamo invece il complesso delle Terme di Telese, alimentato da acque ricche di zolfo ottime contro patologie di natura inalatoria, ginecologica e dermatologica. Una volta giunti qui, vale la pena intraprendere anche il Sentiero delle Sorgenti, per raggiungere l’area naturalistica e archeologica di Monte Pugliano, spettacolare per le doline nate dal crollo di antiche grotte scavate dall’acqua.
Questo tour ideale nella Campania all’insegna dell’otium non potrebbe chiudersi in un luogo più significativo delle Antiche Terme di San Teodoro, a Villamaina, nell’avellinese: da Virgilio a Plinio il Vecchio, non c’è stato autore del passato che non abbia decantato la purezza e bontà delle acque curative, generate da un’attività sismica che coinvolge anche l’area nei pressi del Lago della Mefite, ricca di fumarole e fanghi bollenti. Suggestioni che, è il caso di dirlo, riaffiorano dal passato per regalare ancora, oggi come ieri, un migliore stato di salute e un profondo relax.
Per scoprire l’anima più selvaggia della Campania si può iniziare dal Cilento, dove il fiume Calore Lucano ha scavato nei secoli cinque profonde incisioni, le cosiddette Gole del Calore, uno dei luoghi più spettacolari del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni insieme all’Oasi WWF delle Grotte del Bussento, 670 ettari di verde caratterizzati da fenomeni carsici fra i più importanti in Italia.
Dalle acque del Rio Bussentino, sempre nel Cilento, vicino ai resti di un mulino, nasce la Cascata dei Capelli di Venere, il cui nome deriva dall’abbondante presenza di felce capelvenere, che crea tutt’attorno una piccola oasi dall’aspetto quasi tropicale.
Il più grande parco regionale campano, di 63.000 ettari, nonché uno dei maggiori bacini idrici del Mezzogiorno, è invece l’Oasi di Caccia di Senerchia, nella provincia di Avellino, riserva naturale di 450 ettari che rientra nel Parco Regionale dei Monti Picentini.
Anche la Costiera Amalfitana nasconde un insospettabile wild side appena alle spalle di uno dei luoghi più celebri, Amalfi, dove fra i comuni di Scala e Agerola si sviluppa la Valle delle Ferriere, attraversata da un percorso semplice e della durata di circa tre ore, con scorci sul mare di rara bellezza.
Dall’azione erosiva del torrente Titerno, nel Beneventano, derivano infine le gole rocciose dette Forre del Lavello, spettacolare “canyon” con grotte, antri e sentieri, anche di trekking fluviale, attrazione del Parco Regionale del Matese.
La Valle Telesina si trova nel cuore della provincia di Benevento, a pochi chilometri da Telese Terme, nota meta benessere sin dai tempi dell’antichità grazie alle sue acque sorgive messe a frutto da uno stabilimento termale. La natura è l’elemento che contraddistingue tutta la zona, tutelata in parte dal Parco del Grassano, oasi di vero relax disseminato di vestigia romane, castelli medievali e piccoli borghi dove è piacevole fare tappa fra un’escursione e un’attività sportiva proposta dall’ente parco. Canoa, rafting, MTB, trekking…o anche un semplice picnic nelle aree riservate: il Parco del Grassano è un vero punto di riferimento nel beneventano e non solo per chiunque sia in cerca di una meta per trascorrere una giornata all’insegna del benessere tout court.
“Perla del Sannio“ e “gioiello della Valle Caudina”. I soprannomi di Sant’Agata de’ Goti anticipano già tutto e vanno ad enfatizzare ciò che racconta anche il nome, frutto di una summa dei vari periodi storici che l’hanno interessata: nell’VIII secolo, fu intitolata alla Santa catanese e dunque fu costruita la Chiesa di Sant’Agata de Amarenis, mentre in epoca normanna, intorno al 1117, si aggiunse la seconda parte, con l’arrivo nel territorio di Sant’Agata della famiglia di feudatari francesi Drengot. Ed ecco appunto Sant’Agata de’ Goti.
Anche architettonicamente, la cittadina in provincia di Benevento – il cui Centro Storico è inserito nel circuito de “I borghi più belli d’Italia” – è un perfetto connubio fra lasciti di epoca romana, longobarda e del XIX secolo. Non solo. Dal 2005, grazie alla ricca campagna che la circonda, fa parte dell’associazione Nazionale Città del Vino. Basta fare due passi fuori dall’abitato per ritrovarsi davanti a un’antica masseria, a contrade di case contadine vecchie di secoli.
Il consiglio da conservare, per apprezzare Sant’Agata de’ Goti nel suo insieme, è di andare sul ponte del torrente Martorano: da qui si può notare come il Centro Storico sorge su un promontorio di tufo che ricorda una mezzaluna, materiale fra i più friabili e instabili, ma che qui è stato sfruttato al meglio con costruzioni adatte al caso. A guardarlo sembra quasi un miracolo, sospeso sulla vallata in cui scorre placido il torrente.
Alghe fossili e gusci di bivalvi con un diametro fino a 20 cm si trovano inclusi nelle pietre di colore grigio chiaro utilizzate per lastricare strade e piazze di Pietraroja, nel beneventano, e del vicino borgo di Cusano Mutri. Il perché di questo fenomeno è presto detto: nel Cretaceo, Pietraroja era lambito da una laguna. Ora di quella laguna se ne ha traccia nei reperti conservati nel Paleolab – Museo del Parco Geopaleontologico, sistema multimediale che permette al visitatore di viaggiare indietro nel tempo di 100 milioni di anni, per ritrovarsi immersi nell’Oceano Tetide, a quando cioè questa zona della Campania era popolata da pesci, coccodrilli e salamandre, e soprattutto dallo Scipionyx Samniticus, un piccolo di celosaurus di cui è stato ritrovato un esemplare che rappresenta un vero unicum, con gli organi e le fibre muscolari ancora intatti.
Il percorso di visita del Paleolab di Pietraroja ricorda la scena del film Stargate, in cui varcando una soglia ci si ritrova in un’atra era: il viaggio ha inizio con un “ascensore geologico”, una sorta di teletrasporto grazie al quale in pochi secondi ci si ritrova nel Cretaceo. Gli exibit, le scenografie, i filmati e un grande acquario interattivo permettono nelle prime sale del museo di entrare in questo ambiente tropicale e di conoscerne gli abitanti. Il percorso termina con un excursus sulla storia degli esseri viventi sulla Terra ripercorsa attraverso i fossili.
Per stimolare le future generazioni di paleontologi è stato allestito un campo scavi per i bambini che vogliono cimentarsi con le fatiche ma anche le molte emozioni che regala questo mestiere, cui segue un laboratorio didattico dove è possibile, usando forme di gesso, creare un piccolo calco dei reperti esposti.
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Il Tartufo Nero di Bagnoli Irpino PAT e la Castagna di Montella IGP sono due delle eccellenze più rappresentative del territorio dell’Irpinia e del Parco dei Monti Picentini, giustamente celebrate dall’annuale Sagra della Castagna e del Tartufo Nero che si svolge a Bagnoli Irpino nel periodo autunnale.
Tartufo e castagna, accompagnati da funghi e prodotti caseari, fra cui spicca il pecorino bagnolese a base di latte di pecore autoctone, fanno di questa Sagra un appuntamento fra i più attesi, popolato da circa un centinaio di stand distribuiti per le vie del borgo.
Spettacoli, concerti di musica popolare e danze folkloristiche completano il calendario, cui si aggiungono visite guidate ai siti di interesse nella zona. Un’occasione da non perdere per una full immersion in cultura, storia, arte ed enogastronomia dell’Irpinia.
Calitri è un antico borgo dell’ avellinese, in Irpinia, che deve la sua fama alla lunga e ricca tradizione delle ceramiche dipinte. A testimoniarlo sono le numerose botteghe presenti in zona e nell’intera Alta Valle dell’Ofanto, da quelle a conduzione familiare fino a veri e propri colossi per la produzione di laterizi e vasi in terracotta, e ovviamente il Museo della Ceramica situato nel Borgo Castello di Calitri.
Inaugurato nel 2008, il museo raccoglie oggetti databili dalla protostoria alle mezze maioliche dell’epoca medievale, dalle maioliche rinascimentali fino a quelle del XX secolo. Una collezione preziosa che assomma reperti provenienti dai numerosi scavi archeologici effettuati in zona, a donazioni e prestiti fatti da cittadini privati e associazioni culturali.
L’Irpinia e la ceramica. Una storia plurisecolare che affonda le radici nel passato, e che in ogni epoca ha visto compiersi evoluzioni, di stile, tecnica, gusto. A raccontare tutta questa ricchezza sono gli oltre 250 pezzi della collezione del Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino, situato all’interno di Palazzo Forte.
Si va da ceramiche del IX secolo a maioliche dal Trecento in poi fino a opere contemporanee: in questo ampio excursus, brocche, piatti, fiasche e boccali dai colori solari illustrano gli usi, i costumi, le abitudini e i valori di un popolo e del suo territorio nell’arco di oltre dieci secoli.
Momento clou della ceramica arianese fu il Settecento, periodo in cui erano attestate ben 11 fornaci e circa 29 artigiani con diverse mansioni: faenzari, cretai, rovagnari e stovigliai, artefici di alcuni dei pezzi più notevoli conservati nel Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino. Fra questi, lucerne antropomorfe e zoomorfe, brocche e fiasche a segreto, estrose saliere, scaldamani a foggia di scarpetta, grandi piatti e piatti devozionali e così via.
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