Scoglio della Galea Resort & Spa
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Ricadi (VV), Calabria
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Scopri tutti i comuni del territorioCon un nome così, Costa degli Dei, le aspettative sono tante, e tutte ben riposte. Il tratto di litorale calabrese che va da Nicotera a Pizzo Calabro è un po’ l’orgoglio della provincia di Vibo Valentia, per il susseguirsi di lunghe spiagge bianche e scogliere frastagliate con piccole cale raggiungibili solo a piedi o in barca. Un vero paradiso per chi ama vivere il mare in versione wild, sia fuori che dentro l’acqua: sotto la superficie si nascondono infatti fondali meravigliosi, popolati da colonie di pesci e gorgonie.
L’espressione “dedalo di viuzze” trova una perfetta concretizzazione fra gli stretti vicoletti di Pizzo Calabro, arroccato su un promontorio a picco sul mare. Sul punto più alto sorge il Castello di Gioacchino Murat, dove il sovrano trascorse gli ultimi giorni prima di essere fucilato, mentre in una grotta a livello del mare c’è la Chiesetta di Piedigrotta, popolata di statue realizzate da un artista locale di cui vale la pena scoprire la storia.
Anche Tropea si divide fra la parte antica arroccata su uno sperone di roccia e quella inferiore, La Marina, a ridosso del piccolo porto. Basterebbe questo per farne uno dei “Borghi più belli d’Italia”, ma poi ecco quel quid in più, la suggestiva Chiesetta dell’Isola, scrigno di splendide opere messe al sicuro in cima a un promontorio circondato dal mare.
Nel Comune di Ricàdi, la località di riferimento è di certo Capo Vaticano, nota per le belle spiagge e il mare cristallino con fondali ricchi di fauna ittica, un anticipo di ciò che si ritrova a Zambrone, soprannominato il “paradiso dei sub”. La magia della Costa degli Dei continua così in un alternarsi di scogliere a strapiombo, riviere sabbiose, grotte e spiaggette isolate, sempre e comunque immerse in una natura rigogliosa e selvaggia.
Una sintesi perfetta di queste caratteristiche la offre Parghelia, località balneare fra le più gettonate di questa zona del Tirreno diventata famosa per la spiaggia della “Pizzuta”, con curiosi pinnacoli di roccia granitica che si innalzano dal fondale. Dettagli “pungenti” come alcuni prodotti locali, vedi la Cipolla Rossa di Tropea, la ‘Nudja di Spilìnga e il Pecorino del Monte Poro.
Dati ottenuti tramite l’analisi delle recensioni sul web
Le attività del turista Culturale
Nel 1492, mentre dall’altra parte del globo Cristoforo Colombo scopriva l’America, a Pizzo Calabro, in provincia di Reggio Calabria, re Ferdinando d’Aragona faceva erigere il Castello diventato simbolo del borgo e della Costa degli Dei. Una costruzione repentina generata dalla necessità di controbattere al tentativo di rivolta dei Baroni, ordita contro di lui da parte dei feudatari di Castrovillari, Corigliano e Belvedere Marittimo.
Oggi, il massiccio corpo quadrangolare, le due torri a tronco conico e la parte trapezoidale a picco sul mare sono ancora qui a ricordare quell’epoca di scontri sanguinosi, ma anche gli ultimi istanti di vita di uno dei protagonisti della storia più recente: una lapide posta sul ponte levatoio riporta che nel 1815 Gioacchino Murat venne fucilato proprio qui. Fedelissimo di Napoleone, Murat aveva conquistato il Regno di Napoli, ma dopo la sconfitta di Waterloo e il declino dell’imperatore francese, fu arrestato dai soldati di Ferdinando IV di Borbone, rinchiuso nelle prigioni del castello di Pizzo e poi trucidato.
L’eco di questi eventi fece subito il giro dell’Europa, creando già allora un flusso di curiosi e di visitatori affascinati dalla figura del coraggioso generale francese. Fra i primi noti giunti in visita ci fu Alexandre Dumas, che nell’autunno del 1835, durante il suo grand tour dell’Italia meridionale, si fermò a Pizzo e volle vedere con i propri occhi la cella dove Murat trascorse i suoi ultimi giorni.
Le attività del turista Enogastronomico
Parlando di enogastronomia calabra, e in particolare della provincia di Vibo Valentia, il pensiero corre immediatamente alla Cipolla Rossa IGT di Tropea, icona della tradizione locale e sinonimo stesso di questo lembo di terra italica, ma soprattutto prodotto principe fra i molti di qualità che arrivato sulla tavola da queste parti. Oltre al rosso vermiglio di questo ortaggio che pare sia stato importato addirittura dai Fenici, oggi fra i motori dell’economia dei comuni in cui è maggiormente diffusa – ossia fra Nicotera e Campo di San Giovanni, già in provincia di Cosenza, e lungo la fascia tirrenica, fra Briatico e Capo Vaticano – sono protagonisti dei ricettari locali anche il pesce azzurro e il tonno, e i loro molti derivati, e il Tartufo di Pizzo, il cui nome non deve trarre in inganno. Trattasi infatti di un dolce tipico della pasticceria calabrese, a base di latte, zucchero, uova, nocciole e cacao, creato a Pizzo per la prima volta nel 1940, e da allora diventato un must per chiudere un pasto in dolcezza.
Le attività del turista Naturalistico
L’itinerario che collega Pizzo e il Parco Naturale Regionale delle Serre, a Serra San Bruno, è uno di quei trekking da fare a piedi o in mountain bike che in 130 km consentono di attraversare tutta la provincia calabrese di Vibo Valentia, passando in breve tempo dalla costa ai rilievi dell’entroterra. Nel mezzo, si fa tappa a Tropea, a Capo Vaticano, a Nicotera, per poi deviare appunto verso le Serre, approdando a quell’”isola” di silenzio mistico che è il Santuario regionale di Santa Maria nel Bosco, immerso nel fitto di una faggeta secolare, a pochi chilometri dalla Certosa di Serra San Bruno.
Le attività del turista Spirituale
Gli anni che dimostra oggi la facciata del Duomo di Vibo Valentia, consacrato come Basilica di Santa Maria Maggiore, sono circa trecento, a guardare lo stile barocco che la caratterizza, ma in realtà, sotto l’aspetto di un edificio datato fra il 1680 e il 1723, si nascondono elementi risalenti al IX secolo, a quella prima chiesa danneggiata nel corso dei secoli da più terremoti, e in particolare da quelli del 1638 e del 1659. Una volta entrati, da guardare sono il gruppo marmoreo cinquecentesco raffigurante la Madonna della Neve, un altare ricomposto nel 1811 con marmi rari provenienti dal ciborio di Serra San Bruno e un bel Crocifisso cinquecentesco.
Qui accanto, affacciato sulla medesima Piazza San Leoluca, si trova il Valentianum, ex convento domenicano del 1455, restaurato nel 1982 per accogliere il Tesoro del Duomo. Un scrigno prezioso ricolmo di paramenti, quadri, statue, suppellettili preziose, libri, stampe e cimeli di vario genere. La sorte del convento mutò dopo la soppressione degli enti ecclesiastici voluta da Napoleone, in seguito alla quale il convento venne trasformato in un ospedale militare, e dal 1852 fino al 1944 in Orfanotrofio provinciale e Istituto Agrario. Dagli anni Cinquanta in poi divenne sede della scuola d’istruzione secondaria di tipo industriale, fino appunto a essere riconvertito in museo.
Basta spostarsi di una ventina di km in direzione Nord, ed ecco in Località Madonnella, vicino a Pizzo, una delle mete che rientra sempre nella “top ten” delle più visitate della Calabria. Si tratta infatti di un unicum assoluto: è la chiesetta rupestre di Piedigrotta, creazione del genio umano unita a uno scenario naturalistico che già di per sé è uno spettacolo. Il tutto nasce in seguito a una leggenda dei Seicento, secondo la quale, durante una tempesta, i marinai tutti napoletani a bordo di un veliero a rischio di naufragio fecero il voto che, in caso di salvezza, una volta giunti a terra avrebbero costruito una cappella dedicata alla Madonna. Il voto venne fatto davanti a un quadro della Madonna di Piedigrotta poco prima che il veliero si inabissasse, ma miracolosamente sia i marinai che il quadro arrivarono a terra sani e salvi, sospinti dalle onde insieme alla campana di bordo datata 1632. Così, i naufraghi mantennero la promessa, scavando una piccola cappella nella roccia.
Il luogo fu da subito oggetto di culto, ma fu solo verso il 1880 che iniziò a prendere l’aspetto attuale. Ci sono voluti circa 80 anni di lavoro, prima da parte di Angelo Barone e poi del figlio Alfonso, artisti locali che dedicarono ciascuno circa 40 anni della propria esistenza a scolpire, allargare, plasmare e dipingere la roccia, dando vita a uno dei tanti gioielli d’arte popolare scaturiti dal genio creativo dei calabresi. A oggi, Piedigrotta è una delle mete più visitate dell’intera Calabria.
Le attività del turista Sportivo
I borghi di Tropea e Briatico chiudono quell’ansa della costa calabrese denominata Golfo di Sant’Eufemia, dove va a collocarsi Zambrone con la sua lunga spiaggia. Un lido con vista, per così dire, che all’orizzonte inquadra le Isole Eolie fra cui si distingue con facilità il profilo del vulcano di Stromboli.
Il centro storico di Zambrone, originario del XIII secolo, trova il suo volto moderno nella Marina, sorta attorno a una spiaggia di sabbia bianca lambita da un mare trasparente che nulla ha da invidiare alle destinazioni tropicali. Punta Zambrone è un “trampolino” naturale da cui i bagnanti fanno a gara a tuffarsi, ed è nota per i fondali ricchi di fauna e flora marina che la rendono una meta gettonata per lo snorkeling. Caratteristica che la accomuna al Paradiso del Sub, spiaggia che si apre proseguendo in direzione di Briatico, al di là di una roccia dalla conformazione particolare che le ha fatto guadagnare il nome di Scoglio del Leone. Nell’insieme, questo “paradiso” nascosto è apprezzato non solo da chi fa immersione ma anche da chi ama l’escursionismo: già la discesa verso il mare non è delle più semplici, ma ne vale la pena, perché una volta arrivati a filo d’acqua ci si ritrova in un mare cristallino in cui si riflette la vegetazione rigogliosa e selvaggia. Chi volesse approdarvi in modo più comodo, da Parghelia partono tutti i giorni imbarcazioni che fanno la spola verso questo angolo di “Eden”.
Tropea, Santuario di Santa Maria dell’Isola. In effetti, a guardarlo bene, il promontorio su cui sorge il monumento simbolo del borgo e ormai della Calabria intera, sembra proprio un lembo di terra a se stante, congiunto al centro abitato da un tratto del litorale tirrenico fra i più belli. Con ogni probabilità, questa “isola che non c’è” era già abitata nel VII-VIII secolo da alcuni eremiti, che apprezzavano la serenità del luogo, ideale per una vita contemplativa e ascetica.
Certo è che nell’XI secolo qui approdarono dei monaci basiliani, soppiantati poco dopo dai Benedettini. Questo avvenne attorno al 1060, quando il duca normanno Roberto Il Guiscardo sancì che dal rito greco si passava a quello latino, e con esso, che il possedimento del Santuario, secondo la formula “Sancta Maria de Tropea cum omnibus pertinentiis suis”, entrava nell’orbita dell’Abbazia di Montecassino, nel Lazio, che tuttora ne detiene la proprietà.
Fra leggenda e verità si colloca invece il racconto di una statua della Vergine portata qui dall’Oriente che avrebbe compiuto miracoli, ingenerando una sorta di pellegrinaggio al Santuario. Un fenomeno giunto ai giorni nostri, che, soprattutto in primavera ed estate, vede ancora migliaia di fedeli approdare all’”isola” per chiedere una grazia.
Una storia intensa quella passata fra le mura del Castello Murat a Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia e a un centinaio di chilometri da Reggio di Calabria. A cominciare dalla fine del ‘300, quando gli Angioini ordinano la realizzazione di una serie di torri di avvistamento e difensive lungo tutta la costa calabra e oltre, erigendo fra le altre la Torre Mastia situata sul promontorio di Pizzo, a ridosso del mare.
Un prodromo di ciò che accade nel 1480, quando tale costruzione viene ampliata fino a diventare il castello che oggi vediamo. Il capitolo più avvincente è però quello dedicato alla morte di Gioacchino Murat, Re di Napoli, che nel 1815 trascorre qui gli ultimi giorni della sua esistenza, fino alla morte per fucilazione. La visita al maniero ripercorre quei tragici momenti, partendo dalle celle nei sotterranei dove viene rinchiuso, al primo piano dove è sottoposto a un processo sommario, salendo poi al secondo piano dove Murat si confessa prima di essere giustiziato. Eroici sono i suoi ultimi attimi, quando guardando negli occhi gli uomini del plotone di esecuzione, pronuncia parole rimaste negli annali, “mirate al petto, non al viso”. Una storia umana che ha in parte anche deciso le sorti di un popolo, quello del Regno di Napoli, e di un luogo, dichiarato già nel 1892 Monumento Nazionale.
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