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L’alimentazione nelle valli del Parco Naturale Dolomiti Friulane potrebbe essere definita un’economia circolare ante litteram. Perché da queste parti si è sempre vissuto di quello che offre la natura, in risorse agricole e animali, a cominciare dalla caccia, e dai proventi derivati dalla vendita dei suoi derivati, in particolare delle pelli dei capi cattura o allevati.
Questo passato più o meno lontano, fatto di grande semplicità ed economia domestica nel vero senso della parola, lo raccontano ancora molto bene i menu dei locali tradizionali, che non possono prescindere da certi piatti.
Primo fra tutti il Frico, formaggio fritto rosolato in un tegame insieme a cipolle e patate, ideale per accompagnare la polenta, o il ‘Suf, la versione locale con la consistenza quasi di un budino. O ancora il Petùt, fatto con acqua, farina di granoturco e frumento e abbondante strutto e poi infornato per la cottura, mentre lo Scòt è una polenta condita con aceto e salsiccia.
Se la Sòpa di brodo di carne, così come la zuppa di ortiche, è la minestra che accompagna la classica cena invernale, il Pestìch è a base di rape bianche macerate in acqua e sale e cotte con aglio, cipolla, burro e salame nostrano, da gustare con lo Scòt. Anche le erbe spontanee dei campi e gli ortaggi hanno il loro posto d’onore sulle tavole friulane: si inizia in primavera con l’insalata di tarassaco e lardo, e con la frittata di erbe, quali Silene vulgaris, turioni di pungitopo, tarassaco e ortica, poi si gusta il risotto con la “fava cornigia” (Silene vulgaris), e si prosegue in autunno con la purea di zucca e fagioli.
Fra i prodotti locali a base di carne, escludendo la bresaola, regina è sicuramente la Petuccia, detta anche Pitina o Peta. Nei mesi autunnali e invernali, le carni ovine e caprine o da selvaggina venivano sminuzzate finemente con un coltello dentro un ceppo di legno incavato, e poi condite con sale, pepe, aglio e aromi naturali come il finocchio selvatico o altre erbe aromatiche. Dall’impasto si ricavavano polpette che, passate nella farina di mais andavano poi poste nella cappa del camino ad essiccare per circa una settimana. Ancora oggi è possibile gustarla in diversi paesi del Parco. Infine, un tocco di dolcezza lo dà il pane dolce, la più semplice ma gustosa ricetta per finire un pasto, o per una merenda veloce e sana. Latte per inzupparlo, uova per friggerlo e zucchero per caramellarlo, et voilà!
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