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Comune di ORTEZZANO
Con i suoi quasi tremila anni di storia, il borgo marchigiano di Ortezzano, nel fermano, è un crogiuolo di storia, arte e cultura. I primi reperti parlano di un insediamento di Piceni già nel IX secolo a.C., cui seguirono i romani che divisero questo territorio in centurie per distribuirlo ai veterani. Dall’VIII secolo Ortezzano iniziò a essere parte dei domini farfensi, ossia gravitanti sotto il potere dell’Abbazia di Farfa, nel Lazio, mentre a partire dal IX, precisamente nel 927 d.C., furono i duchi di Spoleto a modificarne l’aspetto erigendo il Castrum Ortezanii, con mura castellane per proteggere l’abitato dalle frequenti scorrerie di Ungari, Saraceni e Normanni. Per secoli, fino al ‘700, fu poi parte dello Stato Pontificio, periodo durante il quale prese piede il sistema delle mezzadrie, con una capillare organizzazione del territorio in poderi sempre più frazionati. Questo determinò uno sviluppo dell’economia fortemente connesso all’agricoltura e a tutto ciò che comportava trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Fra le colture che si diffusero di più c’erano olio, vino, frutta e verdure, e parallelamente l’allevamento di suini. Da qui derivò una cucina a base di piatti quali l’agnello arrosto co’ battuto, il castrato, la polenta, i vincisgrassi, leccornie oggi celebrate da una serie di sagre ed eventi a tema enogastronomico. Ne sono un esempio alcuni eventi che animano il calendario: “Somaria: l’Asino tra arte natura e poesia” per riscoprire il valore della “slow life”, il Festival Filosofico e il Certamen Latinum, dedicati questi ultimi all’illustre latinista Giuseppe Carboni nativo di Ortezzano e coautore del vocabolario di latino “Campanini-Carboni”.
Venendo a ciò che Ortezzano offre a un turista anche di passaggio, in Largo del Carmine ci sono due dei monumenti che vale la pena appuntarsi in un viaggio alla scoperta della provincia di Fermo. Si tratta della Torre Ghibellina, del XIII secolo, vessillo del borgo, e della Chiesa del Carmine, detta anche del Suffragio, in quanto proprietà dell’omonima Confraternita. Commissionata da Giulio Papetti, avvocato della curia romana, fu costruita tra il 1715 e il 1725 in un interessante mix di stile barocco e neoclassico. La Chiesa, a pianta a croce latina con copula ottagonale e campanile risalente al 1847, al suo interno mostra una decorazione moto sobria, in cui spiccano gli elementi architettonici della muratura, realizzata totalmente in mattoni rossi, elemento iconico delle Marche. Quattro piccole sagrestie con copertura a volta si trovano ai quattro angoli, collegate l’una all’altra raffigurazioni della Via Crucis Xilografica.
Proseguendo la visita del centro storico, si punta verso la Chiesa di Santa Maria del Soccorso, che deve il suo nome a un affresco che adorna una delle cappelle laterali: datato al 1323 e ad opera del monaco benedettino Giacinto di Morro di Valle, raffigura Santa Maria delle Grazie e i Santi Gerolamo e Maria Maddalena, il tutto a memoria della chiesa precedente scomparsa, appunto la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Altre opere da ammirare sono una via Crucis di scuola romana e di ottima fattura, un fac-simile della Bibbia aurea di Borso D’Este, alcune vetrate in mosaici policromi istoriati, un mosaico in oro che corre lungo il cornicione interno e una serie di arazzi posti ai lati dell’altare e provenienti niente meno che dalla Reggia di Caserta. Da non perdere un organo datato al 1751, capolavoro di Giuseppe Attili, nativo di Ortezzano, Maestro costruttore di organi del Settecento, fra i migliori della scuola di Montecarotto, nell’anconetano.
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