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Le guide 4.0

Fatti guidare dalle Storie

Umbria Jazz Festival, Festival dei Due Mondi e Festa dei Ceri. Questi tre grandi eventi possono essere presi a metafora di come si può fare turismo in Umbria. A passo lento e misurato, sulle note soft e vellutate di una jam session d’autore, a ritmo di danza, classica o hip hop, o di una colonna sonora da film, o ancora, con il fiato spezzato da una corsa avvincente, che fa venire il batticuore anche a chi partecipa solo da spettatore. L’Umbria è così, ricca di virtuosismi, visivi e dell’anima, che sembrano assecondare la dolcezza di un paesaggio ruvido e allo stesso tempo modellato dall’uomo, ma sempre e comunque autentico. La vista è appagata dall’ocra del tufo, friabile ma tenace come l’arroccata Orvieto. Dal rosa della pietra di Assisi, che illumina facciate di decine di chiese, conventi e palazzi nobiliari dall’eleganza composta e mai strillata. Dall’effetto optical del bianco e nero dei marmi che risplendono a Perugia, Gubbio e Spoleto. Dal giallo dei girasoli che in estate esplodono ovunque, spezzando i riflessi argentei dell’ulivo e il verde brillante delle viti. Dal grigio-marrone delle cime alte fino a 2.400 metri dei Monti Sibillini – parte del Parco Nazionale condiviso con le confinanti Marche – e dei fondovalle percorsi da fiumi e torrenti là dove si perde lo sguardo, in particolare nelle zone della Valle Umbra, della Valtiberina e Valnerina. Dal rosso del cotto e dei mattoni dei casali solitari, immersi nel silenzio infinito di una campagna che sembra dipinta dai grandi maestri del Medioevo e del Rinascimento che qui trovarono i natali. E da quella incredibile quanto unica tavolozza di colori che forse nemmeno il Perugino o il Pinturicchio potevano immaginare, ossia la Piana di Castelluccio di Norcia, che fra la fine di maggio e l’inizio di luglio si tinge di tutte le possibili sfumature di rosso, indaco, viola e giallo, grazie a un bouquet rigoglioso di fiori di papavero, fiordaliso, margherite e lenticchie. Senza dimenticare una curiosità che rende ancora più speciale questa zona: il boschetto di conifere sagomato a forma di Italia a ridosso del Pian Grande, piantumato nel 1961 in occasione della X Festa della Montagna. Un’”opera”, per così dire, antesignana dell’attuale Land Art, che poteva essere temporanea ed è invece diventata permanente, trasformandosi in un vero inno alla Natura del Bel Paese in quello che da sempre è ribattezzato il “polmone verde” dell’Italia. Anzi, da quel 1877 in cui Giosuè Carducci, primo italiano a vincere il Premio Nobel per la letteratura, scrisse nelle sue Odi barbare: «Salve, Umbria verde, e tu del puro fonte/ nume Clitumno! Sento in cuor l’antica/ patria e aleggiarmi su l’accesa fonte / gl’itali iddii». A rimarcare questa naturalità di fondo, sei Parchi regionali: del Monte Cucco, del Monte Subasio, del Lago Trasimeno, di Colfiorito, quello fluviale del Tevere e quello del Nera.

Un quadro d’insieme che non pare molto cambiato dai tempi del Carducci, rimasto fedele alla sua identità come un pellegrino ai suoi dogmi. Parallelo quanto mai pertinente in una terra che trova nella religiosità una delle sue massime espressioni. Il misticismo che permea tutto nasce bel V secolo d.C. con il fondatore stesso del monachesimo, San Benedetto da Norcia, per poi trovare in San Francesco e Santa Chiara, entrambi nativi di Assisi, due fra le figure più carismatiche della storia della Chiesa. Qui, i luoghi della fede sono talmente tanti che a volerli visitare tutti non basterebbe una vita: limitandoci ai più importanti, il Monastero di San Pietro e Santa Maria di Valdiponte a Perugia, Sassovivo a Foligno, San Benedetto del Monte Subasio vicino ad Assisi, l’Abbazia di Petroia e San Salvatore di Monte Corona nei pressi di Città di Castello. Senza contare emergenze come gli eremi legati alla vita del “poverello” Patrono d’Italia, San Francesco, della sua illustre e santa concittadina, oltre che il Monastero di Santa Rita a Cascia, appena fuori al capoluogo.

Se vista e udito sono in primis gli ingredienti base di questo viaggio fisico e spirituale avvolto nel silenzio, gusto e olfatto conquistano il loro spazio solleticati in ogni dove dai profumi intensi di specialità culinarie legate ai prodotti locali e ben radicate in tradizioni antiche, talvolta anche di decine di secoli. Se sono carne e formaggi a farla da padrone, sappiate che anche chi ama il pesce troverà soddisfazione, cosa assai rara e non così scontata in una Regione senza sbocco al mare, ma con bacini lacustri – primo fra tutto quello del Lago Trasimeno – che hanno alimentato una cultura ittica da intenditori. Da raffinati sommelier è anche ciò che accompagna i pasti nei calici, con vini già ben noti e decantati da Plinio il Vecchio e Marziale, e che oggi possono fregiarsi di 11 DOC, 2 DOCG e 6 IGT, intersecati fra loro da quattro Strade del Vino ideali per essere percorse anche a piedi o in bicicletta. Suggerimento valevole per chi sa di poter affrontare un territorio per il 70% collinare e per il restante 30% montuoso. Per tutti, rimane la piacevole sensazione che regala fare tappa in un agriturismo o in una dimora storica immersi nella loro campagna, custodita magari da generazioni da una stessa famiglia, “dettaglio” non raro da queste parti e che fa la differenza. E dopo il meritato relax, non rimane che dilettarsi in un lento peregrinare fra borghi di un pugno di case e cittadine medievali, fra cui spicca la seconda provincia, Terni, che fra emergenze dell’età del ferro e del Barocco, chiosa l’esperienza umbra con una vena fra il mistico e il romantico: le Reliquie di San Valentino, conservate nel Duomo, e le Cascate delle Marmore appena fuori città, opera ingegneristica di epoca romana, dove l’acqua, con un salto di 85 metri, crea l’effetto del “velo della sposa”.

LA Guida 4.0 della regione Umbria

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