Museo Archeologico Nazionale del Melfese “Massimo Pallottino”

Comune di MELFI

  • Musei

Il “contenitore” è di per sé motivo di visita. Parliamo del Castello federiciano di Melfi, nella campagna del potentino, e in più, al suo interno ecco un plus che soddisfa gli appassionati di archeologia. All’interno dell’imponente maniero si trova infatti il Museo Archeologico Nazionale del Melfese “Massimo Pallottino”, che custodisce l’importante documentazione archeologica rinvenuta nel comprensorio del Vulture-Melfese. Corredi funerari, raffinate ceramiche daunie a decorazione geometrica, armature in bronzo, preziosi ornamenti in argento, oro e ambra, vasi in bronzo di produzione sia greca che etrusca: sono centinaia solo i reperti preistorici, cui si vanno ad aggiungere quelli della sezione classica, incentrata su materiali datati al IV-III secolo a.C. Qui nelle teche trovano posto ceramiche magno-greche a figure rosse e monumentali vasi a decorazione policroma con figure applicate, per lo più rinvenuti a Lavello nel sito dell’antica Forentum. La sequenza cronologica porta infine al periodo romano, dove spicca un eccezionale sarcofago in marmo del II secolo d.C. con decorazione a rilievo, di probabile manifattura asiatica.

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  • Musei

Museo emozionale di Craco MEC

Craco, Basilicata

MEC è la sigla del Museo emozionale di Craco, la “città fantasma” che a partire dal 1963, a causa di una frana, ha iniziato a spopolarsi fino a rimanere completamente disabitata. All’ingresso del borgo si trova l’antico Convento di San Pietro dei Frati Minori, dove è appunto allestito il MEC, che ha fatto della tecnologia il mezzo per trasmettere ai visitatori le emozioni, i racconti, le vicende di un luogo cristallizzato a qualche decennio fa.
Lo stesso Convento, fondato nel 1620, è stato sottoposto a un attento restauro avvenuto in due fasi nel 1998-2000 e nel 2014-2015, al fine di rendere agibili gli spazi necessari per il percorso espositivo. Il Museo Emozionale di Craco è un esempio quanto mai contemporaneo di un progetto di tutela e riqualificazione del patrimonio rurale diffuso in tutta la Basilicata.

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  • Chiese e luoghi di culto

Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio

Acerenza, Basilicata

Prima ci fu il tempio pagano dedicato all’Ercole “Acheruntino”, poi una chiesa paleocristiana, infine la Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio. Questo l’iter storico ultra millenario della basilica simbolo di Acerenza, fra i “Borghi più belli d’Italia” della provincia di Potenza. Alla sua costruzione contribuirono le migliori maestranze locali e persino alcune “foreste”, in particolare architetti francesi, fattore che, per quell’epoca, fa capire l’importanza e la forza economica che c’era dietro al progetto di costruzione della Cattedrale. L’influsso francese è testimoniato dallo stile romanico-clunyacense, ispirato alle indicazioni dell’abate di Cluny, Arnoldo, che nel 1080 la consacrò a San Canio e a Santa Maria Assunta.

Al cospetto della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio non si può non cogliere la mole imponente nel suo insieme e dell’abside in particolare, sovradimensionata e sovrastante i tetti del piccolo borgo che la cinge. La stessa sensazione continua all’interno, in un vasto spazio suddiviso in tre navale, adorne di tavole risalenti al Cinquecento, fra cui spicca il polittico di Antonio Stabile, risalente al 1583. Persino la cripta è impreziosita da uno splendido ciclo di affreschi che merita la visita e la rende una gemma preziosa da non perdere. Da notare anche la sacrestia con il busto dell’imperatore Giuliano l’Apostata e la cupola sulla crociera, ultimata nel XIX secolo.

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  • Riserve

Riserva naturale San Giuliano

Miglionico, Basilicata

SIC, ZPS e RAMSAR sono le sigle che identificano un sito d’interesse comunitario, una zona a protezione speciale, soprattutto per l’avifauna – molti gli esemplari di rapaci -, e aree umide d’importanza internazionale per la fauna acquatica. Ecco, per capire di cosa si tratta, a 6 km da Matera, circondata da campi coltivati e masserie antiche tipiche della campagna lucana, c’è l’Oasi WWF di San Giuliano, che con i suoi 2500 ettari è la Riserva Naturale più vasta di tutta la provincia. L’invaso si è formato in modo artificiale e offre l’habitat ideale per la pratica di birdwatching, escursionismo ambientale, trekking, mountain bike, walking map e orienteering.

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  • Tradizioni

Festa della Bruna

Matera, Basilicata

Sveglia all’alba a Matera. E’ il 2 luglio ed è il giorno tanto atteso: che abbia inizio la Festa della Madonna della Bruna. La processione “dei pastori” sciama per le strade dei quartieri del Centro Storico per arrivare al cospetto del Quadro della Vergine. I “cavalieri”, in sella a cavalli bardati di fiori di carta e velluti, si radunano lungo le vie e intanto nella chiesa di Piccianello la statua di Maria Santissima viene issata sul carro trionfale e portata in processione per tutto il pomeriggio lungo le strade principali gremite di gente, fino ad arrivare in serata nel piazzale del Duomo dove si compiono i “tre giri”, allusione alla “presa” della città da parte della Santissima patrona. La statua, accompagnata dalla Curia Arcivescovile, è infine deposta in Cattedrale.
In questo caotico rito fra sacro e profano, l’opera da ammirare è il carro, frutto di un lavoro artigianale di mesi, che nonostante ciò, alla fine è assaltato e distrutto, per poi rinascere sotto una foggia diversa l’anno dopo.
La giornata prosegue in un susseguirsi di riti e tradizioni fino a tarda serata, quando a decretare la fine della festa è una gara di fuochi pirotecnici che creano uno scenario unico sugli antichi rioni dei Sassi, Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

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  • Siti archeologici

Parco Archeologico e le Aree Archeologiche delle Tavole Palatine

Bernalda, Basilicata

Nell’antichità, dove c’era un corso d’acqua, sorgeva una città destinata in genere alla prosperità. Nel suo piccolo, Metapontum – il cui toponimo significa “fra due fiumi” – non ha fatto eccezione. Anzi. Sorta fra i corsi del Bradano e del Basento, fu una delle “poleis” più floride della Magna Grecia e della costa ionica dell’odierna Basilicata.

Oggi, Metaponto è una frazione del comune di Bernalda, in provincia di Matera, meta turistica dalle numerose attrattive: in primis, il sito archeologico e il museo annesso, il cui simbolo sono le cosiddette Tavole Palatine, dodici colonne in stile dorico resti dell’imponente Tempio di Hera, e le memorie legate alla scuola del matematico Pitagora, che qui visse e morì nel 495 a.C., Poi ci sono le spiagge di sabbia dorata mai troppo affollate, le strade tortuose, i paesaggi brulli che a tratti cedono il passo a vaste aree di macchia mediterranea, a suggestive pinete e a campi di grano. E infine le masserie trasformate in agriturismi o aziende agricole dove fare soste ritempranti a base di prodotti e piatti tipici.

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  • Centri storici

Porto Turistico di Maratea

Maratea, Basilicata

Con 550 posti barca ben attrezzati e distribuiti su due moli, il porto turistico di Maratea è un punto di riferimento per chiunque pratichi nautica da diporto lungo le coste tirreniche, e precisamente l’area del Golfo di Policastro. Fra il promontorio chiamato La Timpa, dove in epoca pre-romana sorse il primo abitato di Maratea, e la costa di Filocaio, si trova la spiaggia di Cala d’i Cent’ammari, caratterizzata da una secca naturale che l’ha resa per secoli un piccolo porto naturale. Poco distante è la volta della spiaggia di Cala Tunnara, detta anche Darsena, in corrispondenza del promontorio La Timpa. Chiude il golfo la spiaggia del Crivo, la più frequentata del Porto e, a causa della vicinanza allo scalo marittimo, oggi non più balneabile.

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  • Parchi e giardini

Parco Nazionale del Pollino

Rotonda, Basilicata

Lo chiamano “Giardino degli Dei”, in quanto “santuario” di una specie arborea rara e preziosa, il Pino Loricato. Siamo sulla cima di Serra di Crispo, in provincia di Potenza, nel Parco Nazionale del Pollino, la più grande area protetta d’Italia, di cui questa particolarissima specie di pino è simbolo e vita.

Istituito nel 1993, il Parco si sviluppa tra le vette del Dolcedorme e di Cozzo del Pellegrino, lungo il massiccio montuoso calabro-lucano del Pollino e dell’Orsomarso, ed è stato di recente inserito nel listing dei Geoparchi dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, in virtù proprio di flora e fauna endemiche da tutelare. Dalle sue vette alte fino a 2.200 metri si possono vedere non uno ma ben due mari: da una parte la costa tirrenica di Maratea, Praia a Mare e Belvedere Marittimo e a est il litorale ionico da Sibari a Metaponto.

Benché sia la natura a fare da padrona da queste parti, non mancano gli spunti storico-archeologici, e persino preistorici, come per esempio nella Grotta-Riparo del Romito, o in quella di Sant’Angelo, con una graziosa chiesa ipogea del V-VI sec. d.C., o ancora nei borghi di Mormanno e Civita, fermi al Medioevo. Per non farsi mancare nulla, c’è anche il tocco di “esotico” in più, dato dalle comunità di cultura Arbëreshe, presenti sul territorio dal 1470.

Alcuni nuclei provenienti dall’Albania si rifugiarono qui per sfuggire alle milizie turche, rimanendo fedeli alle loro tradizioni e alla loro lingua, parlata ancora oggi, e fondando paesi come Acquaformosa, Civita, S. Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese.

La comunità albanese presente nel Pollino è fra le più radicate d’Italia: a Civita e a S. Paolo Albanese, si trovano i Musei della Civiltà Arbëreshe dove sono conservati numerosi oggetti, attrezzi e costumi tipici. Di grande interesse religioso sono le funzioni di rito greco-bizantino e le Vallje, le particolari danze che gli Arbëreshë intrecciano uniti l’un l’altro attraverso un fazzoletto.

Il Parco Nazionale del Pollino è anche habitat di numerose specie faunistiche, che con un po’ di fortuna si possono incontrare praticando escursionismo: lupo appenninico, cinghiali e caprioli, scoiattoli, istrici e lontre, ma anche picchi, gufi e aquile reali, falchi pellegrini e gheppi. In epoche remotissime, su queste distese si aggiravano anche pachidermi, come testimoniato da fossili risalenti a decine di migliaia di anni fa, vedi lo scheletro di “Elepfhans antiquus italicus”, alto quattro metri e vissuto circa settecentomila anni fa, rinvenuto nelle Valli del Mercure e attualmente custodito nel Museo Naturalistico e Paleontologico di Rotonda, sede del Parco.

 

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  • Sport

Il Volo Dell’Angelo

Castelmezzano, Basilicata

C’è un cavo d’acciaio lungo 1.550 metri che collega Castelmezzano e Pietrapertosa, due fra i “Borghi più belli d’Italia” situati nel potentino e abbarbicati sulle cime delle cosiddette Dolomiti Lucane. Una linea sospesa nel vuoto, per un viaggio di andata e ritorno che regala tre chilometri di ricchi di emozioni. Dal 2008 a oggi, l’esperienza del Volo dell’Angelo è una delle più gettonate della Basilicata, che in questo angolo di natura selvaggia ha trovato la sua nuova espressione offrendo appunto l’occasione di tuffarsi nel vuoto, in tutta sicurezza e con l’ausilio di personale preparato.

Tre, due, uno e si parte, planando con le braccia aperte verso l’altro versante della montagna. Si può spiccare il volo indifferentemente dai due borghi: Pietrapertosa, che con i suoi 1088 metri è il paese più alto della Regione, o Castelmezzano, dove si arriva attraversando una gola impressionante e poi una galleria scavata nella roccia. Qui attorno, il costone della montagna mostra anche altri dettagli spettacolari: la Gradinata Normanna, con 54 scalini scolpiti a modi scala in una guglia dolomitica per raggiungere un belvedere sulla Valle del Basento; e una serie di rocce plasmate da vento e acqua che hanno preso la sagoma di “becco della civetta”, “bocca del leone”, “incudine”, “aquila reale”, formando una sorta di galleria d’arte firmata da Madre Natura.

Formatesi 15 milioni di anni fa in fondo al mare, le arenarie delle Dolomiti Lucane rappresentano una delle zone più belle dell’entroterra lucano, da scoprire anche con due itinerari per appassionati di trekking e scalata, la Via Ferrata Salemm e la Via Ferrata Marcinosa, collegate a loro volta da un Ponte Nepalese lungo 72 metri e sospeso a circa 35 metri dal suolo. Altro ricordo da brivido da portare a casa.

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  • Culturale Materiale

Parco Museale Scenografico di Craco

Craco, Basilicata

La lupa, di Alberto Lattuada, Cristo si è fermato a Eboli, di Francesco Rosi, La Passione di Cristo, di Mel Gibson. In tanti registi famosi hanno usato Craco come set, per il suo apparire così affascinante pur nella desolazione assoluta di un borgo abbandonato e sperduto nella campagna di Matera. Eppure, fino agli anni ’60, Craco era il florido paese del grano, uno dei punti di riferimento della produzione cerealicola del Sud Italia, tanto da richiamare manovalanza anche dalla vicina Puglia. Poi, nel giro di poco tempo, i suoi destini cambiano, tanto da portare al totale spopolamento del borgo. Prima una frana nel 1963 e poi un secondo smottamento nel 1974 costringono i duemila abitanti a lasciare l’abitato, rimasto da allora sospeso nel tempo e in un silenzio surreale, rotto solo dal calpestio dei turisti che vi si aggirano in cerca di qualche suggestione cinematografica o di quella melanconia che spazia su panorami di pura campagna.

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