A metà strada fra Monsummano Terme e Larciano, nei pressi del Golf Montecatini Terme, si trova
Montevettolini, da secoli custodito da alte mura medievali, al di là delle quali si gode di uno splendido panorama sulle colline pistoiesi.
Varcate le mura, ci si perde in un intreccio di vicoli, stradine, palazzi e chiese antiche, fra cui spicca la bella Chiesa dei Santi Michele Arcangelo e Lorenzo Martire, che ha la caratteristica di inglobare un campanile un tempo adibito a porta-torre della rocca. Fuori le mura, in aperta campagna, si visita invece l’Oratorio di Santa Maria della Neve, che custodisce un pregevole affresco quattrocentesco di scuola pistoiese.
L’indiscusso gioiello architettonico di Montevettolini resta però la Villa Medicea voluta nel 1597 da Ferdinando I de’ Medici, dimora-fattoria a pianta poligonale al centro di un ampio territorio bonificato fra ‘500 e ‘600 e ancora oggi cuore del borgo.
Le porte di San Marco, Bagno e Meridionale sono le vie di accesso a Larciano Castello, fra i borghi medievali meglio conservati della Valdinievole e della Toscana.
Ben difeso dalle mura per secoli, Larciano conserva infatti ancora integro il centro storico, dove spiccano la roccaforte e la torre, dalla cui sommità, raggiungibile con 200 gradini, si ammira un panorama a perdita d’occhio sulla campagna circostante, un tempo luogo del potere dei Conti Guidi e della Civita Pistoriensis.
Ai piedi della torre, affacciato sul cortile della rocca e ricavato negli ambienti dell’ex Palatium del Capitano, si trova il Museo Archeologico, con reperti che raccontano il lungo passato di Larciano Castello e dell’intera Valdinievole.
Perché andare a Quarrata? La risposta si chiama Villa La Magia, dal 2013 parte del Patrimonio dell’Unesco insieme a numerose altre dimore medicee di Toscana. Quella di Quarrata, nella campagna pistoiese, si distingue per il ciclo di affreschi, le limonaie, il giardino storico e la ricca quadreria, prezioso ensemble dovuto ai molti passaggi di mano da una famiglia aristocratica all’altra.
Prodromo della villa fu il torrione costruito da Vinciguerra Panciatichi nel 1320, mentre l’inizio dei lavori della dimora si devono a Francesco I dei Medici, intento ad ampliare il piano paterno di espansione territoriale della casata fiorentina. Fu dunque nel 1583 che il Buontalenti, già architetto di altre dimore medicee, elaborò il progetto di costruzione della villa e quello di realizzazione del lago. Successive aggiunte e modifiche si devono invece alle famiglie degli Attavanti e, dalla fine del Settecento al 2000, agli Amati Cellesi, che poi la cedettero al Comune di Quarrata.
Attualmente, Villa la Magia è aperta al pubblico ed è possibile visitare i percorsi storici (ciclo di affreschi, giardino storico, quadreria) e la collezione di arte ambientale contemporanea “Lo spirito del luogo”, composta da opere di Fabrizio Corneli, Anne e Patrick Poirier, Nagasawa, Marco Bagnoli, Maurizio Nannucci, Daniel Buren.
Buggiano Castello è un piccolo centro abitato in provincia di Pistoia noto anche come “Borgo degli agrumi”. La sua particolarità è di condensare in uno spazio assai ridotto numerosi monumenti di notevole interesse e alcuni dettagli, architettonici e non solo, che rappresentano degli unicum. In primis, la deliziosa Piazza Pretorio, detta anche “salotto d’Italia” per il suo aspetto intimo e raccolto, e poi il colore tipico di molte delle sue abitazioni, una sorta di Pantone locale definito Rosso Buggiano.
Sul “salotto” affaccia il duecentesco Palazzo Pretorio, fino al 1789 sede del Comune e della Podesteria e oggi location di eventi, mostre e matrimoni. Intatto nell’aspetto medievale, il Palazzo Pretorio si fa notare per la sua facciata, adorna dei 57 stemmi dei Podestà che da qui governarono il territorio. Una volta all’interno ci si ritrova poi ad ammirare gli affreschi quattrocenteschi e i documenti delI’Archivio storico. Accanto all’edificio si visita la Chiesa di San Nicolao, del 1038, sobria nel suo stile romanico, con tre navate e un ricco patrimonio artistico, comprendente un preziosissimo Fonte Battesimale e un ambone del XIII secolo. Dipinti e arredi sacri sono invece conservati nell’annesso Museo Parrocchiale, visitato il quale ci si può dedicare all’antica Abbazia e al chiostro perfettamente conservato.
Proseguendo verso la parte alta di Buggiano Castello si possono scorgere tracce dell’antica Rocca, oltre a resti di case torri e alI’ex Convento di S. Scolastica. Come se non bastasse, ecco poi l’Oratorio di San Martino e la settecentesca Villa Sermolli, affacciata su scorci meravigliosi sulla vallata sottostante.
Il Palazzo Pretorio di Buggiano Castello, fra gli edifici antichi meglio conservati del pistoiese, raccoglie in sé molta della storia transitata nella Valdinievole.
Al suo interno, sviluppato su tre piani, si scorgono elementi architettonici di epoca romana, longobarda e medievale, periodo in cui divenne sede del podestà. E proprio a questa sua funzione pubblica si devono i 57 stemmi che decorano la facciata, identificativi dei podestà che guidarono il comune tra il XIV e il XVII secolo.
Quando si giunge davanti a Villa Bellavista a Borgo a Buggiano, a 4 km da Montecatini Terme, si resta colpiti dalla vastità dell’edificio, fra i più grandi in Italia dopo la Reggia di Caserta.
Eppure, dimora, cappella, giardino e numerose altre costruzioni sparse nei 45 poderi un tempo parte di un’unica proprietà furono tutti realizzati in soli 4 anni, dal 1696 sl 1699. A commissionare l’immenso lavoro fu Fabio Feroni, commerciante di fama internazionale arricchitosi in breve tempo per il contrabbando degli schiavi, cosa che però non gli impedì di far riconoscere la propria famiglia come nobile.
Nel 1695 i Feroni, divenuti marchesi, ordinarono quindi la costruzione della sontuosa dimora, affidando il progetto a uno degli architetti più in auge nella Firenze di fine ‘600, Antonio Maria Ferri. All’opera lavorarono alcune delle maestranze e degli artisti più noti dell’epoca, fra cui Pier Dandini, autore dei pregevoli affreschi eseguiti nei saloni di rappresentanza.
Nella millenaria Badia di Morrona a Terricciola, in provincia di Pisa, oggi si parla di sostenibilità. La produzione di vino e olio ricavata dai 600 ettari che circondano la proprietà segue infatti i dettami dell’eco compatibilità, dei rispetto dell’ambiente che qui ha forte voce in capitolo. Siamo infatti nelle Terre di Pisa, caratterizzate da distese di colture agricole, in particolare di vite e olivo, da un paesaggio in cui la Badia di Morrona ha un posto importante dal 1089. A costruirla fu un ricco proprietario terriero, che trovò nei monaci dei fidi “collaboratori” che potevano gestire servi e braccianti assoldati per la cura dei campi.
La chiesa, in stile romanico e in pietra locale, è stata restaurata in modo da rispettarne il fascino mistico tipico del Medioevo. Lo si avverte in particolare nello splendido chiostro, da cui si accede al refettorio e al parco esterno, belvedere sulle verdi colline della Valdera.
Fra le curiosità di questo luogo c’è quella legata alla Madonna di San Torpé, conservata nella chiesa: l’opera è dedicata al martire cristiano che fu decapitato alla foce dell’Arno e giunto in modo misterioso sull’odierna spiaggia di Saint Tropez (da cui il nome della località francese).
La villa padronale, cuore del complesso monastico, risulta semplice nonostante la ricca collezione di pezzi d’arte di epoche diverse, che ne fanno una “casa-museo” sui generis: dai mosaici di epoca bizantina risalenti al V secolo d.C. ai cippi etruschi alle colonne in marmo, fino alle anfore romane ritrovate in mare.
La memoria del Brunelleschi è legata soprattutto alla celebre Cupola del Duomo di Firenze, ma il grande architetto del Rinascimento toscano realizzò anche opere di carattere militare di notevole interesse. Ne è un esempio il quattrocentesco Complesso della Rocca di Vicopisano, detto appunto del Brunelleschi, che comprende la Torre e il Camminamento del Soccorso, dal settembre del 2021 aperte al pubblico per chi volesse apprezzarne la perfezione ingegneristica e la bellezza dei panorami che circondano la Rocca.
La Torre del Soccorso fu originariamente realizzata a ridosso del porto sul fiume Arno, che proprio in questo punto lambiva le mura del castello, fino a quando nel XVI secolo non fu fatta una deviazione che ne spostò il corso. La Torre aveva un’evidente funzione di controllo del muraglione di accesso alla Rocca, mentre il Camminamento era stato progettato dal Brunelleschi come via di fuga privilegiata dalla fortezza al fiume e viceversa.
Nel rileggere gli annali della Chiesa di San Lorenzo ad Acquasanta, nell’ascolese, ci si può perdere in mille rivoli, fatti di personaggi storici, artisti, scultori, proprietà diverse che si sono succedute nella gestione di questo luogo di culto datato al 1275, che si fa ricordare soprattutto per il suo pavimento realizzato in lastroni di travertino interrotto da alcune pietre tombali e per una delle raffigurazioni più famose e misteriose del “Sator”, il Dio seminatore ma con la falce in mano, pronto a mietere. Un “dettaglio” che ha fatto pensare che il luogo fosse in qualche modo legato all’Ordine dei Cavalieri Templari. Da notare per la qualità di realizzazione sono anche il baldacchino del Quattrocento, scolpito sempre in travertino da artigiani locali, e l’altare alto 25 palmi, del 1626.
La Chiesa di San Giovanni Battista ad Acquasanta, in provincia di Ascoli Piceno, ha origini antichissime, che vanno indietro nel tempo di secoli, oltre l’anno 1039. Già a metà dell’XI secolo, infatti, l’edificio veniva donato ai monaci farfensi. Ciò detto, quanto si apprezza oggi risale invece a due interventi importanti fatti più di recente, ossia alla seconda metà del Settecento e nel 1895.
Per quanto ci si trovi in un piccolo centro, il processo di urbanizzazione ha toccato anche questa parte delle Marche: se infatti fino all’inizio dell’Ottocento la chiesa si trovava in una posizione isolata rispetto all’abitato, oggi ne è parte integrante, senza soluzione di continuità. Il suo campanile con quattro pinnacoli sommitali si fa notare un po’ ovunque, e una volta davanti alla chiesa se ne apprezza la semplicità dell’impianto, con portale in travertino e facciata interamente costruita in conci di pietra. Varcata la soglia, si nota il netto contrasto fra la sobrietà esterna e la ricchezza d’arredi distribuiti nell’unica navata, fra cui qualche opera di buona fattura a firma dell’artista ascolano dell’Ottocento Giulio Cantalamessa.