MEC è la sigla del Museo emozionale di Craco, la “città fantasma” che a partire dal 1963, a causa di una frana, ha iniziato a spopolarsi fino a rimanere completamente disabitata. All’ingresso del borgo si trova l’antico Convento di San Pietro dei Frati Minori, dove è appunto allestito il MEC, che ha fatto della tecnologia il mezzo per trasmettere ai visitatori le emozioni, i racconti, le vicende di un luogo cristallizzato a qualche decennio fa.
Lo stesso Convento, fondato nel 1620, è stato sottoposto a un attento restauro avvenuto in due fasi nel 1998-2000 e nel 2014-2015, al fine di rendere agibili gli spazi necessari per il percorso espositivo. Il Museo Emozionale di Craco è un esempio quanto mai contemporaneo di un progetto di tutela e riqualificazione del patrimonio rurale diffuso in tutta la Basilicata.
Avatours / types of tourists: Turista Culturale
Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio
Prima ci fu il tempio pagano dedicato all’Ercole “Acheruntino”, poi una chiesa paleocristiana, infine la Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio. Questo l’iter storico ultra millenario della basilica simbolo di Acerenza, fra i “Borghi più belli d’Italia” della provincia di Potenza. Alla sua costruzione contribuirono le migliori maestranze locali e persino alcune “foreste”, in particolare architetti francesi, fattore che, per quell’epoca, fa capire l’importanza e la forza economica che c’era dietro al progetto di costruzione della Cattedrale. L’influsso francese è testimoniato dallo stile romanico-clunyacense, ispirato alle indicazioni dell’abate di Cluny, Arnoldo, che nel 1080 la consacrò a San Canio e a Santa Maria Assunta.
Al cospetto della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio non si può non cogliere la mole imponente nel suo insieme e dell’abside in particolare, sovradimensionata e sovrastante i tetti del piccolo borgo che la cinge. La stessa sensazione continua all’interno, in un vasto spazio suddiviso in tre navale, adorne di tavole risalenti al Cinquecento, fra cui spicca il polittico di Antonio Stabile, risalente al 1583. Persino la cripta è impreziosita da uno splendido ciclo di affreschi che merita la visita e la rende una gemma preziosa da non perdere. Da notare anche la sacrestia con il busto dell’imperatore Giuliano l’Apostata e la cupola sulla crociera, ultimata nel XIX secolo.
Borgo di Sassoferrato
La “battaglia delle Nazioni” è il nome con cui è passato alla storia un epico scontro fra l’esercito romano, uscito vittorioso, e la coalizione dei popoli italici. Era il 295 a.C. e il luogo era Sentinum, importante nodo di scambio e controllo sulla dorsale appenninica Umbro-Marchigiana, oggi al centro del Parco Archeologico di Sentinum. Sui resti di questa colonia romana nacque in epoca più tarda Castrum Saxum Ferratum, “sasso cinto dal ferro”, oggi Sassoferrato, che anche grazie a questo prezioso lascito del passato è annoverato fra i “Borghi più Belli d’Italia”. Due i livelli su cui si sviluppa il borgo: il primo è quello della parte più antica, dove spiccano la Chiesa romanico-gotica di San Francesco, dedicata al Santo che qui si fermò più volte a predicare, e l’Abbazia di Santa Croce, una delle più interessanti testimonianze di architettura romanica delle Marche, realizzata nel XII secolo per i monaci camaldolesi con materiali di recupero di Sentinum. Il secondo livello è quello rappresentato dal rione Castello, identificabile con i resti della Rocca Albornoz, massiccia costruzione militare costruita nel 1365. Qui si trovano anche il Palazzo dei Priori, sede del Museo Civico Archeologico, datato al 1335 e terminato agli inizi del ‘500, attiguo al Palazzo Comunale, dalle linee sette-ottocentesche. Sulla medesima piazza, Piazza Matteotti, affaccia anche il quattrocentesco Palazzo Oliva, che ospita al primo piano la raccolta Incisori Marchigiani dal 1550 ai nostri giorni, e al secondo piano la Civica Raccolta d’Arte, piccola ma interessante collettanea
di artisti dal ‘400 in poi, fra cui spiccano due tele di Giovan Battista Salvi (1609-1685), “il Sassoferrato”. Sono invece dedicati alle principali attività della zona il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari e il Museo della Miniera di Zolfo e il Parco Archeo-Minerario, che invitano a una scoperta del territorio, compreso nel Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi.
Esanatoglia la città dei sette campanili
Servirebbe una foto aerea o un volo in aliante sopra il suo centro storico per cogliere l’essenza della “Città dei sette campanili”, soprannome di Esanatoglia, borgo in provincia di Macerata. I sette campanili sono disposti ordinatamente lungo Corso Vittorio Emanuele, l’asse viario principale, da Porta Sant’Andrea a Porta Panicale, da dove si esce verso Valle di San Pietro. Accanto, compaiono torri ed edifici di origine medievale e rinascimentale, una fornace quattrocentesca, viuzze acciottolate, il tutto racchiuso da una cinta muraria lambita dal fiume Esino. Nella parte più antica svetta il campanile della Pieve di Santa Anatolia, già esistente nel 1180, con un’epigrafe in latino che sarebbe la prova di un insediamento romano al tempo delle conquiste di Augusto. Da qui, in pochi passi si raggiungono Palazzo Varano, attuale sede del Municipio, l’ex Chiesa di San Francesco con gli affreschi trecenteschi del “Maestro di Esanatoglia” Diotallevi di Angeluccio, e più a valle le Fontane di San Martino, una volta chiamate Fonti di Fuori Porta, raro esempio di opera idraulica trecentesca in funzione da oltre 7 secoli.
Del medesimo Maestro si può ammirare il ciclo di affreschi che decora l’edicola campestre conservata nella Chiesa di Santa Maria di Fontebianco, appena fuori dall’abitato, mentre nella Chiesa di Santa Maria Maddalena lo sguardo è catturato dalla Crocifissione sull’altare maggiore, da due nature morte di origine fiamminga e da una cantoria lignea istoriata e dipinta, che conserva ancora le grate a garanzia della clausura delle Clarisse. Altra tappa religiosa è quella nell’ex Monastero di Fonte Bono, poi dei Cappuccini, sul Monte Corsegno, da cui si gode uno splendido panorama sulla valle.
Chi volesse rimanere nel borgo, sulla Piazzetta Cavour affacciano il Palazzo detto delle Milizie, il Palazzo del Podestà, ex mercato coperto, Palazzo Zampini, collegato alla Chiesa di Santa Maria, con tracce di affreschi di Diotallevi e la grande tela della Crocifissione dei fratelli De Magistris di Caldarola, datata al 1565.
Palazzo Blu
Sul Lungarno meridionale del centro storico di Pisa, all’altezza del Ponte di Mezzo e del Palazzo Gambacorti, sede del Comune, spicca un edificio dal colore inconsueto, detto appunto il Palazzo Blu. Si tratta di una dimora nobiliare restaurata e gestita dalla Fondazione Pisa, che ne ha fatto un polo espositivo fra i più attivi in città, e che deve la tinta insolita della sua facciata al fortuito recupero di un lacerto di affresco durante il restauro. Da qui, la coraggiosa decisione di ridipingerlo tornando al colore di un tempo, che secondo alcuni sarebbe dovuto a una visita nell’800 di alcuni ospiti di S. Pietroburgo che vi soggiornarono.
Vero o no questo episodio, oggi Palazzo Blu accoglie la Collezione permanente della Fondazione Pisa, con opere per lo più del territorio della provincia riconducibili a maestri quali Nino Pisano, Orazio ed Artemisia Gentileschi, Orazio Riminaldi e il Tribolo. Tre le sezioni: le collezioni d’arte della Fondazione Pisa, poste al secondo piano; la dimora aristocratica e le Collezione Simoneschi al primo piano. Al piano seminterrato trovano invece spazio Le Fondamenta, nuova sezione espositiva dedicata all’archeologia e alla storia medievale.
Museo Piaggio
Chiunque sia appassionato di due ruote sa cosa significa Pontedera. Qui, nella campagna pisana, si trova la sede che dagli anni Venti ospita la Piaggio, nella cui ex officina attrezzeria dal 2000 è stato allestito il Museo Piaggio, perfetta celebrazione di un mito del design Made in Italy. Un luogo di conservazione e valorizzazione di ciò che il marchio delle due ruote ha rappresentato in Italia e nel mondo, offrendo anche spunti di riflessione sulle trasformazioni economiche, di costume e di sviluppo industriale di cui la Vespa e tutti gli altri modelli dell’azienda pisana sono stati e sono tutt’oggi icona. Ricchissimo l’Archivio Storico e lo spazio espositivo, con 5.000 mq dedicati a oltre 250 esemplari unici e prototipi, che fanno del Museo Piaggio il più grande e completo museo italiano dedicato alle due ruote.
Senza esagerazione alcuna, si può dire che la memoria del Gruppo Piaggio, il cosiddetto heritage del brand, attraversa l’intera storia dei trasporti, grazie a ciò che la casa madre ha saputo creare fra navi, treni, aeroplani, auto, scooter e le immancabili motociclette dalle linee inconfondibili.
Un museo affiancato oggi anche da uno spazio di 340 mq per esposizioni temporanee, che vanno dall’arte alla tecnologia, dalla divulgazione scientifica alla moda.
Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci
Committente fu l’Arcivescovo di Pisa, “sponsor” le più illustre famiglie pisane. Questa l’origine della Certosa di Calci, gioiello architettonico sorto nel 1366 e più volte ampliato nei secoli seguenti, fino a diventare Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci. L’arrivo alla Certosa è accompagnato da due viali alberati che costeggiano un percorso pedonale. Man mano che ci si avvicina si ha modo di respirare l’atmosfera mistica di un luogo immerso nel silenzio e nella natura incontaminata, quella della Valgraziosa, una distesa di ulivi e campagna in grado di trasmettere pace. Una volta entrati, ci si perde fra ambienti ricolmi di opere d’arte, ciascuno dei quali con pavimenti in marmo di Carrara in tre tonalità – bianco, nero e grigio – posati in maniera prospettica e con disegni sempre diversi: il corte d’onore, la farmacia, la chiesa, le cappelle, il chiostro dei padri e la cella, il chiostro e la cappella del capitolo, il refettorio, la foresteria e il chiostro granducale.
La visita permette di addentrarsi anche nelle dinamiche organizzative di un ordine religioso di ben sette secoli fa. La regola principale era che i Padri erano 14 e non ne poteva essere ammesso un altro se non per la morte di un suo predecessore. Si trattava solo di nobili o ricchi, e il loro compito era esclusivamente quello di pregare, seguendo la più stretta clausura, uscendo solo la domenica a pranzo quando la comunità si riuniva nel refettorio. La foresteria e l’appartamento detto “Granducale” ricordano il periodo in cui la Certosa di Calci era la più importante del Granducato e veniva quindi presa come punto di riferimento per brevi soggiorni da chi era desideroso di un’esperienza mistica, vale a dire parenti dei Padri e il Granduca stesso. Molto suggestiva la visita agli spazi riservati alla vita eremitica, al chiostro grande con le 14 celle dei monaci e agli ambienti di natura religiosa. I locali di servizio del monastero sono invece stati riconvertiti a sede del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa.
Castello dei Vicari di Lari
Una rampa di quasi 100 gradini conduce all’ingresso del Castello dei Vicari di Lari, borgo medievale abbarbicato su un colle nella provincia di Pisa. Come racconta già il nome, la Rocca superiore di Lari, risalente a epoca pre-longobarda, distrutta e poi ricostruita tra il 1230 e il 1287, fu sede di importanti istituzioni politiche fra cui i vicari, passando ora sotto il dominio di Pisa, ora sotto quello di Firenze, del Granducato di Toscana e infine dello Stato Pontificio, periodo in cui accolse persino il Tribunale dell’Inquisizione romana.
Varcata la soglia si accede al cortile centrale, dove si trovano un’antica cisterna, una piccola cappella e il Palazzo Pretorio, con la facciata tempestata di numerosi stemmi dei vicari succedutisi al Castello per oltre quattro secoli. Il tour della fortezza prosegue negli spazi dediti alla difesa, alle carceri, alla Residenza del Vicario e al Tribunale. Per questo insieme di spazi diversificati e per l’ottimo stato di conservazione si tratta sicuramente di un unicum in Toscana, che in più può contare su un innovativo museo didattico interattivo.
Museo Giorgio Kienerk
Un artista poliedrico, prolifico e generoso, ma soprattutto innamorato delle Colline Pisane e di Fauglia. Nato a Firenze nel 1869, Giorgio Kienerk era solito trascorrere le sue vacanze estive con la famiglia a Poggio alla Farnia, poco lontano da Fauglia. Non stupisce quindi che la figlia Vittoria, altrettanto affezionata a questi luoghi, abbia donato alla comunità circa 130 opere, oggi cuore del Museo Kienerk, allestito nei locali delle vecchie carceri giudiziarie di Fauglia, in Via Chiostra. Una collezione che spazia dai dipinti alle sculture, dai bassorilievi ai disegni, dai taccuini con schizzi a china e a matita alle litografie, coprendo tutto il percorso artistico di Giorgio Kienerk, dalla produzione giovanile alla maturità.
Area Archeologica di Sant’Anastasia
Sardara è forse il paese della provincia del Sud Sardegna con la più alta concentrazione di nuraghe, ognuno con caratteristiche uniche. I quattro pozzi sacri nuragici dell’area archeologica di Santa Anastasia, di cui uno solo già scavato e riemerso dal suolo, costituiscono infatti l’unico sito di tutta la Sardegna all’interno di un centro abitato. Il primo pozzo sacro fu scavato nel 1913, ed era originariamente all’interno della Chiesa di Santa Anastasia, edificio che fra l’altro è fra i più antichi di tutta l’isola. Per rendere il pozzo accessibile dall’esterno fu realizzata un’opera non da poco per l’epoca: la facciata della chiesa fu smontata e spostata di qualche metro. Il luogo vanta inoltre la certificazione Herity, vale a dire l’avallo dell’Organismo Internazionale non Governativo per la Gestione di Qualità del Patrimonio Culturale.