Se non fosse per il contesto naturalistico e il paesaggio in generale, certo si potrebbe pensare di essere nelle vicinanze di Roma, perché le Terme Romane di Acconia a Curinga sono uno degli esempi meglio conservati dei complessi termali dell’Antica Roma. Invece, siamo nella provincia di Catanzaro, e ciò che rimane oggi è parte di una grande villa monumentale della fine del III-IV secolo d.C., nota anche come Tempio di Castore e Polluce. A rendere significativo il sito archeologico è la conservazione della struttura integra fino quasi alla volta, e la presenza di un bel calidarium, un sorta di sauna ante litteram.
Avatours / types of tourists: Turista Culturale
Casa Museo Giuseppe Carboni
Campanini-Carboni è un binomio ben noto a chi, nel suo cursus honorum, ha studiato latino. L’abbinamento di questi due cognomi sta a indicare gli autori di un celeberrimo dizionario di Latino che ha accompagnato intere generazioni di studenti, pubblicato ininterrottamente dalla casa editrice torinese Paravia nel 1911: Giuseppe Campanini e Giuseppe Carboni. A realizzarlo furono appunto due dei più grandi latinisti del recente passato, incontratisi a Roma nel loro peregrinare da insegnanti nei licei di mezza Italia. Carboni era nato a Ortezzano, in provincia di Fermo, il 5 agosto del 1856. Nel 2002, in concomitanza con l’ennesima ripubblicazione del dizionario, dal titolo il “Nuovissimo Campanini-Carboni”, nel borgo marchigiano viene organizzata in suo onore la prima edizione del “Certamen”, un concorso di portata internazionale di traduzioni dal Latino per giovani studenti. A oggi, a Ortezzano si può visitare la Casa-Museo Carboni, situata non lontano dalla Biblioteca pubblica ubicata nel Palazzo Comunale, dal 2012 intitolata al grande latinista.
Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs
Gerhard Rohlfs è lo studioso tedesco che, fin dal 1924, sostenne l’origine magnogreca della lingua locale di Bova, in provincia di Reggio Calabria. A lui e alla sua opera di fine ricercatore è dedicato il Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs che oggi fa da principale attrazione nel borgo reggino. Nato grazie alla sinergia fra Parco Nazionale d’Aspromonte ed enti pubblici territoriali per la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale della minoranza storico-linguistica dei Greci di Calabria, il museo porta alla ribalta una realtà poco nota ma di grande spessore culturale, attraverso opere e progetti creati ad hoc.
Nominato dal Ministero per il Turismo “Comune gioiello d’Italia” e parte dei “Borghi più belli d’Italia”, Bova è inoltre animato da numerosi eventi, che in autunno culminano nelle Giornate Fai della “Giudecca di Bova”.
Abbazia di San Vittore delle Chiuse
Uno scheletro di ittiosauro è già una rarità, se in più è esposto all’interno di una chiesa è un unicum assoluto. Il fossile di questo rettile di ambiente marino dell’Era Mesozoica è il pezzo di maggior richiamo del Museo Speleo Paleontologico ed Archeologico allestito nell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse. Siamo a Genga, all’imbocco della Gola di Frasassi che conduce alle celebri grotte, attrazione principale dell’entroterra anconetano. L’abbazia, un’imponente costruzione in pietra calcarea fondata fra il 1060 e il 1080, è una delle più importanti chiese in stile romanico delle Marche, dichiarata monumento nazionale nel 1902. Chiesa conventuale di un complesso benedettino noto fin dal 1007, ebbe il suo massimo splendore nel XIII secolo, periodo in cui governava su 42 chiese e su vasti beni e territori. Già duecento anni più tardi però l’abbazia veniva soppressa per poi essere ricostruita nel XIV-XV secolo. La struttura architettonica presenta pianta a croce greca iscritta in un quadrato, quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate coperte da volte a crociera, e cinque absidi semicircolari lungo il perimetro.
Convento di Montefiorentino
Frontino è un borgo definito “il salotto del Montefeltro”. Il contesto naturalistico è dunque quello delle belle e dolci colline dell’entroterra di Pesaro e Urbino, dove si va a collocare uno dei luoghi legati alla memoria del passaggio di San Francesco nelle Marche, il Convento di Montefiorentino. Fondato nel 1213 dal “poverello di Assisi”, già qualche anno più tardi, nel 1248, veniva citato in una bolla papale per le indulgenze ai fedeli che avrebbero contribuito al suo restauro. A tutti gli effetti, per il suo generoso sviluppo architettonico articolato in più edifici e per gli oltre 10 ettari di proprietà che lo circondano è uno degli edifici sacri più grandi delle Marche. La Cappella dei Conti Oliva, realizzata nel 1484 su commissione del Conte Carlo Oliva e attribuita a Francesco De Simone Ferrucci da Fiesole, è considerata un vero capolavoro del Rinascimento, grazie alle linee architettoniche, ai pregiati sarcofagi marmorei, ai due inginocchiatoi intarsiati che nulla hanno da invidiare alla raffinatezza del celebre studiolo del Palazzo Ducale di Urbino. Al centro della cappella si può inoltre ammirare la Pala d’altare della Madonna col Bambino firmata Giovanni Santi, padre di Raffaello, di per sé oggetto di culto degli appassionati d’arte. Il Convento di Montefiorentino non smette di stupire, offrendo anche un antico organo, un coro in noce seicentesco, altri dipinti “minori” ma pur degni di nota e testi graduali e antifonari a stampa. Chiude la visita il Chiostro, strutturato in vari ambienti con volte a tutto sesto o a crociera.
Palazzo Ubaldini
La mostra “Albrecht Dürer. Incisioni e fortuna del Ducato di Urbino” è solo una delle preziose esposizioni d’arte realizzate di recente a Palazzo Ubaldini ad Apecchio, borgo medievale della provincia di Pesaro Urbino. Per secoli terra di transito, Apecchio è la summa di culture assai diverse fra loro: Piceni, Umbri e Celti, Etruschi e Romani, forieri di tradizioni rimaste scolpite nella pietra di monumenti antichi e nei costumi delle genti locali. Dal XIII secolo in poi, lo scenario di tutta la Vaccareccia – il territorio percorso dal fiume Biscubio – diventa invece dominio degli Ubaldini di Firenze, che appena fuori Apecchio realizzano
un imponente castello, oggi purtroppo andato perso. E’ nella metà del Quattrocento che invece si trasferiscono in paese, nella dimora del conte Ottaviano II Ubaldini, progettata da uno degli architetti più celebri dell’epoca, il senese Francesco di Giorgio Martini. Identificativo dell’edificio è il bel loggiato d’onore, formato da otto colonne sormontate da raffinati capitelli ionici e con al centro una neviera, e su cui guardano le stanze riccamente adorne del piano nobile.
Al piano terra è invece ricavato il Teatro Comunale “G. Perugini”, il più piccolo delle Marche con appena 42 posti fra platea e palchi, e la Sala di Musica, ambientata in quella che nel Rinascimento era l’aula di giustizia. La visita di Palazzo Ubaldini prosegue nel piano sotterraneo, dove trovano spazio scuderie e cantine, oggi sede del Museo dei Fossili e Minerali del Monte Nerone, che ospita una delle collezioni di ammoniti e materiale paleontologico vario più ricche e interessanti d’Europa. Dal sotterraneo si sale al piano nobile del palazzo, dove l’esposizione vira in ambito archeologico, mettendo in mostra reperti di varie epoche. Di fronte a Palazzo Ubaldini, sorge la pieve di San Martino, oggi santuario del SS. Crocifisso, dove da notare sono il Crocifisso ligneo del XVII secolo, alcuni dipinti del Seicento, tra i quali la “Madonna del Carmelo” attribuita a Giovan Giacomo Pandolfi, e un affresco battesimale attribuito a Giorgio Picchi.
Palazzo Carpegna
Palazzo Carpegna a Carpegna, in provincia di Pesaro- Urbino, nasce come seconda dimora dei “padroni” del borgo, i Conti di Carpegna, che fino al 1674 avevano abitato nel Castello un tempo posto appena sopra l’edificio. Le esigenze “moderne” e la voglia di mettere in mostra il proprio potere, oltre che la necessità di avere una dimora di più facile accesso e nel cuore del paese, spinsero i Conti a commissionare il progetto a Giovanni Antonio De’ Rossi di Roma, uno dei migliori architetti dell’epoca, cui subentrò poi Antonio Bufalini. Vent’anni dopo, nel 1696, Palazzo Carpegna apriva finalmente le porte, con la sua mole da fortezza ispirata alle ville incastellate di matrice fiorentina.
Assedi, incendi e purtroppo i due forti terremoti del 1781 e del 1786 richiesero numerosi lavori di ristrutturazione, cui contribuì anche il governo pontificio. Nel 1819 il palazzo passò alla Santa Sede, per poi tornare nel 1851 di proprietà dei Carpegna-Falconieri, divenuti nel frattempo Principi, i cui discendenti tuttora lo abitano.
Al suo interno sono oggi custoditi importanti arredamenti d’epoca, la biblioteca con un vasto archivio del periodo rinascimentale, numerosi reperti archeologici della zona e la cappella di famiglia. Un tesoro che nel 1943 si impreziosì a dismisura grazie all’arrivo di capolavori provenienti da Milano, Venezia e Roma nel tentativo di salvarli dai bombardamenti. Fu così che tele di Donatello, Veronese, Raffaello, Tiziano, Antonello da Messina, Pinturicchio, Beato Angelico, Bramante, Piero della Francesca, Tintoretto, Caravaggio, oltre ai reperti di Tarquinia, trovarono riparo in una stanza segreta del Palazzo, dando vita a una concentrazione di opere d’arte dal valore inestimabile.
Certosa di Trisulti
Il 17 luglio 1879, quasi 7 secoli dopo la sua fondazione, la Certosa di Trisulti di Collepardo, nel frosinate, veniva riconosciuta Monumento Nazionale. A volerla fu nel 1204 Papa Innocenzo III, che quattro anni più tardi la affidava ai monaci Certosini, rimasti a prendersi cura delle anime dei fedeli di passaggio ma anche dell’immenso patrimonio d’arte accumulato nell’imponente edificio fino al 1947. Da allora, sono invece i Cistercensi che ogni giorno si dedicano con passione alla tutela del vasto complesso, composto da mura, chiesa, foresteria, giardini, farmacia e biblioteca. Solo in quest’ultima, sono conservati ben 36.000 volumi, mentre nella farmacia si possono ancora ammirare mobilio, vasi in ceramica e magnifici trompe l’oeil di ispirazione pompeiana.
Borgo medievale di Sarnano
Basterebbe il suggestivo panorama sui Monti Sibillini per attirare i turisti a Sarnano, nell’entroterra maceratese, ma in questo borgo con più di mille anni di storia si trova anche molto altro. Sulla Piazza Alta, cuore del nucleo duecentesco, si affacciano il bel Palazzo dei Priori, il Palazzo del Podestà, la Chiesa di Santa Maria di Piazza, ricolma di opere d’arte, e il Palazzo del Popolo, nella cui sala del Gran Consiglio è stato ricavato il Teatro della Vittoria, delizioso gioiello architettonico di metà Ottocento. Qualche passo ancora e ci si imbatte nella Pinacoteca Civica, nella Biblioteca Francescana, nel Museo delle Armi Antiche e Moderne, del Martello e in quello dell’avifauna. Lasciato il centro storico, ci si dedica all’escursionismo, per esempio lungo la Valle del Terro, dove sorgono i resti dell’Eremo di Soffiano, risalente al 1101. Alla stessa epoca risale anche l’Abbazia di San Biagio, in cui la severità dello stile romanico si accompagna alla ricchezza di un ciclo di affreschi del XV e XVI secolo.
Santuario di Santa Maria Goretti
Corinaldo e la sua Santa. Il borgo marchigiano in provincia di Ancona si distingue per la bellezza del centro storico medievale ancora intatto, racchiuso com’è nella sua possente cinta muraria in mattoni rossi, e per aver dato i natali a Maria Goretti, canonizzata nel 1950 da Papa Pio XII. A memoria del suo omicidio all’età di soli 12 anni, in seguito a un tentativo di stupro, nel borgo si visitano oggi la casa natale in contrada Pregiagna, il Santuario dell’Incancellata dove andava a pregare da bambina, e soprattutto il Santuario di Nostra Signora delle Grazie, dedicato poi nel ‘900 anche a Santa Maria Goretti. Realizzata nel Settecento su disegno dell’architetto corinaldese Giuseppe Carbonari Geminiani, in prossimità all’Ex monastero dei Padri eremitani dell’ordine di Sant’Agostino, la chiesa conserva un’urna in argento contenente l’osso del braccio della Santa, con il quale secondo la tradizione la Martire tentò di difendersi dal suo aggressore, Alessandro Serenelli. La chiesa merita una sosta anche perché al suo interno sono custodite numerose opere d’arte tra le quali spiccano l’Annunciazione secentesca (copia del Barocci), un crocefisso ligneo del ‘400 e un prezioso organo del 1767 opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. I pellegrini comprendono in questo itinerario spirituale anche la Chiesa di San Francesco, situata appena fuori le mura, per via della fonte battesimale dove fu battezzata la Goretti.