Cinquecento metri di lunghezza e 25.000 metri quadrati di superficie. Cifre che fanno di Civitella del Tronto una delle fortificazioni più grandi d’Europa, oltre che un’opera di ingegneria militare perfettamente conservata che è valso al paese l’inserimento nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”. Dal 1001, anno delle prime notizie di Tibitella, su questo promontorio granitico fra Ascoli e Teramo ci sono passati tutti: Papi, Angioini, Aragonesi, Sforza, francesi, spagnoli, austriaci e infine i Savoia. Era il 26 ottobre 1860, e dopo aver attraversato l’Emilia-Romagna e le Marche, l’esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia decise di assediare Civitella. Le truppe borboniche resistettero 200 giorni, ma nel frattempo, a Torino, il 17 marzo 1861 veniva proclamata la nascita del Regno d’Italia. Ciò nonostante, Civitella continuò a combattere per altri tre giorni, diventando così l’ultima roccaforte borbonica ad arrendersi all’unità nazionale.
Avatours / types of tourists: Turista Culturale
Fortezza Borbonica
La Fortezza di Civitella del Tronto è una delle fortificazioni più grandi d’Europa, oltre che un’opera di ingegneria militare perfettamente conservata che è valso al paese l’inserimento nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”. Lo stato di conservazione è dovuto anche a una vasta opera di restauro curata dalla Sovrintendenza de L’Aquila, realizzata nell’arco di dieci anni, fra il 1975 e il 1985, che l’ha resa completamente visitabile. Si inizia dai tre camminamenti di ronda, si passa poi alle piazze d’armi, al Palazzo del Governatore e alla Chiesa di San Giacomo. Cisterne, caserme e ambienti di servizio contribuiscono a ricostruire come doveva essere la vita quotidiana all’interno di questa immensa struttura, ampia 25.000 metri quadrati e lunga 500 metri. Una volta ammirato ciò che c’è al suo interno e nel Museo delle Armi – molto curiosi gli schioppi a miccia del XV secolo e le pistole a pietra focaia -, non resta che godersi il magnifico paesaggio, che abbraccia i massicci del Gran Sasso, della Laga, della Majella e dei Monti Gemelli, fino a sfiorare sulla linea dell’orizzonte l’Adriatico.
Borgo di Curinga
Il distretto è quello della Valle dell’Amato. La zona quella della Costa degli dei o Riviera dei tramonti. Nel mezzo c’è Curinga, comune di circa 7.000 abitanti arroccato su un promontorio a 380 metri di altezza, affacciato sul Mar Tirreno e la Piana di Lamezia ma già in provincia di Catanzaro. Fra i “meriti” di questo paese, che nelle giornate terse permette anche di scorgere in lontananza le Isole Eolie, c’è quella di custodire due esemplari di piante da record: in località Vrisi, appena fuori il centro, si trova infatti il Gigante Buono, un platano orientale monumentale che una recente datazione ha definito ultra millennario, annoverandolo fra i più grandi d’Europa, mentre poco più a valle c’è il pioppo nero più grande d’Italia. Due presenze ingombranti che sono valsi a Curinga il titolo de “il paese dei due giganti”. Anche per questo motivo, per tutelare cioè la preziosa natura della zona, Curinga è stato il primo comune calabrese ad essere diventato sostenitore del Fondo Ambiente Italiano e fra i primi a essere inserito fra i Borghi di Eccellenza della Regione Calabria.
Offida
Nella piazza centrale di Offida si trova una scultura che racconta molto di questo borgo, arroccato su uno sperone roccioso fra le valli del Tesino e del Tronto. È il Monumento alle Merlettaie, singolare quanto assolutamente rappresentativo di questa micro realtà marchigiana, nel cuore dell’entroterra di Ascoli Piceno, che da secoli ruota attorno alla produzione del merletto al tombolo. Un’arte antica, che qui attecchisce già nel Cinquecento, forse addirittura due secoli prima, e che esporta la fama di Offida ben oltre i confini di queste valli, grazie a una riconosciuta maestria nella ricercatezza ed eleganza dei merletti realizzati. A partire dai primi del Novecento, molte sono le iniziative volte alla tutela di questa antica tradizione a rischio di estinzione: al 1910 risale la fondazione di una scuola specializzata; nel 1998, all’interno di Palazzo de Castellotti – sede anche del Museo Archeologico “G. Allevi”, del Museo delle Tradizioni Popolari e della Pinacoteca comunale – apre il Museo del Merletto, e nel 2006 viene inaugurata l’Associazione culturale merletto al tombolo di Offida.
Su Piazza del Popolo, dall’insolita forma triangolare, affacciano il bel Palazzo Comunale, rifinito da un’elegante loggetta in travertino, lo splendido Teatro del Serpente Aureo, dell’800, ricco di stucchi e intagli, la settecentesca Chiesa della Collegiata e la Chiesa dell’Addolorata, del XV secolo.
Per ammirare la Chiesa di Santa Maria della Rocca, dall’imponente architettura romanico-gotica in cotto, bisogna invece andare quasi in “periferia”: costruita nel 1330 su un preesistente castello longobardo, conserva i bellissimi affreschi del Maestro di Offida, del XIV secolo. Nell’ex Monastero di San Francesco, nel centro storico, si va invece per motivi ben più prosaici: al suo interno si trova infatti l’Enoteca Regionale delle Marche, luogo ideale per testare le migliori etichette del Piceno e delle Marche, oltre che i vini Terre di Offida DOC e Offica DOCG.
Grazie a queste molte attrattive, Offida rientra fra i 27 “Borghi più belli d’Italia” delle Marche. Fra le manifestazioni che animano il paese, ce n’è una che prende spunto proprio da qui: è il Festival dei Cibi dei Borghi più Belli d’Italia, evento enogastronomico da segnarsi in agenda così come la Mangialonga Picena, undici chilometri e mezzo di buona cucina, di prodotti tipici e di buon vino divisi in due percorsi nei dintorni. Immancabile a febbraio il Carnevale, a settembre l’Offida Opera Festival e a settembre Di Vino in Vino.
Porto Turistico di Leuca
Anche se non si è diportisti, il Porto Turistico di Leuca merita una sosta. Da qui, per esempio, ci si imbarca per le escursioni che portano alle vicine Grotte di Leuca, di Ponente e di Levante. Un buon motivo per giungere nell’estremità meridionale d’Italia, fra Punta Ristola, ultimo lembo di Puglia, e Punta Meliso, dove si trova il Faro di Leuca, i cui tre lampi di luce sono visibili da oltre 40 km. La zona ha il fascino del buen retiro d’altri tempi, grazie alle numerose ville di fine Ottocento disseminate lungo la costa, retaggio di quando la borghesia locale veniva qui in villeggiatura. Già nell’antichità, questo era un porto ben noto ai naviganti, tanto che una leggenda narra che le navi di Enea in fuga da Troia approdarono proprio qui, così come San Pietro, giunto dalla Palestina per compiere la sua opera di evangelizzazione e raggiungere infine Roma.
Dal 2000, il Porto Turistico può contare su strutture moderne e super attrezzate, oltre che su più di 1000 metri di pontili galleggianti adatti all’ormeggio di imbarcazioni fino a 40 metri di lunghezza.
Museo Civico e Parco della Sila
Dal 1989, Palazzo San Domenico a Taverna, in provincia di Catanzaro, accoglie nel suo suggestivo ex Cenobio del Quattrocento, il Municipio del borgo e il Museo Civico. Qui ha sede anche il centro studi dedicato al pittore Mattia Preti (Taverna 1613 – La Valletta, Malta 1699), meta ogni anno di migliaia di visitatori, fra cui molti esperti e studiosi d’arte specializzati in quel periodo. Il contesto è quello di un borgo medievale ben conservato, immerso nella natura rigogliosa e incontaminata del Parco della Sila Piccola, caratterizzato da numerosi villaggi dove è ancora possibile respirare atmosfere autentiche e vivere un’esperienza di vero slow travel.
Museo Civico Basilio Cascella
Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Ada Negri, Giovanni Pascoli, Umberto Saba e, ovviamente Gabriele d’Annunzio, che rispetto a tutti gli altri “colleghi” artisti, da pescarese doc, nell’edificio che oggi ospita il Museo civico Basilio Cascella, si può dire che “giocava” in casa. Per oltre cinquant’anni, questo luogo nel cuore di Pescara, donato da Basilio Cascella nel 1966 al Comune, è stato un centro di produzione grafica e artistica e punto d’incontro per intellettuali di tutta Italia. Nel 1975, il Comune decise poi di trasformarlo in un museo intitolato all’artista, anch’egli abruzzese ma di Ortona. Il Museo Civico Basilio Cascella raccoglie le sue opere pittoriche, scultoree, ma anche grafiche e plastiche, oltre a una selezione di opere degli altri artisti membri della famiglia dei Cascella, vale a dire i figli Tommaso, Michele e Gioacchino. Mobili originali dell’epoca, bozzetti, ceramiche, pietre litografiche, schizzi e cartoline completano il percorso espositivo. A dare valore aggiunto a questa istituzione è la creazione del Premio Nazionale di ritrattistica pittorica “Ritratti Contemporanei”, che dal 2015 si svolge in questa sede ogni anno a maggio.
Basilica di San Francesco ad Assisi
Il 16 luglio 1228, Francesco d’Assisi, al secolo Giovanni di Pietro di Bernardone, veniva canonizzato da Papa Gregorio IX. Il giorno dopo, lo stesso pontefice poneva la prima pietra di quella che sarebbe diventata la Basilica di San Francesco di Assisi, fulcro della Cristianità fra i più visitati al mondo, simbolo di pace e perciò scelto spesso per ospitare gli incontri più importanti a favore del dialogo interreligioso.
Il luogo prescelto per la costruzione, indicato in vita dallo stesso “Poverello”, era quello dove un tempo venivano eseguite le condanne a morte e seppelliti i malfattori. Qui, nell’arco di 25 anni, sorse uno dei complessi più spettacolari del Medioevo, che ancora oggi stupisce per l’articolata e imponente struttura, ben visibile già da lontano, arrivando dalla piana che circonda il promontorio di Assisi.
Due le chiese che si innestano una sull’altra. La Basilica Inferiore, a una sola navata, divisa da arcate ribassate in cinque grandi campate e con una serie di cappelle laterali della fine del XIII secolo, presenta un’atmosfera cupa che invita al raccoglimento, prima e dopo la discesa nella cripta dietro l’altare, dove si trova l’urna con le spoglie del Santo. E la Basilica Superiore, ariosa e luminosa, in stile gotico con influssi francesi, a una navata con quattro campare e volte a crociera, transetto e abside poligonale. Protagonisti in entrambe le chiese sono gli spettacolari cicli di affreschi, che al piano inferiore vedono, fra le altre, opere a firma di Pietro Lorenzetti, e a quello superiore due distinti cicli, quello di Cimabue e quello di Giotto, fra le narrazioni pittoriche più mirabili dell’epoca e oltre. Accanto al primo piano si apre poi il Chiostro di Sisto IV, cui si accede al Museo del Tesoro, dove dipinti, oreficerie e tessuti pregiati narrano la storia del complesso, Monumento Nazionale dal 2000 iscritto alla lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco insieme alle altre principali emergenze architettoniche di Assisi. Si vedano la Chiesa di Santa Chiara, fondatrice dell’ordine delle Clarisse, il Duomo di San Rufino, la Chiesa di San Pietro, di Santa Maria Maggiore, la Chiesa Nuova e la Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, che la tradizione narra essere il luogo dove il Santo fondò l’Ordine dei Frati Minori, accolse i primi fratelli e fondò l’Ordine delle Clarisse nel 1211.
Porto di Brindisi
C’è un’immagine che più di ogni altra riassume ciò che dalla seconda metà dell’Ottocento rappresenta il Porto di Brindisi: il 25 ottobre del 1870, salpava da qui il primo piroscafo della società inglese Peninsular and Oriental Steam Navigation Company (P&O) alla volta di quello di Alessandria. Un treno portava poi passeggeri e merci sino a Suez, dove venivano imbarcati su un’altra nave diretta in India. Il convoglio che partiva da Londra giungeva a Brindisi Marittima in 44 ore e a Bombay in 22 giorni. Erano i viaggi della Valigia delle Indie, che dopo secoli di alterne fortune, fecero tornare in auge lo scalo della città pugliese, così come il fatto che la Ferrovia Adriatica lo scelse proprio come terminale di imbarco di merci e viaggiatori e un anno prima, nel 1869, era stato inaugurato il Canale di Suez, che aveva riattivato i traffici con l’Oriente, portando altra linfa vitale.
La storia del Porto di Brindisi ha però origini ben più antiche. La Colonna Romana che tutt’ora svetta al suo ingresso è ciò che rimane di una coppia di colonne realizzate presumibilmente in tarda età imperiale, se non addirittura bizantina, anche se, in base a un’antica leggenda, sarebbero state erette da Ercole, o comunque avrebbero segnato la fine della Via Appia. Vero è che già in età messapica lo scalo era parecchio attivo, e in età romana invece divenne tanto importante da generare un modello di anfora, detto appunto di “tipo Brindisi”, di cui sono stati rinvenuti esemplari in tutto il Mediterraneo.
Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara
E’ il classico esempio di “riuso” di un edificio storico, in questo caso, di un’ex caserma dell’epoca borbonica. Location, lungo il fiume Pescara, nel cuore del capoluogo abruzzese. Soggetto, il Museo delle Genti d’Abruzzo. Inaugurato nel 1973 per iniziativa di due associazioni di volontariato culturale – la sezione locale dell’Archeoclub di Pescara e l’A.S.T.R.A., Associazione per lo Studio delle Tradizioni Abruzzesi – trova inizialmente spazio nell’attigua Casa Natale di Gabriele d’Annunzio, per poi essere trasferito nel 1982 nell’attuale sede. Reperti archeologici, documenti e cimeli di vario genere delineano il percorso evolutivo della presenza umana nel territorio abruzzese, dal cacciatore paleolitico alle comunità preistoriche e protostoriche, il tutto suddiviso in 16 macro sezioni arricchite da contenuti multimediali e laboratori didattici. Il Museo delle Genti d’Abruzzo ha anche biblioteca, fototeca, audioteca, laboratori di restauro, magazzini e auditorium, per complessivi 3500 mq. La biblioteca è una delle più complete che si possa trovare sul tema “genti d’Abruzzo”: sono circa 4.000 i documenti qui archiviati, fra volumi, riviste, opuscoli e “letteratura grigia”, specializzata in “abruzzesistica”. A questa raccolta si aggiunge quella della Biblioteca civica “Vittoria Colonna”, che conserva circa 1500 volumi e cui è annesso il Fondo storico “Giovanni Pansa”. Solo quest’ultimo comprende circa 2000 volumi, 3100 opuscoli, cataloghi di aste numismatiche e vendite d’arte delle principali case d’asta italiane e straniere, circa 60 testate di riviste di fine ‘800 inizio ‘900, quasi 1300 edizioni del ‘600, ‘700 e ‘800, 114 manoscritti su tematiche regionali quali la preistoria, l’archeologia, l’etnografia, la storia dell’arte, la letteratura, la medicina popolare, la numismatica e la religione.