Parlando di enogastronomia calabra, e in particolare della provincia di Vibo Valentia, il pensiero corre immediatamente alla Cipolla Rossa IGT di Tropea, icona della tradizione locale e sinonimo stesso di questo lembo di terra italica, ma soprattutto prodotto principe fra i molti di qualità che arrivato sulla tavola da queste parti. Oltre al rosso vermiglio di questo ortaggio che pare sia stato importato addirittura dai Fenici, oggi fra i motori dell’economia dei comuni in cui è maggiormente diffusa – ossia fra Nicotera e Campo di San Giovanni, già in provincia di Cosenza, e lungo la fascia tirrenica, fra Briatico e Capo Vaticano – sono protagonisti dei ricettari locali anche il pesce azzurro e il tonno, e i loro molti derivati, e il Tartufo di Pizzo, il cui nome non deve trarre in inganno. Trattasi infatti di un dolce tipico della pasticceria calabrese, a base di latte, zucchero, uova, nocciole e cacao, creato a Pizzo per la prima volta nel 1940, e da allora diventato un must per chiudere un pasto in dolcezza.
Avatours / types of tourists: Turista Enogastronomico
Area dello Stretto e La Costa Viola
Di Bagnara Calabra, cittadina a una trentina di chilometri dal capoluogo di Regione, si conosce il volto aristocratico del Castello ducale dei Ruffo, noto anche come Castello Emmarita, sede di eventi artistici e culturali, e quello in puro stile Art Nouveau di Villa De Leo, realizzata nel 1910 dall’architetto genovese Eugenio Mollino e passata ai libri di storia dell’architettura come primo grande progetto di abitazione signorile a struttura antisismica. Ma Bagnara Calabra è anche la città del torrone di Bagnara IGP, unico torrone IGP d’Italia, e dei vini IGT fra i più caratteristici della Calabria. Parliamo dell’IGT Costa Viola, che comprende i vitigni di Aglianico, Ansonica, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Calabrese, Castiglione, Chardonnay, Gaglioppo, Greco Bianco e questo solo per citarne alcuni. Altro IGT di Bagnara e dintorni è il Pellaro, la cui denominazione è consentita solo con Alicante, Nerello Calabrese e Castiglione. E ancora, Arghillà, Indicazione Geografica Tipica che rappresenta una delle più importanti aree vitivinicole della Calabria, includendo molti vitigni già nominati per la Costa Viola.
Riviera dei Gelsomini
Lungo la Riviera dei Gelsomini, compresa nei 90 km che separano Riace e Locri, in provincia di Reggio Calabria, si distendono filari di vini DOP e IGT, valorizzati in Italia come all’estero da Slow Food e dalle iniziative della sua Fondazione. il passito DOC Greco di Bianco, il Bivongi, la più giovane DOC della Regione, riconosciuta nel 1996, disponibile nelle versioni bianco, rosso e rosato e creato da un blend di uve di Gaglioppo, Greco Nero, Nocera e Calabrese, e il Locride IGT, basato da un mix che può comprendere numerosi vitigni, fra cui Aglianico, Ansonica, Guarnaccia, Malvasia nera di Brindisi, Nerello Mascalese e Trebbiano Toscano. Nella stessa zona, viene prodotto un Presidio Slow Food, annoverato anche fra i PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) simbolo della ricca produzione casearia della Calabria, il Caciocavallo di Ciminà, formaggio semiduro a pasta filata realizzato con latte di vacca e capra e caglio naturale di capretto.
Area Grecanica
Fra i vini classificati come IGT della Calabria, terra dove la tradizione enologica affonda le radici ai tempi delle colonie della Magna Grecia, c’è quello denominato Palizzi. La provincia interessata a tale coltivazione è quella di Reggio Calabria, i Comuni quelli di Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Staiti e ovviamente Palizzi, affacciati tutti sulla costa ionica. Nel suo blend si possono riconoscere una trentina di vitigni autoctoni e non, mentre le tipologie in cui si può presentare in bottiglia sono tre: Palizzi Rosso, Rosso Novello e Rosato.
Portofino
L’immagine della padella gigante in cui friggono quintali di pesce sul lungomare di Camogli – momento clou dell’annuale Sagra del Pesce che si svolge a inizio maggio – è diventata negli anni un’icona della buona tavola della Liguria in generale e della provincia di Genova in particolare. Ma molte altre sono le manifestazioni in calendario in ogni stagione che celebrano tradizioni gastronomiche ed eccellenze del territorio ligure. Si veda per esempio, sempre a Camogli, la rassegna “Un Mare d’Olio”, una due giorni di incontri con i produttori, che permette di incontrare i migliori olivicoltori d’Italia, non solo locali.
Un punto di riferimento per chiunque scelga la Regione come meta delle proprie vacanze e abbia fra le sue passioni quella per il cibo è il network di “Liguria Gourmet”, che oltre a raccontare le migliori ricette locali, offre un’ampia selezione di ristoranti di qualità sparsi in ognuna delle quattro province.
Dolomiti Friulane
L’alimentazione nelle valli del Parco Naturale Dolomiti Friulane potrebbe essere definita un’economia circolare ante litteram. Perché da queste parti si è sempre vissuto di quello che offre la natura, in risorse agricole e animali, a cominciare dalla caccia, e dai proventi derivati dalla vendita dei suoi derivati, in particolare delle pelli dei capi cattura o allevati.
Questo passato più o meno lontano, fatto di grande semplicità ed economia domestica nel vero senso della parola, lo raccontano ancora molto bene i menu dei locali tradizionali, che non possono prescindere da certi piatti.
Primo fra tutti il Frico, formaggio fritto rosolato in un tegame insieme a cipolle e patate, ideale per accompagnare la polenta, o il ‘Suf, la versione locale con la consistenza quasi di un budino. O ancora il Petùt, fatto con acqua, farina di granoturco e frumento e abbondante strutto e poi infornato per la cottura, mentre lo Scòt è una polenta condita con aceto e salsiccia.
Se la Sòpa di brodo di carne, così come la zuppa di ortiche, è la minestra che accompagna la classica cena invernale, il Pestìch è a base di rape bianche macerate in acqua e sale e cotte con aglio, cipolla, burro e salame nostrano, da gustare con lo Scòt. Anche le erbe spontanee dei campi e gli ortaggi hanno il loro posto d’onore sulle tavole friulane: si inizia in primavera con l’insalata di tarassaco e lardo, e con la frittata di erbe, quali Silene vulgaris, turioni di pungitopo, tarassaco e ortica, poi si gusta il risotto con la “fava cornigia” (Silene vulgaris), e si prosegue in autunno con la purea di zucca e fagioli.
Fra i prodotti locali a base di carne, escludendo la bresaola, regina è sicuramente la Petuccia, detta anche Pitina o Peta. Nei mesi autunnali e invernali, le carni ovine e caprine o da selvaggina venivano sminuzzate finemente con un coltello dentro un ceppo di legno incavato, e poi condite con sale, pepe, aglio e aromi naturali come il finocchio selvatico o altre erbe aromatiche. Dall’impasto si ricavavano polpette che, passate nella farina di mais andavano poi poste nella cappa del camino ad essiccare per circa una settimana. Ancora oggi è possibile gustarla in diversi paesi del Parco. Infine, un tocco di dolcezza lo dà il pane dolce, la più semplice ma gustosa ricetta per finire un pasto, o per una merenda veloce e sana. Latte per inzupparlo, uova per friggerlo e zucchero per caramellarlo, et voilà!
Borgo di Badolato
Negli oltre mille anni della sua storia, il borgo di Badolato ha trascorso molte vicissitudini, da quelle positive che l’hanno visto nel 1080 emergere come possedimento del Duca di Calabria Roberto il Guiscardo, fino a diventare baronia dei Toraldo nel 1454, per poi vederlo colpito da una serie di terremoti, ben tre dal 1640 al 1783, e persino da un’alluvione nel 1951 e dal conseguente spopolamento.
Ciononostante, questo borgo rimane arroccato alle sue rocce che guardano verso la bella Costa dei Gelsomini dello Ionio, così come alle sue tradizioni, fra cui spicca quella dei caratteristici Catoj, le cantine delle case medievali riportate di recente a nuova vita. Oggi sono infatti un luogo riservato all’accoglienza genuina e spontanea di cui la Calabria è capace, dove è possibile gustare i piatti della cultura locale che ripescano dal lungo passato del borgo e più in generale della Regione, attingendo dalla dispensa prodotti di stagione e a chilometro zero.
Ciociaria
Sulla tavola di Federico II di Svevia, nei calici dei Papa di Anagni e prima ancora degli Antichi Romani c’era spesso un vino, il Cesanese, vitigno originario del piccolo borgo di Affile e da secoli portabandiera dei molti prodotti enogastronomici della Ciociaria. Una terra ricca anche di storia, arte e natura, apprezzabili nel corso di un’escursione lungo la Strada de Vino Cesanese, creata nel 2006 proprio per valorizzare le tante bellezze e bontà di una zona più che generosa. Con essa, oltre al vino, rappresentato anche dalla Passerina del Frusinate, si celebrano pure l’oliva Rosciola e il pecorino di Piglio, borgo arroccato sul monte Scalambra a 620 metri di altezza, belvedere che spazia dalla valle del fiume Sacco ai verdissimi Monti Lepini, e che nella prima domenica di ottobre ospita la Sagra dell’Uva Cesanese. La Strada, che inizia ad Anagni e termina a Paliano, è un continuum di cantine, aziende agricole e norcinerie, buone per l’assaggio anche di confetture, miele, salumi e formaggi, pregiate carni di maiale nero e latte d’asina.
Menzione a parte meritano i tanti formaggi ciociari, dagli aromi particolarmente intensi: le ricotte, di latte di capra e ovino, servite come un tempo nel classico cestino di vimini rivestito di foglie di fico; le Marzoline di capra; il Gran Cacio di Morolo, caciocavallo affumicato; il Pecorino di Piglio e Ferentino; e la prelibata Mozzarella di Bufala D.O.P. di Amaseno, che pur essendo in provincia di Frosinone, gode della denominazione ottenuta dalla “sorella” campana, estesa anche i vicini comuni di Giuliano di Roma, Villa S. Stefano, Castro dei Volsci, Pofi, Ceccano, Frosinone, Ferentino, Morolo, Alatri, Castrocielo, Ceprano e Roccasecca. Un prodotto tanto rappresentativo della zona da diventare protagonista di una sua “via del gusto”: la Strada della Bufala è la realizzazione di un itinerario sulla filiera bufalina, il cui fine è sostenere e valorizzare le eccellenze agroalimentari, rurali e paesaggistiche dell’area geografica della Ciociaria e dell’Agro Pontino.
Terre di San Valentino
Che febbraio sia il mese di San Valentino lo si sa. E a Terni, città natale del “santo protettore degli innamorati”, è il momento clou dell’anno: il centro umbro ospita infatti il Terre di San Valentino Festival, evento di quattro giorni che vede svolgersi per le strade della cittadina spettacoli musicali, concerti e incontri culturali, oltre a una rassegna enogastronomica con circa 40 espositori fra produttori di vino, olio, dolci, salumi e formaggi del territorio.
Genova
Per la valorizzazione dei prodotti e piatti liguri di qualità sono stati varati numerosi progetti, che dalla versione offline hanno poi trovato anche la loro dimensione online, con portali dedicati per facilitare la scoperta del territorio. Si veda per esempio Genova Gourmet, realizzato dalla Camera di Commercio del capoluogo di Regione, che comprende Bartender Genova Gourmet, Ristoranti Liguria Gourmet, prodotti a marchio Igp e Antichi Ortaggi del Tigullio. Fra quest’ultimi non si può prescindere dal pesto genovese, realizzato esclusivamente con il basilico di Bra, cui seguono le acciughe sotto sale del Mar Ligure, la focaccia di Recco con il formaggio, e i vini Dop e Igp.