Avatours / types of tourists: Turista Enogastronomico
Monti Lepini
Kiwi Igp, carciofo romanesco Igp e mozzarella di bufala Dop sono tre dei 150 prodotti tutelati dall’Unione Europea con marchi di qualità coltivati nelle campagne dei Lepini, in provincia di Latina. Un’area dal vasto patrimonio enogastronomico, che va ad aggiungersi alle risorse storiche, architettoniche, tradizionali e ambientali di cui la zona può far vanto. A questi si possono aggiungere il prosciutto di Bassiano, i carciofini di Priverno, il pane di Sezze, i dolci di Cori, i tartufi di Carpineto, il marrone di Segni e l’olio di Sonnino.
I Monti Lepini costituiscono il settore settentrionale della catena dei Volsci, a ridosso della costa laziale, e sono delimitati dalla pianura pontina a Occidente e dalla valle Latina a Oriente, poi dai Colli Albani a Nord e dalla Valle dell’Amaseno a Sud, per una superficie totale di circa 880 kmq. Essi si suddividono in due dorsali montuose separate da una profonda valle che da Montelanico sale fino a Carpineto Romano per poi ridiscendere verso Maenza. Il territorio dei Monti Lepini, per quanto vasta come area, è accomunato da una certa omogeneità storica e culturale, tanto che i comuni di Artena, Bassiano, Carpineto Romano, Cori, Gorga, Maenza, Montelanico, Norma, Priverno, Prossedi, Rocca Massima, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci, Segni, Sermoneta, Sezze, Sonnino hanno deciso di riconoscersi sotto il marchio “Lepini” per promuovere e valorizzare le molte ricchezze della loro terra.
Alta Valle dell’Aniene
La pellicola di “Lo chiamavano Trinità”, anno 1970, vede i giovanissimi Terence Hill e Bud Spencer vestire i panni di autentici cowboy in un territorio che pare vero Far West. Pare, perché in realtà si tratta di una delle valli più suggestive del Lazio, l’Alta Valle dell’Aniene, in provincia di Frosinone. Fra cime montuose, boschi, praterie, vegetazione e zone carsiche sorge Camerata Vecchia, borgo abbandonato da quel lontano 9 gennaio 1859 in cui un incendio distrusse gran parte dell’abitato. Da lì nacque Camerata Nuova, poco più a valle, che si sviluppa intorno alla piazza centrale, con palazzi in cui si riconoscono elementi architettonici come davanzali e cornici cinquecenteschi frutto di un sapiente recupero di quel poco che si era salvato a Camerata Vecchia.
Di questa zona del Lazio si conoscono soprattutto formaggio, arrosticini e braciole, derivati da un intensivo allevamento di bestiame, base di una cucina genuina e ricca di tradizione. Ne sono un esempio i ravioli dolci cameratani farciti con ricotta e conditi con sugo di pecora e le sagne ‘npezze, un formato di pasta tipica, e la carne cotta alla brace, o ancora il caciofiore, un formaggio a pasta morbida realizzato con latte ovino e il pecorino locale più saporito, stagionato dai 3 ai 12 mesi.
Per assaporare quanto di meglio produce il territorio, c’è l’annuale Sagra della Braciola, una manifestazione nata per ricordare l’incendio del 1859: il 9 gennaio, giorno del funesto anniversario, su una graticola gigante si cucinano braciole di castrato in quantità, da distribuire a tutti i visitatori.
Rieti
Specialità, specificità ed eccellenza territoriale sono i criteri che connotano i molti prodotti enogastronomici della provincia di Rieti, premiati da numerosi riconoscimenti, quali i marchi IGT e DOP. Tra i prodotti tipici c’è lo straordinario olio DOP della Sabina, condimento ideale per piatti rustici e genuini, di cui gli spaghetti alla amatriciana sono un vero vessillo. Altri primi da gustare sono il farro al tartufo di Leonessa, gli strengozzi alla reatina, i marroni e gli stracci di Antrodoco, le fregnacce alla sabinese, i fagioli di Borbona e le sagne scandrigliesi. Trote e gamberi insaporiti con mille salse rientrano fra i secondi di pesce, mentre fra i derivati degli allevamenti di terra troviamo il pecorino, fresco o stagionato, e la ricotta, in particolare il “fiore molle” di Leonessa allo zafferano. I legumi sono fra gli ortaggi immancabili, ingrediente di zuppe gustose. Il borgo di Antrodoco è invece rinomato per l’Omento di maiale, nel dialetto locale, un tipico prodotto di carne suina, con interiora aromatizzate con erbe, peperoncino e aglio. A fine pasto, non mancano mai dolci quali i terzetti alla reatina, la copeta (noci e miele tra foglie di lauro) e la pizza di Pasqua, da farcire a piacere.
Caratteristico del reatino, e in particolare nel paese di Contigliano, è anche il liquore di Genziana, infusione enoalcolica, alcool e vino bianco, derivata dalla radice essiccata della genziana aromatizzata con chiodi di garofano, cannella e ginepro. Ha un gusto piuttosto amaro e colore giallo paglierino.
Sempre in tema bevereccio, questa è la terra dei vini denominati Colli della Sabina Doc, suddivisi in Bianco, Bianco Spumante, Bianco Frizzante, Rosso e Rosso Frizzante.
Folignate Nocera Umbra
La Strada del Sagrantino è uno degli itinerari del gusto che si possono intraprendere nel comprensorio Folignate Nocera Umbra. Il Sagrantino di Montefalco, 100% Sagrantino e DOCG dal 1992, si produce nell’intero territorio del Comune di Montefalco e parzialmente nei territori di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria. Altri vini di gran pregio prodotti in questa zona sono il DOC Montefalco, il DOC Colli Martani, l’IGT Cannara e l’IGT Spello. In particolare, Spello fa parte della Strada dei Vini del Cantico, che valorizza, oltre al vino, anche le altre produzioni tipiche e di qualità del territorio, oltre ad arte, ambiente, cultura e artigianato. Accanto a un buon calice di vino non può mancare un tagliere di salumi, frutto dell’arte della norcineria che qui in Umbria trova una delle sue massime espressioni.
L’olio di Trevi, Spello e Spoleto è di qualità riconosciuta e a marchio DOP Umbria. Olio che va a condire verdure quali il Sedano Nero di Trevi, il Fagiolo di Cave (Foligno) e la Patata Rossa di Colfiorito.
Tra i piatti tipici troviamo gli spaghetti con il rancetto (pancetta, pomodoro e maggiorana), gli spaghetti alla norcina, o i particolari gnocchi al sagrantino. La Rocciata e la tipica torta al testo sono i dolci che non possono mai mancare a fine pasto. Foligno è anche sede del frequentatissimo Festival de “I Primi d’Italia”.
Tuderte
Nella tradizione gastronomica di Todi, o tuderte che dir si voglia, cereali, legumi, ortaggi e verdura di ogni tipo si affiancano a carne e prodotti selvatici dei boschi circostanti, ossia funghi, asparagi e tartufi. Una cucina che fa di necessità virtù, della stagionalità e del km zero dei diktat, e che pertanto esclude il pesce dalle tavole di questa zona dell’Umbria.
In menu, a Todi e dintorni si trovano la Palomba alla Ghiotta e la Pasta Dolce dei morti, nome che allude a Maccheroni Dolci, una pasta tipica del periodo dei Santi, il Pan Caciato o Nociato, ovvero un piccolo pane di forma rotonda con un impasto a base di noci, formaggio e uvetta.
La zona, come gran parte dell’Umbria, si presta alla produzione di olio e vino di grande qualità. L’ “oro verde” tuderte ha il marchio DOP, in particolare fa parte della sottozona denominata Colli Martani, area di cui fanno parte 15 Comuni tra cui Massa Martana, Giano dell’Umbria e Montefalco. Lungo la “Strada dei vini del Cantico” si possono invece scoprire le cantine produttrici di 1 DOCG e 5 DOC, fra cui il Grechetto di Todi, varietà forse proveniente dall’Asia, dove si produceva un vino in “stile greco” da cui il nome. Vitigno comune in tutta la Regione, trova qui la sua massima espressione, come già testimoniava Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. e pure e Sante Lancerio, cantiniere del Papa Paolo III, che nel 1500 mesceva spesso il Grechetto per la mensa pontificia.
Eugubino Alto Chiascio
Il cambio delle stagioni e il lavoro dei campi sono da sempre le leve attorno alle quali si sono create le tradizioni gastronomiche del comprensorio eugubino, basate su prodotti di qualità eccelsa: si vedano il miele del Parco del Monte Cucco, il tartufo bianco, le carni di bovini e ovini allevati allo stato brado nei pascoli di montagna, le erbe selvatiche che persistono nel loro latte a profumare salumi e formaggi quali il pecorino, il pecorino di botte e quello infossato, la ricotta, la caciotta e la caciotta al tartufo.
La lavorazione del maiale è un’arte antica da queste parti. Tra i prodotti derivati dalla macellazione troviamo la lonza, il capocollo, il salame, il sopresciato, il roseo prosciutto e le salsicce essiccate. Salumi da gustare con il pane tipico da “cucina di strada”, chiamato “Crescia sul Panaro”, la torta salata cotta sotto la cenere calda e la brace ardente. La Vera Crescia di Gubbio è un prodotto semplice quanto genuino, come il “Brustengo”, un amalgama molto liquido di farina, acqua e sale, fritto in padella con olio d’oliva e un po’ di rosmarino, pietanza povera fra le più antiche.
Altri piatti tradizionali del territorio sono i capeletti in brodo di gallina, i frascarelli, preparati con sfoglie di pasta farcite con erba campagnola, le cotiche con fagioli, la coratella d’agnello, il friccò con carni bianche e cotto con vino e aceto. Tra i primi piatti, spiccano le tagliatelle fatte in casa, le pappardelle, i bigoli e i ravioli con ricotta. Gli gnocchi sono fatti con le patate rosse di Campitello, mentre farro, cereali e legumi, soprattutto ceci, cicerchie e lenticchie, diventano base di preparazione per zuppe saporite. Moltissime le frittate di verdure, che mutano l’ingrediente base a seconda della stagione, immancabili come i crostini con fegatini di pollo, ginepro e foglie di salvia e la bruschetta con olio extra vergine di oliva delle zone limitrofe. I dolci sono un omaggio alle feste religiose, e allora ecco i maccheroni dolci e la crescia fogliata per le festività dei Santi e del Natale, le frappe, i bignè e le castagnole per il Carnevale.
Oltre al tartufo, pregiato e ricercatissimo in tutte le cucine è il Crocus Sativus, alias lo zafferano, promosso dall’Associazione Zafferano di Gubbio. Qui, il piatto da gustare è il coniglio allo zafferano, un piatto dal sapore deciso ma addolcito dalla delicatezza della carne bianca.
La Città dei Papi
Un tempo, da novembre a marzo, in provincia di Viterbo ci si dedicava alla produzione di un insaccato tipico dal nome curioso, Susianella. Ad oggi sono rimasti pochi i norcini in grado di realizzarlo, ma lo fanno anche in altri periodi dell’anno. La ricetta originaria sarebbe addirittura etrusca, ma solo attorno all’anno Mille, si diffuse per via di una maggiore lavorazione delle frattaglie. Gli ingredienti base della Susianella sono infatti cuore, fegato, pancreas, pancetta, guanciale e altre rifilature di carne provenienti da suini che raggiungono un peso di 130-160 kg. Macinate non troppo finemente e condite con sale, pepe, peperoncino, finocchio selvatico e altre spezie variabili, le carni sono poi insaccate in budello naturale di suino legato a mano cui viene data la forma a ferro di cavallo o a ciambella. La stagionatura va da un minimo 20 giorni fino ai sei mesi. Da qualche anno, per tutelare la produzione di questo squisito salame è stato costituito un Presidio Slow Food ma anche per diffonderne la cultura ad altri norcini.
Alta Valle del Tevere
Nell’Alta Valle del Tevere, quando si parla di “baggiane” ci si riferisce alle fave d’orto, dai semi molto grandi. Ecco, proprio da questo ortaggio tipico del perugino, si fa la “baggiana”,
una minestra realizzata con pomodoro, basilico e, appunto, fave, da accompagnare anche con la “tigella”, le piccole piadine usate un po’ a tutto pasto da queste parti. Un “piatto povero”, della tradizione contadina, oggi considerato tipico di Città di Castello.
All’apice della scala alimentare, almeno quanto a rarità e costo, è il pregiato tartufo bianco: prezioso, buonissimo, in certe stagioni introvabile e per questo ancor più ricercato. Ricercato come il “Pecorino stagionato in botte”, presente con molte variazioni a seguito di una lavorazione importante, che arriva dalla tradizione popolare.
L’Alta Valtiberina è nota anche per i suoi vini, dal 1980 a marchio DOC, prodotti secondo il disciplinare con vitigni come Pinot, Grechetto, Trebbiano, Sangiovese, Cabernet e Merlot. Fra gli 11 vini dei Colli Altotiberini DOC c’è anche un inaspettato spumante superiore. Parlando di abbinamenti, se i rossi sono ideali con le carni bianche e rosse, salumi e taglieri di formaggio, i bianchi sono da gustare con il pesce di lago, mentre i rosati sono perfetti con zuppe e antipasti saporiti o piccanti e frittate.
Particolare Il mazzafegato, insaccato Presidio Slow Food che si riconduce alle tradizioni contadine, prodotto usando le ultime rimanenze della macellazione del maiale, soprattutto le interiora come il cuore e il fegato, gustato cotto sulla brace.
Assisano
L’extravergine “Colli Assisi-Spoleto” è una DOP che prevede l’uso della varietà Moraiolo per almeno il 60%, Frantoio e Leccino per un massimo del 30%. Un olio fruttato, dall’aroma intenso e dal sapore gradevolmente piccante, perfetto per carne, legumi e cereali, ingredienti alla base della cucina umbra, compresa quella di Assisi. Assisi è nota anche per la produzione di vini DOC, quali Assisi Bianco, Assisi Rosso, Assisi Rosato e Assisi Novello, creati da vitigni Sangiovese e Merlot per il rosso e da Trebbiano e Grechetto per il bianco. Di qui passa anche la Strada dei Vini del Cantico, un itinerario che ripercorre le strade di epoca romana che collegano i principali centri di produzione vinicola.
Il borgo di Cannara, il cui terreno sabbioso-limoso di origine lacustre è ideale per la coltivazione della Cipolla (Prodotto Agroalimentare Tradizionale e Presidio Slow Food), è noto anche per la Vernaccia, prodotti che diventano entrambi protagonisti dell’annuale Sagra della Cipolla.
Tutti i piatti della tradizione assisana hanno una profonda radice contadina, come fave e cotiche (antico piatto romano che serviva a mettere in comunicazione i vivi con i morti), il cavolo ripassato al tegame con olio, aglio e pane, gli immancabili strangozzi fatti a mano (pasta fresca di sola acqua e farina da condire con sugo o tartufo), e i dolci, tra cui la Rocciata d’Assisi, tipico natalizio, e il pan caciato. I mostaccioli, biscotti secchi al mosto, sono invece il dolce legato alla figura di San Francesco, ottimi da gustare con un bel bicchiere di Vin Santo Colli del Trasimeno DOC. Si deve invece ai monaci un liquore fatto di erbe aromatiche, l’Amaro Francescano.
Per i secondi, dominano le carni, di maiale nero, agnello – ottimo allo scottadito – e piccione, da mangiare “alla ghiotta” con crostone di paté di fegatini. Se si ama la porchetta, quella da provare è senz’altro quella di Bastia Umbra, una delle migliori della Regione.