Lago di Garda

«Suso in Italia bella giace un laco….c’ha nome Benaco». Nel Canto XX dell’Inferno, Dante fa cenno al Lago di Garda, che all’epoca si chiamava ancora Benaco. Per descriverlo, si potrebbero forse usare le stesse parole che avrebbe usato l’Alighieri allora, perché il contesto naturalistico non è poi così cambiato. Il Monte Baldo che lo separa dal Trentino è sempre lì, a dominare il bacino più grande del Paese e offrendo il suo fianco al Parco Naturale Locale Monte Baldo, creato a tutela di quello che è stato ribattezzato Hortus Italiae per la ricca biodiversità. Caratteristica che dal ‘400 in poi ha fatto da richiamo per studiosi, farmacisti e speziali, fra cui tale Francesco Calzolari che la celebrava con queste parole: “tanta varietà di pianta quanta in nessuna altra parte d’Italia”.

Ma il Baldo è solo un tassello di quel microcosmo rappresentato dal Garda, climaticamente, culturalmente e storicamente. Basti pensare a Sirmione, con le Grotte di Catullo a ricordare che questa era già meta di vacanza per gli Antichi Romani. Da lì, facendo il periplo dei 158 km di costa, si può partire alla scoperta di borghi e cittadine che nei secoli hanno ospitato personalità di ogni genere, fra cui molti artisti e scrittori incantati da un paesaggio sempre ricco di sorprese. Un periplo che tocca Lombardia, Veneto e Trentino, offrendo un melange di tradizioni assai diverse fra loro che si interfacciano e contaminano, anche grazie alla sua geolocalizzazione che lo pone esattamente al centro dell’Europa.

Anche per questo, il Garda è ogni anno meta di milioni di turisti del nord e centro Europa, che qui trovano soddisfazione in luoghi ricchi d’arte, bellezza e buona tavola, una sintesi perfetta del Bel Paese, con il plus di un clima mite tutto l’anno ideale per praticare sport di ogni genere: trekking, MTB, sci e, grazie al vento tipico del mezzogiorno, l’òra, vela, windsurf e kite.

Alghero

Alghero è una di quelle destinazioni cui davvero non manca nulla. Ha persino un dialetto tutto suo, riconosciuto come lingua minoritaria dalla Repubblica Italiana e dalla Regione Sardegna. Alghero è infatti una sorta di enclave della Catalogna, dove ancora oggi si possono leggere gli effetti della dominazione catalano-aragonese del XIV secolo, un evento che la trasformò architettonicamente e culturalmente. Per coglierne questa particolarità unica basta camminare lungo i Bastioni della Maddalena che dominano il porto, che prendono i nomi dei grandi esploratori del passato: Magellano, Pigafetta, Marco Polo e Cristoforo Colombo, che terminano con la Torre di San Giacomo e la Torre Sulis, offrendo scorci che si aprono fino ad abbracciare il profilo inconfondibile di Capo Caccia.

Prima però di esplorare la costa, vale la pena perdersi nei vicoli del caratteristico centro storico, visitando il Duomo di Santa Maria, le Chiese di San Francesco e di San Michele, luoghi di culto che vivono il loro momento più intenso con i riti della Settimana Santa, in cui si possono riconoscere alcune sfumature riconducibili alla cultura catalana. Molte anche le botteghe orafe che tramandano un’arte antica, quella della lavorazione del corallo rosso di Alghero, non a caso cuore della cosiddetta Riviera del Corallo. Altrettanto tipici ma di ben altra natura sono i vini della zona, pregiati e capaci di conquistarsi negli ultimi anni anche un posto di rilievo nel panorama enologico nazionale: cannonau, vermentino, torbato Doc di Alghero accompagnano i piatti di pesce locale, come gli spaghetti all’aragosta, alla catalana, ovviamente.

L’esplorazione del territorio offre spunti assai diversi: da quelli naturalistico-geologici a quelli storico-archeologici. L’insenatura di Porto Conte, l’antico Portus Ningharum, vanta la particolarità di essere l’unico vero porto naturale della Sardegna, dal 1999 cuore di uno dei principali parchi naturali regionali. Al suo interno comprende un’importante oasi faunistica e la foresta demaniale “Le Prigionette” in cui svolgere attività sportiva ed escursionistica; la Riserva Naturale di Capo Caccia – Isola Piana, detta arca di Noè per la ricchezza floro-faunistica, area naturale marina protetta dal 2002, nonché Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo per la conservazione della biodiversità; Punta Giglio e Punta delle Gessiere, note per le numerose grotte, fra cui quelle spettacolari di Nettuno e di Nereo, la più vasta grotta sommersa d’Europa. E ancora, lo stagno del Calich, dove si osservano i resti di un ponte romano.

Anche se è la roccia a dominare la costa nei dintorni di Alghero, molti sono i lidi di sabbia, ampi e ben attrezzati: il Lido di S. Giovanni che abbraccia la città, la spiaggia di Maria Pia, le Bombarde, Cala del Lazzaretto, dominata dall’omonima torre e la spiaggia Mugoni. In questo lento peregrinare alla ricerca della spiaggia preferita, non si può non fare tappa in uno dei siti archeologici della zona, risalenti al periodo prenuragico e nuragico. Vedi la necropoli Anghelu Ruju, complesso di domus de janas; il Nuraghe Palmavera circondato dal villaggio nuragico e il sito nuragico di Sant’Imbenìa, che ha il pregio di comprendere anche i resti di una sontuosa villa di epoca romana.

Alta Valle del Tevere

Siamo in Umbria, nella provincia di Perugia, ma in passato, il territorio dell’Alta Valle del Tevere, o Valle Tifernate, fu oggetto di interessi politico-economici anche da parte di Arezzo e Montefeltro. Fattore che ha giocato a favore del territorio, arricchitosi nel tempo di influenze culturali e artistiche di notevole pregio. Basti pensare che nell’area gravitavano personaggi quali Piero della Francesca, Raffaello Sanzio, Giorgio Vasari e Bernardino di Betto Betti, alias il Pinturicchio, tanto da far ribattezzare la zona “Valle Museo”.

L’arte era ed è quindi un leit motiv di questo viaggio, che porta alla scoperta di borghi antichi affacciati su distese di campi coltivati a olio e vite sin dai tempi del popolo degli Umbri, e dal 1575 in poi di piantagioni di tabacco, o ancora immersi in foreste che scendono fino al fondovalle, lungo le anse del Tevere, che verso la Toscana lasciano spazio a castagneti. I marroni che ne derivano sono fra i prodotti locali più rinomati, base di una cucina “povera” e schietta, ma dai sapori intensi, che raggiunge il suo apice con il pregiato tartufo bianco.

Fra le tappe imprescindibili della “Valle Museo” c’è sicuramente Città di Castello, che dal Rinascimento a oggi non ha smesso di attingere risorse dai talenti artistici locali e non, offrendo ad oggi una bella Pinacoteca comunale, edifici eleganti come Palazzo Vitelli, fino al Centro documentazione delle arti grafiche Grifani – Donati, punto di riferimento nella valorizzazione della tradizione tipografica cittadina.

Palazzo Albizzini e gli ex Seccatoi del Tabacco sono invece sede della raccolta delle opere di Alberto Burri, grande maestro dell’arte contemporanea internazionale nativo proprio di Città di Castello.

Dal dominio della casata dei Vitelli, a Montone si passa a quella dei Fortebraccio, Signori della zona dal IX secolo in poi, avendo nel loro albero genealogico anche il celebre Andrea detto poi Braccio da Montone, uno dei più celebri capitani di ventura del Quattrocento. Nel borgo, imperdibile è la Collegiata di Santa Maria e San Gregorio Magno, dove ogni lunedì di Pasqua, dal 1310, si espone la reliquia della Sacra Spina.

Da una “reliquia” preistorica, un osso di tibia umana, è invece ricavato il cosiddetto “flauto di Pietralunga”, rinvenuto nei pressi del borgo di Pietralunga, oggi conservato nel Museo Archeologico di Perugia, che attesta come la zona fosse già abitata ben prima degli Umbri. Nel centro storico, si trova invece il Museo ornitologico-naturalistico, curioso non solo per gli appassionati birdwatching o naturalisti in erba.

Di raffinata arte topiaria si parla invece a San Giustino, grazie al Castello Bufalini, circondato da un meraviglioso giardino all’italiana con tanto di labirinto, e con sale decorate da affreschi attribuiti a Cristoforo Ghepardi e da capolavori pittorici di Luca Signorelli e Guido Reni. Nel centro storico ci si imbatte in un altro luogo significativo, il Museo della Storia e della Scienza del Tabacco, fra i pochi in Italia, dove si può ripercorrere la nascita e lo sviluppo di questa particolare coltura che tanta parte ha avuto nella storia dell’Alta Valle del Tevere e nella vicina Toscana.

Infine, Umbertide, in cui nome evoca la rigogliosità della verde vallata in cui si trova, percorsa per 50 km dal fiume che da qui prosegue il suo corso fino al cuore di Roma.

Alta Valle dell’Aniene

La scoperta dell’alta Valle del fiume Aniene può seguire itinerari di vario genere, in cui arte, storia, natura e religione si fondono in un paesaggio a dir poco suggestivo, dominato dagli Appennini centrali e dal corso dell’Aniene. Costeggiando l’affluente del Tevere si parte dalle pendici dei Monti Simbruini, oggi tutelati come Parco Naturale Regionale, e si arriva fino a Tivoli, dove il “Teverone”, questo il suo soprannome, genera una spettacolare cascata alta 130 metri. Subiaco è il centro più importante della valle, non a caso inserito fra i Borghi più Belli d’Italia e noto anche come “culla” del monachesimo e della stampa. Qui si trovano infatti numerosi edifici religiosi, fra cui i Monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, e fu proprio nella biblioteca di quest’ultimo che nel 1465 due monaci tedeschi allievi di Gutenberg stamparono il primo volume d’Italia. Curiosità che va ad arricchire le attrattive di un borgo che ha già molto da offrire: da non perdere la millenaria Rocca Abbaziale, per la sua posizione panoramica in cima a uno sperone roccioso, per gli splendidi giardini da cui si domina tutta la valle, e per gli appartamenti nobili, ex dimora di Lucrezia Borgia.

Sul confine orientale del Lazio con l’Abruzzo si trova Camerata Nuova, sorta nel 1859 al posto di Camerata Vecchia, distrutta da un incendio. Ad attirare qui i turisti è la particolare morfologia del territorio che comprende la Valle di Fioio, il Monte Autore e il fondo della Femmina Morta, dove si sviluppano numerosi sentieri a piedi e a cavallo, che in inverno diventano piste per lo sci di fondo.

Fra i borghi della Comunità montana della Valle dell’Aniene c’è Jenne, il cui toponimo segue varie suggestioni: da quella latina che fa risalire il nome a Janua, “porta”, ad indicare la sua posizione di “guardiano” della valle, a Gehenna, “le porte dell’Inferno”, forse per il clima rigido dei mesi invernali.

Le escursioni naturalistiche sono motivo di visita anche a Trevi nel Lazio, posto sul crinale tra i Monti Simbruini e i Monti Ernici, il cui centro medievale offre molti tesori artistici e architettonici, primi fra tutti la duecentesca Collegiata di Santa Maria Assunta e il meraviglioso Castello Caetani, sede del Museo Civico Archeologico, che nei suoi dieci secoli di vita ha ospitato pure Papa Bonifacio VIII.

Altro promontorio roccioso e altro borgo, Filettino, che con i suoi 1075 metri è il centro abitato più alto della regione. Il nome spiega la sua originale conformazione, con le case una in fila all’altra, per via del crinale su cui furono erette a partire dal VI secolo, dalle popolazioni del basso Lazio in fuga per le invasioni barbariche. Vicino all’abitato si trovano le sorgenti dell’Aniene, immerse in un contesto paesaggistico di rara bellezza e integrità: boschi di abeti, betulle, faggi e querce oltre al laghetto “del Pertuso”, con scorsi che spaziano dal Gran Sasso d’Italia fino al Mar Tirreno.

Alta Via dei Monti Liguri

Quarantaquattro tappe per 400 km di lunghezza. L’Alta Via dei Monti Liguri (AVML), nota anche più semplicemente come Alta Via, partendo da Ventimiglia arriva fino a Ceparana, nella piana di Bolano, al confine con la Toscana. Correndo lungo la costa, attraversa tutta la Regione e una serie di Parchi naturali regionali: quello del Beigua, delle Alpi Liguri, delle Capanne di Marcarolo, dell’Aveto e dell’Antola, toccando il suo punto più alto sul Monte Saccarello, a 2201 metri s.l.m.

Diverse le lunghezze e le difficoltà delle tappe, percorribili interamente a piedi e per lunghi tratti a cavallo e in mountain bike, e talvolta anche in auto e moto.

Creata nel 1983, l’Alta Via fa parte del progetto escursionistico chiamato Sentiero Italia, itinerario lungo oltre 6000 km che, partendo da Trieste, transita lungo l’intero arco alpino, gli Appennini, la Sicilia e la Sardegna fino a Santa Teresa di Gallura utilizzando anche le Alte Vie Valdostane, la rete piemontese GTA, la rete toscana GEA e i sentieri umbri.

Alto Molise

Il cerro e l’abete bianco sono per l’Alto Molise quello che l’acero è per il Canada. Un simbolo, che identifica un territorio richiamando subito alla memoria immagini di montagne coperte da boschi incontaminati. Accade soprattutto nella zona di Serra di Staffoli e di Selva di Castiglione per il cerro, e di Collemeluccio e Pecopennataro per l’abete bianco, e nei dintorni di Prato Gentile, come già di per sé ispira il toponimo, sono sostituite da praterie invase da un’eccezionale varietà floristica che nella bella stagione è un vero inno al colore con il Giardino della Flora Appenninica, uno dei rari esempi di “orto botanico naturale” esistenti in Italia vasto circa 10 ettari.

L’Alto Molise, compreso fra l’area urbana di Isernia e le province di Chieti e dell’Aquila, è così: una terra incontaminata, di montagne ispide percorse dai Tratturi, le antiche “autostrade verdi” della transumanza, che conducono verso borghi ricchi di storia e di splendidi monumenti, santuari, chiese, opere d’arte e architettoniche, dove ancora oggi si portano avanti tradizioni legate a prodotti artigianali ed enogastronomici, frutto di sapienza da esportazione.

Magari sotto forma di gigantesche campane, come accade da secoli ad Agnone, dove per le stradine del centro storico può ancora capitare di sentire riecheggiare i colpi del fabbro che plasma e fonde queste autentiche opere d’arte. Per scoprire i segreti di questo affascinante mestiere si può visitare il Museo Storico della Campana “Giovanni Paolo II” e la millenaria Fonderia Marinelli. Se poi si capita da queste parti nel mese di dicembre, e in particolare il giorno 24, si può assistere al rito igneo della N’Docciata, il “fiume del fuoco sacro”, sfilata di grandi torce portate a spalla da più di ottocento figuranti.

Temperature ben più rigide si trovano salendo a 1421 metri di quota, a Capracotta, rinomata stazione per lo sci di fondo.

Pietrabbondante, circondata da boschi irrigati da ruscelli e torrenti, è invece meta di appassionati di archeologia, a sud dell’abitato, sul pendio di Monte Saraceno, sorge un complesso di culto edificato dai Sanniti costituito da un tempio, due edifici e un teatro, forse l’esempio meglio conservato d’Italia risalente a quell’epoca.

Il momento migliore per andare a San Pietro Avellana è invece la seconda domenica di agosto, quando il borgo, parte dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, si anima per la Fiera del Tartufo Nero, kermesse cultural-gastronomica di grande richiamo anche per chi viene da Marche e Abruzzo. Se il viaggio è programmato in autunno, è l’1 novembre la data da segnare in calendario, per l’appuntamento fisso con la Mostra Mercato del Tartufo Bianco. Fra gli altri prodotti tipici dell’Alto Molise, che si distinguono sempre per la loro genuinità, ci sono i vini Doc Pentro d’Isernia, l’IGT Rotae e Tintilia, la Scamorza e la Soppressata molisana, il Caciocavallo di Agnone, il Burrino e la Stracciata.

Altre piccole sorprese le riservano Vastogirardi, un paradiso naturale grazie alla Riserva Naturale Orientata di Montedimezzo – Collemeluccio, Riserva MAB dell’Unesco, ideale per escursioni slow e decisamente a impatto zero; Carovilli, fra portali, lavatoi e fontane scolpiti nella pietra, e Pescolanciano, che per la sua posizione geografica è definito come “la porta dell’Alto Molise”. Situato lungo il tratturo Castel di Sangro-Lucera, si presenta con una serie di viuzze strette attorno al millenario Castello D’Alessandro, originale per la sua pianta esagonale e a strapiombo su uno sperone di roccia inaccessibile.

Area dello Stretto e la Costa Viola

Lo Stretto di Messina è uno di quei punti geografici dalla forte valenza simbolica, strategica e, in questo caso, mitologica. La sua eco antica riporta alle figure della Fata Morgana, di Scilla e Cariddi, e in assoluto a tutti quei naviganti più o meno “Vip” che nei secoli hanno attraversato questo braccio di mare chiuso da due terre che si sfiorano, talvolta burrascoso e cattivo, ma anche placido e straordinariamente bello da ammirare.

Il territorio di Reggio Calabria e dello Stretto sono legati anche a “note olfattive” e gustative ben precise, quelle dell’essenza del bergamotto, prezioso e profumatissimo agrume ricco di proprietà salutari, e dell’annona, frutto esotico dalla polpa morbida e dal gusto aromatico. A queste due delizie si aggiungono poi le Arance di S.Giuseppe, i vini Arghillà IGT e Pellaro IGT, una ricca produzione dolciaria a base di mandorla e miele. Di artigianalità si parla anche nelle botteghe di orafi, ceramisti, ebanisti specializzati in radica e nella produzione di pipe e ferro battuto. Risalendo la Costa Viola, si trovano il Vino della Costa Viola IGT e Scilla IGT, il limone sfusato di Favazzina, il Torrone di Bagnara IGP e il Pane di Pellegrina.

Merita un cenno la coltivazione della vite lungo la Costa Viola, caratterizzata dai cosiddetti “vigneti eroici”, realizzati su terrazze costruite con le tipiche “armacie”, i muretti a secco che scendono fino al mare lungo irti terreni percorsi da una monorotaia, un tempo utilizzata per il trasporti delle casse d’uva, oggi dei turisti. Chi vuole esplorare il reggino, ha dunque anche questa possibilità, alternativa curiosa alle molte escursioni di trekking. Una da tenere in considerazione è sicuramente quella lungo il “Sentiero Italia”, che da Reggio giunge fino al monastero di Orti, passando dal fortino di Pentimele, Sito di Interesse Comunitario dove nidificano alcune specie rare di uccelli. Interessante la visita a Motta S.Agata, testimonianza delle antiche “motte” medievali costruite a difesa del territorio reggino, e all’ottocentesco Forte Umbertino di Arghillà.

Da Scilla – punto dello Stretto da cui si può capire il perché questo tratto di mare sia considerato una “galleria del vento”, ideale per windsurf, kite e vela – e dallo splendido borgo marinaro di Chianalea, si snoda appunto la Costa Viola, che oltre alla particolarità dei “vigneti eroici”, offre anche meravigliose spiagge tra le quali Cala Janculla, inserita tra le spiagge più belle d’Italia, e la spiaggia di Palmi con lo Scoglio dell’Ulivo, con fondali ideali per lo snorkeling. In questo territorio è possibile anche riscoprire le testimonianze lasciate dall’antico popolo dei Taureani che si spinsero fino all’Aspromonte, passando per Oppido Antica.

Tra Palmi e Bagnara Calabra si articola un sentiero panoramico denominato Tracciolino che rappresenta uno fra i percorsi di trekking più belli e suggestivi di tutta la Calabria. Un ulteriore trekking ha inizio sopra Bagnara e conduce fino al cosiddetto “Tunnel militare di Murat”, una suggestiva grotta scavata a 40 metri dal mare che mezzo secolo fa metteva in comunicazione il porticciolo di Bagnara con i terrazzamenti della Costa Viola. Il territorio, abitato sin dalla preistoria, offre anche due siti archeologici di tutto rispetto: il Parco Archeologico e il Museo di Medma a Rosarno, e il Museo Archeologico di Metauros nella vicina Gioia Tauro. A Galatro, suggestivi i ruderi del Convento basiliano di S.Elia, vicino alle preziose sorgenti di acque minerali e termali sfruttate per il loro potere terapeutico.

Area Grecanica

Giù, nella parte più meridionale della Calabria, si sviluppa la cosiddetta area grecanica, crogiuolo di storia e cultura di un passato lontano, nei secoli e nello spazio. I paesi grecanici si trovano su alture più o meno accessibili e ad alcuni chilometri dalla costa jonica, lambita dalle spiagge di sabbia dorata, e sono culla di una civiltà antichissima, quella greca. A Bova, Roghudi, Chorìo di Roghudi, Gallicianò e Roccaforte, che devono le loro origini ai primi coloni Greci giunti in Italia, si parla ancora la lingua greco-calabra, un mix fra dialetto locale e greco antico.

Il paesaggio della zona è dominato dalla macchia mediterranea, spezzata solo da distese di coltivazioni di bergamotto, prezioso agrume dalle straordinarie virtù benefiche, definito ”oro verde” della Calabria, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Un breve excursus delle tappe imprescindibili porta a Bova, che vanta il marchio del Ministero per il turismo “Comune gioiello d’Italia” ed è parte dei “Borghi più belli d’Italia”, e come tale è da visitare almeno una volta nella vita. Qui non si può mancare il Museo della lingua greca Gerhard Rohlfs, dedicato allo studioso tedesco che, fin dal 1924, sostenne l’origine magnogreca della parlata locale, e il Museo di Paleontologia, con circa 15.000 fossili di fauna e flora autoctoni.

Anche per le strade di Gallicianò si parla l’antico idioma, come a Pentedattilo, uno fra i più noti e piccoli borghi della zona, scenario del festival itinerante “Paleariza” e del “Pentedattilo Film Festival”, dedicato ai cortometraggi. Roghudi Vecchio è invece uno dei borghi disabitati alle pendici dell’Aspromonte, silenzioso quanto affascinante nella sua vita sospesa a qualche decennio fa, mentre a Palizzi Superiore si va per il Castello, dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali.

Assisano

Il termine Comprensorio Assisano potrebbe essere sinonimo di bellezza e spiritualità. Due caratteristiche di cui la città di Assisi è pervasa in ogni sua pietra, di quel tenue rosa che la sera si fa più intenso. Dal 2000, il suo Centro Storico e la quasi totalità del territorio comunale sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità, in virtù dei molti monumenti che qui, nella parte settentrionale della valle umbra, si concentrano. La lista delle tappe d’obbligo è pressoché infinita: a cominciare dalla Basilica di San Francesco, celebre per il ciclo di affreschi di Giotto e Cimabue, cui seguono gli altri siti francescani, la Cattedrale di San Rufino, la Basilica di Santa Chiara, il Convento della Chiesa Nuova, il Tempio di Minerva, la Chiesa di Santa Maria Maggiore, l’Abbazia di San Pietro, la Basilica di Santa Maria degli Angeli con la Porziuncola, il Santuario di Rivotorto, l’Eremo delle Carceri e il Monastero di San Damiano, oltre alla Rocca Maggiore e alla Rocca Minore.

L’importanza di questa culla della spiritualità sta anche nel messaggio di pura bellezza trasmesso dall’Ordine Francescano, che partendo da qui si è diffuso ovunque influenzando la storia dell’arte stessa. Assisi è un esempio unico di integrazione fra epoche, stili e mondi diversi, quello terreno e quello spirituale, giunto ai nostri giorni perfettamente in continuità e sinergia con il contemporaneo.

Nei dintorni di Assisi si può fare sosta a Cannara, dove dai tempi del “poverello” si coltiva un prodotto dalle proprietà benefiche, la cipolla, cui sono legate tradizioni e ricette ancora oggi in uso. Per apprezzarle, nel mese di settembre, c’è l’annuale Sagra della Cipolla, periodo in cui le strade del borgo sono invase dalle caratteristiche “trecce” che facilitano la conservazione del prodotto.

Una volta giunti fin qui, si può deviare verso il piccolo borgo etrusco di Bettona, sulla sinistra del Tevere, che ha in serbo una sorpresa: una passeggiata di circa 1 km lungo la cinta muraria che un tempo proteggeva il centro abitato, oggi straordinario belvedere sulla valle e sul fiume Tiber.

Borghi più belli d’Abruzzo

Se è vero che la toponomastica dice tanto di un luogo, nel caso dell’Abruzzo dice tutto. Racconta da una parte di una regione con chilometri di spiagge bianche – da qui nomi più che espliciti come la stessa Pescara e le tante “marine” lungo la costa – e dall’altra di borghi incastonati fra vette appenniniche – le più alte d’Italia, grazie alla presenza dei massicci della Majella, del Parco Nazionale d’Abruzzo e del Gran Sasso – come testimoniano per esempio Pietracamela, Rocca San Giovanni, Castel del Monte, Tagliacozzo e così via.

Borghi che, per la loro natura “arroccata” e di difesa dell’entroterra, hanno saputo attraversare secoli, arrivando a noi con un centro storico ancora intatto che sa trasmettere fascino ed emozioni dal sapore antico, tanto che ben 25 sono entrati di diritto nel novero dei “Borghi più belli d’Italia”.

Un ricco patrimonio architettonico, artistico e di tradizioni vive, che animano ancora adesso questi “avamposti” di cultura locale immersi in una natura incontaminata e prorompente.

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