Chioggia: storia, mare e laguna

Canali, ponti, calli e palazzi possono talvolta indurre in errore: siamo a Chioggia, che non a caso è detta “Piccola Venezia”. Si cammina per 830 metri su Corso del Popolo, fino a Piazza Vigo, affacciata sulla Laguna, percorsa in lungo e in largo dai battelli per Pellestrina e Venezia. Sulla piazza, una colonna è sormontata da un leone, esattamente come a San Marco, ma per le ridotte dimensioni della scultura è soprannominato, con un pizzico di ironia da parte degli stessi chioggioti, “Gato de Ciosa”, gatto di Chioggia. Si supera poi il Ponte di Vigo, non senza pensare almeno per un istante che sembra Ponte di Rialto, e una volta attraversata la trecentesca Porta Garibaldi, si giunge davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, solo uno degli edifici religiosi che costellano questa bella “Città d’Arte”.

L’effetto de jà vu è ovunque, anche se Chioggia ha saputo conservare la sua identità. Per esempio, nella forte tradizione gastronomica legata alle anguille, e nel Palio de La Marciliana, rivisitazione storica che si svolge ogni anno la terza settimana di giugno, per rievocare le continue guerre avvenute nel Trecento fra la Repubblica della Serenissima e di Genova per l’egemonia sugli scali commerciali. Il palio dura tre giorni, in cui per le strade del centro avviene di tutto: spettacoli di balestrieri, tornei e giostre di cavalieri, oltre a un corteo con oltre 500 figuranti in costume.
Un modo decisamente molto rilassante per chiudere una vacanza su questi lidi la offrono i 7 km di pista ciclabile che cingolo la Laguna di Lusenzo, fra Chioggia e Sottomarina.

Pedemontana veneta e Colli

Una lunga teoria di rilievi collinari più o meno accentuali disegna la cosiddetta fascia della Pedemontana Veneta, cuore della Regione Veneto non solo a livello di estensione geografica, ma anche storico-culturale. Qui si incontrano infatti varie province, arricchendo ciascuna questo itinerario delle proprie specchiate peculiarità. Dici Verona e non puoi non pensare alla Val d’Illasi e Soave, terra di vigneti potenti, Amarone in testa, seguito dal Soave, di nome e di fatto, che arrivano a lambire ad ovest le sponde del Lago di Garda e a nord i Monti Lessini.

Poco più a sud, si sconfina nella provincia di Padova, ed ecco i Colli Euganei, territorio in cui ci si immerge con la consapevolezza di incontrare borghi murati, castelli antichi e le benefiche acque delle sue molte sorgenti termali. Si risale verso nord per virare a est, ed ecco Vicenza, il cui nome evoca immediatamente la sontuosità del circuito delle Ville Palladiane, capolavori progettati dalla mente eccelsa del Maestro dell’Architettura Andrea Palladio, dal ‘500 in poi modello di gusto e stile Made in Italy che tanto influenzò anche i vicini Signori della Serenissima che da lì a poco avrebbero fatto della Riviera del Brenta uno straordinario palcoscenico per le loro sontuose dimore. Vicenza è anche la città e la provincia dell’alta oreficeria, dei mobili in stile di Bassano del Grappa, dei vini dei i Colli Berici, della Valle dell’Agno e del Chiampo, delle medievali Schio e Thiene, della Valle dell’Astico e del Posina fino a Marostica, la “città della scacchiera”.

Infine, Treviso e la Trevigiana, con Asolo e il Monte Grappa, Montebelluna e il Montello, ma soprattutto la Valdobbiadene, con il suo saliscendi di colline ammantate di vigneti, che vanno a chiudere in gloria la Pedemontana Veneta, fra abbazie, pievi, borghi antichi cui brindare con un calice di Prosecco Doc.

Dolomiti – sito UNESCO

Parlare di Dolomiti vuol dire parlare di tre Regioni – Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia – e cinque province – Belluno, Bolzano, Trento, Udine e Pordenone – ma il 70% di esse si trova in territorio bellunese. Il 26 giugno 2009, giorno della proclamazione delle Dolomiti a Patrimonio dell’Umanità per il loro valore estetico e paesaggistico e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico, è stato quindi come dichiarare che la provincia di Belluno è un bene da proteggere, che ha in sé un’unicità che va preservata per le generazioni future.

I Monti Pallidi, questa una delle definizioni che si danno delle Dolomiti, non sono un’ininterrotta catena di cime, bensì nove diversi sistemi montuosi separati fra loro da vallate, fiumi, altre montagne, che messi insieme raggiungono la ragguardevole superficie di 142 mila ettari.

Venezia – sito UNESCO

C’è qualcosa che non sia già stato detto o scritto di Venezia? Con la complicità dei social, forse si può dire che non c’è angolo, calle, campiello o canale della città e della Laguna che non sia stato messo in “piazza”. Perché Venezia è Venezia, anche se in giro per il mondo ne esistono almeno un paio di copie – vedi l’hotel di lusso a Las Vegas – e perché Venezia non avrebbe neanche avuto bisogno del riconoscimento dell’Unesco a Patrimonio dell’Umanità per dimostrare la sua sfacciata unicità. Sono più di 100 le isole che la accolgono, sorreggendo con i palazzi il peso della storia. Rinascimento e Gotico, Romanico e Neoclassico convivono e si sfidano specchiandosi su Canal Grande, stringendosi attorno a chi passa in gondola o taxi boat nelle sue derivazioni minori.

Il Carnevale a febbraio, la Mostra del Cinema a settembre, le esposizioni d’arte di Palazzo Ducale, Palazzo Grassi, Museo Correr, Mocenigo, Ca’ Rezzonico o della Galleria Peggy Guggenheim che diventano irrimediabilmente l’evento cui andare. E la Biennale, attesa e affollata di più a ogni edizione, e dal 1895. Serve parlare qui della bellezza di Ponte Rialto, di Piazza San Marco con il Duomo che brilla di luce propria e di tutto ciò che gli gravita attorno? Per capire cosa vuol dire visitare Venezia, basta dire che già ai piedi della scalinata della Stazione di Santa Lucia, in una chiesa che quasi passa inosservata e non è certo segnata fra le tappe imperdibili, c’è un Tiepolo, lì, in una delle cappelle laterali. Accade solo a Venezia. Poi, già che da qui sono comodi, si può prendere il vaporetto e partire verso le isole della Laguna, Murano, Burano, Torcello, Sant’Erasmo… Ognuna un piccolo mondo a sé.

Città tardo-barocche

Nel 2002, le città tardo barocche della Val di Noto sono diventate un bene protetto dall’Unesco. Un momento che ha segnato un nuovo capitolo nella storia della Sicilia, riconoscendo l’eccezionale valore universale al patrimonio artistico e architettonico di fine XVII secolo.

Nelle notti del 9 e dell’11 gennaio 1693, 54 città e paesi, più altre 300 località minori, furono duramente colpite da un devastante terremoto che causò la morte di circa 100.000 persone. A quel tempo la Sicilia era ancora sotto il controllo spagnolo l’aristocrazia locale, che contava la bellezza di 288 casate nobili, era in gran parte autonoma, chiusa in una sorta di sistema feudale. Essa possedeva la quasi totalità della terra ed era governata dal Vicerè Giuseppe Lanza, Duca di Camastra. Fu lui stesso che, all’indomani del sisma, diede subito il via ai lavori di ricostruzione, aprendo una stagione di grande fermento culturale. In breve, affluirono architetti da ogni dove, Roma compresa, arricchendo la Val di Noto e i territori limitrofi con gioielli architettonici.

Cosenza e la Sila Grande

Il tesoro perduto più ricco della storia sarebbe pari a venticinque tonnellate d’oro e centocinquanta d’argento. E dal 410 d.C. lo si cercherebbe nei dintorni e nel letto del fiume Busento, là dove Alarico, re dei Visigoti, diretto in Africa con questo prezioso carico, morì e fu sepolto. La leggenda vuole che ci abbiano provato in tanti a scovarlo, ma il mistero rimane, anche perché si narra che gli schiavi deputati allo scavo e alla deviazione temporanea del fiume, siano stati uccisi al termine dei lavori.

Il Busento nasce sul versante ovest del Monte Serratore, e una volta disceso a valle attraversa Cosenza, legata alla figura dello “stupor mundi”, Federico II di Svevia, che ne ampliò il castello normanno, ancora oggi simbolo del capoluogo calabrese, e città di nascita di uomini illustri come Tommaso Campanella e Bernardino Telesio, esponenti dell’Accademia Cosentina. Il centro storico è carico di storia e denso di edifici religiosi, fra cui spiccano il Duomo e il Convento di San Francesco d’Assisi, ma una volta giunti qui, vale la pena dedicarsi alla scoperta del vicino Parco Nazionale della Sila, 150.000 ettari di ricchezze naturali uniche nel loro genere.

Cosenza est: la costa Ionica e i fasti della Grande Sibari

Dall’VIII secolo fino al 510 a.C., anno della distruzione da parte della rivale Crotone, Sibaris-Copia fu la polis della Magna Grecia che dominò la pianura più estesa di tutta l’odierna Calabria, a sud dell’altopiano della Sila e bagnata dal fiume Crati. Una zona florida e ricca, come rivelano i tre siti archeologici, dai nomi piuttosto bizzarri: Parco del cavallo, Prolungamento Strada e Casabianca.

Oggi quest’area comprende importanti Comuni al suo interno. Rossano, per esempio, dove cultura e sapori risentono ancora dell’antica influenza magno greca, definita “la bizantina” per i suoi molti tesori, primo fra tutti il Codex Purpureus Rossanensis, l’antico evangeliario dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e conservato nel locale Museo Diocesano. La sua fama è alimentata però anche dalla produzione di pregiati agrumi, come la clementina I.G.P., e di liquirizia DOP, ritenuta la migliore al mondo. Anche la pesca dà i suoi frutti, in particolare con il novellame, la sardella calabrese, detta anche il caviale calabrese.

Costa degli Dei

Con un nome così, Costa degli Dei, le aspettative sono tante, e tutte ben riposte. Il tratto di litorale calabrese che va da Nicotera a Pizzo Calabro è un po’ l’orgoglio della provincia di Vibo Valentia, per il susseguirsi di lunghe spiagge bianche e scogliere frastagliate con piccole cale raggiungibili solo a piedi o in barca. Un vero paradiso per chi ama vivere il mare in versione wild, sia fuori che dentro l’acqua: sotto la superficie si nascondono infatti fondali meravigliosi, popolati da colonie di pesci e gorgonie.

L’espressione “dedalo di viuzze” trova una perfetta concretizzazione fra gli stretti vicoletti di Pizzo Calabro, arroccato su un promontorio a picco sul mare. Sul punto più alto sorge il Castello di Gioacchino Murat, dove il sovrano trascorse gli ultimi giorni prima di essere fucilato, mentre in una grotta a livello del mare c’è la Chiesetta di Piedigrotta, popolata di statue realizzate da un artista locale di cui vale la pena scoprire la storia.

Anche Tropea si divide fra la parte antica arroccata su uno sperone di roccia e quella inferiore, La Marina, a ridosso del piccolo porto. Basterebbe questo per farne uno dei “Borghi più belli d’Italia”, ma poi ecco quel quid in più, la suggestiva Chiesetta dell’Isola, scrigno di splendide opere messe al sicuro in cima a un promontorio circondato dal mare.

Nel Comune di Ricàdi, la località di riferimento è di certo Capo Vaticano, nota per le belle spiagge e il mare cristallino con fondali ricchi di fauna ittica, un anticipo di ciò che si ritrova a Zambrone, soprannominato il “paradiso dei sub”. La magia della Costa degli Dei continua così in un alternarsi di scogliere a strapiombo, riviere sabbiose, grotte e spiaggette isolate, sempre e comunque immerse in una natura rigogliosa e selvaggia.

Una sintesi perfetta di queste caratteristiche la offre Parghelia, località balneare fra le più gettonate di questa zona del Tirreno diventata famosa per la spiaggia della “Pizzuta”, con curiosi pinnacoli di roccia granitica che si innalzano dal fondale. Dettagli “pungenti” come alcuni prodotti locali, vedi la Cipolla Rossa di Tropea, la ‘Nudja di Spilìnga e il Pecorino del Monte Poro.

Eugubino Alto Chiascio

In una terra dove l’espressione “bottega artigiana” ha ancora un senso vivo e autentico legato al volto di fabbri, intagliatori del legno, ceramisti, ricamatrici, librai, orafi e così via, il contesto storico-architettonico non potrebbe che essere quello intatto del Comprensorio Gubbio e Altochiascio. Qui, in provincia di Perugia, fra la catena appenninica e la Valle del Tevere, nella realtà floro-faunistica unica del Parco Regionale del Monte Cucco, ecco Gubbio, ricordata già nel III secolo a.C., in lingua umbra, nelle preziose Tavole Eugubine, oggi conservate nel Museo Civico di Palazzo dei Consoli. La visita all’edificio è d’obbligo, sia per la vista che si gode sulla vallata dalla Piazza Grande, sia per la bellezza degli interni, perfetto punto di partenza per prepararsi a ciò che ci attende nel Centro Storico, arrivato a noi intatto dal Medioevo, quasi come fosse rimasto sotto una campana di vetro.
Si inizia dal punto più alto, dove si trova la Basilica di Sant’Ubaldo. La salita a piedi richiede fiato e gambe, ma in alternativa c’è la funivia Colle Eletto che si inerpica sul Monte Ingino, fino a 827 metri. Qui sono custodite le spoglie del Santo Patrono eugubino, e da qui ogni anno il 15 maggio prende il via la famosa Festa dei Ceri di Gubbio. Un rito cristiano cattolico ma con “inflessioni” pagane, in corso dal XII secolo e perciò considerata uno dei più antichi eventi folcloristici d’Italia. Fra un vicolo e l’altro, senza correre come i “ceraioli”, si scoprono poi Palazzo Beni, Palazzo del Bargello con la famosa fontana detta “dei Matti”, e Palazzo del Capitano del Popolo, fino alla solennità rinascimentale di Palazzo Ducale, con ogni probabilità progettato da Francesco di Giorgio Martini, architetto di fiducia dei Montefeltro. Una costante lungo il percorso sono le chiese, tante, tantissimi, fra cui spicca la Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo. Arrivati nella parte bassa dell’abitato, si arriva in Piazza Quaranta Martiri, ex mercato, su cui affaccia la Chiesa di San Francesco, legata alla famiglia degli Spadalonga, che secondo le cronache del Duecento “vestirono” San Francesco dopo la spoliazione dai beni terreni e l’abbandono della casa paterna. Fuori dalle mura, altri edifici sacri – la Chiesa di San Secondo, la Chiesa della Madonna del Prato e la Chiesa della Vittorina – e i resti dell’antica Ikuvium, teatro e mausoleo romano.

Sono solo probabili invece le origini romane di Costacciaro, sorto lungo la Via Flaminia, sempre nel Comprensorio Gubbio e Altochiascio. Oltre al Centro Storico con emergenze importanti quali i resti della Rocca del Càssero e della cinta muraria con la Torre Civica del XIII secolo, meritano una visita il “Borgo didattico” e il Centro escursionistico naturalistico e speleologico, ricavato nell’ex monastero delle Benedettine, e il Museo-laboratorio del Parco di Monte Cucco, nell’ex chiesa di San Marco evangelista. Due intelligenti esempi di riuso di luoghi devozionali, a favore della comunità e della natura. Proseguendo lungo la Via Flaminia, sorge Fossato di Vico, che pur nelle sue ridotte dimensioni – 2.600 circa gli abitanti – è diviso fra parte pianeggiante e Fossato Alto, quest’ultimo rimasto come nel Medioevo: bellissime le “rughe”, le vie coperte da volte a tutto sesto, il vecchio Palazzo comunale, la Torre dell’Orologio, la Torre merlata d’ingresso, la Chiesa di San Pietro di stampo cistercense, la trecentesca Chiesa di San Benedetto e il Monastero di Santa Maria del Fonte, dimora delle monache benedettine di clausura.

Gualdo Tadino, ex prefettura e colonia romana, nel corso della sua lunga storia si scontro con due delle più importanti figure dell’antichità: Annibale, che nel 217 a.C. la mise a ferro e fuoco, Cesare, nel 48 a.C., e Totila, re dei Goti, che proprio qui fu ucciso da Narsete, re dei Longobardi. Da questi fatti si capisce l’originaria funzione militaresca della Rocca Flea, eretta nel XII secolo e poi rivista da Federico II di Svevia, nel 1247. Senza alcuna esagerazione, è ancora oggi magnifica, perfetta nella sua nuova veste da sede del Museo Civico e della Pinacoteca, così come il resto del borgo, fra Duomo, Palazzo del Podestà, Torre Civica e Museo Opificio Rubboli, ricavato nell’ex manifattura ottocentesca di maioliche a lustro. Salendo poi sul monte Valsorda, prende quota la voglia di escursionismo e contatto con la natura, così come a Scheggia, Pascelupo e Sigillo, centri antichi sorti lungo la Flaminia, più volte distrutti e ricostruiti, che oggi trovano la loro dimensione più apprezzabile nel silenzio delle belle e romite abbazie benedettine e camaldolesi, e lungo i sentieri del Monte Cucco e del Monte Catria.

Infine, Valfabbrica, le cui origini si devono ai monaci benedettini che nel lontano 820 fondarono l’Abbazia di Santa Maria in Vado Fabricae. Il sito prescelto fu lungo il corso del Chiascio, mentre quello per il Castello, oggi completamente restaurato, la sommità di un colle che domina la vallata fra Gubbio, Perugia e Assisi.

Folignate Nocera Umbra

La provincia di Perugia, e in particolare il comprensorio turistico Folignate-Nocera Umbra, è una carrellata di piccoli borghi che sembrano usciti da un compendio di architettura medievale, dove il calendario è scandito da eventi e tradizioni che riportano a secoli fa.
Se ne ha un primo assaggio nel cuore del Centro Storico di Foligno, dove c’è un luogo che ha segnato la storia della letteratura italiana: Palazzo Orfini, nel 1472 sede della stamperia della prima edizione della Divina Commedia. Il viaggio dell’opera di Dante, che ha travalicato otto secoli, prese avvio da qui e ancora non è finito. L’edificio è facilmente individuabile: si trova in Piazza della Repubblica, davanti al Duomo e al Palazzo delle Canoniche e accanto a quello del Comune. Qui attorno sono numerosi gli edifici degni di nota: vedi i Palazzi Cantagalli, Deli, Alleori Ubaldi, Bartocci e Candiotti, quest’ultimo sede dell’Ente Giostra della Quintana. Già, la Quintana, una delle rievocazioni storiche più belle e sentite del Centro Italia, ispirato a un fatto di cronaca del 1613 e riproposta in tempi moderni a partire dal 1946, a giugno e settembre.

La Cavalcata di Satriano è invece l’evento che dal 1926 identifica Nocera Umbra: Un gruppo di cavalieri in costume d’epoca ripercorre l’ultimo viaggio fatto nel 1226 da San Francesco, da Nocera Umbra ad Assisi. Ideato dal podestà dell’epoca, coinvolse personaggi del calibro di Gabriele D’Annunzio e Guglielmo Marconi, cavalieri per un giorno in nome del “poverello di Assisi” poi Patrono d’Italia. Appena fuori dal Centro Storico si trova Bagni di Nocera, nota sin dai tempi antichi per le proprietà curative della sorgente Angelica.

Bevagna, fra i “Borghi più belli d’Italia”, si lascia scoprire con una rilassante passeggiata fra resti di epoca romana – templi, mosaici, mura, cisterne, colonnati e persino un teatro – e piazze e vie contornate di palazzi medievali suddivisi fra i quattro quartieri, detti Gaite: San Giorgio e San Giovanni, Santa Maria e San Pietro. La forbice temporale fra ciò che era alle origini e ciò che si vede oggi, risalente per lo più al Medioevo, ritaglia oltre mille e cinquecento anni di storia tutta lì da vedere. Accade la stessa cosa a Gualdo Cattaneo, conservato in modo impeccabile dai suoi cinquemila cittadini, orgogliosi di custodire vestigia preziose, fra cui spiccano la poderosa Rocca, eretta in soli quattro anni fra il 1494 e il 1498, e una serie di altri manieri appartenuti alle nobili famiglie del passato: Castello di Barattano, di Grutti, di San Terenziano, di Speltara e il Forte di Gregorio XIII, commissionata nel 1415 dal Papa in persona nella frazione Pomonte.

Il paesaggio del comprensorio del Folignate si identifica in due piante, vite e ulivo, che trovano il loro “portavoce” in Montefalco, borgo cui è legata la produzione di Sagrantino di Montefalco Docg e Montefalco rosso Doc. Inserito fra i “Borghi più belli d’Italia”, è considerato un vero punto di riferimento nel mondo dell’arte per la ricchezza e varietà di opere e monumenti conservati. Ne è simbolo il Complesso museale di San Francesco, articolato in tre spazi espositivi: l’ex chiesa, nota per il ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli, la Pinacoteca con dipinti di scuola umbra, e la cripta, scrigno di centinaia di reperti archeologici. Il resto del paese non è da meno, fra edifici religiosi e palazzi nobiliari impreziositi da affreschi di Maestri del Medioevo e del Rinascimento.

Terme, teatro, anfiteatro e mura di Spello sono invece di epoca romana, solida base su cui sono sorte nei secoli semplici case in pietra e palazzi aristocratici, committenti di molti tesori locali. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore si può per esempio ammirare la splendida cappella Baglioni decorata con affreschi del Pinturicchio, dipinti del Perugino e impreziosita da un pavimento in maiolica di Deruta. Il Palazzo che ricorda l’epopea della famiglia Baglioni è qui vicino, ed è da visitare insieme alla Biblioteca e all’Archivio storico del Palazzo Comunale.

Tra Foligno e Spoleto, ecco infine Trevi, altro luogo inserito fra i “Borghi più belli d’Italia”, arroccato su un colle che domina la Via Flaminia. Se il paesaggio ammantato di ulivi attorno incanta, lo fa anche ciò che si trova dentro le poderose mura, risalenti come molti resti di edifici al I secolo a.C. A fare da congiunzione fra “in & out” le mura è un magnifico viale alberato lungo 800 metri, che mette d’accordo tutti, appassionati di natura e arte. Pochi passi e si entra poi nel Complesso Museale di San Francesco, con la Raccolta d’arte di San Francesco e due distinte sezioni: la Pinacoteca con preziose tavole due-trecentesche di scuola umbra, e la sezione archeologica. Opere del Maestro del Rinascimento Federico Zuccari si ammirano invece nel Collegio Etiopico Pontificio, per poi passare ai giorni nostri nel Palazzo Lucarini Contemporary, centro per la produzione e promozione dell’arte contemporanea, nel cuore antico dell’Umbria.

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