Irpinia

Monasteri, abbazie e luoghi di culto fanno dell’Irpinia un territorio meta di viaggi dello spirito. La località di Ospedaletto d’Alpinolo, in provincia di Avellino, deve il suo nome al cospicuo numero di ostelli che nei secoli sono sorti attorno al Santuario di Montevergine per accogliere i tanti pellegrini devoti a Guglielmo da Vercelli, vissuto a cavallo fra XI e XII secolo. Il Santuario è un complesso monastico dedicato alla Madonna la cui storia, iniziata nel 1126 con la costruzione di una serie di celle fatte di solo fango e malta per accogliere i molti proseliti di Guglielmo, lo ha visto passare attraverso momenti di grande splendore ma anche di gravi difficoltà, per lo più economiche ma anche strutturali a causa di un incendio, fino a essere dichiarato Monumento Nazionale e a custodire segretamente la Sacra Sindone nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

I pellegrinaggi a Montevergine sono tuttora un fenomeno importante, tanto che arrivano a sfiorare il milione e mezzo di presenze all’anno. Un tempo, chi decideva di salire lungo il percorso che oggi coincide in gran parte con il Sentiero di Mamma Schiavona, era tenuto al digiuno o all’astinenza di carni, uova e formaggi. La tradizione prevedeva anche che a recarsi in pellegrinaggio fossero ragazze e donne nubili, promettendo alla Madonna di tornare l’anno successivo con lo sposo. Scendendo a valle, gli uomini dovevano invece compiere la “recanata”, una corsa su carri, accompagnati dai canti delle mogli.
Un’altra festività molto sentita è quella della Candelora, coincidente con il 2 febbraio, che ricorda un episodio datato al 1200: una coppia di amanti omossessuali fu scoperta e imprigionata in lastre di ghiaccio, che per intercessione della Vergine si sciolsero grazie a un improvviso raggio di sole, permettendo ai due di scappare. Da allora, il Santuario è considerato un luogo di culto anche per i gay, che ogni 2 febbraio celebrano la Mamma Schiavona, o “juta dei femminielli”, con le “tammurriate”, le tradizionali danze locali.

Una volta giunti fin qui non si può omettere una visita anche alla vicina Abbazia del Loreto, residenza invernale dei monaci benedettini di Montevergine, soprattutto per la Biblioteca, custode di preziosi incunaboli e manoscritti, e per la Farmacia, dove si conserva una collezione di maioliche antiche degne di un museo.

Di eventi prodigiosi o presunti tali si narra anche in altri due luoghi sacri della zona. Piccola ma dall’atmosfera mistica per la presenza di una grotta naturale dalla quale trasudano acque ritenute “miracolose” è la chiesetta rurale di San Silvestro Papa, nei pressi di Sant’Angelo a Scala. Qui, a generare la fama delle proprietà terapeutiche delle acque è la leggenda riguardante la guarigione di Costantino per intercessione di Papa Silvestro. Il Santuario di Santa Filomena a Mugnano del Cardinale custodisce invece le reliquie della Santa, meta di migliaia di pellegrini carichi di devozione in cerca di un aiuto celeste. La bellezza dell’edificio, eretto nel 1641, merita comunque una visita: splendida la cupola sormontata da una piccola torre cilindrica e da due torri quadrate gemelle.

Irpinia

La toponomastica è una scienza esatta. La località di Ospedaletto d’Alpinolo, in provincia di Avellino, deve il suo nome al cospicuo numero di ostelli che nei secoli sono sorti attorno al Santuario di Montevergine per accogliere i tanti pellegrini devoti a Guglielmo da Vercelli, vissuto a cavallo fra XI e XII secolo.
Il Santuario è un complesso monastico dedicato alla Madonna la cui storia, iniziata nel 1126 con la costruzione di una serie di celle fatte di solo fango e malta per accogliere i molti proseliti di Guglielmo, lo ha visto passare attraverso momenti di grande splendore ma anche di gravi difficoltà, per lo più economiche ma anche strutturali a causa di un incendio, fino a essere dichiarato Monumento Nazionale e a custodire segretamente la Sacra Sindone nel corso della Seconda Guerra Mondiale. I pellegrinaggi, tradizione molto radicata non solo in Campania ma anche in tutto il resto del Sud Italia, sono tuttora un fenomeno importante, tanto che arrivano a sfiorare il milione e mezzo di presenze all’anno.

Dal centro di Ospedaletto d’Alpinolo prende abbrivio l’itinerario detto Sentiero di Mamma Schiavona dedicato alla Madonna di Montevergine, meta che si raggiunge in circa 2 ore, a quota 1260 metri. Questo è solo uno dei tanti percorsi del Parco Regionale del Partenio: per organizzare un’escursione ci si può rivolgere all’associazione Irpinia Trekking o al WWF che qui gestisce due Oasi. In alternativa è possibile consultare la Mappa Escursionistica del Partenio – Alta Via del Partenio, nata dalla collaborazione tra la sezione di Avellino del CAI e la Comunità Montana del Partenio. Uno dei più significativi è il Sentiero Italia, che attraversa il Massiccio del Partenio da Mercogliano a S. Martino Valle Caudina, passando per la cresta dei Monti di Avella, punto di incontro di quasi tutti i 33 sentieri del Parco e, simbolicamente, di 4 Province e 19 Comuni.

Santa Maria della Rocca

Nella Chiesa di Santa Maria della Rocca a Offida si legge in chiaro la storia di questo borgo dell’ascolano, che in età longobarda aveva il suo cuore in un castello con annessa una piccola chiesa di proprietà di Longino D’Azzone, Signore offidano di origine franco-tedesca. Ciò che resta di quella piccola chiesa è oggi inglobato nella cripta dell’imponente Chiesa di Santa Maria, eretta nel 1330 dopo la demolizione del castello. Santa Maria sorge oggi in una posizione isolata rispetto all’abitato, e invita alla visita anche per il panorama che si gode dal suo sagrato.

Una volta dentro, si scende della cripta e si svelano i volti di Santa Caterina di Alessandria, di Santa Lucia e altri Santi affrescati sette secoli fa dal Maestro di Offida. Poi si risale e si percorre la singola navata della chiesa superiore, con lacerti di affreschi che fanno intuire la bellezza di un tempo. Sono opera del maestro milanese Ugolino di Vanne, mentre sul lato opposto si intravvedono una deposizione, una crocifissione e una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.

Palazzo della Signora – Museo Diocesano

A Montalto delle Marche, quando si parla della “Signora” ci si riferisce a Camilla Peretti, sorella di Felice Peretti, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V. In questo borgo incluso nel GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, tutto riporta a questa coppia d’eccellenza, che ha segnato un’epoca e la storia di Montalto degli ultimi cinque secoli. Oltre che architettonicamente, perché qui ogni piè sospinto c’è un monumento che rimanda ai Peretti. Sul lato nord della piazza centrale dedicata a Sisto V, si trova il “Palazzo della Signora eccellentissima donna Camilla”, poi sostituito dal Seminario, a sua volta diventato sede del Museo Diocesano Sistino Vescovile di Arte Sacra. Qui si conservano preziosi paramenti sacri, oggetti liturgici, antiche pergamene, reliquiari, dipinti e ritratti dei Vescovi della Diocesi di Montalto.

Nell’osservare l’impianto architettonico del Seminario l’attenzione non può non cadere sulla torretta con l’orologio, dove compaiono le iscrizioni ‘Il tempo è moneta’, aforisma di Thomas Mann, e ‘Prega e lavora’, l’ora et labora di San Benedetto da Norcia e A.M. D.G., Ad maiorem Dei gloriam, frase che si trova per la prima volta nei Dialoghi di San Gregorio Magno e che S. Ignazio di Loyola volle per la Compagnia di Gesù.

Chiesa Parrocchia Santa Felicita

In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum.

Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio la Chiesa Parrocchia Santa Felicita: preceduta da una scalinata monumentale, fu costruita la prima volta nel 1573 dalla Comunità dei Domenicani di Ascoli Piceno, ma ciò che si vede oggi risale al 1796 e si deve al progetto dell’architetto di Milano Pietro Maggi. Al suo interno la chiesa conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, mentre scendendo nella cripta si svela un ambiente chiaramente ispirato alla Grotta di Lourdes.

Cattedrale Basilica dei Ss. Gregorio e Margherita

Dal 1597 agli anni ’50 del Novecento, la Cattedrale Basilica intitolata ai Santi Gregorio e Margherita di Ripatransone non ha mai smesso di essere ampliata, modificata, ristrutturata.
Per realizzare la prima chiesa ci vollero 26 anni, dal 1597 al 1623, poi nel 1786 fu aggiunto il tiburio ottagonale, mentre facciata e campanile furono rivisti rispettivamente nel 1842 e alla fine dell’800 su progetto dell’architetto pontificio F. Vespignani. Quanto agli interni, le decorazioni pittoriche delle tre navate a croce latina sono dei fratelli Michelangelo e Marcantonio Bedini e risalgono alla fine degli anni ‘50. Molte altre sono però le opere da ammirare: il pulpito ligneo del ‘600 opera di D. Bonfini da Patrignone, l’altare in marmo del Poscetti di Roma, e due dipinti rappresentanti S. Gregorio Magno e la Natività, del ‘700. Splendidi anche il coro ligneo realizzato da Agostilio Evangelisti nel 1620, l’imponente statua di S. Gregorio Magno, il complesso pittorico del Bedini, il Crocefisso ligneo policromo donato, secondo la tradizione, da papa Pio V nel 1571, la Tela d’altare rappresentante Carlo Borromeo attribuita al Turchi detto l’Orbetto, del 1623, e la Pala d’altare opera di S. Ciannavei di Ascoli Piceno, dell’800.
In questo trionfo di arti e mestieri si inserisce un organo liturgico opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. Costruito nel 1773 per la Chiesa della Maddalena dei Frati Minori Osservanti fu poi traslocato insieme alla cantoria nel 1812.

Chiesa di San Filippo Neri

La Chiesa di S. Filippo e dell’Immacolata Concezione, ubicata tra via Consorti e via Margherita, fu edificata tra il 1680 e il 1722 su progetto dell’architetto romano Francesco Massari, allievo e collaboratore del Borromini, e portata a termine dall’architetto-pittore Lucio Bonomi che si occupò di curare la sobria immagine finale del tempio.
L’interno presenta una ricca decorazione architettonica in ori e stucchi, opera del milanese Mastro Tobia e del perugino Lorenzo Vibi. La chiesa fu realizzata a croce latina e ad unica navata con paraste corinzie che scandiscono le cappelle laterali centinate con volte a botte e un transetto particolarmente sporgente rispetto alla maggior parte delle chiese oratoriane marchigiane. L’altare maggiore risale al 1843 ad opera di Gaetano Ferri e presenta una statua dell’Immacolata mentre in precedenza ospitava il prezioso dipinto, probabilmente realizzato da Lazzaro Baldi, su disegno di Pietro da Cortona, oggi collocato sul transetto. Nella parte del transetto è possibile ammirare alcune tele di Ubaldo Ricci da Fermo (prima metà ‘700): la cappella dedicata a San Gaetano da Thiene, il San Francesco di Paola e la Madonna col Bambino e San Filippo, pala del monumentale altare in legno dorato della cappella sinistra del transetto.
Nella terza cappella a sinistra si trova l’unico altare marmoreo della chiesa che racchiude alcune reliquie di S. Filippo contenute in urne e in due busti del Santo; nella seconda cappella, eretta nel 1725 dalla famiglia Recco, è rappresentato il Transito di San Giuseppe. La cripta ospita dal 1996 il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana del medio Piceno.

Cattedrale di Santa Maria Assunta

L’1 maggio 1585, Felice di Peretto da Montalto, poi passato alla storia come Felice Peretti, viene eletto al soglio pontificio come 227° papa e prende il nome di Sisto V. Da quel momento, la storia del suo borgo natio, inserito nel GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, cambia, si evolve, cresce, a partire da quella della sua comunità cristiana che viene elevata dal neo papa a Diocesi, così come la Collegiata di S. Maria intus Civitatem viene dichiarata Cattedrale.

Della Cattedrale di Santa Maria Assunta si potrebbero raccontare le mille vicissitudini che hanno portato alla sua costruzione, a partire dai molti committenti e benefattori giunti qui perfino da altre parti d’Italia, primo fra tutti il modenese Girolamo Codebò, eletto quinto Vescovo di Montalto. Quello che è ben visibile a colpo d’occhio e che non ha bisogno di spiegazioni è l’imponenza dell’edificio, che con i suoi quasi 1.800 mq di superficie è fra i più grandi delle Marche e non solo. Un’importanza, di forma e di sostanza, sempre riconosciuta nei secoli, e che dal 1965 è stata portata alla dignità di basilica minore da Papa Paolo VI. Insomma, una meta d’obbligo per chi è diretto nell’ascolano, sulle tracce del Papa che a Roma lasciò opere importanti – a lui si devono per esempio il nuovo Palazzo Laterano, la Biblioteca Vaticana e il completamento della cupola di San Pietro – ma che non dimenticò mai la sua terra d’origine.

Badia di Morrona

Nella millenaria Badia di Morrona a Terricciola, in provincia di Pisa, oggi si parla di sostenibilità. La produzione di vino e olio ricavata dai 600 ettari che circondano la proprietà segue infatti i dettami dell’eco compatibilità, dei rispetto dell’ambiente che qui ha forte voce in capitolo. Siamo infatti nelle Terre di Pisa, caratterizzate da distese di colture agricole, in particolare di vite e olivo, da un paesaggio in cui la Badia di Morrona ha un posto importante dal 1089. A costruirla fu un ricco proprietario terriero, che trovò nei monaci dei fidi “collaboratori” che potevano gestire servi e braccianti assoldati per la cura dei campi.

La chiesa, in stile romanico e in pietra locale, è stata restaurata in modo da rispettarne il fascino mistico tipico del Medioevo. Lo si avverte in particolare nello splendido chiostro, da cui si accede al refettorio e al parco esterno, belvedere sulle verdi colline della Valdera.
Fra le curiosità di questo luogo c’è quella legata alla Madonna di San Torpé, conservata nella chiesa: l’opera è dedicata al martire cristiano che fu decapitato alla foce dell’Arno e giunto in modo misterioso sull’odierna spiaggia di Saint Tropez (da cui il nome della località francese).

La villa padronale, cuore del complesso monastico, risulta semplice nonostante la ricca collezione di pezzi d’arte di epoche diverse, che ne fanno una “casa-museo” sui generis: dai mosaici di epoca bizantina risalenti al V secolo d.C. ai cippi etruschi alle colonne in marmo, fino alle anfore romane ritrovate in mare.

Skip to content