Sestri Levante

Fra i tanti scrittori e poeti rimasti incantati da Sestri Levante c’è il danese Hans Christian Andersen, “vittima” pure lui del classico Grand Tour che nel 1833 lo portò a soggiornare per un periodo in questo angolo magico di Liguria. Al Maestro della letteratura d’infanzia si ispirò più di cento anni dopo il presentatore televisivo Enzo Tortora, ribattezzando una delle due anse di Sestri “Baia delle Favole”, contrapposta alla “Baia del Silenzio”, il cui nome si deve a un altro poeta, ligure questa volta, Giovanni Descalzo, che la chiamò così per la prima volta nel 1919. Non poteva dunque esserci location migliore di Sestri per il Concorso Letterario Premio Hans Christian Andersen, dal 1967 il più importante riconoscimento per l’editoria per i più piccoli.

Se già nell’800 Sestri Levante ammaliava era per il gran numero di monumenti e le atmosfere autentiche del suo Centro Storico. Guardando “solo” agli ultimi mille anni di storia, fu prima feudo dei Fieschi, conti di Lavagna, e dal 1100 della Repubblica Marinara di Genova, che vi costruì una fortezza difensiva. Attaccata dai Veneziani della Serenissima e saccheggiata dai pirati turchi e saraceni, ha sempre mantenuto inalterato il suo fascino, con lasciti come l’aristocratico Palazzo Fascie, sede del Musel – Museo Archeologico di Sestri Levante, il seicentesco Palazzo Durazzo-Pallavicini, la Chiesa di San Nicolò dell’Isola, del 1151, la Basilica di Santa Maria di Nazareth, del XVII secolo, e la Chiesa di San Pietro in Vincoli, edificata dai padri Cappuccini nel 1640.

Siena

Monteriggioni, Bagno Vignoni, San Gimignano, Montalcino, Montepulciano e San Galgano. La storia è stata generosa con le cosiddette Terre di Siena, che al culmine di questa kermesse di bellezze conservate da secoli, colloca Siena. Capoluogo perfetto nel ruolo di “guida” delle realtà “minori” che la circondano, Siena – dal 1995 entrata di diritto nel Patrimonio dell’Umanità Unesco – è un’ex colonia romana fondata ai tempi dell’Imperatore Augusto, ma che ha dovuto attendere per oltre dodici secoli prima di decollare. E’ solo con il Governo dei Nove, in carica dal 1287 al 1355, che la città si guadagna il suo posto nella storia di Toscana e non solo, regalandosi alcuni dei monumenti più belli giunti fino a noi, intatti e autentici: in primis Piazza del Campo con il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia, il cui profilo inconfondibile si scorge da lontano, insieme alla mole possente della Basilica Cateriniana di San Domenico e del Duomo, “vestito” di candido marmo che di giorno sembra illuminare la vallata attorno. Una città che nel suo essere antica conserva anche uno degli atenei più longevi del mondo, avendo fondato l’Università nel 1240 con le Scuole di Medicina e di Diritto, e diventando così oggi una delle città più giovani d’Italia per la nutrita popolazione di studenti che la frequentano.

Plurisecolare anche il Palio, di cui si hanno le prime notizie nel Duecento, ma che ha preso la sua forma attuale “solo” nel 1652. Con le due tornate fisse in calendario, il 2 e il 16 agosto, e tutte le fasi di preparazione che coinvolgono la città intera e le migliaia di turisti che accorrono da ogni parte del mondo per vedere uno spettacolo unico nel suo genere, soprattutto per il sentimento e la passione dei contradaioli.

Sila, presila e alto Ionio catanzarese

L’aria più pulita d’Europa si respira a Zagarise, in provincia di Catanzaro. Lo hanno detto recenti studi, che hanno valutato la qualità dell’aria, ovviamente, ma anche il microclima e la vegetazione della zona, particolarmente ricca e variegata. In effetti, chi abita a Zagarise – nella cui radice del nome c’è senz’altro il profumatissimo fiore della zagara, ossia dei pregiati agrumi calabresi – ha a disposizione le molte bellezze naturalistiche della Riserva naturale delle Valli Cupe. Il nome non è invitante, ma ciò che si vede sì. Situata ai piedi dell’altopiano silano, la riserva alterna cascate, boschi e monumenti geologici spettacolari, come per esempio il Canyon delle Valli Cupe, il secondo più alto in Europa, e nei dintorni quelli di Barbaro, delle Timpe Rosse, dell’Inferno, di Rupa, di Raga, di Melissaro e di Razzone e le Gole del Crocchio.

Fonte di valorizzazione del territorio sono anche i vari musei all’interno del parco: il Museo “Storia Economica di Sersale e della Sila Piccola”, il Museo del tempo e dello spazio –dotato di un planetario digitale, e il Museo dell’industria e del lavoro.

Inoltrandosi da qui verso la Sila, si incontra il borgo di Taverna, che ha in serbo alcuni piccoli tesori che non ci si aspetterebbe mai in un borgo di montagna: nel Medioevo, Taverna era il punto di riferimento per la produzione di velluti pregiati, e da qui partì uno dei più grandi artisti caravaggeschi del Seicento, Mattia Preti. Al figlio glorioso di questo angolo di paradiso è dedicata oggi una mostra permanente nel museo locale. Non solo. A pochi minuti dal centro, il paesaggio si apre su un bel lago artificiale, creato dalla vicina Diga del Passante, che fa da specchio al Museo della Scienza – Sila Science Park.

Spoletino

L’Umbria e l’olivo. Una storia che dura da millenni e che trova nel Comprensorio Spoletino, in provincia di Perugia, la sua area di massima concentrazione. Ha addirittura un nome: si chiama Fascia Olivata ed è un territorio prezioso, sia per la quantità e la qualità dell’olio prodotto, sia per aver ottenuto tre importanti riconoscimenti: è stata dichiarata dall’Unesco Paesaggio culturale evolutivo-vivente, è parte dei Sistemi del Patrimonio agricolo di rilevanza mondiale della Fao, ed è il primo territorio italiano ad essere inserito nel programma GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems.

Al centro del Comprensorio e della Fascia Olivata sorge Spoleto, la città che dal 1956 ospita il celebre Festival dei Due Mondi. Già da lontano si coglie l’atmosfera d’insieme, ferma all’epoca medievale, anche per la mole della trecentesca Rocca Albornoziana che incombe dalla cima del Colle Sant’Elia. Oggi la fortezza è sede del Museo nazionale del Ducato di Spoleto, e a collegarla alla città da quasi duemila anni c’è Il Ponte delle Torri, 230 metri di lunghezza e 82 di altezza, parte dell’altrettanto spettacolare Acquedotto di Cortaccione. Entrambi risalgono infatti al periodo romano, ed entrambi hanno suscitato nei secoli grande sorpresa – persino in Goethe che li cita nel suo Viaggio in Italia – per la qualità ingegneristica applicata a un’opera civile. Altra architettura spoletina che sorprende per le sue dimensioni è la Torre dell’Olio, che con i suoi 45,5 metri è le più alta della città. Curiosa la storia legata al nome: sarebbe chiamata così perché da qui veniva gettato olio bollente sui nemici che cercavano di entrare dalla sottostante Porta Fuga. La leggenda vuole che fra i nemici più durante colpiti da questa “tortura” ci siano stati Federico Barbarossa e Annibale. Moltissime, dunque, anche nel Centro Storico, le tracce che rimandano alla dominazione romana. Sotto il manto stradale di Piazza della Vittoria c’è per esempio il Ponte Sanguinario, formato da blocchi di travertino e in buono stato di conservazione, mentre l’Arco di Druso si trova sul sito dove un tempo transitava il tratto urbano della Via Flaminia. Dei moltissimi edifici religiosi, la Cattedrale di Santa Maria Assunta è sicuramente il più importante, nonché Monumento Nazionale: costruito nel XII secolo, il Duomo è decorato da un ciclo di affreschi di Filippo Lippi, e conserva un’opera del Pinturicchio e una scultura bronzea del Bernini. Nel Complesso monumentale di Sant’Agata, articolato in una serie di edifici, si possono scorgere anche i resti del Teatro Romano. Risalgono invece al periodo Rinascimentale o Barocco alcuni degli edifici aristocratici più belli: fra tutti, spicca il settecentesco Palazzo Collicola, dal 2000 location della Galleria d’Arte Moderna “G. Carandente”, punto di riferimento per l’arte contemporanea a livello nazionale.

Alle spalle di Spoleto si sviluppa il Bosco sacro di Monteluco, dove nel 1218, attorno alla cappellina-oratorio che spesso ospitò il “poverello di Assisi”, è stato innalzato il Santuario di San Francesco. Qui si ha la summa di ciò che significa vivere nel Comprensorio Spoletino: arte, spiritualità e natura fuse insieme. Un altro esempio è il Tempietto del Clitunno, nei pressi di Campello sul Citunno, eretto nel V secolo d.C. e riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco come parte del sito seriale “I Longobardi in Italia: i luoghi del potere”. Come sul Monteluco, sono i lecci la pianta “madre” di fitte foreste da esplorare lungo i percorsi tracciati. Altra meta adatta al trekking, a piedi e in MTB, è il Monte Martano, massiccio montuoso dell’Appennino umbro-marchigiano.

Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana

In tutta Italia, i prodotti certificati DOP e IGP sono una cosa seria, tanto che in Toscana, realtà che forse più di altre ha fatto del turismo enogastronomico un suo vessillo, le Strade cosiddette del Vino, dell’Olio e dei Sapori sono state le prime del Paese a riunirsi in una Federazione, sin dal 2001, creando una sede di rappresentanza nel borgo di Montespertoli, in provincia di Firenze. Da qui, prendono abbrivio progetti di promozione delle eccellenze del territorio capaci di farle letteralmente arrivare in ogni angolo del mondo, instillando così il desiderio di godere di persona, prima con lo sguardo e poi con il palato, di tanta bellezza e bontà.

Per intraprendere uno di questi 20 percorsi che attraversano tutta la Regione basta però tenere gli occhi aperti lungo le provinciali o le mille strade bianche che “ricamano” le inconfondibili colline della Toscana: il territorio è infatti disseminato dei tipici cartelli marroni che identificano tali itinerari, in un saliscendi continuo fra viali di cipressi, distese di filari di vite e uliveti punteggiati di nobili castelli, torri, pievi, abbazie e cascine in pietra color dell’ocra dove è lecito sognare una vacanza di puro relax. Un insieme che sembra uscito da un quadro d’altri tempi, che regala la piacevolezza di panorami unici, da incorniciare in una foto, in un ricordo.

Le tappe segnalate lungo le Strade – agriturismi, aziende agricole, musei dedicati a culture antiche e botteghe artigiane – sono un invito a fermarsi, a respirare a pieni polmoni, a conoscere chi ogni giorno si dedica con passione alla terra, coltivando vini autoctoni e olio che il mondo ci invidia, e con essi gli altri molti prodotti, spesso tutelati dai rigorosi disciplinari dei Consorzi o riconosciuti come DOP o IGP. Abbondanza di sapori che, tradotta in numeri, ad oggi conta ben 30 di queste eccellenze certificate, fra 15 DOP e 15 IGP Made in Tuscany.

Torino e Area Metropolitana

Per apprezzare Torino la si deve guardare dall’alto, con una visione un po’ aristocratica che si può concedere alla città che fu prima capitale d’Italia e motore del Risorgimento. Lo si può fare, ad esempio, dalla terrazza posta a 90 metri dal suolo che si apre alla base della cupola della Mole Antonelliana, simbolo della città dal 1863, che con il pinnacolo alto 167,5 metri è uno dei monumenti in pietra più alti d’Europa.

Dall’alto Torino offre un vero e proprio spettacolo, a partire da quell’incredibile concentrazione di storia e arte che sono il Castello, Palazzo Madama e Palazzo Reale, cuore del Regno dei Savoia e poi d’Italia, insieme alla prima sede del Senato, oggi glorioso Museo del Risorgimento, Palazzo Carignano in Via Accademia delle Scienze, alle spalle del Museo Egizio, il secondo al mondo dopo quello del Cairo.

E ancora, spiccano fra i tetti del Centro Storico la guglia del Duomo accanto alla cupola della cappella che da quattro secoli custodisce la Sacra Sindone, e sulle rive del Po la mole della Chiesa della Gran Madre, una sorta di Pantheon traslato sul Grande Fiume, e il Parco del Valentino con il Castello del Valentino, ex residenza sabauda in città, prestigiosa sede del Dipartimento di Architettura del Politecnico di Torino. La sua facciata in stile classicista, tipico del periodo barocco, lascia immaginare i fasti di un’epoca che ha lasciato alla città e al suo territorio una grande eredità.

Questo edificio, insieme a Villa della Regina, situata lungo la strada che sale verso la Basilica di Superga, e alle altre dimore sabaude dispiegate attorno a Torino, fa parte del circuito detto “Corona di Delizie”, dal 1997 tutelato come Patrimonio dell’Umanità. Un giusto riconoscimento per la Palazzina di caccia di Stupinigi, per il Castello di Rivoli e di Racconigi, per quello di Agliè, fino alla Venaria Reale e al Castello della Mandria. Torino, insomma, capitale di poli universitari, artistici, turistici, scientifici e culturali d’Italia, circondata dalla Riserva della Biosfera Collina Po, altro sito Unesco, e abbracciata dalla corona delle Alpi.

Trasimeno

Duemila e più anni di storia, in un’incredibile alternanza di culture ed epoche diverse, si riflettono nelle acque del Parco Regionale del Lago Trasimeno, il più grande dell’Umbria. Il primo capitolo di questo immenso libro di storia en plein air è Castiglione del Lago, le cui origini etrusche si leggono ancora nonostante le molte stratificazioni su cui mise il suo sigillo anche Federico II di Svevia, che nel XIII secolo riedificò la fortezza del borgo ribattezzandola Castello del Leone, in seguito sede del marchesato e del ducato dei Della Corgna. Sorte movimentata anche quella di Città della Pieve, la potente Castrum Plebis che nel suo Centro Storico alterna elementi di ogni gusto ed età, dai resti di epoca etrusca fino a risalire i secoli e ad approdare alle architetture di gusto barocco, rococò e neoclassico.

Il Castello dei Cavalieri di Malta di Magione ha una storia a dir poco unica nel suo genere che vale la pena raccontare. Costruito nel XII secolo come ospedale per i pellegrini in viaggio da Roma a Gerusalemme, divenne poi una fortezza che nei secoli ospitò papi e personalità. Il Machiavelli ambienta qui la celebre congiura ai danni di Cesare Borgia, e nelle sue cantine in mattoni rossi c’è sempre qualcuno che ne rievoca i fatti. Oggi, sotto quelle volte riposano e si degustano i vini di un’azienda agricola dedita alla produzione di un rosso etichettato Colli del Trasimeno Doc e di olio extravergine. Magione è il punto di riferimento anche per chi vuole praticare birdwatching e conoscere meglio l’ambiente lacustre: qui si trovano il Centro visite del Parco e dell’Oasi naturalistica “La Valle”, il Centro di documentazione del Trasimeno, una stazione di inanellamento degli uccelli, alcuni osservatori e il Museo della Pesca di San Feliciano.

Paciano, che con meno di mille abitanti è uno dei Comuni più piccoli d’Italia, grazie alle sue tre porte e alla cinta muraria è riuscito a difendere per secoli la sua microrealtà, come pure Panicale, che deve la sua inespugnabilità alla pianta a cerchi concentrici stretti attorno al castello. Sono così arrivati intatti a noi la bella Collegiata di San Michele, il Palazzo del Podestà, il Complesso del San Sebastiano, immerso nella tranquillità di un parco e con due splendidi affreschi del Perugino. Vero unicum è il Museo del Tulle, allestito nell’ex chiesa di Sant’Agostino, dedicato alla memoria di una panicalese molto più che operosa, Anita Belleschi Grifoni, cui si deve il recupero di un tipo di ricamo su tulle denominato “Ars Panicalensis”, mentre in un’ex fabbrica di vetro di Piegaro è il Museo del Vetro a raccontare storie di tradizioni antichissime, di viaggi e commerci accaduti ai tempi dei Fenici.

Qualche ricordo scolastico lo suscitano pure Passignano e Tuoro sul Trasimeno, là dove nel 217 a.C. avvenne la famosa battaglia fra le truppe romane e cartaginesi di Annibale. In particolare, nei dintorni di Tuoro si sviluppa un percorso archeologico che tocca i luoghi dello scontro. Nonostante i successivi passaggi di Goti, Longobardi, Bizantini e di vari Signori e vassalli, entrambi i borghi hanno mantenuto un aspetto medievale, che si apprezza ancora di più in barca, a bordo dei battelli che fanno la spola verso due delle tre isole del Lago Trasimeno. L’Isola Maggiore, con il suo borgo di pescatori, e l’Isola Polvese, dal 1973 Parco Scientifico-Didattico per la ricca flora e fauna.

Tuderte

Lungo la Strada Provinciale Tuderte la mano dell’uomo è ovunque, nella natura, lavorata e addomesticata con viti e ulivi disposti ordinatamente sui crinali dei colli, e nei borghi, appollaiati sui promontori per scrutare la valle. Al centro di questo “sistema”, Todi, l’antica Colonia Julia Fida Tuder, che all’interno delle tre cerchia di mura concentriche mostra tutto ciò che ha saputo difendere: il volto umbro-romano delle origini, e medievale poi, corrugato di viuzze strette e irte che si arrampicano fino a Piazza del Popolo. Ci vogliono fiato e buone gambe per arrivarci, ma ne vale la pena, perché ad attenderci ci sono il Palazzo del Popolo, detto anche Palazzo Vecchio, il Palazzo del Capitano, o Palazzo Nuovo, e in cima a una ripida scalinata, il Tempio di San Fortunato, notevole esempio di stile gotico umbro. Nella cripta trovano spazio le spoglie del frate-poeta Jacopone da Todi e quelle dei santi protettori della città, ben cinque: Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana. Ai margini del borgo sorge invece la Chiesa di Santa Maria della Consolazione, Rinascimento puro nelle linee, grazie al tocco del Bramante che diede avvio al progetto nel 1508.

Bisogna andare invece a Collazzone per leggere di quella notte di Natale del 1306 in cui Jacopone da Todi sarebbe morto nella cripta del Convento di San Lorenzo, dal 1227 benedettino, e poi dal 1236 francescano. Tutto attorno al Convento si sviluppa il borgo, con un’architettura militare tipica dell’epoca longobarda, fra terrapieni, contrafforti, torrioni e strette vie in cui ci si ritrova ad osservare piccoli dettagli, vasi di fiori a decorare terrazzini e davanzali, portali in pietra scolpita, lacerti di affreschi su palazzi un tempo nobiliari.

Per le strade di Fratta Todina, il restauro di edifici antichi ha preso piede, ed ecco allora rinata una parte delle mura castellane, il Palazzo Vescovile del Seicento e la Chiesa Parrocchiale edificata nel 1654 dal cardinale Altieri di fronte al palazzo di famiglia,
l’opera architettonica più imponente e fastosa del paese, con una galleria affrescata e una deliziosa loggia. A Massa Martana e a Marsciano non c’è una pietra fuori posto. Qui, monumenti, palazzi, edifici religiosi e civili sono tornati come una volta. A Marsciano in particolare si notino la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista, patrono della città, con un bel dipinto della scuola del Perugino, il Palazzo Comunale, costruito nel 1871, il Teatro della Concordia, gli edifici in stile liberty e lo splendido Palazzo Battaglia, e la porta d’accesso chiamata Porta Vecchia, interamente ricostruita. Il Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte, con varie sedi nel territorio fra siti di produzione e laboratori, permette poi di ripercorrere lo sviluppo di questa antica tradizione locale. Una delle sedi è nel Centro Storico, a Palazzo Pietromarchi, residenza trecentesca della famiglia dei Conti Bulgarelli di Marsciano, dove sono esposti oggetti e opere di varie epoche.

Chiude questo itinerario tuderte Monte Castello di Vibio, che a dispetto del suo nome e del gran numero di manieri della zona, non ha un castello vero e proprio, ma solo una torre sopra la Porta di Maggio. Per chi ama collezionare luoghi da Guinness, qui si trova il teatro più piccolo del mondo, con solo 99 posti suddivisi fra palchi e platea. E’ il Teatro della Concordia, realizzato nel 1808 per iniziativa di alcune famiglie abbienti che volevano creare un luogo di divertimento in paese.

Turismo dell’Olio

Umbria polmone verde. Una definizione diventata nel tempo anche un claim pubblicitario capace di sintetizzare l’essenza di un intero paesaggio. A un’osservazione più attenta però, quel colore onnipresente ha le sfumature dell’argento, perché la splendida campagna umbra altro non è che una distesa di piantagioni di olivo, attività che dai tempi degli Etruschi a oggi non ha fatto che diffondersi sempre di più, come testimoniano le 28 mila aziende produttrici e gli oltre duecento frantoi. Un “motore” importante dell’economia, agricola ma anche turistica, che crea fra le varie parti in causa un sistema sinergico per la conoscenza del territorio e la sua promozione come destinazione.

Dopo gli Etruschi furono gli Antichi Romani a incrementarne la coltivazione, fino al I secolo d.C., quando sul mercato “globale” del Mediterraneo arrivarono da Spagna e Nord Africa prodotti a basso costo che fecero crollare produzione e vendita. Solo nel Medioevo, sulla spinta delle congregazioni religiose si ebbe un forte ritorno all’olivicoltura, che poi nel Quattrocento esplose in seguito a un decreto che obbligava gli agricoltori a impiantare ogni anno un certo numero di piante. Pratica ripresa nell’Ottocento su incentivo dello Stato Pontificio che aveva compreso le potenzialità di sviluppo dell’ ”oro biondo”.

Questo rapido “rewind” di oltre venti secoli di storia fa capire la grande importanza che questo prezioso frutto ha avuto nel plasmare paesaggio e tradizioni, che com’è ovvio immaginare, si riverberano nella cucina locale. Crudo o cotto, l’olio è un ingrediente basilare della dieta regionale, nella sua versione “mediterranea di campagna” di altissima qualità, grazie a metodi di coltivazione e trasformazione naturali e senza l’uso di sostanze chimiche che hanno portato al primo riconoscimento DOP d’Italia. Cinque le zone della DOP umbra: Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli Amerini, Colli Orvietani e Colli del Trasimeno, ognuna con le proprie caratteristiche peculiari, in alcuni casi adatte anche alla produzione di cosmetici e unguenti.

L’indiscussa bellezza del paesaggio umbro, plasmato dall’ulivicoltura ma non solo, è un invito alla scoperta di un altro genere di ricchezza, quella accumulata in numerosi borghi e città meta di pellegrinaggi religiosi ma anche di appassionati d’arte, che in entrambi i casi trovano qui ampia soddisfazione. Rilassanti trekking da fare a piedi, a cavallo o su due ruote, inframezzati da soste in agriturismi o affascinanti dimore storiche dove il relax ha il sapore di piatti antichi, esaltati da un sapere contadino di tutto rispetto. Magari da fare proprio con corsi di degustazione dedicati all’olio e a come sfruttarlo al meglio una volta tornati a casa.

Valdinievole

Il Nievole e l’Arno corrono parallelamente per un certo tratto, formando ciascuno la sua valle. Meno nota della vicina Valdarno, la Valdinievole, in provincia di Pistoia, ha dal canto suo molto da offrire: per prima cosa, 11 Comuni il cui territorio è interessato da sorgenti termali, natura rigogliosa e architetture medievali degne di nota. Inoltre, questa è la terra di Pinocchio, il burattino più famoso del mondo, e della “Svizzera Pesciantina”. Fra gli 11 Comuni c’è infatti Pescia, capoluogo storico della valle, che fra le sue frazioni ha Collodi, il paese dove trascorse l’infanzia l’autore delle Avventure di Pinocchio, Carlo Collodi. Il soprannome di “Svizzera Pesciantina” lo si deve invece a un altro personaggio che verso la fine del ‘700 trascorse qui alcuni anni. Era Simonde de Sismondi, ginevrino, che nel paesaggio delle dieci frazioni, dette “Castella di Pescia”, riconobbe alcuni elementi comuni con la sua terra d’origine: prati verdissimi, montagne irte e boscose, piccoli borghi medievali con castelli e torri di vedetta. Da qui, proseguendo verso Montalbano, si entra nella terra “vinciana”, legata alla figura del genio di Leonardo da Vinci.

Da secoli, la Valdinievole è anche nota meta di vacanze benessere, soprattutto per la presenza di due luoghi, Monsummano Terme e Montecatini Terme, fra le stazioni termali più note della Toscana. Di Monsummano non si può non vedere Grotta Giusti, enorme cavità sotterranea scoperta per caso nel 1849 e da allora sfruttata per la temperatura costante di 34° e un tasso di umidità del 90%, condizioni perfette per curare alcuni tipi di patologie respiratorie. Frequentata da sempre da personaggi illustri, la Grotta fu definita da Giuseppe Verdi, habitué delle terme, l’ottava meraviglia del mondo.

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