La Chiesa di San Giovanni Battista ad Acquasanta, in provincia di Ascoli Piceno, ha origini antichissime, che vanno indietro nel tempo di secoli, oltre l’anno 1039. Già a metà dell’XI secolo, infatti, l’edificio veniva donato ai monaci farfensi. Ciò detto, quanto si apprezza oggi risale invece a due interventi importanti fatti più di recente, ossia alla seconda metà del Settecento e nel 1895.
Per quanto ci si trovi in un piccolo centro, il processo di urbanizzazione ha toccato anche questa parte delle Marche: se infatti fino all’inizio dell’Ottocento la chiesa si trovava in una posizione isolata rispetto all’abitato, oggi ne è parte integrante, senza soluzione di continuità. Il suo campanile con quattro pinnacoli sommitali si fa notare un po’ ovunque, e una volta davanti alla chiesa se ne apprezza la semplicità dell’impianto, con portale in travertino e facciata interamente costruita in conci di pietra. Varcata la soglia, si nota il netto contrasto fra la sobrietà esterna e la ricchezza d’arredi distribuiti nell’unica navata, fra cui qualche opera di buona fattura a firma dell’artista ascolano dell’Ottocento Giulio Cantalamessa.
Dal 2002, il Monastero di San Benedetto in Valledacqua ospita una comunità di Monache Camaldolesi. Annesse al monastero ci sono 38 camere, dove ci si può immergere nella realtà della liturgia guidata dalla Congregazione Benedettina Camaldolese, in silenzio, preghiera e contemplazione di quanto Madre Natura ha regalato a questo fortunato lembo di terra situato fra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Il Monastero di San Benedetto in Valledacqua, Comune di Acquasanta, provincia di Ascoli Piceno, risale al 970 d.C. e nasce dai resti dell’antica Abbazia fondata alla fine del X secolo dai monaci di Farfa, di cui si conservano ancora splendidi affreschi. Il luogo è una tappa d’obbligo lungo il cosiddetto GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, un itinerario di trekking di 100 km che tocca piccoli borghi, eremi e castelli ai piedi del gruppo montuoso del Ceresa e dei Monti Gemelli.
Gregorio Petrocchini è stato uno degli abitanti più illustri di Montelparo. Appena eletto Cardinale, volle donare al suo paese un luogo di culto, la Chiesa di San Gregorio Magno, consacrata nel 1615.
La sua generosità non si fermò però qui: donò alla chiesa numerosi oggetti di culto, importanti reliquie e pure un considerevole lascito per i prelati che dovevano gestirla.
Buona parte di questa ricchezza andò però distrutta nel 1745 a causa di un incendio. Fra i pochi oggetti superstiti di quella tragedia ci sono ancora oggi i quattro altari laterali, i paliotti di manifattura romana e i quadri settecenteschi della Via Crucis, da attribuire alla bottega fermana del Troiani. Elemento di spicco sono pure le tre campane collocate nel campanile a vela, fra cui una datata al 1354 e proveniente dal Castello di Bucchiano.
A metà strada fra il Mar Adriatico e i Monti Sibillini, su un colle che guarda sulla Valle dell’Aso, si trova Montelparo, borgo medievale con una notevole presenza di chiese. Su Via Castello, un tempo area in cui sorgeva una fortezza difensiva, affaccia la quattrocentesca Chiesa di S. Michele Arcangelo, in precedenza intitolata a S. Angelo. Dei tre portali, quello centrale è gotico-rinascimentale e i due laterali cinquecenteschi, e aprono su un’unica navata che va a terminare su un presbiterio rialzato. Un tempo, i due portali laterali davano accesso uno all’Oratorio della Confraternita del SS.mo Sacramento, l’altro all’antico Monastero Benedettino, creando un complesso assai articolato che lascia intendere l’importanza di Montelparo, all’epoca centro religioso di spicco.
Della Chiesa di S. Michele Arcangelo meritano un’annotazione a parte gli affreschi del presbiterio, dovuti a maestranze dalmate del ‘400, oltre agli affreschi lungo le pareti laterali tra cui quello rappresentante il Mistero della Umana Salvezza attribuiti al Maestro Giacomo Bonfini da Patrignone. Gli affreschi, insieme al monastero e alla cripta, sono oggetto di un restauro, che punta a restituire la giusta importanza a questo pezzo di storia, del territorio fermano e dell’arte.
Dietro la sua semplicità architettonica, la Chiesa dei SS. Pietro e Silvestro a Montelparo nasconde una storia di oltre 8 secoli con alterne vicende. Una bolla papale del 1460 sanciva per esempio che dopo due secoli di vita, l’edificio doveva passare dalla proprietà del Monastero di S. Angelo Magno di Ascoli, che allora lo aveva affidato ad alcune monache, ai monaci della Congregazione Olivetana, che nel 1555 unirono alla Chiesa di S. Pietro de Roncone la chiesa rurale di S. Silvestro. Una volta varcata la soglia del portale gotico in pietra arenaria ci si ritrova in uno spazio unico, a una singola navata, che dà su una sagrestia disposta su due piani. E qui lo sguardo non può che soffermarsi su un ciclo di affreschi del XVI secolo di pregevole fattura.
Fra i tetti del borgo di Montelparo, in provincia di Fermo, si identificano numerose croci e campanili di edifici religiosi, costruiti tutti fra il XIII e il XVII secolo. Una delle più antiche è la Chiesa di Santa Maria Novella, consacrata nel 1383 ma già esistente alla fine del Duecento, stando ad alcuni documenti della Santa Sede riguardanti tributi e pendenze economiche, periodo in cui dipendeva dal Monastero Farfense di Santa Vittoria in Matenano. Come per la quasi totalità degli edifici del borgo, la facciata della chiesa è realizzata in laterizi, con un portale in pietra arenaria che apre su interni in stile neo-classico, dovuti a un rimodernamento del 1790. Sotto un soffitto definito da un’unica volta a botte, sono disposti dipinti su tela, su tavola, murali e affreschi, fiore all’occhiello della chiesa e di Montelparo.
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga da un lato e quello dei Monti Sibillini dall’altro. Nel mezzo, Acquasanta Terme, tremila abitanti che guardano dall’alto la Valle del Tronto, lambita dalla Via Salaria che conduce fino ad Ascoli Piceno, fra fitti boschi di castagni, abeti, faggi e querce. Una natura generosa, che trova il suo elemento più prezioso nelle fonti di acque termali, la cui presenza ha plasmato la storia stessa di Acquasanta Terme, contesa nei secoli da Longobardi, Franchi, e persino dai monaci benedettini di Farfa e dai vescovi-conti di Ascoli. Conosciute sin dall’antichità, le acque benefiche sono state definitivamente incanalate in un moderno complesso termale “solo” nel 1780: cure per le infiammazioni dell’apparato locomotore, antroterapia per l’apparato respiratorio, cure dermatologiche, fangoterapia, sedute rilassanti e trattamenti di bellezza. Benessere a 360 gradi, che si completa con l’escursionismo naturalistico e culturale, trovando sfogo in pregevoli monumenti quali per esempio la fortezza di Castel di Luco, realizzata nel XIV secolo lungo la Via Salaria, appena fuori dal borgo medievale di Paggese.
Acquasanta Terme offre inoltre numerosi appuntamenti culturali e gastronomici, che permettono di vivere a pieno le tradizioni del territorio. Ne è un esempio la Festa d’Autunno, una coloratissima mostra-mercato dei prodotti del bosco che si tiene annualmente la terza domenica di ottobre: le degustazioni di castagne e marroni sono il must, ma l’occasione è ghiotta per assaggiare molte altre prelibatezze gastronomiche, nel corso di una passeggiata per le vie del centro storico, animato anche da mostre fotografiche e spettacoli a tema.
Altro evento cult è il 10 agosto, la Festa di San Lorenzo, con la rievocazione storica in costume e la cena medievale nella piazza di Paggese. Numerosi gli happening di vario genere nei dintorni: la Sagra della Focarola, una tipica focaccia al forno, a Ponte d’Arli, e la Sagra del Fungo Porcino ad Ascoli Piceno, capoluogo che trova nella Festa di Sant’Emidio, il suo patrono, il suo momento più alto, con la celebre Quintana, cui Acquasanta partecipa con una delegazione.
Lago di San Ruffino, anno di “nascita” 1961. Si tratta infatti di un invaso artificiale, che crea ai piedi dei Monti Sibillini e a pochi minuti dal borgo di Amandola un’oasi naturalistica da vivere tutto l’anno. Il prezioso ecosistema acquatico di 260.000 mq di superficie comprende un bosco di roverella, boscaglie di impluvio e una fitta vegetazione composta di salici, ontani neri, pioppi bianchi, pioppi neri, pioppi tremuli e arbusti vicarianti. Sulle sponde è stato realizzato anche un allevamento di cervi, unici animali in cattività in un’area popolata da esemplari di tasso, istrice, faina, volpe e varie specie di rapaci, oltre a cinghiali e caprioli. Ricca anche l’avifauna di passo o nidificante: ecco dunque esemplari di airone bianco e cenerino, garzetta, gallinella d’acqua, svasso e anatidi di ogni genere.
Il nome dell’invaso si deve all’Abbazia dei SS. Ruffino e Vitale, antico luogo di culto romano non distante dal lago, che nelle sue molteplici stratificazioni identifica ancora un suggestivo ipogeo affrescato da monaci eremiti e una cripta.
Fra le tante case-torri e campanili del borgo marchigiano di Amandola, in provincia di Fermo, spicca il Torrione del Podestà, in cima al poggio di Castel Leone, l’antica Platea Comunis oggi nota come Piazza Alta, là dove si concentravano edifici civili e religiosi, in una sorta di Agorà medievale. Il suo aspetto lineare e compatto non lascia trasparire i numerosi interventi, datati al 1352, al 1518 e al 1547, anno in cui il Torrione del Podestà venne completamente ricostruito. Ultimo tassello ad arrivare fu, nel ‘700, il grande orologio al centro della facciata, proveniente dal campanile della Chiesa di S. Francesco.
Le tracce di una necropoli romana in contrada Celestrana non sono i più antichi nel territorio di Montelparo, nel fermano. Prima dei Romani, dall’VIII secolo a.C. in poi, lo avevano colonizzato i Piceni, ma secondo alcuni studiosi è ai Longobardi che si deve il toponimo, derivato da Elprando o Eliprando, condottiero longobardo che nell’alto medioevo costruì qui un castello. Di quel periodo si vedono ancora le tracce di tre cerchie murarie, dei bastioni difensivi e di quattro porte, che hanno custodito per secoli tesori come la Chiesa e il Convento di Sant’Agostino, la Chiesa di San Gregorio Magno, datata al 1615, e Palazzo Agostiniano, sede del Museo di Arte Sacra e della Mostra permanente “Gli antichi mestieri ambulanti”. L’esposizione contempla oltre quaranta biciclette, tutte perfettamente funzionanti, realizzate e adattate agli inizi del Novecento per diventare veri e propri strumenti per attività lavorative ambulanti.
Parlando di tradizioni, non si può non fare riferimento al ricco calendario di eventi che ripropone di anno in anno importanti momenti di aggregazione sociale, incentrati ora sull’enogastronomia ora sul credo religioso. Si vedano a gennaio la Festa di S. Antonio con degustazione tradizionale del baccalà, ad aprile la Rappresentazione in costume della “Via Crucis” per le vie del centro storico, a luglio la Festa di San Paolino e ritrovo degli ex-montelparesi e la Manifestazione il “Chiostro D’Oro”, rassegna di teatro dialettale, ad agosto la Sagra della polenta sulla spianatora, a settembre la Festa di Santa Maria in Camurano con la sfilata delle canastrelle e del pesce fritto, e la Festa di San Michele Arcangelo, e infine a novembre la Festa dell’Anziano e dei Combattenti e Reduci.