Per le strade di Offida, nell’ascolano, capita ancora di incontrare qualche anziana signora seduta davanti alla porta intenta alla lavorazione del tombolo. Sono le ultime ricamatrici dedite a un’arte vecchia di cinque secoli, risalente al XV secolo. Le prime a praticarla furono alcune donne dei ceti popolari, cui seguirono le comunità religiose e poi le famiglie aristocratiche, che incentivarono le famiglie femmine alla pratica di quest’arte. La svolta avvenne nel 1665, grazie all’arrivo delle suore Benedettine, che trasformarono il tombolo nel mestiere di massa a Offida e dintorni. Nei secoli successivi, la produzione di merletti fu così copiosa da guadagnarsi fama in tutta Italia e non solo, giungendo presso le più importanti corti del passato. Esemplari antichi si possono oggi ammirare nel Museo del Merletto a Tombolo situato nel Centro Storico di Offida.
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Santa Maria della Rocca
Nella Chiesa di Santa Maria della Rocca a Offida si legge in chiaro la storia di questo borgo dell’ascolano, che in età longobarda aveva il suo cuore in un castello con annessa una piccola chiesa di proprietà di Longino D’Azzone, Signore offidano di origine franco-tedesca. Ciò che resta di quella piccola chiesa è oggi inglobato nella cripta dell’imponente Chiesa di Santa Maria, eretta nel 1330 dopo la demolizione del castello. Santa Maria sorge oggi in una posizione isolata rispetto all’abitato, e invita alla visita anche per il panorama che si gode dal suo sagrato.
Una volta dentro, si scende della cripta e si svelano i volti di Santa Caterina di Alessandria, di Santa Lucia e altri Santi affrescati sette secoli fa dal Maestro di Offida. Poi si risale e si percorre la singola navata della chiesa superiore, con lacerti di affreschi che fanno intuire la bellezza di un tempo. Sono opera del maestro milanese Ugolino di Vanne, mentre sul lato opposto si intravvedono una deposizione, una crocifissione e una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.
Il carnevale di Offida “Lu bov fint” e “Li Vlurd”
Dal 17 gennaio, dedicato a Sant’Antonio Abate, al giorno delle Ceneri, nel borgo marchigiano di Offida si fa festa, celebrando il Carnevale in ogni sua forma. Il rituale inizia la “Domenica degli Amici”, che precede di due settimane il Carnevale, con la fanfara della “Congrega del Ciorpento”.
Le Congreghe animano il paese a ritmo di musica sempre più incalzante e la mattina del Giovedì Grasso ricevono in consegna, dal Sindaco, le chiavi della citt, gesto simbolico che sottolinea come, da quel momento, Offida è nelle loro mani. Sabato, domenica e lunedì si svolgono i “veglionissimi” presso Il Teatro Serpente Aureo, la mascherata dei bambini, la caccia a “Lu Bov Fint” (il bove finto), la festa in piazza che si conclude con la fantasmagorica sfilata dei “Vlurd”.
In particolare, il venerdì grasso è il giorno dedicato al bove finto, un rudimentale bove costituito da un’intelaiatura di legno e ferro, coperta da un panno bianco e portato a spalle da un paio di uomini, simulando in mezzo alla folla una sorta di corrida. Dopo il gran caos, con l’uccisione simbolica del bove torna la quiete.
I vlurd sono invece i fasci di canne imbottiti di paglia, accesi e portati a spalla da centinaia di uomini e donne mascherati. Il crepuscolo e l’atmosfera medievale di Offida creano una suggestione unica in tutto il borgo, fino a quando si arriva nella piazza centrale dove viene appiccato un grande falò, attorno al quale si svolgono balli sfrenati. Il Carnevale di Offida è rinomato in tutta la Regione e oltre, attirando turisti da ogni dove, coinvolti in un’autentica festa di popolo.
Chiesa Parrocchia Santa Felicita
In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum.
Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio la Chiesa Parrocchia Santa Felicita: preceduta da una scalinata monumentale, fu costruita la prima volta nel 1573 dalla Comunità dei Domenicani di Ascoli Piceno, ma ciò che si vede oggi risale al 1796 e si deve al progetto dell’architetto di Milano Pietro Maggi. Al suo interno la chiesa conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, mentre scendendo nella cripta si svela un ambiente chiaramente ispirato alla Grotta di Lourdes.
Borgo di Colli del Tronto
In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum. Secondo alcuni studiosi, sarebbe questo il luogo in cui Pirro sconfisse i romani. Vero o no, le suggestioni rimangono e piacciono agli appassionati di archeologia e storia.
Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio Villa Panichi, Villa Ercolani, Villa Mastrangelo, Villa Spreca e Villa Fonzi, e ovviamente la Chiesa Parrocchia Santa Felicita, del Settecento, che al suo interno conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, così come il musicista Antonio Lozzi. Da ricordare anche la tradizione più rinomata di Colli, quella dei “carradori”, artigiani che costruivano eleganti e solidi carri agricoli istoriati da pitture e strumenti per la lavorazione dei campi.
Acquasanta Terme: Fortezza di Castel di Luco
Nell’archivio della Cattedrale di Ascoli è conservato un documento che riconduce al borgo di Acquasanta, e da qui a Castel di Luco. La data riportata in calce è 1 Luglio 1052, il che fa di questo borgo incastellato dall’originale pianta rotonda un sito millenario. Il terremoto del 2016 ha purtroppo danneggiato parte della struttura architettonica del fortilizio, ma i lavori per il recupero della struttura originaria sono in corso e di certo questo pezzo di storia marchigiana tornerà presto ad accogliere ospiti nelle stanze ricavate nelle case coloniche che cingono il cuore di Castel di Luco. Un castello ferito ma ancora orgogliosamente in piedi, su un poggio in travertino dove, secondo alcuni studi, nell’antichità si trovavano alcuni altari sacrificali.
Chiesa di San Giovanni Battista
La Chiesa di San Giovanni Battista ad Acquasanta, in provincia di Ascoli Piceno, ha origini antichissime, che vanno indietro nel tempo di secoli, oltre l’anno 1039. Già a metà dell’XI secolo, infatti, l’edificio veniva donato ai monaci farfensi. Ciò detto, quanto si apprezza oggi risale invece a due interventi importanti fatti più di recente, ossia alla seconda metà del Settecento e nel 1895.
Per quanto ci si trovi in un piccolo centro, il processo di urbanizzazione ha toccato anche questa parte delle Marche: se infatti fino all’inizio dell’Ottocento la chiesa si trovava in una posizione isolata rispetto all’abitato, oggi ne è parte integrante, senza soluzione di continuità. Il suo campanile con quattro pinnacoli sommitali si fa notare un po’ ovunque, e una volta davanti alla chiesa se ne apprezza la semplicità dell’impianto, con portale in travertino e facciata interamente costruita in conci di pietra. Varcata la soglia, si nota il netto contrasto fra la sobrietà esterna e la ricchezza d’arredi distribuiti nell’unica navata, fra cui qualche opera di buona fattura a firma dell’artista ascolano dell’Ottocento Giulio Cantalamessa.
Abbazia-Monastero Farfense di San Benedetto in Valledacqua (Acquasanta)
Dal 2002, il Monastero di San Benedetto in Valledacqua ospita una comunità di Monache Camaldolesi. Annesse al monastero ci sono 38 camere, dove ci si può immergere nella realtà della liturgia guidata dalla Congregazione Benedettina Camaldolese, in silenzio, preghiera e contemplazione di quanto Madre Natura ha regalato a questo fortunato lembo di terra situato fra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Il Monastero di San Benedetto in Valledacqua, Comune di Acquasanta, provincia di Ascoli Piceno, risale al 970 d.C. e nasce dai resti dell’antica Abbazia fondata alla fine del X secolo dai monaci di Farfa, di cui si conservano ancora splendidi affreschi. Il luogo è una tappa d’obbligo lungo il cosiddetto GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, un itinerario di trekking di 100 km che tocca piccoli borghi, eremi e castelli ai piedi del gruppo montuoso del Ceresa e dei Monti Gemelli.
Chiesa di Santa Maria Novella Montelparo
Fra i tetti del borgo di Montelparo, in provincia di Fermo, si identificano numerose croci e campanili di edifici religiosi, costruiti tutti fra il XIII e il XVII secolo. Una delle più antiche è la Chiesa di Santa Maria Novella, consacrata nel 1383 ma già esistente alla fine del Duecento, stando ad alcuni documenti della Santa Sede riguardanti tributi e pendenze economiche, periodo in cui dipendeva dal Monastero Farfense di Santa Vittoria in Matenano. Come per la quasi totalità degli edifici del borgo, la facciata della chiesa è realizzata in laterizi, con un portale in pietra arenaria che apre su interni in stile neo-classico, dovuti a un rimodernamento del 1790. Sotto un soffitto definito da un’unica volta a botte, sono disposti dipinti su tela, su tavola, murali e affreschi, fiore all’occhiello della chiesa e di Montelparo.
Chiesa dei S.S. Pietro e Silvestro Montelparo
Dietro la sua semplicità architettonica, la Chiesa dei SS. Pietro e Silvestro a Montelparo nasconde una storia di oltre 8 secoli con alterne vicende. Una bolla papale del 1460 sanciva per esempio che dopo due secoli di vita, l’edificio doveva passare dalla proprietà del Monastero di S. Angelo Magno di Ascoli, che allora lo aveva affidato ad alcune monache, ai monaci della Congregazione Olivetana, che nel 1555 unirono alla Chiesa di S. Pietro de Roncone la chiesa rurale di S. Silvestro. Una volta varcata la soglia del portale gotico in pietra arenaria ci si ritrova in uno spazio unico, a una singola navata, che dà su una sagrestia disposta su due piani. E qui lo sguardo non può che soffermarsi su un ciclo di affreschi del XVI secolo di pregevole fattura.