Chiesa di Santa Maria del Soccorso

Giuseppe Attili fu un Maestro costruttore di organi del Settecento, fra i migliori della scuola di Montecarotto, nell’anconetano. Era nativo di Ortezzano, della provincia di Fermo, e qui si può ammirare uno dei suoi capolavori. Si tratta di un organo datato al 1751, conservato nella Chiesa di Santa Maria del Soccorso, la cui storia è frammentata nei secoli. Fino al 1450, qui c’era la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, poi sostituita dall’attuale edificio, ulteriormente ingrandito nel 1585 e nel 1759. Al 1956 risalgono invece la modifica del presbitero, ulteriormente allungato, e la nuova cappellina della Madonna.

La Chiesa di Santa Maria del Soccorso ha pianta a croce greca e deve il suo nome a un affresco che adorna una delle cappelle laterali: datato al 1323 e ad opera del monaco benedettino Giacinto di Morro di Valle, raffigura Santa Maria delle Grazie e i Santi Gerolamo e Maria Maddalena, il tutto a memoria della chiesa precedente scomparsa. Altre opere da ammirare sono una via Crucis di scuola romana e di ottima fattura, un fac-simile della Bibbia aurea di Borso D’Este, alcune vetrate in mosaici policromi istoriati, un mosaico in oro che corre lungo il cornicione interno e una serie di arazzi posti ai lati dell’altare e provenienti niente meno che dalla Reggia di Caserta.

Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Acqualagna

I buongustai lo sanno: Acqualagna significa tartufo bianco, prezioso frutto della terra che in questo borgo in provincia di Pesaro Urbino viene omaggiato dalla Fiera Nazionale del Tartufo Bianco, fra le più importanti manifestazioni di settore a livello internazionale. Una kermesse che unisce performance gastronomiche e culturali, “vip” del mondo dello spettacolo insieme e riconosciuti Maestri della cucina italiana, in grado di esaltare il Tuber Magnatum Pico in creazioni gourmand.
Un prodotto d’eccezione che ha messo in moto un’economia virtuosa, che oggi nella zona di Acqualagna conta duecentocinquanta tartufaie coltivate di tartufo nero e una decina di tartufaie sperimentali controllate di Bianco pregiato, una dozzina di punti vendita dedicati al tubero e una decina di aziende che lo trasformano e lo commercializzano in tutto il mondo.

La Fiera è una grande mostra mercato, un “salotto” animato da cooking show con chef stellati, esibizioni, sfide in cucina, spettacoli e degustazioni, percorsi, mostre, laboratori didattici e creativi per un pubblico di tutte le età, volte a offrire esperienze sensoriali, visive e olfattive oltre che gustative di un sapore unico. Che Acqualagna sia stata in grado di sviluppare un suo “mercato” non è un caso: qui si concentrano i due/terzi della produzione nazionale, destinati a soddisfare anche l’ampia richiesta straniera, desiderosa di fregiarsi di menu arricchiti del pregiato tartufo Made in Marche. Una ricchezza alimentata da ben quattro varietà, una per ogni stagione: il Tartufo Bianco (Tuber Magnatum Pico dall’ultima domenica di settembre al 31 dicembre), il Tartufo Nero Pregiato (Tuber Melanosporum Vitt, dal 1° dicembre al 15 marzo), il Tartufo Bianchetto (Tuber Borchii Vitt, dal 15 gennaio al 15 aprile), il Tartufo Nero Estivo (Tuber Aestivum Vitt, dal 1° giugno al 31 agosto e dal 1°ottobre al 31 dicembre).

Mappamondo della Pace

Apecchio, in provincia di Pesaro Urbino, è famoso per due record: il primo, inserito nel Guinness dei Primati, è quello del Mappamondo della Pace, un globo geografico di 12,5 metri di diametro costruito interamente in legno, che grazie ad appositi meccanismi è in grado di simulare la rotazione terrestre e, aprendosi, può ospitare fino a 600 persone. Il secondo riguarda il vicolo più stretto d’Italia, nei pressi dell’ex quartiere ebraico e della chiesa della Madonna della Vita.
Apecchio ha però anche molto altro da offrire. Dentro Palazzo Ubaldini per esempio è allestito il Museo dei Fossili Minerali del Monte Nerone, con una delle raccolte di ammoniti più ricche e interessanti di tutta Italia. C’è poi il ponte medievale a schiena d’asino che attraversa il fiume Biscubio, un tempo unico accesso al castello che proteggeva il borgo, di cui oggi si può vedere solo l’imponente Torre dell’Orologio. Dal territorio, ricco e fertile, derivano i molti prodotti tipici della zona, che ad Apecchio animano una mostra mercato autunnale che ha come principale protagonista il pregiato tartufo bianco e nero.

Borgo di Pretoro

“Castrum Pretorii de Theti”. La toponomastica non mente mai, e infatti Pretoro sorge sui resti di un fortilizio posto nel V a.C. a guardia della valle e del Passo Lanciano – Maielletta, là dove oggi sorge un comprensorio sciistico. Ricostruito più volte, l’ultima delle quali nel Seicento, Pretoro è inserito nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”: vicoli, stradine strette, case scavate nella pietra, e un’infinità di gradini, 1407 in tutto, da percorrere fra chiesine, palazzi nobiliari e botteghe di piccoli artigiani dediti per lo più alla lavorazione del legno. Tornitori, scalpellini e intagliatori di mortai, setacci per la farina, strumenti per fare la pasta alla chitarra, cucchiai e forchette di legno.

Tre gli edifici religiosi da visitare. La chiesa di Sant’Andrea Apostolo, del XV – XVI secolo, la chiesa di San Nicola, romanica d’origine e poi rivista in chiave tardorinascimentale e secentesca, nota come chiesa di San Domenico, luogo di culto usato per le celebrazioni de Lu Lope (il lupo) e dei Serpari (i manipolatori di serpenti). E infine l’Eremo della Madonna della Mazza, di origine duecentesca o trecentesca, frequentato in estate e soprattutto la prima domenica di luglio, quando la Madonna viene riportata in processione qui, sui monti, dopo aver trascorso due mesi nella chiesa di Sant’Andrea.

Il territorio di Pretoro – primi Comuni in Italia a sperimentare un progetto di audioguide su telefonia mobile, tuttora attivo – è particolarmente vocalo per l’escursionismo. E’ infatti inserito nella Riserva Naturale Valle del Foro, creata nel 1997 come primo nucleo del Parco Nazionale della Maiella, e comprende la suggestiva area dei mulini rupestri, meta meritevole di una deviazione. A livello faunistico, l’area è inoltre dedicata al ripopolamento dei lupi.

Museo Civico del Mare di Tropea – MuMaT

Tropea al centro del mondo, paleontologico e scientifico. Per un borgo di poco più di 6.000 abitanti riconosciuto nel mondo per le sue bellezze architettoniche e artistiche non è una cosa scontata. E invece proprio qui, su un promontorio a picco sul mare Tirreno, ecco il MuMat, il Civico Museo del Mare allestito dentro al Palazzo Santa Chiara di Tropea, recuperato di recente insieme all’annesso Convento delle Clarisse.

Assai articolata e meritevole di menzione la storia dell’edificio originario: fondato nel 1261 per ospitare uno dei primi conventi dell’Ordine delle Clarisse in Calabria, fu riconvertito in residenza privata dopo il terremoto del 1783, e poi nel XX secolo in ospedale. Con l’apertura del museo, la chiesa è diventata l’auditorium, il refettorio e la cucina le sale espositive oggi custodi di reperti fossili e materiali provenienti dal territorio circostante e dalla costa.
Gestito dal Gruppo Paleontologico Tropeano, attivo da più di trent’anni nella zona, il MuMat ha avviato un programma di analisi dei reperti recuperati in collaborazione con istituti e studiosi di livello nazionale e internazionale, quali Daryl Paul Domning della Howard University di Washington, Nikos Solounias della American Museum of Natural History di New York, Lorenzo Rook dell’Università di Firenze, James Brink del National Museum Bloemfontein di Johannesburg.

Marina di Villanova Ostuni

Il file rouge che collega idealmente l’antica Petrolla all’odierna Villanova (“città nuova”, appunto) è la Via Traiana, arteria di collegamento che un tempo convogliava i flussi di merci provenienti da Roma e diretti nei vari porti commerciali lungo la costa pugliese, fra cui quello di Villanova.

Oggi, il porticciolo turistico si trova ai piedi del castello angioino del XIV secolo, lambito da numerose spiagge, sia libere che attrezzate, in un’alternanza di sabbia bianca e di roccia chiuse alle spalle da dune ricoperte di macchia mediterranea. Il tutto a pochi passi da Ostuni, la “città bianca”.

Porto di Savelletri

Il borgo di Savelletri di Fasano, in provincia di Brindisi, è ben noto ai naviganti, ai diportisti ma soprattutto a chi pratica la pesca. Il suo piccolo porto è infatti il classico approdo con molo di sopraflutto lungo circa 330 metri e molo di sottoflutto banchinato, con fondale sabbioso soggetto a interramento e profondità massima di 2 metri, ma i suoi 300 posti barca sono un punto di riferimento per chiunque navighi lungo la costa brindisina. Con un limite però: la lunghezza massima per le imbarcazioni è di 9 metri.

Chiesa Santa Maria del Casale

La location non è di quelle dove ci si aspetterebbe di trovare un capolavoro architettonico, eppure, vicino all’aeroporto di Brindisi, ecco la Chiesa di Santa Maria del Casale, splendido esempio di stile romanico-gotico del XIII secolo: fuori una facciata in conci di carparo e pietra bianca, dentro un ciclo di affreschi di epoca bizantina rinvenuti solo il secolo scorso sotto uno strato di calcina. Il risultato è un edificio che dal 1875 è Monumento Nazionale, in cui si leggono tutti gli elementi di passaggio fra romanico e gotico. L’interno è a croce latina, con navata e transetto con copertura a capriate, mentre il coro dietro l’altare maggiore ha una volta a crociera. Interessante anche il ciclo di affreschi, fra cui spicca il Giudizio Universale eseguito da Rinaldo da Taranto ai primi del XIV secolo.

Marina di Brindisi

Il Forte a Mare di Brindisi è il baluardo militare che dal XV secolo difende la città. Ieri dalle incursioni nemiche che per secoli hanno interessato tutta la costa di Puglia, oggi dalle intemperie che potrebbero minacciare il porto e la Marina di Brindisi. Uno “scalo” ben noto ai diportisti che praticano il Mar Mediterraneo in rotta verso Croazia, Grecia, Montenegro e Albania, e che ne conoscono i servizi e le potenzialità: attorno alla piazzetta, ecco una serie di attività commerciali, bar, ristorante, circolo nautico, alaggio e rimessaggio, oltre all’assistenza tecnica per ciò che compete attrezzature e riparazioni. Il tutto affacciato su un tratto di mare che è tra i più belli e pescosi del “Mare Nostrum”.

Otranto

Punta Palascìa è il luogo geografico più a est della penisola italiana. Per chi ama segnare sulla mappa certe tappe che sanno di “conquista”, basterebbe anche solo questo motivo per spingersi fino a Lecce e visitare Otranto e la costa salentina. Il centro storico della cittadina che in passato ha dato il nome al tratto di mare che separa l’Italia dall’Albania – il Canale d’Otranto – e all’antica circoscrizione del Regno di Napoli – la Terra d’Otranto – ha aggiunto nel 2010 un altro “titolo” di merito, l’inserimento nel listing ufficiale dei Patrimoni Culturali dell’UNESCO quale Sito Messaggero di Pace e in quello dei “Borghi più belli d’Italia”, mentre all’ottobre 2006 risale la creazione del Parco Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, nato per salvaguardare e promuovere le numerose bellezze naturalistiche, storiche e architettoniche della zona.

Fra queste, ci sono senz’altro i numerosi resti lasciati dalle popolazioni antiche che hanno dominato il territorio, a partire dai Messapi, passando per i Greci e i Romani. Sotto quest’ultimi, Otranto divenne una delle città marinare più fiorenti della Puglia, grazie soprattutto alla lavorazione e commercializzazione di porpora e tessuti, e alla presenza di una consistente comunità ebraica, calcolata in circa 500 famiglie, tanto da generare un detto rimasto negli annali, “da Bari uscirà la legge, la parola del Signore da Otranto”. La sua importanza economica dell’epoca è testimoniata anche dal fatto che nel 162 d.C. la città chiese a Roma e ottenne di battere moneta con una zecca propria rimasta attiva fino al II d.C. Diventata “ponte” culturale e commerciale fra Oriente e Occidente, Otranto fece per secoli da “culla” al passaggio di Bizantini, Goti, Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi. Fra gli episodi storici più significativi va ricordato quando nel 1095 la sua Cattedrale fu scenario della benedizione di dodicimila crociati in partenza verso la Terra Santa, guidati dal principe Boemondo I d’Altavilla. Al 1480 risale invece l’attacco dei Turchi di Maometto II, con un assedio durato 15 giorni terminato con la strage della popolazione e la decapitazione di 800 uomini detti Santi Martiri idruntini. A questo episodio è legata anche la distruzione del Monastero di San Nicola di Casole, sede della più vasta biblioteca d’Occidente – i cui Codici sono oggi conservati in prestigiose biblioteche di tutta Italia e non solo, da Venezia e Firenze a Parigi, Londra, Berlino e Mosca, nonché di quello che si potrebbe definire il primo “college” della storia, con studenti provenienti da tutta Europa. Uno di questi fu il monaco Pantaleone, autore del monumentale mosaico pavimentale della Cattedrale, il più grande del Vecchio Continente.

Dopo il colpo inflitto dai Turchi, furono rafforzate le opere difensive del centro abitato, che però non poterono respingere le incursioni dei Saraceni della prima metà del Seicento. Alterne vicende determinarono poi la risalita e la ricaduta di Otranto varie volte, fino al periodo napoleonico, quando le fu concesso il titolo di Ducato del Regno di Napoli, cui seguì una nuova rinascita.

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