Il Porto di Otranto

La Baia dei Turchi è una delle spiagge più belle di Otranto, e già nel suo nome ricorda un passato tormentato da invasori. In quanto borgo più a est d’Italia, era definito “Porta d’Oriente”, e come tale ha sempre subito influssi culturali di ogni genere. Il centro storico deve il suo perfetto stato di conservazione alle mura e al possente Castello Aragonese, che sono valsi nel 2010 l’inserimento nel listing del Patrimonio dell’Umanità.

Da città di mare qual è, Otranto deve molto al suo porto, ancora oggi affollato di pescherecci e paranze che al mattino fanno rientro con un prezioso carico di pesce che va a rifornire di materia prima i molti ristoranti del centro e della costa. Il porto si presenta come un piccolo golfo, diviso dal molo di San Nicola a tre bracci banchinati e da numerosi pontili, attrezzati di tutto punto con quanto necessita per riprendere poi il mare in sicurezza e con la cambusa rifornita.

Una volta sbarcati, meritano una visita la Cattedrale di Santa Maria Annunziata celebre per il suo mosaico pavimentale con l’albero della vita, la Chiesa della Madonna dell’Altomare, il complesso rupestre di Torre Pinta e Punta Palascia, estrema propaggine della penisola italiana verso est.

 

Borgo di Abbateggio

Si trova sempre un buon motivo per percorrere quei 40 km che da Pescara portano verso l’interno andare, fino ad Abbateggio, insignito della targa dei “Borghi più belli d’Italia”. Ci si va se si è appassionati di arte, archeologia, paleontologia e natura. Nel centro del borgo, per esempio, si visita la Parrocchia di San Lorenzo Martire, che il 10 agosto festeggia il Santo Patrono, prima tappa religiosa di un “tour” che prosegue col Santuario della Madonna dell’Elcina, luogo sacro legato alla leggenda di due pastorelli muti di Abbateggio, che qui videro un quadro che rappresentava la Madonna seduta su un albero con in braccio Gesù Bambino. La Signora avrebbe chiesto ai pastorelli di erigere la Chiesa su quel colle, e così fu, per poi essere riedificata nel 1927 sull’antica costruzione. Oggi il Santuario presenta una facciata in blocchi di pietra con un portale chiuso da una vetrata artistica con motivo in ferro battuto restaurato. Sull’altare maggiore è conservata la statua della Madonna in terracotta dipinta, del Quattrocento, e sotto l’altare un tronco di elce, traccia dell’antico albero sul quale apparve la Vergine. Illustra invece le architetture povere tipiche dell’ambiente agro-pastorale abruzzese l’Ecomuseo del Paleolitico – Villaggio Tholos, museo all’aperto con sei capanne ricostruite in pietra a secco, parte di un percorso didattico e conoscitivo che mette in evidenza come l’uomo e la natura hanno interagito nei secoli, a partire da 500.000 mila anni fa. Imperdibile per tutti la sosta alla celebre Cascata di Cusano, assaggio di ciò che sa regalare il Parco Nazionale della Majella.

Borgo di Caramanico Terme

Era il 1576 quando a Caramanico Terme, borgo medievale nel cuore del Parco Nazionale della Majella, venivano scoperte alcune sorgenti minerali, in particolare una oligominerale e diuretica, detta il Pisciarello, e altre due solfuree e antinfiammatorie, ribattezzate Salute e Gisella. Da allora, Caramanico è diventata quella che oggi definiamo una wellness destination, incentrata su riabilitazione e prevenzione e su programmi di remise en forme basati su trattamenti termali ed estetici, massaggi, cure drenanti e rilassanti. Ad agevolare la ripresa psicofisica aiuta anche il contesto naturalistico del Parco Nazionale, perfetto per ogni genere di attività outdoor. Molti i rifugi di montagna e le escursioni praticabili in zona, nella Valle dell’Orfento e sul monte Morrone per esempio, mentre per aggiungere un po’ di adrenalina c’è il Parco Avventura Majagreen. Caramanico è inoltre tappa del Cammino di Celestino V: il pellegrinaggio religioso-spirituale che onora la vita e le opere dell’eremita Pietro da Morrone, eletto Papa nel 1294 col nome di Celestino V, transita ovviamente anche da L’Aquila, nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui fatta costruire qualche anno prima e oggi riconosciuta Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO per via della Perdonanza Celestniana, celebrazione giubilare annuale istituita proprio dal Papa e tuttora esistente.

Fra le sorprese che ha in serbo Caramanico Terme c’è anche l’Istituzione Comunale Musicale, sede primaria di formazione, specializzazione e ricerca nel settore musicale creata con lo scopo di recuperare e promuovere le tradizionali musicali locali e sperimentare spaziando nei molteplici ambiti musicali. Per il resto, non rimane che concedersi una passeggiata nel centro storico, un reticolo di stretti vicoli, case-mura, i resti di una fortezza difensiva, e alcuni interessanti edifici religiosi. In primis, l’Abbazia di Santa Maria Maggiore, dell’XI secolo, dove spiccano gli esterni in stile gotico e lo splendido portale, la Chiesa di S. Nicola, del XIV secolo, e la bellissima Chiesa di San Tommaso Becket, nota anche come Chiesa di San Tommaso di Paterno, risalente agli inizi del XII secolo.

Borgo di Città Sant’Angelo

Il centro storico di Città Sant’Angelo è una continua scoperta di beni architettonici di valore inestimabile, come per esempio la bella Collegiata di San Michele, da far terminare con una romantica passeggiata, con vista sul Mar Adriatico da un lato e le cime dell’Appenino, della Majella e del Gran Sasso d’Italia dall’altro. Una meta immersa nella piacevolezza delle colline a ridosso di Pescara, dove si ha il privilegio di respirare ancora atmosfere autentiche, con tradizioni e sapori della tradizione.

Porto Turistico Bisceglie Approdi

A Bisceglie, quando si sente parlare di “Cassa”, ci si riferisce all’isolotto che emerge al centro del bacino portuale, fra il molo nuovo e quello borbonico. Evidenziato da alcune bitte, è uno degli elementi caratterizzanti di questo porticciolo con l’anima antica ma le infrastrutture moderne, capaci di soddisfare anche imbarcazioni lunghe fino a 30 metri, grazie a fondali che raggiungono i 4,5 metri di profondità.

I posti barca sono in tutto 386, ormeggiati a moli galleggianti ben attrezzati e agganciati ad un nuovo molo realizzato a prolungamento proprio della “Cassa”, quasi a completamento del presumibile molo di epoca sveva.

Il porto di Bisceglie presenta una costa alta e rocciosa, che lungo il litorale si stempera in insenature caratterizzate da sabbia e da una vegetazione assai varia, plus non da poco per chi sogna una vacanza al mare in cui alternare lidi di semplice rena a quelli con fondali da esplorare.

Porto di Savelletri

Il borgo di Savelletri di Fasano, in provincia di Brindisi, è ben noto ai naviganti, ai diportisti ma soprattutto a chi pratica la pesca. Il suo piccolo porto è infatti il classico approdo con molo di sopraflutto lungo circa 330 metri e molo di sottoflutto banchinato, con fondale sabbioso soggetto a interramento e profondità massima di 2 metri, ma i suoi 300 posti barca sono un punto di riferimento per chiunque navighi lungo la costa brindisina. Con un limite però: la lunghezza massima per le imbarcazioni è di 9 metri.

Marina di Villanova Ostuni

Il file rouge che collega idealmente l’antica Petrolla all’odierna Villanova (“città nuova”, appunto) è la Via Traiana, arteria di collegamento che un tempo convogliava i flussi di merci provenienti da Roma e diretti nei vari porti commerciali lungo la costa pugliese, fra cui quello di Villanova.

Oggi, il porticciolo turistico si trova ai piedi del castello angioino del XIV secolo, lambito da numerose spiagge, sia libere che attrezzate, in un’alternanza di sabbia bianca e di roccia chiuse alle spalle da dune ricoperte di macchia mediterranea. Il tutto a pochi passi da Ostuni, la “città bianca”.

Chiesa Santa Maria del Casale

La location non è di quelle dove ci si aspetterebbe di trovare un capolavoro architettonico, eppure, vicino all’aeroporto di Brindisi, ecco la Chiesa di Santa Maria del Casale, splendido esempio di stile romanico-gotico del XIII secolo: fuori una facciata in conci di carparo e pietra bianca, dentro un ciclo di affreschi di epoca bizantina rinvenuti solo il secolo scorso sotto uno strato di calcina. Il risultato è un edificio che dal 1875 è Monumento Nazionale, in cui si leggono tutti gli elementi di passaggio fra romanico e gotico. L’interno è a croce latina, con navata e transetto con copertura a capriate, mentre il coro dietro l’altare maggiore ha una volta a crociera. Interessante anche il ciclo di affreschi, fra cui spicca il Giudizio Universale eseguito da Rinaldo da Taranto ai primi del XIV secolo.

I Giganti della Sila

I “Giganti della Sila” sono in tutto 60. Un numero esiguo ma che rende ancor più prezioso il patrimonio rappresentato da questo bosco ultracentenario dell’Appennino Calabrese, tutelato come parte del Parco Nazionale della Sila, e dal 2016 gestito dal FAI Fondo per l’Ambiente Italiano. Sessanta esemplari di pini larici e aceri montani dalle caratteristiche uniche nel loro genere, tali da renderli appunto dei “giganti”: 45 metri di altezza media, 2 metri di diametro, e un’età che si aggira sui 350 anni, certificata da documenti che riportano negli annali di quando nel Seicento i Baroni Mollo piantumarono tutta la zona.

Leggendo fra le righe della storia, si potrebbe quasi dire che si trattò di un primo esempio di salvaguardia ambientale, dovuto alla necessità di fermare l’abbattimento indiscriminato di piante. Fra Sei e Settecento, i pastori della zona erano infatti soliti estrarre dai tronchi una resina infiammabile, risorsa preziosa usata come combustibile, ma che causò gravi problemi di disboscamento. Per contrastare questo fenomeno dilagante, si impegnò anche il governo di Napoli, emettendo numerosi provvedimenti a riguardo. Con la Seconda Guerra Mondiale, i terreni furono espropriati e reintegrati poi nel patrimonio dell’Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali che, insieme alla famiglia Mollo, promosse l’istituzione dell’attuale Riserva Naturale Guidata Biogenetica allo scopo di studiare, conservare geneticamente e tutelare questo patrimonio storico-naturale di enorme valore.

La presenza in loco del FAI garantisce oggi l’apertura dell’area al pubblico, con attività di promozione e conoscenza di un lembo di paesaggio rurale calabro rimasto fermo a 350 anni fa.

Castello Svevo di Barletta

Là dove oggi ci sono Biblioteca comunale, Museo Civico e sale per convegni e mostre, un tempo c’erano cavalieri e soldati pronti a difendere la costa pugliese dagli attacchi nemici. Il Castello di Barletta è da circa dieci secoli un punto di riferimento lungo il litorale della provincia barese, oltre che dell’intera Puglia, che fra queste possenti mura – perfettamente restaurate fra il 1973 e il 1988 – ha visto passare nell’ordine Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi. Il momento clou di questo maniero trasformato nel tempo in fortezza militare fu quando Federico II di Svevia lo incluse tra i castelli del Giustizierato della Terra di Bari, ossia in quella rosa di edifici difensivi da lui eretti, o frutto di un adattamento di una precedente costruzione normanna, distribuiti su tutto il territorio, da qui fino in Basilicata, tenendo come perno quell’unicum assoluto che è ancora oggi Castel Del Monte.

Il susseguirsi di diverse dominazioni testimonia l’importanza rivestita nei secoli dal Castello di Barletta, strategico ieri per motivi militari, oggi come fulcro della vita cittadina. Il Museo Civico al suo interno è fra i luoghi culturali più significativi di Barletta, grazie anche alla presenza di due opere di notevole pregio: un presunto busto di Federico II in pietra calcarea, datato al XIII secolo, e il Sarcofago degli Apostoli, altorilievo in pietra risalente al periodo compreso tra il III e il IV secolo.
A epoche ben più recenti risale invece l’uso del Castello di Barletta come set cinematografico, essendo stato scelto da importanti registi per pellicole diventate memorabili: Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, Otello di Franco Zeffirelli e I cavalieri fecero l’impresa di Pupi Avati.

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