Museo Archeologico Nazionale di Taranto

Basterebbe la cosiddetta collezione degli Ori di Taranto per giustificare il viaggio nella “città dei due mari” e la visita al Museo Archeologico Nazionale di Taranto. Si tratta infatti di una copiosa raccolta di gioielli comprendente anelli, orecchini, bracciali e corona di epoca ellenistica e romana, che contribuisce a fare del MArTa uno dei più importanti d’Italia, dal 2014 annoverato fra i 20 del Paese con autonomia speciale.

Anno di fondazione del museo, il 1887, data che segna per il capoluogo pugliese la realizzazione del Borgo Umbertino, conseguente all’urbanizzazione della zona a est del Canale Navigabile. Lunga e articolata la storia dell’edificio risalente alla fine del Settecento, poi rimaneggiato nel 1903 per il rifacimento della facciata, e ancora fra il 1935 e il 1941 per l’aggiunta di una nuova ala. Ultimo restyling, fra il 1998 e il 2016, anno in cui prende forma il percorso museale attuale, che in una sequenza cronologica progressiva conduce dalla Preistoria all’Alto Medioevo.

Villa Romana di Casignana

Fino al 1963, la località di Casignana, a circa 85 km da Reggio di Calabria, era pressoché sconosciuta. A portarla agli onori delle cronache è stato il fortunoso ritrovamento di una sontuosa Villa Romana, risalente al I secolo a.C. Le caratteristiche architettoniche, il fasto degli ambienti e, soprattutto, i raffinati mosaici dei pavimenti hanno fatto pensare alla residenza di una famiglia patrizia molto importante nella zona, con ogni probabilità legata all’attività vinicola. Fra le parti riemerse, oltre a una cisterna e a una fontana monumentale, c’è anche un impianto termale, composto come da regola aurea da frigidarium, tepidarium, caldarium.

Meritano un cenno in più i mosaici, che evocano tecniche e soggetti musivi tipici del Nord Africa, fra cui spicca quello della “sala delle Nereidi” (datato al III secolo d.C.), in cui si distinguono un corteo marino composta da quattro Nereidi in groppa ad altrettanti mostri con fattezze di leone, tigre, cavallo e toro.

Parco Nazionale del Pollino

Lo chiamano “Giardino degli Dei”, in quanto “santuario” di una specie arborea rara e preziosa, il Pino Loricato. Siamo sulla cima di Serra di Crispo, in provincia di Potenza, nel Parco Nazionale del Pollino, la più grande area protetta d’Italia, di cui questa particolarissima specie di pino è simbolo e vita.

Istituito nel 1993, il Parco si sviluppa tra le vette del Dolcedorme e di Cozzo del Pellegrino, lungo il massiccio montuoso calabro-lucano del Pollino e dell’Orsomarso, ed è stato di recente inserito nel listing dei Geoparchi dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, in virtù proprio di flora e fauna endemiche da tutelare. Dalle sue vette alte fino a 2.200 metri si possono vedere non uno ma ben due mari: da una parte la costa tirrenica di Maratea, Praia a Mare e Belvedere Marittimo e a est il litorale ionico da Sibari a Metaponto.

Benché sia la natura a fare da padrona da queste parti, non mancano gli spunti storico-archeologici, e persino preistorici, come per esempio nella Grotta-Riparo del Romito, o in quella di Sant’Angelo, con una graziosa chiesa ipogea del V-VI sec. d.C., o ancora nei borghi di Mormanno e Civita, fermi al Medioevo. Per non farsi mancare nulla, c’è anche il tocco di “esotico” in più, dato dalle comunità di cultura Arbëreshe, presenti sul territorio dal 1470.

Alcuni nuclei provenienti dall’Albania si rifugiarono qui per sfuggire alle milizie turche, rimanendo fedeli alle loro tradizioni e alla loro lingua, parlata ancora oggi, e fondando paesi come Acquaformosa, Civita, S. Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese.

La comunità albanese presente nel Pollino è fra le più radicate d’Italia: a Civita e a S. Paolo Albanese, si trovano i Musei della Civiltà Arbëreshe dove sono conservati numerosi oggetti, attrezzi e costumi tipici. Di grande interesse religioso sono le funzioni di rito greco-bizantino e le Vallje, le particolari danze che gli Arbëreshë intrecciano uniti l’un l’altro attraverso un fazzoletto.

Il Parco Nazionale del Pollino è anche habitat di numerose specie faunistiche, che con un po’ di fortuna si possono incontrare praticando escursionismo: lupo appenninico, cinghiali e caprioli, scoiattoli, istrici e lontre, ma anche picchi, gufi e aquile reali, falchi pellegrini e gheppi. In epoche remotissime, su queste distese si aggiravano anche pachidermi, come testimoniato da fossili risalenti a decine di migliaia di anni fa, vedi lo scheletro di “Elepfhans antiquus italicus”, alto quattro metri e vissuto circa settecentomila anni fa, rinvenuto nelle Valli del Mercure e attualmente custodito nel Museo Naturalistico e Paleontologico di Rotonda, sede del Parco.

 

Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase

Fra gli obiettivi del Parco Naturale Regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca – Bosco Tricase, ci sono lo sviluppo eco-sostenibile e la tutela della biodiversità di un’area che comprende ben 12 comuni del Salento (Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Ortelle, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase). Un percorso che, correndo lungo la litoranea per 57 km, conduce da Santa Maria di Leuca, limite meridionale della penisola, al punto più orientale d’Italia, il faro di Punta Palascìa a Otranto, con un’estensione totale che raggiunge i 3227 ettari e fa tappa anche in siti di interesse culturale e architettonico oltre che naturalistico.

Camminando su sentieri a strapiombo su un mare cristallino, dove i fenomeni carsici ed erosivi hanno aperto un gran numero di grotte e anfratti più o meno sommersi ed esplorabili, si incontrano le antiche “vie del sale” e ci si imbatte in specie botaniche endemiche di rara bellezza, quali il Garofanino Salentino, il Fiordaliso di Leuca, il Fiordaliso Nobile e il Veccia di Giacomini. Quanto alla fauna, con un po’ di attenzione si avvistano gheppi, poiane e falchi pellegrini. Molte anche le emergenze antropiche da notare: nella grotta Zinzulusa e nella grotta dei Cervi sono state rinvenute tracce di resti paleolitici e neolitici, mentre lungo i sentieri si può scorrere tutto il multiforme “campionario” di architetture rurali pugliesi, dalle semplici pajare, realizzate con la tecnica del muretto a secco, alle masserie fortificate di impronta medievale o barocca, a un’infinità di torri di guarda rimaste a memoria del passaggio di invasori di ogni provenienza.

Nebbiolo Alto Piemonte

Il segreto del nebbiolo dell’Alto Piemonte è il Monte Rosa, che d’inverno scherma le viti dai venti freddi del nord e d’estate rinfresca le temperature. Così, le uve di questo pregiato vitigno, fra i più nobili al mondo, può seguire il suo particolare andamento, con una fioritura precoce e una maturazione tardiva.

Vinificato in purezza o con piccole aggiunte di Vespolina, Uva Rara e Croatina, è tutelato dal Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte, cui aderiscono 135 soci distribuiti fra le province di Biella, Novara, Verbania e Vercelli, produttori di piccole dimensioni ma che puntano all’alta qualità, generando 8 DOC (Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Lessona, Sizzano, Valli Ossolane) e 2 DOCG (Gattinara, Ghemme).

In particolare, sin dalla fine dell’800, il territorio del Biellese è stato insieme alla Borgogna francese fra i primi territori a commercializzare i propri vini, seppure con una sorta di “baratto” con le comunità montane: vino in cambio di ghiaccio per la conservazione dei cibi. In quest’area, si producono il Bramaterra DOC, il Canavese DOC, il Coste Della Sesia DOC, il Lessona DOC, eccellenze da gustare in cantina, oppure nei molti agriturismi e ristoranti della zona, e da scoprire attraverso strutture come l’Enoteca Regionale della Serra e l’Ecomuseo del Biellese.

Ricavato nel Ricetto di Candelo, l’Ecomuseo del Biellese conserva antiche attrezzature, racconta tecniche tradizionali e proprietà degli storici vitigni autoctoni, là dove un tempo si producevano ben 1.250.000 litri di vino.
Ad accogliere gli oltre 200 tipi di vino e le 20.000 bottiglie dell’Enoteca Regionale della Serra è invece la magnifica cantina cinquecentesca del Castello del Roppolo, scenario di mostre e, a settembre, della Festa dell’Uva.

Spostandoci verso Vercelli, si può fare sosta a Villa Paolotti, ex Bottega del Vino del Gattinara trasformata oggi nell’Enoteca Regionale di Gattinara, che raccoglie in sé quanto prodotto nelle 4 province di Vercelli, Biella, Novara e Verbano Cusio Ossola, oltre ad offrire la possibilità di tour fra i vigneti e sulle colline.

Costa Apuana

La Costa Apuana si estende da Nord, dal promontorio di Capo Corvo, che pone fine alla Riviera Ligure, a Sud Cinquale, ultimo paese della provincia di Massa e Carrara prima della Versilia, già in provincia di Lucca. Un panorama unico, chiuso in appena 20 chilometri, fra il fiume Magra e il fiume Versilia, orlato di sabbia punteggiata quasi ininterrottamente da ombrelloni e, soprattutto, capannine, le iconiche “tende” da spiaggia che richiamano subito questo tratto di costa toscana. Così come i molti cantieri della nautica da diporto, specie di lusso, di cui la zona è patria rinomata a livello internazionale. Nautica da esportazione che va di pari passo a quella locale, grazie a numerosi centri nautici riforniti di tutto punto per la pratica di sport come vela, windsurf, kite, canoa. Fino alla crocieristica, che fa scalo nel vicino porto di Carrara.

Novarajazz

Paolo Fresu, Gino Paoli, Lawrence D. Butch Morris, Stan Tracey, Louis Moholo, Chicago Stompers, Italian Instabile Orchestra, Nick Pride and the Pimptones…

Dal 2004 a oggi, sono tantissimi gli artisti di fama mondiale che si sono esibiti sul palco del Novara Jazz Festival, annoverato fra gli eventi musicali preminenti della scena nazionale e non solo. Una kermesse che si articola in concerti dentro e fuori città, ma anche in momenti aggreganti quali degustazioni, visite a residenze artistiche, workshop, mostre, installazioni, presentazioni letterarie e discografiche

Dal 2016, Novara Jazz Festival ha allargato il suo sguardo anche alla danza, grazie alla curatela di Enrico Bettinello, fra i massimi esperti nel campo della direzione artistica e della progettazione di eventi culturali, plus che ha consentito a Novara di poter ospitare nel 2019 la European Jazz Conference.

Museo dell’Olivo Carlo Carli

I furgoncini verdi dei Fratelli Olio Carli viaggiano da sempre per le strade d’Italia portando direttamente a casa l’”oro giallo” della Riviera di Ponente. Oggi, si clicca online, si fa l’ordine e poco dopo si può gustare l’olio extravergine di olive ligure ovunque ci si trovi. Il concetto del delivery lo conoscono sin dalle loro origini i Fratelli Carli, da quel lontano 1911 che a Imperia Oneglia vide aprire i battenti di un frantoio diventato poi negli anni un punto di riferimento della produzione olearia regionale. Nella sede storica, dal 1992 è allestito il Museo dell’Olio Carlo Carli, il cui percorso espositivo illustra la storia della cultura olearia, per secoli principale risorsa dell’economia locale, nonché elemento caratterizzante del paesaggio di ieri e di oggi di tutta la Riviera di Ponente.

Rari utensili da lavoro, reperti archeologici di pregio, lumi a olio e oliere, oggetti e cimeli di ogni genere raccontano una storia che attraversa secoli, dai tempi dei Romani fino ai giorni nostri, passando dall’ambito culturale a quello economico, dal costume alle tradizioni del territorio. Un viaggio affascinante e coinvolgente per una delle collezioni archeologiche private più importanti in Italia.

Alta Via dei Monti Liguri

Quarantaquattro tappe per 400 km di lunghezza. L’Alta Via dei Monti Liguri (AVML), nota anche più semplicemente come Alta Via, partendo da Ventimiglia arriva fino a Ceparana, nella piana di Bolano, al confine con la Toscana. Correndo lungo la costa, attraversa tutta la Regione e una serie di Parchi naturali regionali: quello del Beigua, delle Alpi Liguri, delle Capanne di Marcarolo, dell’Aveto e dell’Antola, toccando il suo punto più alto sul Monte Saccarello, a 2201 metri s.l.m.
Diverse le lunghezze e le difficoltà delle tappe, percorribili interamente a piedi e per lunghi tratti a cavallo e in mountain bike, e talvolta anche in auto e moto.

Creata nel 1983, l’Alta Via fa parte del progetto escursionistico chiamato Sentiero Italia, itinerario lungo oltre 6000 km che, partendo da Trieste, transita lungo l’intero arco alpino, gli Appennini, la Sicilia e la Sardegna fino a Santa Teresa di Gallura utilizzando anche le Alte Vie Valdostane, la rete piemontese GTA, la rete toscana GEA e i sentieri umbri. In questo peregrinare fra territori di diversa natura, cultura e tradizione, l’Alta Via è un’occasione unica per conoscere e apprezzare
prodotti locali e specialità gastronomiche locali e per visitare affascinanti complessi monumentali e micro realtà fuori dalle solite rotte.

Duomo di Orvieto

In una delle cappelle del Duomo di Orvieto è conservato il Corporale di Bolsena, la tovaglia dell’altare su cui nel 1263 caddero alcune gocce di sangue al momento della consacrazione dell’ostia. Il fatto sarebbe avvenuto nella Grotta di Santa Cristina, vicino Bolsena, fra le mani di una sacerdote che non credeva più alla transustanziazione, cioè alla presenza del Cristo nell’eucarestia. Da allora, si narra che il Duomo di Orvieto sarebbe stato eretto per onorare e tramandare nei secoli questo miracolo, ma la storia riporta invece che a volerne la realizzazione fu Papa Niccolò IV nel 1290.

La reliquia, o presunta tale, è ancora lì, custodita sotto le volte in stile gotico della cattedrale, fra gli esempi più eccelsi di questo stile in Italia e perciò dichiarata Monumento Nazionale. Bellissime le decorazioni architettoniche della facciata che vanno dal XIV al XX secolo, fra cui spiccano il grande rosone, i mosaici dorati e le tre maestose porte bronzee, e le cappelle affrescate da alcuni dei più grandi pittori italiani del periodo, tra le quali si può ammirare il famoso Giudizio Universale di Luca Signorelli.

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