Sull’altare maggiore del Tempio di Santa Maria della Consolazione a Todi si trova l’antica immagine de La Madonna con Bambino e Lo sposalizio di Santa Caterina d’Alessandria. Un “dettaglio” artistico che potrebbe sfuggire a un occhio distratto dalla curiosa pianta centrale dell’edificio, a croce greca chiusa da tre absidi poligonali e uno semicircolare. Una struttura architettonica complessa cui, a partire dal 1508, hanno contribuito importanti artisti rinascimentali: Cola di Matteuccio da Caprarola, Ambrogio da Milano, Antonio da Sangallo il Giovane, Jacopo Barozzi detto “Il Vignola” e Baldassarre Peruzzi, e secondo alcuni persino un Donato Bramante ultrasessantenne.
Ma è l’immagine la vera “star” di questo tempio appena fuori le mura perimetrali della città: secondo un’antica leggenda, sarebbe stata infatti rinvenuta sporca e coperta di ragnatele da un muratore in una cappella in rovina nel centro storico medievale. L’uomo l’avrebbe pulita con un fazzoletto, con cui poi si sarebbe asciugato la fronte, guarendo all’istante da una grave malattia a un occhio. A ricordo di ciò, ogni anno a Todi l’8 settembre si celebra la Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nota anche come Festa della Consolazione, seguita da spettacolari fuochi d’artificio.
Quella dei Piani di Castelluccio rivestiti di un tappeto di fiori variopinti è forse una delle immagini più iconiche del Centro Italia. La rigogliosità dell’area si deve anche all’origine carsico-alluvionale dell’Appennino Umbro-Marchigiano, dove i tre altopiani si innestano: il Pian Piccolo e il Pian Grande, in provincia di Perugia, quest’ultimo di 7 km per 3, che ne fanno il più vasto altopiano carsico d’Italia dopo quello del Fucino, e il Pian Perduto, in provincia di Macerata. Situati a circa 1.350 m s.l.m., insieme ricoprono una superficie di 15 km², tuttora interessata da fenomeni carsici, conosciuti dagli abitanti locali come Mergani, profondi inghiottitoi che solcano la piana principale e drenano le acque meteoriche in falde idriche sotterranee.
La stagione migliore per visitare i Piani di Castelluccio è quella della Fioritura, tra maggio e giugno, che trasforma il comprensorio in una distesa di papaveri, fiordalisi, margherite e le celebri lenticchie di Castelluccio. Anche i seminativi sono caratterizzati da una ricca fioritura, che convive con quella delle specie spontanee. Data la sua conformazione, la zona è quindi una perfetta meta per appassionati di trekking, equitazione e mountain bike, oltre che di addicted degli sport d’aria, deltaplano e parapendio in testa.
Il primo concerto in assoluto di Umbria Jazz si tenne a Villalago a Piediluco, in provincia di Terni, il 23 Agosto 1973, e sul palco c’erano gli Aktuala e l’orchestra di Thad Jones e Mel Lewis, con una giovanissima Dee Dee Bridgewater che all’epoca muoveva i primi passi. Deus ex machina di quell’evento fu un certo Carlo Pagnotta, commerciante perugino appassionato di jazz, oggi considerato il “padre” di Umbria Jazz.
Dopo quella prima magica serata, si capì che quello non poteva rimanere un caso isolato. Così, in breve, oltre al teatro naturale di Villalago, anche piazza del Popolo a Todi, piazza IV Novembre a Perugia, il teatro romano a Gubbio, la fortezza dell’Albornoz a Spoleto e piazza San Francesco a Umbertide divennero location di concerti open air. I primi anni, l’Umbria Jazz aveva questa formula, itinerante e gratuita, che toccava alcuni dei luoghi più suggestivi del “cuore verde dell’Italia”, trasformati per una notte in palcoscenico dei più grandi artisti jazz del mondo. Una formula che piacque così tanto da creare seri problemi logistici in tutta la Regione, presa d’assalto da appassionati del genere. C’è ancora chi ricorda che un anno, Count Basi, travolto dalla folla, non riuscì a raggiungere il palco e dovette rinunciare a fare il concerto.
Dal 1982, la manifestazione prende le sue sembianze attuali, diventando stanziale e trasformando il centro storico di Perugia in un unico grande music set, dove per dieci giorni, sempre nel mese di luglio, si avvicendano i più grandi artisti internazionali. E non solo di jazz ortodosso, ma anche black music con divagazioni nel pop-rock, come testimoniano le apparizioni di Elton John, Carlos Santana ed Eric Clapton.
Quando nel 1926 fu inaugurata la Ferrovia Spoleto – Norcia, l’Umbria poteva dire di vantare una delle opere ingegneristiche più avanzate dell’epoca: una linea elettrificata a scartamento ridotto, che per decenni fu il mezzo più rapido e sicuro per muoversi tra Spoleto, la Valnerina e Norcia, collegate in due ore. Con la chiusura della linea nel 1968, la ferrovia cadde in disuso, fino a quando nel 2014 non si è pensato di trasformare questo simbolo della tecnologia del Novecento in un esempio di mobilità dolce. A oggi, 34 km sui 52 totali della linea, con tanto di viadotti, gallerie elicoidali e stazioni Liberty, sono stati ripristinati e messi in sicurezza, per garantirne la fruibilità e permettere di godere di paesaggi incantevoli. Il contesto è infatti quello del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e numerosi sono i Siti Natura 2000 attraversati.
Perugia, Piazza IV Novembre. Quasi uno “stargate” ai duemilacinquecento anni di storia del capoluogo umbro. Si varca la soglia del Museo Capitolare e Area Archeologica della Cattedrale di San Lorenzo e si ha accesso a un vero e proprio percorso archeologico che permette di scoprire, uno dopo l’altro, gli edifici qui sotto conservati. Un iter fisico che corre parallelo alla storia, in un continuum che va dagli edifici sacri e civili di epoca umbra e passa poi a quelli etruschi e romani, fino ai resti della cittadella medievale. Partendo dall’alto, si incontrano il Palazzo dell’amministrazione pubblica nel medioevo comunale, il podio del tempio etrusco, il grande salone medievale, il grande muro etrusco di terrazzamento, la case della torre bizantina, la strada etrusco-romana e una casa romana.
L’acronimo INGV indica l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che dal 1998 a Stromboli vuol dire un punto di riferimento per rimanere informati in tempo reale sulle attività sismiche sull’isola e nell’arcipelago eoliano al largo della Sicilia. Lungo la Via Marina, poco distante dal porticciolo di Stromboli, si trova la sede dell’INGV che comprende un piccolo museo e una foresteria a disposizione dei ricercatori e del personale dell’istituto stesso. Tre gli ambienti aperti alla visita: la Sala 1, dove si possono consultare numerose informazioni sul vulcano e visionare i collegamenti diretti alle stazioni sismiche installate sul vulcano e alle webcam installate in prossimità dei crateri. La Sala 2, dedicata alla proiezione di filmati sull’attività vulcanica di Stromboli, e la Sala 3, che contiene anche un pannello informativo sull’attività della Protezione Civile a Stromboli. Fra i progetti dei Centri Visitatori di Stromboli e Vulcano c’è inoltre “ilVulcanoinforma”, incentrato sulla divulgazione scientifica e con l’obiettivo di accogliere e informare i visitatori sul vulcanismo eoliano e sui rischi ad esso connessi. Qui si possono anche trovare mappe, brochure e materiale utile per esplorare l’isola in tutta sicurezza.
Da Piazza Duomo a Prato a Piazza Maggiore a Bologna, 130 km che tracciano la “Via della lana e della seta”, un percorso trekking che tocca borghi, cime e vallate in un cammino che unisce due centri storici di grande valore. Inaugurata nel giugno del 2018, la “Via della lana e della seta” è un omaggio alle tradizionali produzioni delle due città: da una parte Bologna, per secoli capitale della seta; e dall’altra Prato, capitale del distretto della lana e del tessile. Nei dintorni di Prato si fa tappa presso gli impianti idraulici del Cavalciotto e del “Gorone” di Santa Lucia, lungo il fiume Bisenzio, un’area che di recente è diventata oggetto del progetto “Riversibility – il parco fluviale del Bisenzio” che porterà alla costituzione di una zona verde sul lungo fiume ideale per le attività all’aria aperta alle porte della città. Sul massiccio della Calvana invece, si ha la possibilità di ammirare da vicino alcuni esemplari di razza bovina “Calvana” e poco oltre, su Poggio Corolla, di cavalli allo stato brado. A Vaiano non si può non fare sosta nella bella Badia di San Salvatore, un gioiello architettonico di epoca longobarda. A Vernio è la volta della famosa Badia di Montepiano, risalente alla fine dell’anno mille e situata nei pressi del romitorio del beato Pietro. Qui, si apre infine il Parco Memoriale della linea Gotica, altra meta per appassionati di outdoor.
Taranto, Borgo Antico. Quell’isola di mezzo fra il Mare Piccolo e il Mare Grande, dove si concentrano la maggior parte delle emergenze storico-culturali, come per esempio il magnifico Castello Aragonese, simbolo del capoluogo pugliese, di proprietà della Marina Militare. A pochi passi da qui, è invece la nautica da diporto che prende il sopravvento con il Porto Turistico del Molo Sant’Egidio, accessibile a 254 imbarcazioni fino a 60 metri. A disposizione dei naviganti in transito, posti fissi e galleggianti, alaggio, piazzali di rimessaggio, parcheggi e aree verdi, bar e ristoranti e un punto informazioni dove si possono ricevere tutti i consigli del caso per scoprire le molte bellezze della “città dei due mari”.
Sul vicino Molo San Cataldo sono invece in dirittura d’arrivo i lavori per la nuova stazione marittima “Falanto Port Center”, avveniristico nella sua struttura architettonica dalle linee minimali, così come nei servizi predisposti per croceristi e turisti in transito. Al suo interno, anche un auditorium polifunzionale, sala convegni e spazi polifunzionali per attività espositive e didattiche per la promozione della cultura marittima.
Nella piazza centrale di Offida si trova una scultura che racconta molto di questo borgo, arroccato su uno sperone roccioso fra le valli del Tesino e del Tronto. È il Monumento alle Merlettaie, singolare quanto assolutamente rappresentativo di questa micro realtà marchigiana, nel cuore dell’entroterra di Ascoli Piceno, che da secoli ruota attorno alla produzione del merletto al tombolo. Un’arte antica, che qui attecchisce già nel Cinquecento, forse addirittura due secoli prima, e che esporta la fama di Offida ben oltre i confini di queste valli, grazie a una riconosciuta maestria nella ricercatezza ed eleganza dei merletti realizzati. A partire dai primi del Novecento, molte sono le iniziative volte alla tutela di questa antica tradizione a rischio di estinzione: al 1910 risale la fondazione di una scuola specializzata; nel 1998, all’interno di Palazzo de Castellotti – sede anche del Museo Archeologico “G. Allevi”, del Museo delle Tradizioni Popolari e della Pinacoteca comunale – apre il Museo del Merletto, e nel 2006 viene inaugurata l’Associazione culturale merletto al tombolo di Offida.
Su Piazza del Popolo, dall’insolita forma triangolare, affacciano il bel Palazzo Comunale, rifinito da un’elegante loggetta in travertino, lo splendido Teatro del Serpente Aureo, dell’800, ricco di stucchi e intagli, la settecentesca Chiesa della Collegiata e la Chiesa dell’Addolorata, del XV secolo.
Per ammirare la Chiesa di Santa Maria della Rocca, dall’imponente architettura romanico-gotica in cotto, bisogna invece andare quasi in “periferia”: costruita nel 1330 su un preesistente castello longobardo, conserva i bellissimi affreschi del Maestro di Offida, del XIV secolo. Nell’ex Monastero di San Francesco, nel centro storico, si va invece per motivi ben più prosaici: al suo interno si trova infatti l’Enoteca Regionale delle Marche, luogo ideale per testare le migliori etichette del Piceno e delle Marche, oltre che i vini Terre di Offida DOC e Offica DOCG.
Grazie a queste molte attrattive, Offida rientra fra i 27 “Borghi più belli d’Italia” delle Marche. Fra le manifestazioni che animano il paese, ce n’è una che prende spunto proprio da qui: è il Festival dei Cibi dei Borghi più Belli d’Italia, evento enogastronomico da segnarsi in agenda così come la Mangialonga Picena, undici chilometri e mezzo di buona cucina, di prodotti tipici e di buon vino divisi in due percorsi nei dintorni. Immancabile a febbraio il Carnevale, a settembre l’Offida Opera Festival e a settembre Di Vino in Vino.
L’antica Via Traiana e i misteriosi dolmen, i frantoi ipogei e le affascinanti masserie patrizie, la Cava di Pezza Caldara, le lame scavate nella roccia, gli insediamenti rupestri, gli impianti di itticoltura. E poi, gli habitat naturali del SIC, il Sito di Importanza Comunitaria “Litorale brindisino”, compreso nella rete europea “Natura 2000”, improntati alla salvaguardia di specie di flora e fauna a rischio di estinzione. Questo il complesso identikit del Parco Naturale Regionale Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, esteso nei territori di Ostuni e Fasano, nel brindisino, su circa 1.100 ettari, lungo 8 km di costa e 55 km di perimetro. Un’area che non smette mai di sorprendere, offrendo una varietà di paesaggi unica nel suo genere, alternando spiagge, dune fossili, zone umide, gravine e distese di oliveti secolari in cui è bello perdersi, a piedi o su due ruote.