Con la sua imponente forma a tronco di cono, il Nuraghe Ruju è un punto di riferimento nel territorio di Chiaramonti, nel sassarese, tappa obbligata lungo la strada Sassari-Tempio Pausania. Lo si nota subito in mezzo alla macchia mediterranea, con i suoi grossi massi squadrati di trachite rossa (da cui “ruju”, rosso), che gli conferiscono una caratteristica colorazione bruna. L’architettura è semplice ma d’impatto: venti filari di pietre disposte, partendo dal basso con le più grandi e salendo verso quelle più piccole, che racchiudono una camera centrale e tre laterali, più una superiore raggiungibile con una scala a spirale.
Destination: Sardegna Nuragica
Nuraghe Paddaggiu
Chi è pratico della costa della Sardegna via mare sa che fra Castelsardo e Valledoria, nel nord dell’isola, c’è un punto dove si può ammirare la famosa roccia dell’elefante, curiosa conformazione plasmata dal vento. Viaggiando via terra, sempre in questa zona, si fa tappa anche in un altro luogo iconico, il Nuraghe Passaggiu, fra i siti più significativi dell’età nuragica di tutta la provincia di Sassari. La struttura originaria del nuraghe era a tholos, con un bastione, due torri laterali e uno spesso muro di cinta slto 27 metri che includeva il villaggio di capanne, realizzate in pietra e con tetto in paglia.
Nuraghe Costa
Visitare una fortezza preistorica non è cosa da tutti i giorni, per di più immersa in un’oasi naturalistica fra le più belle e selvagge della Sardegna. Accade a Burgos, paese del sassarese noto sia per la Foresta Burgos, sia per la presenza del Nuraghe Costa, detto Sa Reggia per le sue dimensioni generose. Si tratta infatti di un edificio di 450 mq di superficie, con la classica pianta pentalobata, con torre centrale e mastio di 14 metri di diametro con quattro torri minori. L’elemento distintivo del Nuraghe Costa è però la cinta muraria difensiva affacciata su un dirupo e in ottimo stato di conservazione, lunga 70 metri e alta tre e con un camminamento di ronda largo oltre un metro, al di là della quale si scorgono i resti di una quarantina di capanne.
Terme Romane di Forum Traiani
Fondorgianus, nell’oristanese, è il più importante sito archeologico termale di epoca romana della Sardegna. Ad attirare qui, sulla riva del fiume Tirso, lungo la costa occidentale dell’isola, i Romani e prima ancora le antiche popolazioni sarde prenuragiche furono le acque surgive benefiche che sgorgano a 54 gradi, come ricorda il toponimo locale Caddas (calde, appunto), definite in latino aquae ypsitanae. Fu lo stesso imperatore Traiano a ordinare la costruzione dello stabilimento ai margini del centro urbano di Forum Traiani, il grande mercato di scambio tra comunità della costa e del resto dell’isola. Il forum divenne così anche luogo di benessere e di aggregazione sociale. Ciò che rimane di quell’epoca d’oro è ancora qui da ammirare: un’architettura imponente, con porticato, sale e vasche che lasciano ben immaginare lo splendore “imperiale”.
Il tepidarium, al centro dell’impianto, aveva un tempo una volta a botte ed era circondato da porticati dove si sostava e riposava tra un bagno e l’altro. Ai lati, si trovavano le vasche di captazione e miscelazione e il Ninfeo, contornato da nicchie per l’esposizione di statue e cippi votivi, spazio sacro dedicato alle aquae calidae. Il circuito dei bagni caldi (calidaria) e il frigidarium con spogliatoi e spazi per il ristoro completavano il percorso.
Tanta ricchezza attirò anche un pubblico di personaggi abbienti, come testimoniano le molte strutture che nacquero attorno: abitazioni patrizie, “strutture ricettive” per visitatori, edifici pubblici civili e per i culti funerari. Oggi, gran parte di questi tesori giacciono ancora nel sottosuolo di Fordongianus, che in tanti punti del suo reticolato urbano mostra i segni delle antiche vestigia. La caduta dell’impero romano e la successiva costruzione di chiese, conventi e luoghi di culto nel Medioevo determinò l’abbandono delle Terme Romane di Forum Traiani.
Nelle vicinanze di Fordongianus c’è da visitare anche la Casa “Aragonese”, un edifico databile tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600, interessante frutto della sovrapposizione di elementi architettonici e decorativi “internazionali”, importanti nel periodo della dominazione spagnola, come per esempio il portico anteriore, che apre su tredici stanze distribuite in due unità abitative. Sul retro della Casa Aragonese si sviluppano invece l’orto-giardino, la stalla e un ambiente adibito a ricovero dei carri agricoli. La singolarità di questa struttura è dimostrata anche da un accadimento: nel 1911, in Piazza d’Armi a Roma, nell’ambito delle mostre di etnografia italiana organizzate in occasione del cinquantennio dell’Unità d’Italia, fu realizzata l’esatta riproduzione di questa abitazione, considerata un vero unicum in Sardegna.
Area Archeologica di Tharros
A Cabras, nell’oristanese, ci si va per praticare escursionismo naturalistico nel grande stagno dove stanzia una colonia di fenicotteri rosa, ma anche per ammirare uno dei rari siti archeologici affacciati sullo splendido mare della Sardegna. Fondata sulla penisola del Sinis nell’VIII secolo a.C. e abbandonata nell’XI d.C., Tharros è stata nei secoli insediamento nuragico, emporio fenicio, fortezza cartaginese, urbs romana, capoluogo bizantino e capitale arborense. Oggi è un’Area Archeologica di grande fascino, delimitata da un lato dall’istmo di Capo San Marco e dall’altra dai colli della borgata di San Giovanni di Sinis e di su Murru Mannu. Proprio sulla sommità del colle si trovano i resti più antichi, quelli del villaggio nuragico abbandonato già prima dell’arrivo dei fenici. Tracce di nuraghi sono state rinvenute anche sul promontorio di San Marco e nei pressi della Torre di San Giovanni, mentre risalgono all’età punica due necropoli e un tophet, santuario cimiteriale con resti di neonati e animali sacrificati. Se qui i corpi erano incinerati, con l’arrivo dei Cartaginesi si iniziò a praticare l’inumazione, come attestato da alcune sepolture a fossa e tombe ‘”a camera” segnalate da steli con immagini delle divinità Baal Hammon e Tanit. E proprio dalle necropoli derivano la maggior parte dei reperti, quali manufatti dei corredi funebri composti da ceramiche, gioielli, amuleti, scarabei.
Sulla collina di San Giovanni era collocato il quartiere di Tharros cosiddetto di Montiferru, dove si concentravano le botteghe di fabbri e da cui partivano le mura difensive della città fortificata. La città, prima di cadere sotto il dominio romano nel 238 a.C., mostrava numerosi edifici civili e sacri, e fra quest’ultimi c’è il “tempio delle semicolonne doriche”, in parte smantellato in età imperiale per lasciare spazio a un nuovo santuario. Del tempietto K, costituito da portico e altare con cornice a gola egizia, si notino i due blocchi con incise lettere semitiche provenienti da un precedente edificio punico, e di ciò che era un suggestivo tempio tetrastilo affacciato sul mare le uniche due colonne rimaste in piedi, frutto di un passato tentativo di ricostruzione. Il cattivo stato di conservazione di tutti questi monumenti si deve in particolare a un fattore: a un certo punto, divennero la “cava” cui attingere gli elementi e i materiali architettonici per la costruzione della Chiesa di Santa Giusta.
In età imperiale, l’urbs assunse la classica configurazione ortogonale dovuta alla centuriatio, con un articolato sistema fognario e con strade a perpendicolo lastricate e imperniate su cardo e decumano. Nel III d.C., Tharros si arricchì di un acquedotto, il castellum aquae, e di tre impianti termali a ridosso del mare, che nell’alto Medioevo furono utilizzati come sepolture bizantine. Anche le aree funerarie furono modificate secondo l’uso dell’Antica Roma: tombe “alla cappuccina”, inumazione in anfore, mausolei, sarcofagi e così via. I ricchi corredi funebri, così come quanto era rimasto a lungo a decoro dei monumenti, fu depredato prima dai saraceni e poi, dal XVII secolo, dai cercatori di tesori. Per fortuna, parte di questo ingente “bottino” è finito al British Museum di Londra, parte nei musei archeologici di Cabras e Cagliari e nell’Antiquarium arborense di Oristano. Dall’800 in poi sono stati realizzati scavi scientifici, tuttora in corso, che non hanno mai smesso di aprire nuove finestre sul passato lungo e ricco di questa città dalla mille vite e volti.
Parco Archeologico Naturalistico di Santa Cristina
Al km 115 della S.S.131 dell’oristanese, all’altezza di Paulilatino, si fa tappa al Parco Archeologico – Naturalistico di Santa Cristina, 14 ettari di olivi secolari e macchia mediterranea dove si scorgono il pozzo sacro di Santa Cristina, considerato uno dei più importanti monumenti del patrimonio archeologico religioso della Sardegna nuragica, un interessante villaggio nuragico con nuraghe monotorre datato al XVI sec. a.C. e un villaggio di epoca cristiana. La tecnica edilizia del tempio a pozzo risale al XII sec. a.C., e come tale è uno dei più straordinari esempi di opera architettonica di quel periodo, composto da un vestibolo (dromos), un vano scala e una camera ipogeica a “tholos”. Il tutto circoscritto da una cinta muraria perimetrale (themenos), lambita dai resti del villaggio, in cui si emergere la “capanna delle riunioni”, con un sedile in pietra dall’andamento circolare.
Di forma circolare è anche il nuraghe Santa Cristina, alto circa 6 metri e con un breve corridoio che introduce nella camera principale, anch’essa tonda, coperta da una falsa cupola (tholos) perfettamente conservata. Attorno al nuraghe si sviluppa un vasto villaggio, frutto di una serie di sovrapposizioni di epoche diverse: due le capanne principale, una lunga 14 metri, integra, l’altra priva della copertura. La visita del Parco Archeologico – Naturalistico di Paulilatino comprende il santuario cristiano che ospita la piccola chiesa campestre di Santa Cristina, voluta dai Camaldolesi in epoca medioevale, che trova nella seconda domenica di maggio e nella quarta domenica di ottobre i suoi due momenti clou: il primo vede svolgersi le celebrazioni per la festa in onore di Santa Cristina, il secondo quella in onore dell’Arcangelo Raffaele.
Santuario di Sos Nurattolos e Nuraghe Boddò
Punta Senalonga, in provincia di Sassari, è una meta dove si concentrano numerosi luoghi di interesse storico-archeologico. In primis, il santuario di Sos Nurattolos, il sito più importante del territorio di Alà dei Sardi: databile tra 1600 e 900 a.C., è un complesso sacro dedicato al culto delle acque che si articola in tempio a megaron circolare ben conservato, e in una grande capanna, anch’essa circolare e dotata di stanza d’ingresso e di una camera. A poca distanza, con una piacevole passeggiata nella macchia mediterranea, si trovano poi il nuraghe Boddò e il villaggio nuragico di su Pedrighinosu.
Nuraghe Albucciu
Lungo la SP 125 che partendo da Olbia risale verso Nord in direzione di Santa Teresa Gallura ci si può concedere una breve sosta nei pressi di Arzachena. Precisamente, a 2,5 km dall’abitato, si seguono le indicazioni per il Nuraghe Albucciu, immerso in un boschetto di olivastri e macchia mediterranea. Si tratta del classico protonuraghe a corridoio, con coperture tronco-ogivali a tholos, tecnica costruttiva realizzata con blocchi di granito, addossati con cura a un’imponente roccia che fa da parete.
Un luogo isolato dal mondo ancora oggi che nell’antichità serviva per la lavorazione del latte e dei cereali, la cottura del pane e di altri cibi, così come testimoniato da diversi reperti rinvenuti sia negli ambienti interni che sulla terrazza dell’edificio. Si vedano in particolare un pugnaletto a elsa gammata, una statuetta di offerente e un ripostiglio di bronzi, utili anche per datare il Nuraghe Albucciu tra la fine del Bronzo Medio e l’Età del Ferro (1400-650 a.C. circa).
La breve passeggiata che conduce da questo corpo centrale alla Tomba dei Giganti, posta a circa 80 metri, permette di attraversare l’area un tempo occupata da un villaggio di capanne, di cui si può ancora intuire la consueta conformazione circolare.
Nuraghe Loelle
I nuraghe potevano essere sostanzialmente di due tipologie: a tholos, quindi con una pseudo cupola a volta, o a corridoio. Il Nuraghe Loelle è di tipo misto, formato da una torre centrale e da un bastione trilobato. Situato fra graniti, boschi e macchia mediterranea nella zona del Monte Acuto, nel cuore della Gallura, nel sassarese, il Loelle è frutto di una serie di riadattamenti occorsi nei secoli: una rampa di scale posta all’ingresso conduce a girare in senso orario attorno alla torre, e una volta al secondo livello, si trova un altro corridoio che permette di salire al terzo livello ma, al termine dello stesso, anche di tornare al piano terra. La visita del sito termina a circa centro metri da qui, dove si trova una Tomba di Giganti, della quale sono visibili i filari del corridoio e tracce dell’esedra.
Parco Archeologico di Iloi
Ad appena 2 km dal borgo di Sedilo, nell’oristanese, si può visitare il Parco Archeologico di Iloi, posto su una collina di 270 metri di altezza che domina l’antica valle del fiume Tirso e il Lago Omodeo. Al centro del sito si erge il nuraghe complesso con tre torri e corpo trapezoidale, realizzato in più fasi, fino al Bronzo finale. Tutt’attorno si sviluppa l’abitato con numerose strutture circolari, alcune delle quali con funzione cultuale, e due Tombe di Giganti, con corpo centrale absidato, corridoio funerario coperto e prospetto a esedra.
A circa 300 metri dai resti nuragici, si possono riconoscere anche le tracce di 33 domus de janas, che formano la necropoli di Ispiluncas, scavata nel tufo nel Neolitico finale. Le domus sono in parte pluricellulari, in parte monocellulari: ne sono un esempio la “tomba 2”, articolata in 13 ambienti e con tracce di pittura rossa, segno di una certa cura estetica, e la “tomba 3”, con un ambiente centrale quadrangolare attorno al quale si dispongono i vani secondari. Entrambe le sepolture sono state impiegate fino all’alto Medioevo.
Il Parco di Iloi è solo una delle attrattive del borgo di Sedilo, al centro di un’area di grande interesse naturalistico: il Lago Omedeo è infatti meta ideale per escursioni di trekking e per la pratica della canoa. Non solo. Qui si trova anche il Santuario di San Costantino, che ogni anno a luglio fa da sfondo alla giostra equestre dell’Ardia, e che nel resto dell’anno, avvolto nel silenzio di una natura incontaminata, torna ad accogliere pellegrini nelle numerose cumbessias, gli alloggi destinati all’accoglienza.