Possedere un sito archeologico non è cosa comune, e ciò fa del Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu un unicum assoluto, dell’oristanese e della Sardegna tutta. Parte del nuraghe è infatti stato donato allo Stato agli inizi del Novecento, ma parte è ancora di proprietà privata. Ancora, perché nella realtà il Comune di Villanova Truschedu sta ultimando le pratiche per acquisirlo e trasformarlo in un parco archeologico e naturalistico aperto al pubblico. Nel frattempo, non resta che ammirare ciò che è stato riportato alla luce dagli scavi eseguiti intorno al 1915 da Antonio Taramelli, e poi ripresi nel 1991-92 dalla Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano. Risale invece al 2006 il cantiere sostenuto dal Comune di Villanova Truschedu per eseguire opere di sistemazione e valorizzazione. In particolare, con gli scavi degli anni Novanta sono stati recuperati numerosi reperti oggi conservati all’interno del complesso del nuraghe Losa di Abbasanta.
Una visita del sito permette di apprezzare la struttura complessa del nuraghe, composto da diverse strutture: un corpo principale, un cortile scoperto, una torre secondaria e una principale. Entrambe le torri presentano due camere circolari coperte con volte a cupola, e la più grande della torre maggiore, con un diametro di quasi 7 metri, è fra le più vaste della Sardegna. Il nuraghe Santa Barbara si trova al centro di un insediamento sorto in età nuragica e abitato fino al periodo altomedievale, come ricorda il nome stesso, allusivo della presenza di una chiesa di età bizantina o anche successiva. Fra la vegetazione selvaggia si può infine scorgere la traccia di un’imponente muraglia costruita con blocchi di grandi dimensioni, che un tempo difendeva l’intero abitato.
Mogoro è un borgo dell’oristanese noto per la produzione di ottimi vini e tessuti artigianali, oltre che per la natura rigogliosa e selvaggia che lo circonda. Qui, immerso nella macchia mediterranea si trova il Parco Archeologico di Cuccurada, arroccato sullo sperone roccioso noto come Sa Struvina: la vista spazia dalla valle del rio Mogoro al mare della Costa Verde, attraverso Campidano e i monti Arci, Arcuentu e Linas. Un panorama che apre il cuore e predispone alla scoperta delle vestigia antiche riportate alla luce grazie a una dozzina di campagne di scavo tuttora in corso: una muraglia megalitica, una struttura ciclopica a pianta ellittica, un nuraghe dalla struttura complessa e inconsueta e i resti di capanne nuragiche sovrapposte a un più antico insediamento eneolitico, risalente cioè alla seconda metà del III millennio a.C.. A fare di Cuccurada un sito “speciale” è proprio la sovrapposizione di varie culture in un lasso di tempo amplissimo che parte dalla cosiddetta cultura di San Michele di Ozieri, datata al Neolitico finale (3200-2800 a.C.).
Un cosiddetto protonuraghe del XX-XIV a.C., ossia l’edificio primitivo “a corridoio”, fa da base al nuraghe con la funzione di fortezza, inglobato poi in una sorta di bastione con quattro torri perimetrali, raccordate da mura rettilinee che chiudono un vasto cortile interno. Gli scavi effettuati nel cortine hanno svelato un unicum in tutta la Sardegna: la presenza di capanne all’interno delle mura, coeve di quelle extra perimetrali, risalenti forse al Bronzo finale, ma costruite su strutture precedenti utilizzando conci del nuraghe stesso. Risale invece alla fine del III millennio a.C. la poderosa muraglia megalitica che circonda tutto il sito. La visita del Parco Archeologico di Cuccurada trova la sua estensione nel Museo Archeologico di Cagliari, allestito nel seicentesco Convento del Carmine di Mogoro: qui sono infatti conservati i molti reperti rinvenuti durante gli scavi, quali
scodelle, ciotole e tegami, reperti litici, fusaiole per la filatura, e un piccolo ‘bottone’ in bronzo, raffigurante una dinamica scena di caccia.
Lungo la Strada Statale 74 che transita da Aggius verso Trinità d’Agultu, in provincia di Sassari, si trova il Nuraghe Izzana, databile tra la fine del Bronzo antico e il Bronzo finale, ad oggi una delle strutture nuragiche più maestose e particolari della Gallura. Grandi massi di granito dalle curiose forme antropomorfe conducono nel cuore della Valle della Luna – nota per la sua bellezza selvaggia e per le grotte scavate da vento e acqua – dove si erge la torre del nuraghe, possente e formata da blocchi di granito appena sbozzati e disposti in filari irregolari. La struttura ha vari ingressi, che portano tutti alla camera a tholos, che fanno pensare a una serie di rimaneggiamenti succedutisi nel tempo.
Il culto degli antenati e delle divinità delle acque era l’elemento portante dell’Area sacra di Sa Carcaredda, come testimoniano gli straordinari reperti rinvenuti all’interno del tempietto circolare. Situato in località “Funtana ‘e Binu”, non lontano dal lago dell’alto Flumendosa, il sito archeologico offre la possibilità di scoprire un angolo si Sardegna pressoché sconosciuto, al confine fra Ogliastra e Barbagia. Esso si articola in una serie di monumenti, e precisamente un tempio, un villaggio e quattro tombe dei giganti.
Il tempio è un raro esempio di struttura nuragica: una volta, al centro dell’edificio si ergeva il consueto focolare rituale realizzato con piccoli blocchi di calcare rivestiti da uno strato di argilla, cui si sovrapponevano altri blocchi di calcare, legati fra loro da grappe in piombo. Non mancano gli abbellimenti estetici: decorazioni incise che simulano un nuraghe quadrilobato caratterizzano la parte esterna.
Nei dintorni del Comune di Villanova Tulo, provincia di Sud Sardegna, si trova il Complesso Nuragico di Adoni. La sua pianta complessa è resa in parte inagibile anche per la presenza di alberi secolari che impediscono l’ingresso ad alcuni ambienti, ma visitare l’area ha comunque il sapore di una piccola scoperta. Belle le torri angolari del nuraghe, all’interno di una delle quali sono stati rinvenuti reperti in bronzo e fittili di diversa funzione. Il pezzo più importante è sicuramente la bella brocca “oinochoe” che si rifà al modello etrusco e poi greco dei recipienti impiegati per servire il vino, tipologia assai diffusa in tutta la penisola italiana.
La bella spiaggia di Orrì è quanto si può ammirare dal sito archeologico del Nuraghe di S’Ortali e Su Monti, sulla costa ogliastrina, nella Sardegna orientale. Il complesso comprende un nuraghe con mura e annesso villaggio, una tomba di giganti, tre menhir e una seconda cortina muraria. Pur essendo in pessime condizioni di conservazione, il nuraghe ha una torre con ingresso trapezoidale e architrave.
Nei dintorni, oltre il muro del nuraghe, sono state evidenziate numerose capanne, fra cui due circolari, con focolare centrale, attorno al quale sono riemersi materiali d’uso quotidiano, come ceramiche, macine e pestelli. Il sito conserva anche nove “siloi” per la conservazione di derrate alimentari, testimoniate da abbondanti resti di granaglie. A valle del rilievo su cui si trova l’area di S’Ortali e Su Monti c’è la tomba di giganti, datata intorno al 1500 a.C., con sepoltura e stele centinata, il tutto realizzato con blocchi di granito e di porfido poliedrici di medie dimensioni.
Lungo il pendio dell’insellatura si trovano tre menhir: il primo lungo 4,25 metri e largo 0,98, appuntito e fratturato in due tronconi; il secondo lungo 2,65 e largo 1,30, di tipo protoantropomorfo con forma ogivale e sezione piano-convessa; il terzo misura 3,60 metri di lunghezza e 0’98 di larghezza, anch’esso protoantropomorfo, di forma ogivale e con sezione piano-convessa schiacciata.
L’Area di Sa Carcaredda si articola in una serie di monumenti, e precisamente un tempio, un villaggio e quattro tombe dei giganti. Situato in località “Funtana ‘e Binu”, non lontano dal lago dell’alto Flumendosa, il sito archeologico si colloca al confine tra l’Ogliastra e la Barbagia, in un territorio spesso sconosciuto anche agli habitué della Sardegna perché lontano dalle rotte turistiche. Il tempio è un raro esempio di struttura nuragica: una volta, al centro dell’edificio si ergeva il consueto focolare rituale realizzato con piccoli blocchi di calcare rivestiti da uno strato di argilla, cui si sovrapponevano altri blocchi di calcare, legati fra loro da grappe in piombo. Non mancano gli abbellimenti estetici: decorazioni incise che simulano un nuraghe quadrilobato caratterizzano la parte esterna, mentre bronzi votivi e strumenti d’uso quotidiano sono un regalo inaspettato del passato rinvenuto fortuitamente in scavi recenti.
Il Marghine è un’area della Sardegna Centro-Settentrionale che poco ha a che fare con l’isola dal mare cristallino e dei resort extralusso. E’ una zona dove si va per scoprire autenticità, atmosfere antiche, natura selvaggia e persino una civiltà che ha avuto origine e sviluppo esclusivamente nei dintorni di Macomer. Si tratta delle cultura neololitica denominata Filigosa-Abealzu, attiva nei sito del Nuraghe Ruiu e della Nacropoli di Filigosa, in uso dalla metà del III millennio agli inizi del II millennio a.C.. Quest’ultima comprende quattro tombe, tre delle quali scavate ai piedi dell’altura, la quarta in posizione sopraelevata. Lunghi corridoi introducono alle sepolture, disposte sul crinale naturale della collina. Al centro della camera sepolcrale si trova un focolare circolare, probabile segno per accompagnare il defunto nel regno dei morti.
Lungo la Strada per Santulussurgiu, in direzione Macomer, ci si imbatte nel Complesso Archeologico di Tamuli, uno dei più importanti del nuorese. La sua rilevanza dipende in particolare da tre Tombe di Giganti, cui si aggiungono un nuraghe e un villaggio.
Della tomba I si noti soprattutto l’ampia esedra semicircolare che lungo il perimetro ha un sedile formato da 27 blocchi di basalto, e che introduce a un ambiente lungo 14,40 metri e largo 7. Il corpo tombale della tomba II è invece di 11,40 metri, cui si accede tramite un corridoio di 8,20 metri. Della tomba III rimangono pochi resti, mentre a poca distanza si erge il nuraghe, di tipo complesso, costituito da un mastio e da un bastione bilobato addossato sulla fronte, che racchiudeva probabilmente due torri e le cui dimensioni sono 16,30 metri per 12,50, con un’altezza di 2,15 metri. Villaggio e fonte nuragica chiudono la visita del sito.
L’era cosiddetta dei metalli, compresa fra il 3000 e il 1100 a.C., è una di quelle meglio rappresentate dai numerosi nuraghe diffusi un po’ in tutta la Sardegna, in particolare nel nuorese, nella zona di Macomer e Villanova. Qui si trova per esempio il Nuraghe di Santa Barbara, del tipo “a tancato”. La torre centrale è a pianta circolare, vi si accede attraverso un corridoio con scala elicoidale e nicchia. Ha pianta circolare del diametro di circa 7 metri anche la camera “a tholos” e presenta in cima alla parete il vano di una scala sussidiaria che conduce sopra al corridoio d’ingresso. L’intricato sistema di condotti è fra le caratteristiche più originali di questa costruzione, che poi nel tempo fu appunto trasformato nel tipo “a tancato”, con l’aggiunta di un secondo edificio di dimensioni inferiori che insieme forma un cortile.