L’ultima fase dell’Età dei Metalli, identificabile con quella del Bronzo Medio, ha visto crescere numericamente la presenza dei nuraghe nel nuorese. A Meana Sardo si visita il Sito Archeologico Nuraghe Nolza, i cui recenti scavi hanno portato alla luce diversi ambienti interni del monumento, che regala anche una bella visuale d’insieme dei dintorni grazie a una scala che porta nella parte superiore. Molti i reperti ritrovati, soprattutto in ceramica, come ciotole, scodelle e grandi tegami, in trachite e granito o in ossidiana, come pestelli ed elementi di falcetto a forma di semiluna. Tante le ossa di animali, spesso impiegate come utensili o monili decorativi.
Destination: Sardegna Nuragica
Villaggio Nuragico Sa Sedda ‘E SO S Carros”
Supramonte è la zona calcarea della Valle di Lanaitto che fa da sfondo al villaggio nuragico noto come Sa Sedda e Sos Carros, nel Comune di Oliena, nel nuorese, a circa 300 metri sul livello del mare. Letteralmente, Sos Carros vuol dire ”il punto di passaggio dei carri”, e l’epoca di realizzazione del villaggio-santuario è compresa fra il XII e il IX secolo a.C., periodo detto anche Età Nuragica in cui in tutta l’isola era assai diffuso il culto delle acque. Qui sono infatti ancora ben visibili edifici funzionali alla captazione e canalizzazione delle acque, oltre che da vari ambienti di servizio, come “templi a pozzo” e “rotonde con bacile”. Sos Carros presenta una struttura abbastanza complessa: il sito è caratterizzato da capanne a pianta circolare e ovale e da un edificio/insula dal perimetro esterno sub-circolare con funzione di spazio di culto o per il deposito/stoccaggio di prodotti metallici, con un cortile centrale, anch’esso a pianta circolare, in cui è contenuta la vasca di contenimento dell’acqua. Nell’insieme, risultava un’insula separata dal resto del villaggio da un muro esterno ciclopico.
La stanza detta “rotonda con bacile”, del diametro di 2,5 metri e con un alzato massimo di 1,80 , è definita “fonte” e presenta un effetto cromatico bicolore grazie a blocchi squadrati di calcare bianco alternati a blocchi di basalto scuro. Modanature, sedili, stipiti lavorati e soprattutto un pavimento rifinito da minuziosi decori fanno capire la cura e l‘attenzione ai dettagli in uno spazio dove tutto converge al centro, verso il bacile di 70 cm di diametro decorato da sette teste di muflone scolpite.
Il santuario di Sa Sedda de Sos Carros aveva inoltre funzione di centro di fusione e lavorazione dei metalli, come si evince dal ritrovamento di una cospicua quantità di oggetti in metallo, prevalentemente di bronzo, quali frammenti di asce, puntali di lance e di frecce, picconi, anse di bacili, fibule, oltre ad oggetti di particolare pregio quali navicelle di varia tipologia e una brocca askoide a doppio collo.
Nuraghe Arrubiu
Il fiume Flumendosa richiama territori lontani, invece siamo nel cuore della Sardegna centro-meridionale, precisamente nella regione del Sarcidano, al centro dell’altopiano basaltico di Pranemuru. Si viene fin qui per scoprire l’anima più autentica e sconosciuta dell’isola, che si respira in luoghi come l’Arrubiu, uno dei nuraghi più importanti e imponenti della Sardegna ma soprattutto l’unico pentalobato fino ad oggi conosciuto. Grossi blocchi di basalto rossastri (da cui il nome, che significa “rosso”) poggiano su filari regolari di massi più piccoli lavorati con malta di fango, formando un mastio centrale circondato da un bastione di 5 torri e da 7 torri che delimitano all’interno 3 cortili. Il mastio conserva la tholos inferiore e parte della camera del primo piano e un piccolo vano a cupola.
La visita del nuraghe Arrubiu e del villaggio che si estendeva attorno è un’immersione totale nel passato: gli scavi, seppur parziali, sono datati tra le fasi finali del Bronzo medio e il Bronzo finale. All’inizio dell’età del Ferro la vita si interruppe bruscamente, mentre dal II sec. a.C. fino al V sec. d.C. furono allestiti dei vani destinati alla vinificazione e ad altre attività agricole. Fra gli edifici degni di nota anche una piccola tomba di giganti con camera a filari.
Area del Complesso Nuragico di Serbissi
Vicino a Osini, nel nuorese, si apre una sorta di belvedere sull’Ogliastra e sulle Barbagie: l’area del Complesso Nuragico di Serbissi, dove sul “Taccu”, suggestiva rocca dalle pareti calcaree ripide e dall’aspetto impressionante, si distende il sito archeologico. Il villaggio si compone di un nuraghe complesso, una grotta con due ingressi, due tombe di giganti e due nuraghi monotorri. Il nuraghe è formato da un mastio e da tre torri raccordate da un bastione. Al centro c’è un angusto cortile-corridoio curvilineo, con pavimento a selciato, sul quale si affacciano gli ingressi delle quattro torri. Dell’abitato che si estende attorno al nuraghe sono stati individuati otto vani di isolati con sviluppo centripeto. Le capanne circolari presentano tramezzi murari e pavimenti ad acciottolato e hanno diametro che va dai 7 agli 8,5 metri.
Il Complesso Nuragico di Serbissi fu in uso dal Bronzo antico al Bronzo finale, periodo in cui fu utilizzato come magazzino per derrate alimentari. Chi volesse proseguire la visita può raggiungere il fondovalle, dove si trova una tomba dei giganti del tipo a filari con stele centinata, oggi interrata.
Area Archeologica “Santa Vittoria”
Provincia di Sud Sardegna, Area Archeologica “Santa Vittoria”. Gli studiosi della civiltà nuragica sanno che è qui che si trova uno dei più importanti complessi cultuali della Sardegna nuragica. E anche uno dei più vasti, poiché il santuario si estende su una superficie di oltre tre ettari. L’area si articola in varie strettire, fra cui pozzo sacro, costruito con blocchi basaltici, due templi, la “capanna del sacerdote”, il “recinto delle feste”, il gruppo del recinto del “doppio betilo”, il gruppo del “recinto dei supplizi” e la “curia” o “capanna della assemblee federali”. Benché risalente al Bronzo finale-prima età del Ferro, il sito di Santa Vittoria fu in uso fino all’età punico-romana, subendo varie modifiche, mentre risalgono alla dominazione bizantina la millenaria chiesa di Santa Maria della Vittoria e un cimitero.
Parco Archeologico di Suni
Il Nuraghe “Seneghe”, il Nuraghe complesso “Nuraddèo” e la necropoli ipogeica Domus de Janas “Chirisconis” costituiscono insieme il Parco Archeologico di Suni, dal 1998 punto di interesse dell’oristanese. L’area è parte di un Sistema Integrato Culturale (Progetto S.I.C.), in cui sono inserite anche la Casa della Tecnologia Contadina “Tiu Virgiliu”, e la zona umida “Pischina ‘e Paule”. Il nuraghe Seneghe si trova in posizione panoramica
sull’ampia valle di Modolo, nella regione della Planargia, nella Sardegna nord-occidentale, ed è un esempio perfettamente conservato di protonuraghe, con un corridoio da cui si dipartono tre nicchie, mentre grandi blocchi basaltici, privi di lavorazione, formano la torre alta oltre 6 metri.
Al centro dell’altopiano di Pedrasenta, sempre nella Planargia, sorge il nuraghe Nuraddeo, che presenta un mastio alto più di 14 metri circondato da un bastione di tre torri raccordate da cortine rettilinee, e cortile a cielo aperto a pianta pentagonale.
Infine, in posizione dominante sulla valle del Riu Mannu, in località “Badu ‘e crabolu”, c’è la necropoli a domus de janas “Chirisconis”. Scavato in un affioramento basaltico, il complesso ipogeico comprende 12 sepolture monocellulari e pluricellulari, con accesso quasi sempre costituito da un vestibolo.
Villaggio di S’Urbale
Dal Villaggio di S’Urbale, situato nella regione del Mandrolisai, lo sguardo spazia sulla vallata del Lago Coghinadorza, sul Monte Marghine, il Monte Ballu e sulle colline che portano verso la valle del Tirso. Sono una cinquantina le capanne del sito ancora visibili, tutte con vani a pianta circolare, con filari di blocchi di granito locale appena sbozzati e copertura formata da pali e frasche, come nelle attuali “pinnettas” dei pastori, isolate dall’esterno da argilla e sughero.
Si trovano nella parte più alta del colle gli 11 vani scavati di recente, fra i meglio conservati del Villaggio di S’Urbale per via delle asperità del terreno che l’hanno reso non sfruttabile in agricoltura. Fra questi, spicca il “Vano F”: il diametro esterno misura 7,20 metri, lo spessore delle murature 0,90 metri, l’altezza residua 0,80. Il vano converge su un focolare di forma quadrangolare, attorno al quale, da uno strato di terra sciolta carboniosa ricchissima di argilla staccatasi dall’intonaco delle pareti e dal pavimento, sono emersi un centinaio di reperti e utensili da cucina: olle a collo, fornelli fittili, frammenti di ciotole carenate, pesi da telaio. Quanto ritrovato lascia pensare che la struttura sia risalente al IX sec. a.C.; le altre capanne del villaggio sono invece databili alle fasi iniziali della media età del Bronzo fino alla prima età del Ferro. Per meglio comprendere il contesto, presso il civico museo archeologico di Teti è stata fedelmente ricostruita una capanna con i suoi arredi.
Santuario Nuragico di Abini
Bisogna puntare verso l’entroterra più profondo della Sardegna per raggiungere il Santuario Nuragico di Abini, immerso nella macchia mediterranea, fra lentischi e olivastri che lambiscono il corso del fiume Taloro. Siamo nella regione del Mandrolisai, e questo villaggio-santuario è uno dei più famosi e importanti del periodo nuragico. Un pozzo sacro protetto da un recinto si staglia fra le numerose capanne, prevalentemente a pianta circolare e con copertura dei vani realizzata con pali e frasche. Alcune capanne hanno elementi distintivi come il bancone sedile lungo il perimetro interno e il bacile in posizione centrale; altre hanno restituito scorie di rame, tracce che dimostrano l’antica funzione di bottega del fabbro o fucina. L’assenza nel pozzo di vani tradizionali dell’architettura templare nuragica, come l’atrio e la scala, e la presenza invece di altri ambienti dotati di bancone-sedile, fanno ritenere che ad Abini la funzione sacra (o almeno pubblica) spettasse agli ambienti che lo circondavano.
Dal sottosuolo sono inoltre emersi molti reperti in bronzo che attestano le abilità metallurgiche delle popolazioni locali e il ruolo preponderante nella zona del villaggio-santuario: spade votive, pugnali, braccialetti, anelli, e, soprattutto, statuine modellate come arcieri, guerrieri, sacerdoti colti in preghiera ma anche esseri demoniaci con molti occhi e braccia di ancestrale memoria.
Su Tempiesu
A Orune, in Località Sa Costa e Sa Binza, nel nuorese, si scopre Su Tempiesu, il cui contesto rende tutto assai suggestivo. L’edificio si trova infatti addossato a una ripida parete scistosa, da cui sgorga una sorgente. Su Tempiesu è molto di più che un antico edificio religioso: è l’unico esempio di struttura eretta e ben conservata come copertura di un pozzo sacro nuragico.
Complesso Nuragico di Janna e Pruna e la Fonte Sacra di Su Notante
Sulla costa est della Sardegna, nella zona denominata Baronia, si fa tappa al Complesso Nuragico di Janna e Pruna e alla Fonte Sacra di Su Notante, entrambe collocate sul Monte Senes, nei pressi di Irgoli, Nuoro. Benché diffusi in tutta l’isola, non sempre i villaggi nuragici offrono la possibilità di vedere questo genere di strutture, che qui invece emergono in tutta la loro complessità: facciate monumentali, grandiosi blocchi di basalto, muri di recinzione e terrazzamento, pozzetti di captazione di forma trapezoidale… Tutto lascia intuire l’attenzione e l’ingegno spesi nella realizzazione di un villaggio risalente all’Età dei Metalli. Molti anche i reperti rinvenuti durante le campagne di scavo, tra cui un frammento decorato “a pettine”, un’ansa a nastro e un frammento di spada votiva in bronzo.