Torre e Camminamento del Soccorso

La memoria del Brunelleschi è legata soprattutto alla celebre Cupola del Duomo di Firenze, ma il grande architetto del Rinascimento toscano realizzò anche opere di carattere militare di notevole interesse. Ne è un esempio il quattrocentesco Complesso della Rocca di Vicopisano, detto appunto del Brunelleschi, che comprende la Torre e il Camminamento del Soccorso, dal settembre del 2021 aperte al pubblico per chi volesse apprezzarne la perfezione ingegneristica e la bellezza dei panorami che circondano la Rocca.

La Torre del Soccorso fu originariamente realizzata a ridosso del porto sul fiume Arno, che proprio in questo punto lambiva le mura del castello, fino a quando nel XVI secolo non fu fatta una deviazione che ne spostò il corso. La Torre aveva un’evidente funzione di controllo del muraglione di accesso alla Rocca, mentre il Camminamento era stato progettato dal Brunelleschi come via di fuga privilegiata dalla fortezza al fiume e viceversa.

Riserva Naturale di Poggio all’Olmo

Cinigiano e Arcidosso sono i due piccoli Comuni in provincia di Grosseto fra i quali si sviluppa la Riserva Naturale di Poggio all’Olmo: 400 ettari che si estendono tra l’alto corso del torrente Ribusieri, affluente dell’Orcia, e attorno ai rilievi di Poggio all’Olmo, Poggio Materaio e Poggio la Torretta. L’oasi naturale si trova a un’altitudine compresa tra gli 800 e i 1000 metri circa, sufficiente per godere di vista unica sulla Valle dell’Ombrone, sul Monte Amiata e sulle dolci colline della Val d’Orcia, Patrimonio dell’Unesco.

Percorrendo uno dei sentieri tracciati, gli appassionati di flora e fauna troveranno ampia soddisfazione: lungo il percorso si ha la possibilità di apprezzare folti boschi di pino nero, abeti e castagni, fra cui esemplari di alberi secolari, alternati ad ampie praterie e distese di arbusti, con ginestre e felci quali la linaria purpurea e la viola etrusca. Fra gli esemplari arborei meritevoli di nota c’è un pero mandorlino di oltre 10 metri, situato sulla cima di Poggio all’Olmo fra noci e castagni ultrasecolari.
Una volta giunti in questa zona, occhi aperti: con un po’ di fortuna si possono anche avvistare falchi pellegrini e sparvieri.

Chiesa di San Lorenzo

Nel rileggere gli annali della Chiesa di San Lorenzo ad Acquasanta, nell’ascolese, ci si può perdere in mille rivoli, fatti di personaggi storici, artisti, scultori, proprietà diverse che si sono succedute nella gestione di questo luogo di culto datato al 1275, che si fa ricordare soprattutto per il suo pavimento realizzato in lastroni di travertino interrotto da alcune pietre tombali e per una delle raffigurazioni più famose e misteriose del “Sator”, il Dio seminatore ma con la falce in mano, pronto a mietere. Un “dettaglio” che ha fatto pensare che il luogo fosse in qualche modo legato all’Ordine dei Cavalieri Templari. Da notare per la qualità di realizzazione sono anche il baldacchino del Quattrocento, scolpito sempre in travertino da artigiani locali, e l’altare alto 25 palmi, del 1626.

Chiesa di San Giovanni Battista

La Chiesa di San Giovanni Battista ad Acquasanta, in provincia di Ascoli Piceno, ha origini antichissime, che vanno indietro nel tempo di secoli, oltre l’anno 1039. Già a metà dell’XI secolo, infatti, l’edificio veniva donato ai monaci farfensi. Ciò detto, quanto si apprezza oggi risale invece a due interventi importanti fatti più di recente, ossia alla seconda metà del Settecento e nel 1895.

Per quanto ci si trovi in un piccolo centro, il processo di urbanizzazione ha toccato anche questa parte delle Marche: se infatti fino all’inizio dell’Ottocento la chiesa si trovava in una posizione isolata rispetto all’abitato, oggi ne è parte integrante, senza soluzione di continuità. Il suo campanile con quattro pinnacoli sommitali si fa notare un po’ ovunque, e una volta davanti alla chiesa se ne apprezza la semplicità dell’impianto, con portale in travertino e facciata interamente costruita in conci di pietra. Varcata la soglia, si nota il netto contrasto fra la sobrietà esterna e la ricchezza d’arredi distribuiti nell’unica navata, fra cui qualche opera di buona fattura a firma dell’artista ascolano dell’Ottocento Giulio Cantalamessa.

Abbazia-Monastero Farfense di San Benedetto in Valledacqua (Acquasanta)

Dal 2002, il Monastero di San Benedetto in Valledacqua ospita una comunità di Monache Camaldolesi. Annesse al monastero ci sono 38 camere, dove ci si può immergere nella realtà della liturgia guidata dalla Congregazione Benedettina Camaldolese, in silenzio, preghiera e contemplazione di quanto Madre Natura ha regalato a questo fortunato lembo di terra situato fra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Il Monastero di San Benedetto in Valledacqua, Comune di Acquasanta, provincia di Ascoli Piceno, risale al 970 d.C. e nasce dai resti dell’antica Abbazia fondata alla fine del X secolo dai monaci di Farfa, di cui si conservano ancora splendidi affreschi. Il luogo è una tappa d’obbligo lungo il cosiddetto GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, un itinerario di trekking di 100 km che tocca piccoli borghi, eremi e castelli ai piedi del gruppo montuoso del Ceresa e dei Monti Gemelli.

Museo Archeologico di Artimino

Le origini etrusche del borgo di Artimino e del suo territorio si ricompongono nei mille frammenti e reperti conservati nelle teche del Museo Archeologico locale, istituito nel 1981 grazie alla sinergia del Comune di Carmignano e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Inizialmente allestito nei sotterranei della Villa Medicea “La Ferdinanda” – simbolo di questo piccolo borgo in provincia di Prato, oggi nel listing del Patrimonio dell’Unesco – dal 2011 ha sede negli ambienti delle ex-tinaie nel Centro Storico di Artimino, con ingresso da Piazza S.Carlo. L’intitolazione a “Francesco Nicosia” è un omaggio all’archeologo e già soprintendente delle lunghe campagne di scavo portate avanti per qualche decennio nel territorio del Comune di Carmignano.

Villa Medicea La Ferdinanda

Dal 2013, l’allure da prestigiosa dimora rinascimentale di Villa Medicea “La Ferdinanda”, detta anche “dei Cento Camini”, è tutelata come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Un passo importante e dovuto per proteggere quando conservato in cinque secoli di storia, nonostante le mille spoliazioni conseguite a vari eventi e alle proprietà succedute al suo fondatore. Fu il Granduca Ferdinando I de ‘Medici a volere una dimora di campagna ad Artimino, o meglio un casino di caccia che fosse anche un luogo dedicato all’otium, alle arti e alla poesia. Nonostante le dimensioni ragguardevoli e il progetto non certo semplice di Bernando Buontalenti, la costruzione fu portata a termine in soli 4 anni, dal 1596 al 1600.

Il borgo di Artimino, frazione di Carmignano, si scorge in cima a un poggio di fronte al parterre della Villa Medicea, belvedere naturale sui colli e sui vigneti del Montalbano, oggi parte dell’azienda vitivinicola Tenuta Artimino. Oggi la dimora è location di eventi, matrimoni e visite guidate a richiesta, che comprendono anche la bella loggia e la deliziosa cappella decorata da affreschi, realizzati da Domenico Cresti detto il Passignano e da Bernardino Poccetti. Splendida anche la scalinata a coda di rondine che dalla Loggia dei Paradisi conduce al giardino: benché le due rampe laterali risalgano agli anni Trenta, si devono sempre al Buontalenti. L’architetto Lusini, chiamato per tale modifica dall’allora proprietaria Contessa Maraini, pare infatti che ne abbia attinto l’impianto dai disegni originali firmati dal “collega” Maestro del Rinascimento.

Antica Rocca di Carmignano

Nel Medioevo, al centro della triangolazione di potere fra Firenze, Prato e Pistoia, c’è Carmignano, con il suo Castello detto “Rocca”, che in un documento datato all’anno 998, Ottone III di Sassonia concede al vescovo di Pistoia. Fra alterne vicende, in un susseguirsi di colpi di scena, assedi e battaglie, il borgo passa nel tempo sotto il potere di Prato, e tutt’oggi fa parte della sua provincia.

Carmignano vale la sosta già per il bel paesaggio che circonda l’abitato, intessuto di filari di vite e ulivi, e per la Chiesa di San Michele dove è custodita la famosa “Visitazione” di Jacopo Carucci, detto il Pontormo. Da qui si diparte il percorso pedonale che conduce fino al Castello, belvedere naturale sulla valle del Montalbano. Tracce delle mura medievali segnano il crinale della collina, lungo il quale si riconosce il Campano, antica struttura che custodiva la cella campanaria e l’orologio, mentre in cima al poggio sorge un torrione medievale, chiamato il Maschio della Rocca.

Eremo di Gamogna

Località Comune di Marradi. Diocesi di Faenza-Modigliana. Anno di consacrazione 1053. Stile architettonico romanico. L’Eremo di Gamogna è una di quelle mete capaci di arricchire un viaggio, grazie alle sue atmosfere mistiche, ai suoi silenzi, alla natura rigogliosa dell’Appennino Tosco-Romagnolo che lo avvolge. Gli annali raccontano di quando San Pier Damiani lo fondò dedicandolo a San Barnaba, per accogliere i monaci Camaldolesi della vicina Badia di Acereta, detta anche Badia della Valle. Di quell’epoca rimangono il chiostro, le celle, il forno, gli essiccatoi e la stalla, ambienti che rimangono a memoria delle molte attività che permettevano alla comunità monastica di essere autosufficiente. Ad oggi, le medesime celle sono abitate dalle Monache dell’Ordine Fraternità Monastiche di Gerusalemme, grazie alle quali il complesso dell’Eremo di Gamogna è visitabile e fruibile come luogo di preghiera.

Museo di Arte Contemporanea “Artisti per Dino Campana”

Poesia, pittura e scultura insieme in memoria di Dino Campana. L’ambizioso progetto nasce nel 1998 in seno al Centro Studi Campaniani “Enrico Consolini” di Marradi in collaborazione con l’Associazione culturale “Galleria 360°” di Montevecchio Emilia. Scopo dell’iniziativa, rendere omaggio all’opera del poeta Dino Carlo Giuseppe Campana – nato nel Comune in provincia di Firenze nel 1885 e morto a Scandicci nel 1932 -, autore di quello che è considerato un vero capolavoro della letteratura italiana del Novecento, “I Canti Orfici”. Nei suoi versi, definiti dai critici frutto di un visionario, Pier Paolo Pasolini, grande cultore di Campana, intravvide una precisa “cultura pittorica”, con chiari riferimenti al linguaggio cubista e al futurismo. Da qui, ecco appunto l’idea di creare il Museo di arte contemporanea “Artisti per Dino Campana”, cui hanno contribuito pittori e scultori del nostro tempo donando 57 lavori. In parallelo, negli stessi spazi del Centro Studi Campaniani, si può ammirare anche la Mostra Permanente Francesco Galeotti, pittore nativo anch’egli di Marradi, definito“il contadino”per il suo stile naif, vissuto fra il 1920 e il 2011 nelle stesse terre di Campana.

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