Museo Archeologico Giovannangelo Camporeale di Massa Marittima

Piazza Giuseppe Garibaldi a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, è sicuramente annoverabile fra le piazze più belle della Toscana e d’Italia, su cui affacciamo edifici di straordinaria bellezza giunti a noi intatti, senza che secoli di storia li abbiano scalfiti. Fra questi ci sono il Duomo, o Cattedrale di San Cerbone, già Monumento Nazionale, e il duecentesco Palazzo del Podestà, dal 1978 sede del Museo Archeologico di Massa Marittima, con una delle raccolte di reperti più importanti dell’area etrusca. Seguendo gli spostamenti di sede del Museo Archeologico, avvenuti dalla sua fondazione nel 1867 in poi, si toccano alcuni dei monumenti più interessanti di Massa Marittima. Inizialmente allestito nel Convento di Sant’Agostino, qualche anno più tardi viene spostato nell’ex Monastero di Santa Chiara e nel 1875 inizia ad arricchirsi di reperti rinvenuti nei territori di Canino, Orte e Tarquinia e durante le campagne di scavo nella zona delle Colline Metallifere e in particolare nell’area di Puntone di Scarlino. Nel 1958 avviene un altro “trasloco”, nel Palazzo delle Armi, affacciato su Piazza Matteotti e oggi riconvertito a Museo di Arte e Storia delle Miniere, fino ad arrivare al 1978 in cui il Museo Archeologico trova finalmente casa nel Palazzo del Podestà.

Qui, l’esposizione museale del piano terra permette un excursus storico che inizia dal paleolitico inferiore, basandosi soprattutto sui tanti reperti rinvenuti nelle numerose grotte presenti nel territorio, mentre al primo piano si sviluppa la Sezione Etrusca, che, come detto, conserva tutti i ritrovamenti della zona delle Colline Metallifere, di Punta dello Scarlino e vicino al Lago dell’Accesa.

Chiesa di San Gregorio Magno

Gregorio Petrocchini è stato uno degli abitanti più illustri di Montelparo. Appena eletto Cardinale, volle donare al suo paese un luogo di culto, la Chiesa di San Gregorio Magno, consacrata nel 1615.
La sua generosità non si fermò però qui: donò alla chiesa numerosi oggetti di culto, importanti reliquie e pure un considerevole lascito per i prelati che dovevano gestirla.

Buona parte di questa ricchezza andò però distrutta nel 1745 a causa di un incendio. Fra i pochi oggetti superstiti di quella tragedia ci sono ancora oggi i quattro altari laterali, i paliotti di manifattura romana e i quadri settecenteschi della Via Crucis, da attribuire alla bottega fermana del Troiani. Elemento di spicco sono pure le tre campane collocate nel campanile a vela, fra cui una datata al 1354 e proveniente dal Castello di Bucchiano.

Chiesa di San Michele Arcangelo

A metà strada fra il Mar Adriatico e i Monti Sibillini, su un colle che guarda sulla Valle dell’Aso, si trova Montelparo, borgo medievale con una notevole presenza di chiese. Su Via Castello, un tempo area in cui sorgeva una fortezza difensiva, affaccia la quattrocentesca Chiesa di S. Michele Arcangelo, in precedenza intitolata a S. Angelo. Dei tre portali, quello centrale è gotico-rinascimentale e i due laterali cinquecenteschi, e aprono su un’unica navata che va a terminare su un presbiterio rialzato. Un tempo, i due portali laterali davano accesso uno all’Oratorio della Confraternita del SS.mo Sacramento, l’altro all’antico Monastero Benedettino, creando un complesso assai articolato che lascia intendere l’importanza di Montelparo, all’epoca centro religioso di spicco.

Della Chiesa di S. Michele Arcangelo meritano un’annotazione a parte gli affreschi del presbiterio, dovuti a maestranze dalmate del ‘400, oltre agli affreschi lungo le pareti laterali tra cui quello rappresentante il Mistero della Umana Salvezza attribuiti al Maestro Giacomo Bonfini da Patrignone. Gli affreschi, insieme al monastero e alla cripta, sono oggetto di un restauro, che punta a restituire la giusta importanza a questo pezzo di storia, del territorio fermano e dell’arte.

Chiesa dei S.S. Pietro e Silvestro Montelparo

Dietro la sua semplicità architettonica, la Chiesa dei SS. Pietro e Silvestro a Montelparo nasconde una storia di oltre 8 secoli con alterne vicende. Una bolla papale del 1460 sanciva per esempio che dopo due secoli di vita, l’edificio doveva passare dalla proprietà del Monastero di S. Angelo Magno di Ascoli, che allora lo aveva affidato ad alcune monache, ai monaci della Congregazione Olivetana, che nel 1555 unirono alla Chiesa di S. Pietro de Roncone la chiesa rurale di S. Silvestro. Una volta varcata la soglia del portale gotico in pietra arenaria ci si ritrova in uno spazio unico, a una singola navata, che dà su una sagrestia disposta su due piani. E qui lo sguardo non può che soffermarsi su un ciclo di affreschi del XVI secolo di pregevole fattura.

Chiesa di Santa Maria Novella Montelparo

Fra i tetti del borgo di Montelparo, in provincia di Fermo, si identificano numerose croci e campanili di edifici religiosi, costruiti tutti fra il XIII e il XVII secolo. Una delle più antiche è la Chiesa di Santa Maria Novella, consacrata nel 1383 ma già esistente alla fine del Duecento, stando ad alcuni documenti della Santa Sede riguardanti tributi e pendenze economiche, periodo in cui dipendeva dal Monastero Farfense di Santa Vittoria in Matenano. Come per la quasi totalità degli edifici del borgo, la facciata della chiesa è realizzata in laterizi, con un portale in pietra arenaria che apre su interni in stile neo-classico, dovuti a un rimodernamento del 1790. Sotto un soffitto definito da un’unica volta a botte, sono disposti dipinti su tela, su tavola, murali e affreschi, fiore all’occhiello della chiesa e di Montelparo.

Borgo di Acquasanta Terme

Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga da un lato e quello dei Monti Sibillini dall’altro. Nel mezzo, Acquasanta Terme, tremila abitanti che guardano dall’alto la Valle del Tronto, lambita dalla Via Salaria che conduce fino ad Ascoli Piceno, fra fitti boschi di castagni, abeti, faggi e querce. Una natura generosa, che trova il suo elemento più prezioso nelle fonti di acque termali, la cui presenza ha plasmato la storia stessa di Acquasanta Terme, contesa nei secoli da Longobardi, Franchi, e persino dai monaci benedettini di Farfa e dai vescovi-conti di Ascoli. Conosciute sin dall’antichità, le acque benefiche sono state definitivamente incanalate in un moderno complesso termale “solo” nel 1780: cure per le infiammazioni dell’apparato locomotore, antroterapia per l’apparato respiratorio, cure dermatologiche, fangoterapia, sedute rilassanti e trattamenti di bellezza. Benessere a 360 gradi, che si completa con l’escursionismo naturalistico e culturale, trovando sfogo in pregevoli monumenti quali per esempio la fortezza di Castel di Luco, realizzata nel XIV secolo lungo la Via Salaria, appena fuori dal borgo medievale di Paggese.

Acquasanta Terme offre inoltre numerosi appuntamenti culturali e gastronomici, che permettono di vivere a pieno le tradizioni del territorio. Ne è un esempio la Festa d’Autunno, una coloratissima mostra-mercato dei prodotti del bosco che si tiene annualmente la terza domenica di ottobre: le degustazioni di castagne e marroni sono il must, ma l’occasione è ghiotta per assaggiare molte altre prelibatezze gastronomiche, nel corso di una passeggiata per le vie del centro storico, animato anche da mostre fotografiche e spettacoli a tema.
Altro evento cult è il 10 agosto, la Festa di San Lorenzo, con la rievocazione storica in costume e la cena medievale nella piazza di Paggese. Numerosi gli happening di vario genere nei dintorni: la Sagra della Focarola, una tipica focaccia al forno, a Ponte d’Arli, e la Sagra del Fungo Porcino ad Ascoli Piceno, capoluogo che trova nella Festa di Sant’Emidio, il suo patrono, il suo momento più alto, con la celebre Quintana, cui Acquasanta partecipa con una delegazione.

Chiesa di Santa Maria della Misericordia a Piè D’Agello

Il prospetto alle spalle della Chiesa di Santa Maria della Misericordia a Piè D’Agello è quello delle verdi colline nei dintorni di Amandola, borgo medievale del fermano conosciuto come la “Regina dei Sibillini”. Pace e silenzio sono la nota distintiva di un luogo votato alla protezione dei fedeli contro le avversità, così come racconta la dedicazione alla Madonna della Misericordia o del Soccorso. Dal 1403 in poi, questa piccola chiesa di campagna in laterizi è stata la tappa di pellegrini e credenti, ma anche di un certo numero di artisti che ne hanno arricchito gli ambienti con opere pittoriche e non solo. Oggi, dei molteplici adattamenti rimane ciò che è riemerso sotto gli strati di calce durante un restauro relativamente recente, effettuato nel 1973. Motivazioni votive emergono nelle diverse figurazioni di santi che affollano le pareti del santuario, esperienze artistiche provinciali eseguite da artisti “minori” di maestranze umbro-marchigiane della seconda metà del ‘400, con risultati per lo più di gusto tardogotico.

Teatro La Fenice di Amandola

Fra i vari esempi di teatri marchigiani ricavati nei palazzi comunali, uno dei più sorprendenti e antichi è quello del Teatro La Fenice di Amandola. Alcuni documenti datati al 1588 attestano infatti che in quell’anno vi si svolte la prima rappresentazione di S. Caterina. Ciò che si può ammirare ancora oggi è frutto di alcuni interventi successivi, che hanno convogliato nel piccolo borgo fermano le “lezioni” architettoniche dei grandi teatri italiani di ‘700 e ‘800, con l’adozione di una pianta ellittica e tre ordini di palchi sovrastati dal loggione a galleria con arcate definite da ringhiere a piastrini. Stucchi raffiguranti festoni, putti e medaglioni in stile neoclassico con contaminazioni liberty decorano invece la volta in prossimità del proscenio, in parte restaurati dal 1991 in poi. Chiuso per una trentina di anni a partire dal 1958 , il Teatro La Fenice di Amaldola vive oggi un’intensa vita culturale e d’estate fa da fulcro al Festival Ars Amando, evento itinerante nelle piazze e nei teatri del comune proponendo vari spettacoli.

Museo Antropogeografico

Visitare il Museo Antropogeografico di Amandola significa immergersi nel mondo delle tradizioni, dei costumi e dei lavori che venivano svolti sui Monti Sibillini. Plastici, spazi interattivi e un repertorio di oltre 300 fotografie lasciano intuire la complessità sociale del territorio ma anche la ricchezza floro-faunistica d’insieme. Il “paesaggio della diversità biologica” alterna le formazioni geologiche, le associazioni vegetali, le presenze faunistiche, lasciando poi spazio al “paesaggio umano” e ai segni lasciati sull’ambiente dal lavoro degli uomini e dai loro insediamenti, dall’età romana al monachesimo, fino ai modelli contemporanei.

Nella sezione del Museo Antropogeografico di Amandola dedicata al “paesaggio e alla sua rappresentazione” si passa invece a come il mito, il cinema e le arti in genere hanno saputo trasmettere le mille sfaccettature della zona dei Monti Sibillini, mentre nell’area intitolata al “paesaggio del futuro”, ci si addentra nei nuovi scenari e nei progetti di sviluppo del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Per scoprire ciò che ha causato in queste zone un evento tragico come quello del terremoto bisogna salire al terzo piano della Ex Collegiata, dove si trova il Deposito permanente di Opere d’Arte. Si tratta di una raccolta di opere salvate dalle numerose chiese danneggiate dal sisma ad Amandola e dintorni. Accanto all’esposizione in collaborazione con l’Università degli studi di Camerino e l’Università degli studi di Urbino, è stato approntato un laboratorio di restauro, dove è possibile seguire passo dopo passo il recupero di un importante patrimonio storico-artistico.

Lago di San Ruffino

Lago di San Ruffino, anno di “nascita” 1961. Si tratta infatti di un invaso artificiale, che crea ai piedi dei Monti Sibillini e a pochi minuti dal borgo di Amandola un’oasi naturalistica da vivere tutto l’anno. Il prezioso ecosistema acquatico di 260.000 mq di superficie comprende un bosco di roverella, boscaglie di impluvio e una fitta vegetazione composta di salici, ontani neri, pioppi bianchi, pioppi neri, pioppi tremuli e arbusti vicarianti. Sulle sponde è stato realizzato anche un allevamento di cervi, unici animali in cattività in un’area popolata da esemplari di tasso, istrice, faina, volpe e varie specie di rapaci, oltre a cinghiali e caprioli. Ricca anche l’avifauna di passo o nidificante: ecco dunque esemplari di airone bianco e cenerino, garzetta, gallinella d’acqua, svasso e anatidi di ogni genere.

Il nome dell’invaso si deve all’Abbazia dei SS. Ruffino e Vitale, antico luogo di culto romano non distante dal lago, che nelle sue molteplici stratificazioni identifica ancora un suggestivo ipogeo affrescato da monaci eremiti e una cripta.

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