Museo del Vino “Palazzo Ferraro”

Sopra il Comune, e sotto il Museo del Vino. Nel borgo di Melissa, nel crotonese, succede anche questo. All’interno della stessa dimora aristocratica, donata dalla casata dei Ferraro al Comune, Palazzo Ferraro appunto, coesistono due realtà ben distinte, al piano nobile la Sala del Consiglio e, al piano terra, l’esposizione che attraverso utensili e macchinari d’epoca illustra come si produceva vino fino a qualche decennio fa.

Stilo Porte Civiche e Mura di Cinta

Stilo, nel reggino, è noto soprattutto per la Cattolica, l’edificio religioso dalle linee bizantine icona anche del tratto di costa ionica sottostante. Inserito nel listing dei Borghi più belli d’Italia, Stilo era difesa un tempo da possenti mura perimetrali, di cui oggi ne rimangono solo alcuni tratti, comprensivi di tre porte d’accesso e due postazioni di guardia. Nonostante ciò, nei secoli il borgo è riuscito a preservare numerosi edifici storici dalle splendide architetture e un impianto medievale autentico, con vicoli e piazzette che si aprono all’improvviso su scorci di panorama che dal vere del Monte Cozzolino arrivano al blu del mare.

Chiesa Madre di San Nicola Vescovo

Un tempo, le confraternite calabresi avevano un grande peso sociale. Alle due confraternite laiche del Santissimo Sacramento e del Santissimo Rosario si deve la costruzione della Chiesa Madre di San Nicola Vescovo, la prima delle tre parrocchiali di Melissa, borgo in provincia di Crotone. Il suo parroco era chiamato arciprete, e aveva la funzione e l’autorità per richiamare a sé tutto il clero della città per lo svolgimento delle funzioni religiose, anche perché in essa si conservavano il sacramento dell’eucarestia, riposto in una custodia lignea dorata, l’unico fonte battesimale di Melissa e il sacrario. Alla fine del Settecento e verso la metà dell’Ottocento, l’edificio fu oggetto di importanti opere di restauro, e ancora oggi è ben conservato e aperto al pubblico.

Monumento ai Caduti di Fragalà

1949-1979. Il Monumento ai Caduti di Fragalà venne eretto in occasione del trentesimo anniversario della strage passata alla storia come” eccidio di Fragalà“. Fragalà era un fondo nei pressi del borgo di Melissa, nel crotonese, assegnato dalla legislazione borbonica del 1811 per metà alla casata dei Berlingeri e per la restante parte al Comune. Nella realtà, col tempo i Berlingeri avevano poi occupato l’intero latifondo. Negli anni immediatamente seguenti la Seconda Guerra Mondiale, e in particolare nel 1949, ben 14.000 contadini nella sola Calabria scesero in piazza per protesta perché i nobili non volevano consentire che le terre da loro abbandonate o in disuso fossero concesse ai mezzadri così come aveva stabilito una legge del Ministero dell’Agricoltura. Nell’ottobre del 1949, a Melissa, un gruppo di contadini fu attaccato dalle forze dell’ordine e tre manifestanti furono uccisi. L’evento ebbe una grande risonanza in tutto il Paese e anche all’estero, suscitando commozione e indignazione . Trent’anni più tardi, l’artista Ernesto Treccani, figlio del fondatore dell’omonima enciclopedia, donò ai cittadini di Melissa il Monumento a ricordo dell’eccidio. Il drammatico episodio ispirò anche alcune sue opere racchiuse nel ciclo “Da Melissa a Valenza”.

Casa-Chiesetta di San Nicodemo da Cirò

900-990. Queste le date di nascita e di morte di San Nicodemo da Cirò, noto anche come Nicodemo di Mammola, monaco cristiano venerato sia dalla chiesa cattolica che da quella ortodossa e ricordato ogni anno il 12 marzo, giorno della sua scomparsa, con una festa in suo onore. Il culto è diffuso in tutta la Calabria, ma è a Cirò e a Mammola che è più sentito. A Cirò si trova infatti la sua casa natia, trasformata nei secoli prima in oratorio e poi nella Casa-Chiesetta di San Nicodemo da Cirò, dove sono tutt’ora conservate le sue reliquie, mascella e due molari. Durante la celebrazione, la statua del Santo viene portata in processione insieme a quella del compatrono di San Francesco di Paola.

Chiesa del Purgatorio

Nel centro storico di Cirò c’è la Chiesa del Purgatorio, così denominata perché un tempo era la sede della Congregazione del Purgatorio, che come compito principale aveva quello di raccogliere le offerte dei devoti al momento del trapasso di un caro. Le anime dei morti venivano così accompagnate nell’aldilà, con preghiere e funzioni ad personam. A ricordo di ciò, sul portale d’ingresso è scolpito un teschio, mentre una volta varcata la soglia, si scoprono un altare con tre nicchie: in quella centrale c’è la statua dell’Immacolata, a destra quella di S. Pasquale e a sinistra quella di Gesù, e accanto a questa, la cella campanaria. Dopo anni in cui la struttura era stata abbandonata, il tetto era crollato e la chiesa chiusa al culto, oggi un attento restauro l’ha resa di nuovo agibile.

Centro storico Cirò

Cirò, o meglio Cirò Superiore, da distinguersi da Cirò Marina, sul litorale. Poco più di 2500 abitanti e una fama che travalica i confini della Calabria e non solo. E questo grazie al suo prodotto d’eccellenza, il bianco Cirò Dop, ma soprattutto per le molte bellezze storico-artistiche che riserva il suo centro storico, chiuso da una cinta muraria medievale. Quattro le porte da cui si accedeva ieri come oggi: Scezzari, Cacovia, Falcone e Mavilia. Quest’ultima è il varco verso il centrale Corso Luigi Lilio, omaggio al cittadino più celebre di Cirò, medico, astronomo e matematico italiano del Cinquecento, inventore del Calendario Gregoriano. Proseguendo, da qui si raggiunge la piazza principale, su cui affacciano le due principali attrazioni, il Castello Carafa e la Chiesa matrice di Santa Maria de Plateis.

Torre Normanna

Accanto al Castello di Cirò Superiore – l’abitato a monte rispetto a Cirò Marina, sul litorale – si erge la cosiddetta Torre Normanna, ritenuta essere il nucleo più antico del maniero stesso. Si tratta di un bastione pentagonale merlato, che poggia su una base circolare scarpata, attribuito alla nobile casata dei Carafa, feudatari di Cirò dal 1496 al 1542. Secondo alcuni studiosi altro non sarebbe che il frutto di un ampliamento di una preesistente fortificazione normanna dovuto a esigenze difensive, come avvenne contestualmente per il Palazzo della Licie, l’attuale Castello Sabatini, per il quale è documentata una ristrutturazione verso la fine del ‘500 con l’aggiunta di bastioni ai quattro angoli. Benché non visitabile per motivi di sicurezza, merita attenzione per la sua architettura esterna, ben visibile da Corso Luigi Lilio e dalla panoramica Piazza Mavilia.

Monumento ai Caduti della Prima e Della Seconda Guerra Mondiale

Anche un piccolo borgo del crotonese come Cirò ha offerto il suo tributo in vite umane all’esito dei conflitti bellici del Novecento. Se ne ha una misura camminando lungo il centrale Corso Luigi Lilio, dove ci si imbatte nel Monumento ai Caduti della Prima e Della Seconda Guerra Mondiale. Realizzato in marmo, cemento, pietra e bronzo, è piuttosto imponente e articolato, e frutto di due diversi momenti: nel 1921, anno di inaugurazione, fu infatti posta una lapide in bronzo con incisi i nomi dei 96 soldati nativi di Cirò scomparsi durante la Grande Guerra, mentre nel 1949 fu aggiunta una nuova lapide in marmo relativa ai caduti del secondo conflitto. Fulcro del monumento è infine una statua bronzea raffigurante un soldato ferito che stringe al petto un fucile.

Borgo di Corinaldo

Galeotto Malatesta. Un nome che a Corinaldo è sinonimo di distruzione. Fu lui infatti che nel 1360 rase al suolo questo antico borgo marchigiano nell’entroterra di Senigallia, ma ciò non impedì che i suoi abitanti lo ricostruissero da zero e anche meglio, come dimostra il fatto che oggi è inserito fra i “Borghi più belli d’Italia”. Ad accogliere i visitatori è un’imponente cinta muraria medievale, fra le meglio conservate non solo delle Marche ma forse d’Italia, cosa che ha preservato il centro storico da altre invasioni e distruzioni. Asse del paese è la Via Piaggia, una suggestiva scalinata di 109 gradini su cui incombono tutt’attorno case in mattoni rossi disposte a spina di pesce, e a metà della quale si trova il Pozzo della Polenta. Nome curioso che allude a un fatto storico che ha segnato il paese: nel ‘400, venne realizzato un pozzo per l’approvvigionamento idrico, poi interrato e infine ricostruito nel 1980. Da allora, proprio in questo luogo, ogni terza domenica di luglio viene rievocata una gloriosa pagina di storia, la cosiddetta Contesa del Pozzo della Polenta, a ricordo dell’eroica resistenza perpetrata nel 1517 dalla popolazione contro l’assedio di Francesco Maria I della Rovere.
Risale invece agli inizi del Novecento la triste vicenda della giovane martire Maria Goretti, nata a Corinaldo nel 1890 e morta a soli 12 anni in un tentativo di stupro e infine proclamata santa nel 1950. Nel borgo si visitano in sua memoria il Santuario di Santa Maria Goretti, dove è collocata un’urna in argento contenente una sua reliquia, e la casa natale, appena fuori dal paese.
Nel borgo c’è un’altra casa che richiama attenzione, ma per una storia assai diversa. E’ la cosiddetta Casa di Scuretto, soprannome dato a un certo Gaetano, ciabattino perditempo il cui figlio emigrato in America aveva fatto fortuna. Per anni aveva dunque mantenuto il padre inviandogli i propri guadagni, a patto che costui costruisse una bella casa per quando sarebbe rimpatriato. Gaetano però sperperava sempre tutto, e per continuare l’inganno, fece costruire una facciata, solo quella, e inviò la foto in America come prova. Il figlio però capì l’inganno e smise di mandare il denaro. La facciata è ancora lì, in piedi, al civico 5 di Via Piaggia, a ricordo anche di un’epoca di grandi flussi emigratori verso gli Stati Uniti.

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