Basterebbe la bellezza della natura incontaminata del Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane per giustificare la sua iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco, avvenuta nel 2009, ma a renderlo un luogo speciale sono anche alcune emergenze geologiche uniche e imperdibili. Per esempio, dalla Casera Casavento – una malga nota per l’ottima cucina tradizionale – si dipartono una serie di percorsi tutti meritevoli di attenzione e focalizzati ciascuno su un tema. Seguendo il Sentiero per il Triassic Park si raggiunge il sito dove si possono scorgere impronte fossili di dinosauro, nello specifico di un teropode, già di per sé un buono stimolo per un’escursione, mentre per chi è appassionato di speleologia, la meta è Landre Sur, o Grotta del Bosco, accessibile fino a un certo punto da chiunque grazie alla sua apertura di 20 metri per 15. Seguendo invece la Strada degli Alpini, siglata 966, si percorre una mulattiera tracciata all’inizio del ‘900 che arriva fino a Forcella Clautana, a 1432 metri.
Cambiando zona, dal piccolo borgo di Casso – indissolubilmente legato al ricordo della tragedia del crollo della diga del Vajont – si punta al Monte Borgà dove si trovano i cosiddetti Libri di San Daniele, spettacolare fenomeno carsico in cui le lastre di pietra sono accatastate come fossero pile di volumi, a tratti ordinati e a tratti messi alla rinfusa, colpo d’occhio d’insieme reso ancora più emozionante dalla vista sulle cime dolomitiche a 360 gradi. Molti altri sono i percorsi che consentono di perlustrare i 36.950 ettari del Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane, chiuso ai due lati dai corsi dei fiumi Tagliamento e Piave, e che ne fanno un vero paradiso per gli amanti dell’escursionismo, del trekking e dell’alpinismo aperto a ogni genere di visitatore e accessibile anche alle persone con disabilità.
Con i suoi ottomila ettari di verde nel cuore della Brianza, la Valle del Lambro offre un’esperienza da scoprire con calma, a piedi o in bicicletta, lungo le rive di questo fiume serpeggiante. Ideale sia per gli appassionati di attività sportive che per coloro che cercano una pausa rilassante, il Parco della Valle del Lambro si presenta come un rifugio naturale.
La fauna e la flora abbondano in questo ambiente, con scoiattoli, ghiri, volpi, tassi, faine, aironi, martin pescatori, ramarri, raganelle e tritoni, solo per citarne alcuni. La diversità biologica si riflette anche nella varietà della vegetazione, dai fiori nei prati alle querce, carpini, aceri, ciliegi, pioppi e salici che formano vasti boschi lungo le sponde del fiume.
Oltre alla bellezza naturale, il territorio del Parco è arricchito da tesori di archeologia industriale, con evidenze del settore tessile come il filatoio Krumm a Carate Brianza e fornaci per la lavorazione dell’argilla tra Briosco e Nibionno. Cascine e ville, tra cui la maestosa Villa Reale di Monza e Villa Taverna a Triuggio, aggiungono un tocco di storia e cultura all’area.
L’esplorazione del Parco è ottimale in bicicletta, seguendo la pista ciclabile principale di 30 km che attraversa l’intero parco da Monza al Lago di Alserio a Merone.
Praticare vela, surf, canoa, kayak e hovercraft. Oppure ancora affittare una moto d’acqua o muta e bombole per un’immersione. E tutto a 400 metri di quota, circondati da cime ardite, magari innevate. Accade sul Lago di Barcis, nella Riserva Naturale Forra del Cellina, bacino artificiale in provincia di Pordenone, dalle acque verdissime, che dai primi Anni ‘50 fa da richiamo nautico in un ambiente montano.
Il contesto è infatti quello del Parco delle Dolomiti Friulane, in cui converge, oltre a quella del torrente Cellina, anche la Riserva Naturale Foresta Regionale del Prescudin, raggiungibile solo a piedi e da perlustrare mediante dieci percorsi, che vanno dalle passeggiate rilassanti alle escursioni più impegnative, sempre e comunque circondanti dal verde.
Palazzo Reale a Milano, con la sua imponente presenza dietro il Duomo e di fronte alla Galleria Vittorio Emanuele II, offre un’eleganza neoclassica firmata dal celebre architetto Piermarini, noto per il Teatro La Scala. Questo palazzo, che inizialmente fu la sede del governo sotto le casate dei Torriani, Visconti e degli Sforza, ha attraversato secoli di storia, diventando anche residenza del Regno Lombardo-Veneto e successivamente del Regno d’Italia fino al 1919.
L’edificio, dopo essere passato al demanio, ha trovato una nuova vocazione come sede di mostre ed eventi, mantenendo intatta la sua grandezza storica. La Sala delle Cariatidi, risalente a prima dell’incendio del 1776 che distrusse il teatro originario, si presenta oggi come uno spazio visivo sorprendente. Nonostante i danni subiti durante i bombardamenti del 1943, la sala è una delle gemme suggestive di Milano, offrendo uno straordinario “belvedere” sul Duomo, la piazza e l’adiacente Arengario.
Nel 1609 venne inaugurata la Biblioteca Ambrosiana a Milano, la prima biblioteca aperta al pubblico, segnando un momento di svolta nella storia culturale europea. Fondata dal Cardinale Federico Borromeo, questo centro di studio e cultura è cresciuto nel corso del tempo, vantando oggi una collezione impressionante di 800.000 volumi, compresi 2.500 incunaboli, e oltre 35.000 manoscritti.
Nel 1621, sempre nello stesso edificio di Piazza Pio XI a Milano, sorse un’importante istituzione artistica: la celebre Pinacoteca Ambrosiana. La visita a questo luogo consente di immergersi nei momenti più significativi della storia dell’arte italiana, ammirando capolavori di maestri del calibro di Caravaggio, Cerano, Leonardo, Savoldo, Bramantino, Tiziano, Bernardino Luini, Bergognone, Moretto, Morazzone, Daniele Crespi, Botticelli, e molti altri.
Degni di nota sono anche i “cloni”, accuratamente creati in epoca Borromaica, che rappresentano fedeli riproduzioni di opere famose, come l’Ultima Cena di Leonardo, commissionati da Federico Borromeo a fini didattici e documentari. La Pinacoteca Ambrosiana si erge come un autentico scrigno di tesori artistici, offrendo ai visitatori l’opportunità di esplorare e comprendere il ricco panorama dell’arte italiana.
Nel panorama dell’arte e della moda, la Fondazione Prada si occupa di promuovere varie forme di espressione artistica e di salvaguardia del patrimonio culturale. La sua mission, focalizzata sull'”ampliare e approfondire i modi di imparare”, si concretizza attraverso mostre ed eventi che abbracciano pittura, scultura, fotografia e cinema.
La sede principale della Fondazione Prada, situata in Largo Isarco a Milano, rappresenta un connubio unico tra passato e futuro. Il recupero di un’ex distilleria dei primi anni del ‘900, integrata con i volumi futuristici progettati da Rem Koolhaas, ha dato vita a uno spazio di 19.000 mq. Questa operazione di archeologia industriale non solo ha ridefinito il profilo della zona sud di Milano dal punto di vista architettonico, ma ha anche contribuito in modo significativo alla dinamica culturale della città. Oltre alle mostre, l’auditorium e uno spazio per l’interazione culturale, la Fondazione Prada offre un ambiente accogliente per tutta la famiglia, compreso l’Accademia dei Bambini e un bar.
Camminando lungo Corso Magenta a Milano non si può non notare la bella facciata cinquecentesca in pietra grigia di Ornavasso della Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore. Poi, dietro questa quinta, ecco la vera sorpresa: un ricco ciclo di affreschi di scuola leonardesca, che sono valsi a San Maurizio l’appellativo di “Cappella Sistina” di Milano. Edificata nel 1503 su progetto del pavese Gian Giacomo Dolcebuono e portato a termine dal Solari, sorge sui resti di una preesistente chiesa annessa al Monastero Maggiore delle Benedettine, distrutto nel 1799.
Dalla laterale Via Luini si accede invece al coro delle monache, uno degli ambienti “segreti” da ammirare dopo aver dedicato il giusto tempo alla chiesa, composta da un’unica navata che rende ancora più fruibili gli affreschi. Opere del Lomazzo e dipinti di Antonio Campi e Bernardino Luini decorano invece le cappelle.
“La catastrofe del Vajont. Uno spazio della memoria” e “Vajont: immagini e memorie”. Sono i titoli delle due mostre allestite all’interno del Centro Visite di Erto e Casso del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, i due borghi in provincia di Pordenone coinvolti nel disastro della diga del Vajont, avvenuto la sera del 9 ottobre 1963.
La prima mostra illustra in modo dettagliato la progettazione del bacino idroelettrico e l’intera vicenda legata alla frana del Monte Toc nel lago artificiale che causò il dilavamento delle sponde del lago e l’inondazione degli abitati del fondovalle, fra cui Longarone che venne praticamente raso al suolo. La seconda traccia un percorso storico della zona, con foto d’epoca incentrate su tradizioni, usi e costumi delle genti del Vajont, prima di quella tragica notte del 1963.
La sosta al Centro Visite e i percorsi di scoperta dell’area coinvolta dalla frana sono un modo per tenere vivo il ricordo di un evento che è stato definito “il più grande disastro causato dall’uomo”, ma anche per far conoscere una realtà naturalistica che, nonostante quella ferita profonda, è tornata a vivere offrendo un paesaggio diverso, trasformato, ma ancora fruibile, con itinerari segnalati da fare a piedi o in MTB.
Ci sono voluti millenni, ma alla fine, il torrente Cellina ha fatto il suo corso scavando il più lungo canyon del Friuli Venezia Giulia e uno dei più spettacolari d’Italia. Barcis, Andreis e Montereale Valcellina sono i tre Comuni in provincia di Pordenone su cui si sviluppa la Riserva Naturale Forra del Cellina, vasta 304 ettari e inserita a sua volta all’interno del Parco delle Dolomiti Friulane.
Per esplorare l’area, intercettando lungo il percorso nell’ordine un ponte tibetano e i tracciati di un vecchia strada e del trenino della Valcellina, si può seguire il Sentiero del Dint che parte dal Centro Visite e permette di realizzare una passeggiata di fondovalle facile e sicura anche per le famiglie con bambini.
Nel cuore della città di Monza, si erge l’Arengario, un magnifico edificio simbolo da non perdere durante una visita nella capitale della Brianza. Costruito alla fine del XIII secolo l’Arengario rappresenta la contrapposizione tra i poteri religioso e civile, situato accanto al Duomo. Questo antico Palazzo comunale, con i suoi portici che un tempo ospitavano una parte del mercato coperto, è considerato il cuore pulsante della città secondo la prospettiva dei monzesi.
Una leggenda affascinante racconta che pochi anni dopo la sua costruzione, un incendio devastò l’edificio, suscitando una reazione così intensa da spingere alcuni cittadini al gesto estremo per il dolore. Tuttavia, grazie al forte senso civico della comunità, l’Arengario fu immediatamente ricostruito.
Oggi è possibile immergersi completamente nel suo fascino e nell’atmosfera medievale semplicemente passeggiando per la città ma è vivamente consigliato partecipare agli eventi, alle mostre o alle esposizioni che si tengono al suo interno durante tutto l’anno. Da non perdere il caratteristico balconcino sul lato sud del palazzo, noto in dialetto monzese come “Parléra”, da cui venivano letti al popolo i decreti del Comune.