Cappella Zavattari

La Cappella Zavattari, conosciuta anche come Cappella di Teodolinda, occupa il braccio settentrionale del transetto del Duomo di Monza. La sua costruzione risale al periodo di transizione tra il Trecento e il Quattrocento, durante i lavori di ricostruzione della basilica.

La decorazione pittorica, un magnifico esempio del gotico internazionale italiano, fu realizzata nel XV secolo. Questo periodo fu segnato dal delicato passaggio di potere dai Visconti agli Sforza nel Ducato di Milano, come indicato dai simboli araldici presenti nelle incorniciature.

La regina cattolica Teodolinda, figura centrale nella storia della cappella, fu prima moglie di Autari e successivamente di Agilulfo, scelto come secondo marito per diventare il nuovo re dei Longobardi. Una leggenda affascinante collega Teodolinda alla nascita del nome della città di Monza. Si narra che, mentre riposava all’ombra di una quercia, lo Spirito Santo le apparve sotto forma di colomba sussurrandole la parola “Modo”, alla quale ella rispose “Etiam”. L’unione di queste parole avrebbe dato origine all’antico nome di Monza, ovvero Modoetia.

Il ciclo di affreschi delle Storie di Teodolinda all’interno della cappella è considerato uno dei capolavori pittorici del gotico internazionale in Italia. Quest’opera è considerata tra le più significative dell’arte dei Zavattari.

Musei Civici di Monza

Dopo diversi anni di chiusura, nel 2014 i Musei Civici di Monza hanno riaperto le porte, rivelando 140 capolavori della collezione civica monzese. Questa preziosa raccolta è ospitata nel complesso architettonico medievale che un tempo fu la Casa degli Umiliati. Queste opere d’arte offrono uno sguardo avvincente sulle vicende della città, coprendo un arco temporale che va dall’antichità ai giorni nostri.

Il percorso espositivo dei musei si estende su due piani, occupando circa 900 metri quadri di spazio. I visitatori possono ammirare dipinti e sculture che narrano la storia di Monza attraverso reperti archeologici, vestigia medievali, dipinti e sculture risalenti dal XVI al XXI secolo.

Al piano terra, nelle prime due sezioni, sono esposti reperti archeologici tra cui lapidi, monumenti funebri e are votive risalenti dal I al IV secolo d.C. La terza sezione è dedicata a opere d’arte contemporanea provenienti dalla Biennale Giovani, con oltre 80 opere premiate e acquisite dal museo.

Al primo piano, dieci sale espositive mostrano i grandi capolavori della collezione monzese, con opere dell’Ottocento e del Novecento. La sezione di arte antica presenta opere del XVI e XVII secolo, seguite da una sezione dedicata alle opere dell’Ottocento monzese. Una “Galleria dei ritratti” mostra personaggi illustri dal XVI secolo in poi, contribuendo alla storia economica e sociale di Monza.

Le sezioni successive esplorano l’Ottocento italiano, l’arte contemporanea e la ceramica. Il percorso museale si conclude con una sezione che presenta alcuni dei momenti più significativi della storia di Monza, incluso il celebre dipinto di Angelo Inganni, “Veduta della contrada Nuova in Monza”.

Umbria Jazz

Il primo concerto in assoluto di Umbria Jazz si tenne a Villalago a Piediluco, in provincia di Terni, il 23 Agosto 1973, e sul palco c’erano gli Aktuala e l’orchestra di Thad Jones e Mel Lewis, con una giovanissima Dee Dee Bridgewater che all’epoca muoveva i primi passi. Deus ex machina di quell’evento fu un certo Carlo Pagnotta, commerciante perugino appassionato di jazz, oggi considerato il “padre” di Umbria Jazz.

Dopo quella prima magica serata, si capì che quello non poteva rimanere un caso isolato. Così, in breve, oltre al teatro naturale di Villalago, anche piazza del Popolo a Todi, piazza IV Novembre a Perugia, il teatro romano a Gubbio, la fortezza dell’Albornoz a Spoleto e piazza San Francesco a Umbertide divennero location di concerti open air. I primi anni, l’Umbria Jazz aveva questa formula, itinerante e gratuita, che toccava alcuni dei luoghi più suggestivi del “cuore verde dell’Italia”, trasformati per una notte in palcoscenico dei più grandi artisti jazz del mondo. Una formula che piacque così tanto da creare seri problemi logistici in tutta la Regione, presa d’assalto da appassionati del genere. C’è ancora chi ricorda che un anno, Count Basi, travolto dalla folla, non riuscì a raggiungere il palco e dovette rinunciare a fare il concerto.

Dal 1982, la manifestazione prende le sue sembianze attuali, diventando stanziale e trasformando il centro storico di Perugia in un unico grande music set, dove per dieci giorni, sempre nel mese di luglio, si avvicendano i più grandi artisti internazionali. E non solo di jazz ortodosso, ma anche black music con divagazioni nel pop-rock, come testimoniano le apparizioni di Elton John, Carlos Santana ed Eric Clapton.

La Cascata delle Due Rocche

Fra gennaio e aprile e nei mesi autunnali, la Cascata delle due Rocche di Corleone dà il meglio di sé. L’acqua del fiume San Leonardo, affluente del Belice, scorre copiosa e trasforma quei 4 metri di balzo in un’attrazione nota anche al di fuori della provincia di Palermo. Il contesto è da set cinematografico: il laghetto che si forma ai piedi della cascata assume sfumature verdastre, la roccia tutt’attorno ha colori e conformazione da canyon del Far West, e una volta attraversata la fitta vegetazione, si arriva dinanzi al Convento del SS Salvatore. L’escursione è di quelle che soddisfano sia chi è in cerca di un contatto con la natura, sia degli appassionati di arte e architettura, in quanto il Parco Naturale della Cascata delle due Rocche è inserito nella più vasta Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza, Rossa Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago, che al suo interno custodisce anche la splendida Casina Reale di Caccia voluta da Ferdinando I delle Due Sicilie, capolavoro architettonico del primo Ottocento.

Parco Archeologico di Segesta

Seduti sui gradini del teatro antico di Segesta, lo sguardo si perde in una verde vallata che digrada dolcemente verso il mare. Per chi c’è stato, nulla da invidiare al teatro di Epidauro, nel Peloponneso, e nemmeno a quello di Siracusa, dall’altra parte della Sicilia. Siamo in provincia di Trapani, di cui il Parco Archeologico di Segesta è una delle principali attrazioni. Mancarne la visita sarebbe un peccato, perché aggirarsi fra i resti dell’antica città degli Elimi, popolo di cultura e tradizione peninsulare originario di Troia, regala una sensazione di pace e lascia ricordi di bellezza senza tempo. Splendido, oltre al teatro che ogni estate fa da sfondo a un Festival dedicato a tutte le forme d’arte, dalla danza alla musica, dalla recitazione alla poesia, anche il tempio in stile dorico perfettamente conservato, che fa immaginare il potere di questa antica colonia che nel 307 a.C. fu distrutta da Agatocle di Siracusa, il quale la ribattezzò Diceòpoli, “città della giustizia”, per poi rinascere sotto il dominio dei Romani. Quest’ultimi infatti, grazie alla leggendaria comune origine troiana, la esentarono da tributi, le diedero in gestione un vasto territorio e le permisero una nuova fase di prosperità. Non solo, tra il II e I secolo a.C., Segesta venne totalmente riprogettata, assumendo un aspetto fortemente scenografico, subendo poi gli influssi della cultura musulmana e infine normanno-svevo.

Basilica di Sant’Ambrogio

La Basilica di Sant’Ambrogio, tra le chiese più significative di Milano, si erge come un monumento storico di rara importanza. Costruita su un terreno carico di storia, su disposizione del vescovo Sant’Ambrogio, la basilica ha attraversato secoli di modifiche, diventando un simbolo intramontabile per i milanesi.

Questo luogo sacro, originariamente costruito su una zona che ospitava le sepolture dei perseguitati romani a causa della fede cristiana, è oggi una meta di turisti religiosi e culturali.
Il fulcro della Basilica di Sant’Ambrogio è il ciborio, un elegante baldacchino adornato di stucchi che custodisce l’Altare d’Oro. Quest’opera d’arte, un capolavoro di arte carolingia realizzato da Vuolvinio nel 835, testimonia la maestria artistica dell’epoca. Nella navata centrale, un dettaglio affascinante cattura l’attenzione: un serpente di bronzo, posizionato in cima a una colonna di porfido d’Elba, legato alla leggenda di Mosè, che secondo la tradizione milanese, possiede poteri taumaturgici e curativi.

La Basilica di Sant’Ambrogio ha subito le aspre prove della storia, con i bombardamenti anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale che causarono danni significativi a portico, cupola e mosaico. Tuttavia negli anni ’50, un imponente restauro ha restituito a questo luogo sacro la sua antica grandiosità, preservando il suo significato e la sua bellezza per le generazioni future.

Galleria Vittorio Emanuele II

Immersa nella vibrante atmosfera di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele II si presenta come un’esperienza imperdibile, armonizzando cultura e shopping in una passeggiata sotto il segno dell’eleganza.

Questo straordinario luogo, progettato dall’architetto Giuseppe Mengoni e inaugurato nel 1867, offre una passeggiata coperta di 196 metri lungo l’asse principale che collega Corso Vittorio Emanuele a Piazza della Scala. Il lucernario, con una struttura in ferro e vetro, si staglia sopra pavimenti in marmo ornati da mosaici alla veneziana, creando una cornice suggestiva.

La volta accoglie quattro lunette, ognuna dedicata a uno dei quattro continenti: Europa, Africa, Asia e America. Nel cuore della galleria, un ottagono centrale presenta lo stemma dei Savoia e il celebre toro. La tradizione vuole che chi desidera tornare a Milano esegua una piroetta sopra il mosaico, precisamente sopra i testicoli dell’animale.

Oggi la Galleria Vittorio Emanuele II è conosciuta come “il salotto del centro”, un luogo amato dai milanesi e dai visitatori. Le sue vie ospitano una sequenza di negozi prestigiosi, caffè rinomati, librerie storiche e moderni store, creando un ambiente cosmopolita che incanta chiunque decida di percorrere i suoi eleganti corridoi.

Vacanza Yoga e Adventure

Marettimo è l’isola delle Egadi più lontana dalla costa trapanese, ed è anche la più impervia e aspra, con una conformazione montagnosa che la fa quasi somigliare a un grande scoglio. Il lato esposto al mare aperto è pressoché disabitato e sferzato quasi sempre da vento e onde, mentre quello interno, verso la Sicilia, offre calette riparate e spiaggette dove è bello rifugiarsi o gettare l’ancora per un bagno con vista sul villaggio di appena 400 abitanti. Fra questo pugno di case di pescatori oggi per lo più riadattate a case vacanze si può trovare anche chi offre lezione di yoga. Ebbene sì, si sceglie la location all’aperto e ci si rilassa, nel silenzio rotto solo dalla risacca e dal verso i qualche gabbiano.

Kasbah Mazara del Vallo

Sono passati più di dieci secoli da quando i saraceni conquistarono Mazara del Vallo e costruirono la Casbah, e ora si è tornati a parlare arabo per le strette vie di questo quartiere storico. All’origine di questo ritorno al passato ci sono una serie di fattori: il primo è stato il terremoto che nel 1981 ha colpito tutta la Valle del Belice, che danneggiò molti edifici anche alla Casbah costringendo i pescatori locali a trasferirsi nella “nuova” Mazara. Poi il fattore “scomodità” delle viuzze, un tempo pensate per impedire l’accesso degli invasori e oggi inadatte alla circolazione delle auto. Infine, l’abbassamento dei prezzi nel quartiere che ha attratto molti emigranti tunisini. Ecco dunque che il cerchio si è chiuso, facendo tornare alle origini questa zona assai caratteristica che ancora adesso trasmette un grande fascino.

Castello di Pietratagliata

I ruderi del Castello di Gresti hanno il fascino tipico dei luoghi misteriosi, di cui si sa poco o niente ma che sanno di vissuto. Di proprietà privata da lungo tempo, è noto sin dal XIV secolo, quando fungeva da avamposto al centro del “triangolo” compreso fra Aidone, Valguarnera e Raddusa. L’edificio, composto da un torrione e da una serie di stanze ingrottate, da cui deriva l’appellativo di Castello di Pietratagliata, sorge su una cresta rocciosa di natura arenitica, a cavallo del torrente Canne o Gresti, a cui fa da diga naturale. La piana ai suoi piedi spazia all’infinito, in un territorio incontaminato pressoché privo di costruzioni.

A questa fortezza è legato il ricordo di un’antica leggenda che ancora si tramanda: un tempo, sulla facciata dell’edificio c’era un’epigrafe di difficile interpretazione che, una volta tradotta nel modo corretto, avrebbe consentito al fortunato cavaliere di trovare un grande tesoro. La realtà narra che nell’800 furono rinvenute sulla collina parecchie monete d’argento e di elettro coniate da una zecca dell’età punica. Forse, anche in virtù di questi ritrovamenti, la leggenda continua a suscitare proseliti e ad alimentare speranze di trovare tesori segreti.

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