Cattedrale di Nicosia

Oggi si trova in provincia di Enna, ma quando nel 1388 la Cattedrale di Nicosia, dedicata a San Nicola di Bari, fu ufficialmente riconosciuta come parrocchia, apparteneva all’arcidiocesi di Messina. Le sue origini risalgono a circa un secolo prima, agli inizi del Trecento, a quando la Sicilia era terra del regno di Federico II d’Aragona. Consacrata nel 1340 anche se non ancora ultimata, la Cattedrale conserva al suo interno opere di notevole valore, come la Cappella di San Crispino, sede della Confraternita dei Calzolai, un tetto ligneo dipinto, vera rarità per la Sicilia del Quattrocento, la Cappella del Redentore, con il trittico marmoreo del Redentore realizzato dal celebre Antonello Gagini, autore anche del fonte battesimale situato nella navata di sinistra.

Necropoli di Realmese

Con 288 tombe a grotticella, la Necropoli di Realmese è di tipo Pantalicano, simile cioè alla celebre necropoli di Pantalica, in provincia di Siracusa. Qui siamo invece a 3 km da Calascibetta, nell’ennano, nel cuore della Sicilia centrale. Due le epoche di origine: le prime tombe risalgono all’età protostorica, cioè al IX secolo a.C., mentre le altre sono di età arcaica, del VI secolo a.C., in parte frutto di un riutilizzo delle precedenti fasi “costruttive”.
A riportare alla luce la necropoli di Realmese sono state una serie di campagne di scavo, la prima delle quali risalente agli anni 1949-1950. Condotta dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, fece emergere numerosi reperti, fra ceramiche, coltellini, anelli, orecchini e fibule, utili per la datazione del sito archeologico. Monili e oggetti sono oggi esposti presso il Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Borgo della Cunziria

In Sicilia non mancano certo i siti archeologici, ma vicino Vizzini, in provincia di Catania, ce n’è uno speciale, di archeologia industriale dell’Ottocento. Si tratta della Cunziria, un vero unicum, formato da un piccolo borgo costituito da 40 case-bottega, alcune a più piani, con la chiesetta dedicata a Sant’Eligio come cuore del paese. Il nome dialettale suggerisce l’antico mestiere che qui veniva praticato fino a un secolo fa: la concia delle pelli, un’attività per secoli fiorente ma abbandonata con il sopraggiungere dell’industrializzazione. Cristallizzato in un’epoca che non c’è più, la Cunziria conserva il suo fascino, lasciando immaginare la vita che qui si faceva un tempo, dietro quelle mura incrostate, nelle piazzette e nelle stradine dove fichi d’India e piante di sommacco creano un labirinto in cui è bello perdersi. Una realtà che ricorda quasi un set cinematografico, ma anche un po’ i racconti di Giovanni Verga, e non è un caso. Lo scrittore era nativo proprio di Vizzini, dove ambientò parecchie novelle, e qui furono girate alcune scene de la “Cavalleria Rusticana” e “La Lupa”.

Museo Capitolare e Area Archeologica della Cattedrale di San Lorenzo

Perugia, Piazza IV Novembre. Quasi uno “stargate” ai duemilacinquecento anni di storia del capoluogo umbro. Si varca la soglia del Museo Capitolare e Area Archeologica della Cattedrale di San Lorenzo e si ha accesso a un vero e proprio percorso archeologico che permette di scoprire, uno dopo l’altro, gli edifici qui sotto conservati. Un iter fisico che corre parallelo alla storia, in un continuum che va dagli edifici sacri e civili di epoca umbra e passa poi a quelli etruschi e romani, fino ai resti della cittadella medievale. Partendo dall’alto, si incontrano il Palazzo dell’amministrazione pubblica nel medioevo comunale, il podio del tempio etrusco, il grande salone medievale, il grande muro etrusco di terrazzamento, la case della torre bizantina, la strada etrusco-romana e una casa romana.

Ex Ferrovia Spoleto Norcia

Quando nel 1926 fu inaugurata la Ferrovia Spoleto – Norcia, l’Umbria poteva dire di vantare una delle opere ingegneristiche più avanzate dell’epoca: una linea elettrificata a scartamento ridotto, che per decenni fu il mezzo più rapido e sicuro per muoversi tra Spoleto, la Valnerina e Norcia, collegate in due ore. Con la chiusura della linea nel 1968, la ferrovia cadde in disuso, fino a quando nel 2014 non si è pensato di trasformare questo simbolo della tecnologia del Novecento in un esempio di mobilità dolce. A oggi, 34 km sui 52 totali della linea, con tanto di viadotti, gallerie elicoidali e stazioni Liberty, sono stati ripristinati e messi in sicurezza, per garantirne la fruibilità e permettere di godere di paesaggi incantevoli. Il contesto è infatti quello del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e numerosi sono i Siti Natura 2000 attraversati.

Cava d’Ispica, trekking con aperitivo

Necropoli preistoriche, catacombe cristiane, oratori rupestri, eremi monastici e resti di nuclei abitativi di varie epoche. La valle fluviale di Cava Ispica è un condensato di storia, archeologia, arte e natura, che per 13 km si sviluppa lungo l’altopiano ibleo, fra Modica e Ispica. La macchia mediterranea invade ogni spazio, alternando le visite culturali alle attività di puro escursionismo, che da queste parti si può svolgere in totale sicurezza grazie a Sicilia in Cammino, una rete di guide ambientali professioniste e di piccole associazioni naturalistiche che hanno fatto del trekking il loro mestiere. E “Trekking con Aperitivo” alle Cave d’Ispica è uno dei programmi più gettonati, che consente di trascorrere una giornata fra degustazione di prodotti tipici degli iblei e passeggiate lungo la Cava Ispica. Il percorso è di 4 km circa, e tocca una necropoli con abitazioni rupestri e un castello sicano, un’abitazione a più piani unica nel suo genere. L’attività termina al rifugio di Sicilia in Cammino, dove è allestito un buffet con prodotti di qualità, vino tipico della zona, come il DOCG Cerasuolo di Vittoria.

Real Albergo dei Poveri

Palermo, Corso Calatafimi 267. E’ qui che si trova una vera rarità, il Real Albergo dei Poveri, un edificio monumentale fondato nel 1733, con lo scopo di accogliere poveri inabili, storpi, giovani vagabonde e orfane. L’iniziativa nacque da alcuni privati, fra cui Ferdinando Francesco Gravina, principe di Palagonia, per poi essere ripresa durante il regno di Carlo di Borbone. Nel 1746 ebbero inizio i lavori, ma ci vollero parecchi anni perché la struttura venisse inaugurata. Ciò avvenne nel 1772, sotto il regno di Ferdinando III. Nel 1898, il Real Albergo dei Poveri fu adibito soltanto all’accoglienza delle donne, e il suo nome mutò in Albergo delle Povere. Nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’edificio fu seriamente danneggiato e solo al termine della guerra fu restaurato. Oggi, l’attività per così dire alberghiera è stata sostituita da quella di spazio per eventi, convegni e mostre, il tutto sotto la gestione della Regione Siciliana che ne ha acquistato una parte, mentre il resto dell’edificio continua ad essere di pertinenza dell’istituto Principe di Palagonia e Conte Ventimiglia.

Teatro Ditirammu

Nel Centro Storico di Palermo, e precisamente al civico 6 di Via Torremuzza, si trova uno di quei gioielli architettonici che si rischia di perdere, perché da fuori, eccetto che per l’insegna, non si intuisce ciò che si va poi a scoprire una volta varcata la soglia. Invece, ecco il Teatro Ditirammu, singolare per la sua pianta quadrangolare e per i soli 52 posti a sedere che ne fanno uno dei teatri più piccoli d’Italia, e certamente l’unico nel suo genere.
Le origini della Compagnia di Canto Popolare Ditirammu risalgono agli anni ’30, periodo in cui andava ancora in voga la formazione di canto folklorico. All’epoca, la direzione artistica era affidata al maestro Carmelo Gioacchino e alle ricerche musicali di Giovanni Varvaro, musicista capace di passare dalla chitarra al friscaletto fino al marranzano. Allo stesso Varvaro si deve nel 1934, in occasione del matrimonio del principe Umberto di Savoia, la creazione del Coro della Conca D’Oro, il primo dei cori folkorici siciliani, attivo fino alla fine degli anni ’50. La scuola che ne nacque fu uno di quei modelli che ha lasciato il segno. Giovanni Varvaro e Irene D’onufrio hanno dato vita a una dinastia di artisti, fra cui anche figli e nipoti, trasferendo ad essi il modo interpretativo del sentimento popolare siciliano. Tra i suoi allievi, Vito Parrinello e Rosa Mistretta ne hanno seguito le orme, tramandando i loro insegnamenti e proseguendo la tradizione di famiglia a sua volta passata ai figli Elisa e Giovanni, che dal 2000 si sono impegnati nella creazione di laboratori artistici per bambini e ragazzi. Molti i cimeli di famiglia esposti nel teatro, così come nell’adiacente piccolo “CantoMUSEO”.

Palazzo Ducale – Complesso Museale Mantova

Il Complesso Museale di Palazzo Ducale a Mantova costituisce una straordinaria testimonianza storica e rappresenta un’icona del Rinascimento italiano e dell’arte europea tra il Medioevo e il Barocco. Inserito nel prestigioso sito UNESCO di “Mantova e Sabbioneta”, questo complesso è una vera e propria città-palazzo, caratterizzata da una configurazione spaziale articolata su una superficie di circa 35.000 mq con oltre 1.000 ambienti.
La storia del Palazzo Ducale abbraccia un arco temporale significativo, dall’ultimo decennio del Duecento, con il nucleo costruito dalla famiglia Bonacolsi, fino agli interventi asburgici del Settecento ma gran parte della storia del luogo è legata alla Gonzaga, che lo ha utilizzato come residenza principale dal 1328 al 1707.

Tra le gemme custodite all’interno, emergono il ciclo di affreschi tardo gotici di Pisanello del Quattrocento, la celebre Camera Picta di Andrea Mantegna e i dipinti barocchi di Pieter Paul Rubens. Palazzo Ducale continua a essere un collettore culturale di grande rilevanza, ospitando mostre che spaziano dalla ricca eredità artistica antica alla contemporaneità.

Palazzo Te e Palazzo San Sebastiano

Palazzo Te era il luogo dedicato all’ozio del principe Federico II Gonzaga e ai suoi sontuosi ricevimenti, ideato dal pittore e architetto Giulio Romano. L’edificio, situato su un’isola collegata a Mantova, è un esempio straordinario di villa rinascimentale suburbana. Tra le sue sale: la Sala dei Cavalli, la Camera di Amore e Psiche e la Camera dei Giganti, riccamente decorate con dipinti e rilievi che narrano storie mitologiche. Il sostantivo TE è toponimo, ad indicare una località di rustiche abitazioni posta a meridione della città, poco lontano dalle mura.

Un luogo particolare è l’Appartamento del Giardino Segreto, noto anche come la Grotta, un rifugio privato ornato da opere d’arte ispirate alla cultura classica. Collegato a Palazzo Ducale il Palazzo San Sebastiano, oggi la sede del Museo della Città dal 2005. Il museo offre un percorso affascinante attraverso la storia e l’arte di Mantova, con moderne postazioni multimediali che approfondiscono la contestualizzazione delle opere.

L’edificio di Palazzo San Sebastiano, recentemente restaurato, ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli. Originariamente costruito per ospitare le tele monumentali dei “Trionfi di Cesare” di Andrea Mantegna, divenne la dimora privata del principe Francesco II Gonzaga.

Nel corso del Seicento, Palazzo San Sebastiano iniziò ad essere abbandonato e subì varie destinazioni d’uso, da prigione a caserma. Nel Novecento, l’edificio fu ulteriormente compromesso dal riassetto urbanistico. La campagna di restauro iniziata nel 1995 ha riportato alla luce le decorazioni rinascimentali e ha restituito al palazzo il suo antico splendore, diventando la sede ideale per il Museo della Città. Le ricostruzioni multimediali 3D e i disegni di Guglielmo Calciolari narrano la storia e la rinascita di Palazzo San Sebastiano.

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