Quando nel 1882 venne inaugurata la Sinagoga di Firenze, il quartiere della “Mattonaia” era ancora una distesa di orti e giardini e il centro città era lontano. Oggi, la realtà urbana è molto diversa ma la Sinagoga rimane di certo uno degli esempi più significativi in Europa di architettura “esotica”, con una fusione di elementi moreschi, arabi e bizantini che connotano sia la pietra calcarea rosea esterna che gli interni, di legno intagliato e decori dipinti ad arabeschi blu e rossi. La cupola centrale e quelle delle torri laterali spiccano in mezzo ai tetti, rivestite di rame in origine dorato, e fanno quasi da contrappunto alla cupola del Brunelleschi, cuore del capoluogo toscano.
Al primo piano dell’edificio si trova il Museo di Arte e Storia Ebraica, fondato nel 1981 e ampliato nel 2007, con un nuovo spazio, la Sala della Memoria, dedicata alla Shoah.
Archivi: Point of interest
A Point of Interest is a tourist attraction, a place of interest that tourists visit. For example: a museum, a park, a monument, a castle etc.
Museo archeologico nazionale di Firenze
Il 12 Marzo 1871, in via Faenza a Firenze, all’interno del cosiddetto “Cenacolo di Foligno”, avvenne un fatto di portata europea: la nascita del primo museo italiano come istituzione statale, fenomeno che stava prendendo piede rapidamente nel Vecchio Continente. In quell’occasione così speciale, il taglio del nastro spettò a re Vittorio Emanuele II, che inaugurò così il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, uno dei più antichi in Italia e ad oggi il più grande museo archeologico d’Italia a nord di Roma. Qui trovavano finalmente una sede definitiva le ricche collezioni del Museo Etrusco, che comprendevano anche le antichità greche e romane delle raccolte medicee e lorenesi, nel medesimo palazzo dove già dal 1855 era stato collocato il Museo Egizio, secondo in Italia solo a quello di Torino, grazie all’unione delle collezioni appartenute in passato ai de’Medici e al Granduca di Toscana Leopoldo II. Si deve infatti a quest’ultimo e a Carlo X re di Francia il finanziamento della celebre spedizione scientifica in Egitto diretta da Jean-François Champollion, il decifratore dei geroglifici, e dal pisano Ippolito Rosellini, suo amico e discepolo, che sarebbe diventato il padre dell’egittologia italiana.
Oggi, nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze è possibile ammirare ceramiche, bronzi e sculture litiche, la collezione dei bronzetti etruschi, quella dei bronzetti greco-romani, il Monetiere – una delle più grandi e più complete raccolte pubbliche di monete antiche – la straordinaria e preziosissima Galleria delle Gemme, il Museo Egizio (inclusa una selezione delle stoffe copte), parte della sezione topografica, il giardino monumentale e una ricca selezione dei vasi greci, fra cui il celebre Vaso François.
Certosa di Firenze
Quando si dice, casa e chiesa. Questo antico detto popolare riassume perfettamente l’essenza della Certosa di Firenze, un unicum in Italia grazie al desiderio del suo committente Niccolò Acciaiuoli (1310- 1365) – appartenente a una delle famiglie di banchieri più ricche di Firenze e ambasciatore presso la Corte Angioina del Regno di Napoli – che volle arricchire la costruzione dell’edificio religioso con il cosiddetto “Palazzo agli Studi”, quella cioè che avrebbe dovuto essere la dimora della sua vecchiaia. Iniziato nel 1356 e mai portato a compimento, Palazzo Acciaiuoli ospita oggi la Pinacoteca della Certosa di Firenze, che fra i capolavori annovera anche gli affreschi del Chiostro Grande realizzati in loco da Jacopo Carucci, detto il Pontormo, e dedicati alla Passione di Cristo. Il resto del complesso comprende la chiesa, la sala capitolare, la sacrestia, il refettorio, i chiostri, le celle dei padri e dei fratelli conversi, che in origine dovevano essere 12 e poi, in seguito a un ampiamento, divennero 18. La visita alla Certosa e alla sua Pinacoteca è anche un’occasione unica per ammirare Firenze da un punto di osservazione speciale, quello della sommità del Monte Acuto, detto anche “Monte Santo”, un colle nelle vicinanze di Galluzzo, a Sud del capoluogo toscano.
Museo del calcio
Con Italia ’90, ossia i Mondiali di Calcio del 1990, il Centro Tecnico Federale di Firenze fu oggetto di un ampliamento. Da qui nacque l’idea di creare un Museo del Calcio. Dieci anni dopo, il 22 maggio 2000, veniva finalmente inaugurato alla presenza dell’allora Ministro per i Beni Culturali, Giovanna Melandri, e delle massime autorità federali e civili. Nelle sei sale espositive del Museo del Calcio di Firenze, cimeli di grandi campioni, coppe e trofei, fotografie, gagliardetti, mascotte e gadget di ogni genere raccontano la storia della Nazionale Italiana e della FIGC, da quella primissima partita contro l’Austria tenutasi il 15 gennaio 1922. Non solo. C’è anche spazio per esprimere tutte le virtù del calcio e dello sport in generale, che svolgano un ruolo chiave nello sviluppo della società e del singolo individuo diventando uno strumento chiave di integrazione e di superamento di qualsiasi barriera.
Giardino Bardini
L’otium, lo svago, il piacere di godersi il tempo erano le uniche occupazioni di cui si dovevano preoccupare gli aristocratici nella Firenze del Rinascimento e oltre quando si recavano nei “Casini di Delizie”. Fu appunto fra il Cinquecento fino a metà del Seicento che nei dintorni del capoluogo toscano furono realizzate dimore sontuose, vanto delle famiglie più ricche che richiamavano a sé i migliori artisti e architetti. Ne è un esempio Villa Bardini, che per la splendida posizione panoramica su Firenze fu detta “Villa Belvedere”.
Dal 2006, grazie all’impegno di Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e Fondazione CR Firenze, la villa è diventata spazio museale, centro culturale e meta di passeggiate naturalistiche nel Giardino Bardini, creato in origine con destinazione agricola e sin dal Medioevo appartenuto a personaggi importanti, per poi essere trasformato nel corso dei secoli in un modello di giardino all’italiana. Ultimo fruitore di tanta bellezza fu all’inizio del Novecento il collezionista Stefano Bardini, conosciuto come il “principe degli antiquari”, che amava accogliere in questo spettacolare ambiente di rappresentanza la sua illustre e facoltosa clientela. Il complesso accoglie oggi il Museo Capucci, omaggio alla creatività dello stilista Roberto Capucci, e il Museo Annigoni, che ospita circa 120 opere del pittore Pietro Annigoni.
Museo e Galleria Mozzi Bardini
Piazza de’ Mozzi, nel cuore del centro storico di Firenze, è intitolata alla famiglia dei Mozzi, stirpe di mercanti e tesorieri pontifici che fra il Duecento e il Trecento accolse nella sua elegante dimora di città personalità di ogni genere, da illustri uomini politici a condottieri – Carlo I d’Angiò Re di Napoli e Baldovino II Imperatore di Costantinopoli, solo per citarne un paio – , e persino un papa, Gregorio X. Costruito tra il 1266 e il 1273, Palazzo Mozzi era già allora “il severo e turrito palagio che sorge a guardia dell’antico Ponte alle Grazie”, frutto dell’unione di più edifici e torri. Oggi, a memoria di quell’epoca d’oro, al centro della facciata rimaneggiata nei secoli più volte, c’è ancora il grande scudo con lo stemma dei Mozzi, la croce d’oro di Tolosa in campo rosso. A rivisitarne lo stile e a trasformarlo in un luogo d’arte unico nel suo genere fu alla fine del XIX secolo il collezionista Stefano Bardini, conosciuto come il “principe degli antiquari”, già proprietario di “Villa Belvedere” appena fuori Firenze. In breve tempo, entrambe le dimore, a partire da Palazzo Mozzi Bardini, divennero le gallerie espositive di questo inguaribile esteta, che vi allestì le sue preziose raccolte di capolavori, che grazie all’acquisizione da parte del Ministero dei Beni Culturali, dal 2014 sono aperte al pubblico, offrendo una carrellata di oltre 3600 opere fra pitture, sculture, ceramiche, monete, arredi e memorabilia.
Collezioni dell’osservatorio ximeniano
Ximeniano.it E’ questo il sito che apre le porte dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze. A fondarlo fu nel 1756 il gesuita Leonardo Ximenes, la cui opera di ricerca e studio fu poi portata avanti per lungo tempo dai Padri Scolopi. Da più di 250 anni, Firenze vanta dunque un osservatorio astronomico che oggi funge anche da monitoraggio meteorologico e sismologico. Situato nel centro storico, tra le Cappelle Medicee e la Cupola del Brunelleschi, lo Ximeniano si articola in numerosi spazi espositivi, quali la fototeca, la cartoteca, un ricco archivio con decine di bollettini e due Biblioteche storico-scientifiche, quella Antica, con volumi precedenti l’800 e quella Moderna, con opere pubblicate dalla metà dell’800 in poi. Molte anche le preziose strumentazioni che creano un affascinante percorso dove la storia della scienza si intreccia con quella del capoluogo toscano.
Casa “Rodolfo Siviero”
Essere amico di artisti come De Chirico, Soffici, Manzù e Piero Annigoni oltre che un grande appassionato di arte in ogni sua forma ha permesso a Rodolfo Siviero di creare una collezione di inestimabile valore, che dal giorno della sua morte, avvenuta nel 1983, è di proprietà della Regione Toscana. Un’eredità testamentaria importante che dal 1998 è gestita in collaborazione con l’Associazione “Amici dei Musei e dei Monumenti Fiorentini”, nell’ambito dell’esposizione museale di Casa “Rodolfo Siviero”. Qui si possono dunque ammirare capolavori del Novecento ma anche una vasta raccolta di reperti archeologici di epoca etrusca e romana, dipinti e sculture di epoca medievale e rinascimentale, mobili, ceramiche, arredi domestici ed ecclesiastici dal tardo Medioevo all’Ottocento. Un patrimonio che nulla ha a che fare con il mestiere di Siviero, passato alla storia come lo “007 dell’Arte”: da toscano Doc, nato a Guardistallo, in provincia di Pisa, e cresciuto circondato dal bello, Siviero fu infatti un noto storico dell’arte ma soprattutto un agente segreto che per tutta la vita si dedicò al recupero delle opere trafugate dall’Italia nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Capanna Regina Margherita
Nel 1893, la Regina Margherita trascorse forse la sua unica notte in una camera con letti a castello e bagni in comune. Fu una delle prime ospiti del rifugio più alto d’Europa, da allora chiamato in suo onore Capanna Regina Margherita. Appollaiato a 4.556 metri, sulla Punta Gnifetti, fa parte del massiccio del Monte Rosa ed è ben visibile anche dal fondovalle. Data la sua collocazione su uno sperone di roccia spesso ricoperto da neve e ghiaccio è consigliato farsi accompagnare da una Guida Alpina UIAGM.
Al suo interno, oltre a 70 posti letto, biblioteca, bar e ristorante, ospita un importante laboratorio adibito alla ricerca scientifica, noto come Osservatorio Regina Margherita. Non solo. La Capanna è un fondamentale punto di riferimento per le operazioni di Soccorso Alpino in tutta l’area dei “Giganti della Valle d’Aosta” ed è parte del patrimonio storico-culturale del Club Alpino Italiano, che di recente è pure stato ristrutturato nell’ottica di ridurne l’impatto ambientale e renderla una struttura sempre più ecocompatibile, mediante un sistema di gestione ambientale certificato secondo la ISO 14001.
QC Terme Pré-Saint-Didier
Nel 1834, nel cuore della Valdigne, inaugurava lo stabilimento termale di Pré-Saint-Didier, da quel momento ribattezzato Pré-Saint-Didier-les-Bains, affiancato nel 1888 dall’apertura del casinò, entrambi luoghi frequentati per oltre 150 anni dai membri di Casa Savoia. A quel periodo ricco di fascino e glamour fin de siècle, sono poi seguiti nel Novecento tre decenni di totale abbandono, oggi bypassati da un restauro che ha saputo esaltare l’architettura ottocentesca delle origini, integrata da ogni forma di wellness device di ultima generazione. QC Terme Pré-Saint-Didier si presenta quindi come un avveniristico “polo del benessere”, a pochi minuti dal resort di QC Termemontebianco, entrambi nella “galassia” del noto gruppo di hotellerie che negli ultimi anni ha creato un suo concept di benessere 2.0. Negli oltre 500 mq di superficie, QC Terme Pré-Saint-Didier raccoglie dunque una quarantina fra cascate tonificanti, idromassaggi con acqua termale, saune e sale relax, vasche panoramiche esterne e interne alimentate dalle acque ricche di ferro, silici, carbonato di calcio e acidi arsenicali già ben note per le loro proprietà benefiche agli antichi romani. A rendere ancora più suggestiva l’esperienza di remise en forme è la vista panoramica sul massiccio del Monte Bianco, che sovrasta il fondovalle in cui si trova Pré-Saint-Didier.