Nell’ascolano si trova uno dei centri termali a scopo curativo più all’avanguardia delle Marche: le Terme di Acquasanta, convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale e attrezzate di un lussuoso resort termale per il massimo comfort durante il soggiorno.
Il toponimo richiama da subito i benefici della sorgente di acqua solfureo-salso-solfata che scaturisce in una serie di grotte situate a circa 16 metri sopra il letto del fiume Tronto, alla temperatura di 38,6°C. L’acqua è da qui incanalata e portata nello stabilimento per alimentarne i vari reparti di cura, punto di riferimento per la pratica di fanghi, bagni, cure inalatorie, docce nasali e insufflazioni endotimpaniche.
I Giardini di Villa Seghetti Panighi rappresentano il primo esempio di giardino storico italiano classificato bioenergetico, dove cioè sono stati effettuati per due anni rilevamenti di aree bioenergetiche. In buona sostanza, si è verificato che, camminando nei viali del parco, fra specie autoctone della bassa Valle del Tronto quali faggi rossi e querce, miste a esemplari di piante esotiche come palme, Ginkgo biloba, Prunus rosa del Giappone, Taxodium disticum e Sophora japonica ‘Pendula’, si può godere dei benefici effetti che rilasciano nell’aria. A questi risultati “scientifici”, si aggiunga la piacevolezza di rilassarsi a bordo di un romantico laghetto, habitat di ninfee e fiori di loto, e nel “romitorio” creato a posta per la meditazione da Ludwig Wimter, uno dei più grandi paesaggisti di fine ‘800. Sfogliando gli annali della villa, si scopre che il rifacimento del parco gli fu commissionato da Vincenzo Carfratelli Seghetti, imprenditore che nel 1875 acquistò la dimora eretta nel ‘700 da Odoardo Odoardi lungo il tracciato storico della Via Salaria, vicino a Castel di Lama, in provincia di Ascoli Piceno. Ad oggi, il parco è aperto al pubblico per le visite guidate, mentre la villa è un’elegante luogo d’accoglienza, con camere, suite, appartamenti e persino una Casa d’Artista in cui il soggiorno è personalizzato in base alle richieste.
La potremmo chiamare la “trilogia” della famiglia Paradisi. Come dimostrato da alcuni documenti risalenti a ben prima del XV secolo, quella dei Parasini fu una delle stirpi più antiche di Montalto delle Marche. A memoria della loro lunga permanenza e dominio, oggi si possono visitare Palazzo Paradisi, l’attigua Chiesa di San Pietro – in origine cappella del palazzo, restaurata nel 1606 per ospitare le spoglie del primo vescovo di Montalto, monsignor Paolo Emilio Giovannini – e il Belvedere, terrazza panoramica fra le più spettacolari del borgo. Fino agli anni Sessanta, prima che fosse demolito per problemi strutturali, a tutto ciò si poteva aggiungere anche l’antico teatro della Rocca o Teatro de’ Nobili, di cui i più anziani in paese parlano ancora: era il centro delle attività culturali, ricreative e teatrali, curato in prima persona dalla contessa Fanny, l’ultima della stirpe dei Paradisi. Scomparsa la contessa, Palazzo Paradisi è stato per anni completamente abbandonato, fino a quando nel 1990 il Comune l’ha acquistato e restaurato in gran parte per adibirlo a manifestazioni e mostre.
Nel 2021, i Comuni di Montalto delle Marche e di Grottammare hanno organizzato una serie di eventi per il quinto centenario dalla nascita di papa Sisto V, culminati con la mostra “Sisto V e Pericle Fazzini Gloria e Memoria”. Felice Peretti nasce nel 1521 nel borgo marchigiano di Montalto e viene eletto pontefice nel 1585, diventando il 227° successore di Pietro. Sisto V non è solo il più illustre cittadino montaltese, ma è anche colui che, stabilendo una serie di privilegi economici e di status alla sua “patria carissima” permette a Montalto di svilupparsi e di diventare un piccolo centro di arte e cultura. A sua memoria, quindi, nel 1985 la cittadinanza commissiona un’opera a un altro marchigiano Doc, l’artista Pericle Fazzini, della vicina Grottammare, che il 23 novembre 1986 scopre la scultura bronzea a lui dedicata. Sarà l’ultima sua creazione, installata giusto qualche mese prima di morire. Il monumento si fa notare per la raffinatezza dei dettagli estetici ma soprattutto per la tecnologia che lo caratterizza: la scultura è infatti posta su una struttura che ruota su se stessa, come ad alludere allo sguardo del papa che sorveglia tutta la sua città.
Di Periple Fazzini vale la pena ricordare che il suo nome è legato a un’altra opera in “aria di santità”: la famosissima “Resurrezione“, che troneggia nella Sala Nervi in Vaticano alle spalle dello scranno papale.
A Montalto delle Marche, quando si parla della “Signora” ci si riferisce a Camilla Peretti, sorella di Felice Peretti, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V. In questo borgo incluso nel GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, tutto riporta a questa coppia d’eccellenza, che ha segnato un’epoca e la storia di Montalto degli ultimi cinque secoli. Oltre che architettonicamente, perché qui ogni piè sospinto c’è un monumento che rimanda ai Peretti. Sul lato nord della piazza centrale dedicata a Sisto V, si trova il “Palazzo della Signora eccellentissima donna Camilla”, poi sostituito dal Seminario, a sua volta diventato sede del Museo Diocesano Sistino Vescovile di Arte Sacra. Qui si conservano preziosi paramenti sacri, oggetti liturgici, antiche pergamene, reliquiari, dipinti e ritratti dei Vescovi della Diocesi di Montalto.
Nell’osservare l’impianto architettonico del Seminario l’attenzione non può non cadere sulla torretta con l’orologio, dove compaiono le iscrizioni ‘Il tempo è moneta’, aforisma di Thomas Mann, e ‘Prega e lavora’, l’ora et labora di San Benedetto da Norcia e A.M. D.G., Ad maiorem Dei gloriam, frase che si trova per la prima volta nei Dialoghi di San Gregorio Magno e che S. Ignazio di Loyola volle per la Compagnia di Gesù.
Per le strade di Offida, nell’ascolano, capita ancora di incontrare qualche anziana signora seduta davanti alla porta intenta alla lavorazione del tombolo. Sono le ultime ricamatrici dedite a un’arte vecchia di cinque secoli, risalente al XV secolo. Le prime a praticarla furono alcune donne dei ceti popolari, cui seguirono le comunità religiose e poi le famiglie aristocratiche, che incentivarono le famiglie femmine alla pratica di quest’arte. La svolta avvenne nel 1665, grazie all’arrivo delle suore Benedettine, che trasformarono il tombolo nel mestiere di massa a Offida e dintorni. Nei secoli successivi, la produzione di merletti fu così copiosa da guadagnarsi fama in tutta Italia e non solo, giungendo presso le più importanti corti del passato. Esemplari antichi si possono oggi ammirare nel Museo del Merletto a Tombolo situato nel Centro Storico di Offida.
Nella Chiesa di Santa Maria della Rocca a Offida si legge in chiaro la storia di questo borgo dell’ascolano, che in età longobarda aveva il suo cuore in un castello con annessa una piccola chiesa di proprietà di Longino D’Azzone, Signore offidano di origine franco-tedesca. Ciò che resta di quella piccola chiesa è oggi inglobato nella cripta dell’imponente Chiesa di Santa Maria, eretta nel 1330 dopo la demolizione del castello. Santa Maria sorge oggi in una posizione isolata rispetto all’abitato, e invita alla visita anche per il panorama che si gode dal suo sagrato.
Una volta dentro, si scende della cripta e si svelano i volti di Santa Caterina di Alessandria, di Santa Lucia e altri Santi affrescati sette secoli fa dal Maestro di Offida. Poi si risale e si percorre la singola navata della chiesa superiore, con lacerti di affreschi che fanno intuire la bellezza di un tempo. Sono opera del maestro milanese Ugolino di Vanne, mentre sul lato opposto si intravvedono una deposizione, una crocifissione e una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.
In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum.
Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio la Chiesa Parrocchia Santa Felicita: preceduta da una scalinata monumentale, fu costruita la prima volta nel 1573 dalla Comunità dei Domenicani di Ascoli Piceno, ma ciò che si vede oggi risale al 1796 e si deve al progetto dell’architetto di Milano Pietro Maggi. Al suo interno la chiesa conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, mentre scendendo nella cripta si svela un ambiente chiaramente ispirato alla Grotta di Lourdes.
Uno dei simboli di Roma è l’Altare della Patria. A progettarlo fu l’architetto Giuseppe Sacconi, originario di Montalto delle Marche, a circa 20 minuti dall’Adriatico e altrettanti dalla Catena dei Sibillini. Una geocalizzazione fortunata che nell’antichità ha favorito insediamenti già nel 6.000 a.C, nel neolitico, e poi senza soluzione di continuità nel VII secolo a.C., come testimoniano reperti di cultura picena, romana e di epoche successive.
Persino San Francesco d’Assisi trovò “casa” da queste parti, scegliendo questo territorio per diffondervi la sua Regola e fondando il Convento delle Fratte, notevole per gli affreschi di scuola giottesca. A questo luogo mistico si legano anche le memorie di Felice Peretti, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V, che donò alla sua “patria carissima, Montalto delle Marche” il Reliquiario con Imago Pietatis e Scene della Passione (detto “Reliquiario di Montalto”), oggetto di straordinario valore artistico. Realizzato in oro e pietre preziose, è conservato presso il Museo Sistino Vescovile. Ma il regalo più grande che Sisto V fece ai suoi concittadini furono i privilegi, economici e di status, sfruttati fino all’Unità d’Italia e che permisero al borgo di crescere come centro culturale ed artistico.
Unico nel suo genere è il Museo delle Carceri, con graffiti e disegni realizzati dai reclusi e con un impianto fonico che diffonde storie autentiche dei carcerati nelle in scena da una compagnia teatrale, così come il Museo L’Acqua, la Terra, la Tela, collocati entrambi presso la sede municipale, purtroppo rimasta in parte lesionata dal terremoto del 2016.
Montalto è un Comune che si compone di numerose frazioni, fra cui Patrignone dove si consiglia la sosta alla Chiesa romanica di Santa Maria in Viminato, impreziosita da affreschi che vanno dal Quattrocento al Seicento. Nella frazione Porchia si nota invece il Torrione del Trecento, elemento di spicco di un Medioevo che qui si legge in ogni vicolo, oltre che nella Cripta della Chiesa di Santa Lucia, con una tavola di Vincenzo Pagani e una stupenda Natività del XV secolo. Della piccola frazione di Valdaso si apprezza invece la bellezza ordinata di una campagna che alterna frutteti e campi coltivati, e fra cui spicca il torrione dell’antico mulino di Sisto V, il “Papa di Montalto”.
Nell’archivio della Cattedrale di Ascoli è conservato un documento che riconduce al borgo di Acquasanta, e da qui a Castel di Luco. La data riportata in calce è 1 Luglio 1052, il che fa di questo borgo incastellato dall’originale pianta rotonda un sito millenario. Il terremoto del 2016 ha purtroppo danneggiato parte della struttura architettonica del fortilizio, ma i lavori per il recupero della struttura originaria sono in corso e di certo questo pezzo di storia marchigiana tornerà presto ad accogliere ospiti nelle stanze ricavate nelle case coloniche che cingono il cuore di Castel di Luco. Un castello ferito ma ancora orgogliosamente in piedi, su un poggio in travertino dove, secondo alcuni studi, nell’antichità si trovavano alcuni altari sacrificali.
In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum. Secondo alcuni studiosi, sarebbe questo il luogo in cui Pirro sconfisse i romani. Vero o no, le suggestioni rimangono e piacciono agli appassionati di archeologia e storia.
Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio Villa Panichi, Villa Ercolani, Villa Mastrangelo, Villa Spreca e Villa Fonzi, e ovviamente la Chiesa Parrocchia Santa Felicita, del Settecento, che al suo interno conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, così come il musicista Antonio Lozzi. Da ricordare anche la tradizione più rinomata di Colli, quella dei “carradori”, artigiani che costruivano eleganti e solidi carri agricoli istoriati da pitture e strumenti per la lavorazione dei campi.
Con una larghezza di appena 43 centimetri, è il Vicolo più stretto d’Italia. Non ha neanche un nome, ma di certo, basta chiedere a chiunque a Ripatransone per arrivarci e scattare una foto a dir poco curiosa. E’ una delle attrattive di questo borgo marchigiano in provincia di Ascoli Piceno, noto anche come “belvedere del Piceno” per la sua posizione panoramica sulle valli del torrente Menocchia e del fiume Tesino. Inserito nell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e in quella delle Città del miele, è Bandiera Arancione del Touring Club per la qualità turistico-ambientale che sa esprimere in ciò che offre: una cinta muraria ben conservata, costruita tra il XII e il XVI secolo e lunga quasi 2 km e mezzo, scandita da Porta Cuprense, Porta San Domenico, Porta d’Agello, Porta di Monte Antico e numerosi Torrioni merlati. Le mura racchiudono emergenze importanti che alternano edifici di epoca medievale a quelli di epoca rinascimentale e barocca: il complesso delle Fonti e la Cattedrale, iniziata nel 1597 e completata una trentina di anni dopo, cui è stata aggiunta la torre campanaria nel 1902, alta 7 metri; Il Palazzo Comunale del XIII secolo ma rimaneggiato più volte fino al XIX secolo; il trecentesco Palazzo del Podestà, che al suo interno custodisce il Teatro Comunale Mercantini, del 1824. Palazzo Bonomi-Gera accoglie invece il Museo Civico, che si compone di cinque raccolte: la pinacoteca, con un ricco patrimonio di opere importanti di Vittore Crivelli e di Vincenzo Pagani; la Gipsoteca Uno Gera; il museo storico etnografico; il Museo storico risorgimentale Luigi Mercantini e una galleria d’arte contemporanea. Il Museo Archeologico, attraverso reperti preistorici, piceni e romani provenienti dai dintorni e dall’antico Ager Cuprensis, ripercorre la storia plurimillenaria del territorio di Ripatransone, così come il Museo della Civiltà Contadina e Artigiana, che si concentra sulla tradizione rurale del paese, e il Museo del Vasaio, con oltre ottocento manufatti in terracotta fra cui i tipici fischietti chiamati “cuchi”.
Parlando di tradizioni, la ricorrenza da non perdere sono quella del Cavallo di Fuoco, una rievocazione storica che si tiene ogni anno nel giorno dell’Ottava di Pasqua, e la Festa della Maddalena, patrona della città, che si svolge a luglio alternando momenti religiosi a profani, in cui è anche possibile degustare i prodotti tipici della zona, quali l’olio extra vergine di oliva e i vini DOC, il Falerio dei Colli Ascolani e il Rosso Piceno Superiore.
Dal 1597 agli anni ’50 del Novecento, la Cattedrale Basilica intitolata ai Santi Gregorio e Margherita di Ripatransone non ha mai smesso di essere ampliata, modificata, ristrutturata.
Per realizzare la prima chiesa ci vollero 26 anni, dal 1597 al 1623, poi nel 1786 fu aggiunto il tiburio ottagonale, mentre facciata e campanile furono rivisti rispettivamente nel 1842 e alla fine dell’800 su progetto dell’architetto pontificio F. Vespignani. Quanto agli interni, le decorazioni pittoriche delle tre navate a croce latina sono dei fratelli Michelangelo e Marcantonio Bedini e risalgono alla fine degli anni ‘50. Molte altre sono però le opere da ammirare: il pulpito ligneo del ‘600 opera di D. Bonfini da Patrignone, l’altare in marmo del Poscetti di Roma, e due dipinti rappresentanti S. Gregorio Magno e la Natività, del ‘700. Splendidi anche il coro ligneo realizzato da Agostilio Evangelisti nel 1620, l’imponente statua di S. Gregorio Magno, il complesso pittorico del Bedini, il Crocefisso ligneo policromo donato, secondo la tradizione, da papa Pio V nel 1571, la Tela d’altare rappresentante Carlo Borromeo attribuita al Turchi detto l’Orbetto, del 1623, e la Pala d’altare opera di S. Ciannavei di Ascoli Piceno, dell’800.
In questo trionfo di arti e mestieri si inserisce un organo liturgico opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. Costruito nel 1773 per la Chiesa della Maddalena dei Frati Minori Osservanti fu poi traslocato insieme alla cantoria nel 1812.