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Il rischio di chiamarla pizza farcita c’è, ma quei due dischi di pasta ricolmi di prelibatezze di terra o di mare che vengono proposti a Gaeta e dintorni, non sono altro che le basi della tiella. La differenza vera sta nella lavorazione della sfoglia, più accurata e fatta a mano, morbida e gustosa tanto da meritarsi nel 2005 il marchio “Denominazione Comunale d’Origine”. E risalendo appunto alle origini di questa specialità della tradizione laziale, già contadini e pescatori dell’epoca dei Borboni la consumavano come piatto unico, nei campi o a bordo dei galeoni, per la sua completezza, gustosità e durevolezza nei giorni.
Se si era a bordo, la si farciva con polpo, calamaretti, baccalà, alici, sarde e cozze con l’aggiunta, a seconda della cambusa, di scarola, spinaci, zucchine e cipolle, verdure presenti anche nella versione rustica, di terra. Il segreto per farla buona è presto detto: l’olio di Gaeta, che un tempo doveva scorrere fino ai gomiti, essere cioè così abbondante da straripare su tutti i lati, ma tant’è… Ne basta anche solo un filo per avere un prodotto genuino e da gourmand.
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