La “battaglia delle Nazioni” è il nome con cui è passato alla storia un epico scontro fra l’esercito romano, uscito vittorioso, e la coalizione dei popoli italici. Era il 295 a.C. e il luogo era Sentinum, importante nodo di scambio e controllo sulla dorsale appenninica Umbro-Marchigiana, oggi al centro del Parco Archeologico di Sentinum. Sui resti di questa colonia romana nacque in epoca più tarda Castrum Saxum Ferratum, “sasso cinto dal ferro”, oggi Sassoferrato, che anche grazie a questo prezioso lascito del passato è annoverato fra i “Borghi più Belli d’Italia”. Due i livelli su cui si sviluppa il borgo: il primo è quello della parte più antica, dove spiccano la Chiesa romanico-gotica di San Francesco, dedicata al Santo che qui si fermò più volte a predicare, e l’Abbazia di Santa Croce, una delle più interessanti testimonianze di architettura romanica delle Marche, realizzata nel XII secolo per i monaci camaldolesi con materiali di recupero di Sentinum. Il secondo livello è quello rappresentato dal rione Castello, identificabile con i resti della Rocca Albornoz, massiccia costruzione militare costruita nel 1365. Qui si trovano anche il Palazzo dei Priori, sede del Museo Civico Archeologico, datato al 1335 e terminato agli inizi del ‘500, attiguo al Palazzo Comunale, dalle linee sette-ottocentesche. Sulla medesima piazza, Piazza Matteotti, affaccia anche il quattrocentesco Palazzo Oliva, che ospita al primo piano la raccolta Incisori Marchigiani dal 1550 ai nostri giorni, e al secondo piano la Civica Raccolta d’Arte, piccola ma interessante collettanea
di artisti dal ‘400 in poi, fra cui spiccano due tele di Giovan Battista Salvi (1609-1685), “il Sassoferrato”. Sono invece dedicati alle principali attività della zona il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari e il Museo della Miniera di Zolfo e il Parco Archeo-Minerario, che invitano a una scoperta del territorio, compreso nel Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi.
Provience: Ancona
Chiesa Collegiata di San Medardo
La Chiesa Collegiata di San Medardo ad Arcevia, nell’anconetano, sembra l’”appendice” di un museo o di una pinacoteca, perché visitandola, assorti nel silenzio che si conviene all’ambiente, si possono scorrere in fila il grandioso polittico e nella cappella del battistero la tavola centinata di Luca Signorelli, l’altare in maiolica invetriata e un dossale in terracotta smaltata di Giovanni della Robbia, il Giudizio Universale e il Battesimo di Cristo di Ercole Ramazzani, artista locale allievo di Lorenzo Lotto. E ancora, la Madonna del Rosario con i SS. Domenico e Caterina da Siena, capolavoro di Simone Cantarini il Pesarese (1612-1648), allievo prediletto e ribelle di Guido Reni, e la Visita di Re Lotario a S. Medardo di Claudio Ridolfi, discepolo del Barocci, e altre opere di Piergentile da Matelica e Venanzio da Camerino, Fra’ Mattia della Robbia, nonché la Croce processionale in argento del famoso orafo perugino Cesarino del Roscetto, di metà del Cinquecento. Non mancano neanche gli arredi lignei di pregio, qui incisi dagli abiti maestri intagliatori Leonardo Scaglia e Francesco Giglioni. Tutte opere che “vestono” di grazia la struttura poderosa a croce latina, in laterizio, e lo stile barocco, qui proposto in una versione sobria, tipica della metà del Seicento, periodo in cui l’edificio venne terminato. La visita termina nel Museo Parrocchiale, piccolo ma interessante spaccato della vita in un antico borgo marchigiano.
I Castelli di Arcevia
Arcevia come Torino, o quasi. Questo piccolo borgo in provincia di Ancona ha la sua “Corona di Delizie”, esattamente come il capoluogo piemontese ha le Residenze Sabaude. Ebbene, Arcevia mostra fiera ancora oggi il suo circuito di 9 castelli medievali circondati da mura ben conservate, racchiusi entro un raggio di 15 chilometri.
Prima tappa, Caudino, cui si accede attraverso un pittoresco portale che introduce a un microcosmo risalente a sette secoli fa e dove fu combattuta una memorabile battaglia tra le forze Guelfe e Ghibelline.
Palazzo si presenta con possenti mura in pietra che sembrano cingere le pendici del Monte Caudino. Loretello è un suggestivo castello sorto intorno all’anno Mille, un tempo parte della Chiesa Ravennate. Vi si accede tramite una spettacolare porta con rampa di accesso, mura e torrioni. Le mura di Piticchio hanno anche un percorso di marciaronda coperto, e nell’insieme, il castello è fra i meglio conservati della zona, come pure San Pietro, più ridotto di dimensioni ma anch’esso pressoché intatto.
Presenta rivellini e torrioni il castello di Montale, rimasto al Medioevo anche all’interno della cerchia muraria, con tracce urbanistiche datate a circa sette-otto secoli fa.
Il castello di Avacelli ha una posizione a strapiombo particolarmente suggestiva, difesa naturale cui, a partire dal XII secolo, si aggiunsero mura e torrioni ancora oggi integri.
Nonostante i molti assedi e le battaglie avvenute ai piedi della Rocca di Castiglioni qui la fortezza risultano ancora possente e autentica, fattore che lo accomuna a Nidastore, castello del circuito di Arcevia situato in un territorio ricco di testimonianze preistoriche e con un centro medievale preservato.
Museo Archeologico Statale di Arcevia
Si viaggia indietro nel tempo, dalla preistoria all’età romana, visitando il Museo Archeologico Statale di Arcevia, borgo dell’anconetano con un territorio che numerose campagne di scavo hanno dimostrato essere stato abitato sin da epoche remote. Si va dai reperti dei siti paleolitici di Ponte di Pietra e Nidastore, del villaggio fortificato eneolitico di Conelle, degli insediamenti di Cava Giacometti, sfruttato dal Neolitico all’Età del bronzo, e di Monte Croce Guardia, quest’ultimo in particolare oggetto di scavi dell’università La Sapienza di Roma e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche.
Grazie proprio a quest’ultima, in collaborazione con il Comune di Arcevia, nel 1996 è stato possibile inaugurare il Museo Archeologico in una location di tutto rispetto, accanto al suggestivo Chiostro di San Francesco. Il percorso espositivo comprende anche i corredi di nove tombe della famosa necropoli gallica di Montefortino, ricchi di oreficerie, statuette votive, ceramiche e bronzi di origine etrusca..
Borgo di Arcevia
I 535 metri di altitudine della collina detta Monte Cischiano su cui sorge Arcevia, nell’anconetano, la rendono fresca anche nel periodo estivo, come si conviene a questa zona pre Appennino Umbro-Marchigiano. I tesori emersi dal suo sottosuolo raccontano di un territorio abitato sin da epoche remote: il sito in località Ponte di Petra risale addirittura a 20.000 anni a.C. Le invasioni celtiche dei Galli Senoni, i domini romano, bizantino e longobardo hanno fatto il resto, arricchendo il territorio di importanti lasciti culturali e architettonici, cui si aggiunge una leggenda che racconta la fondazione del borgo da parte dei franchi al seguito di Carlo Magno. Ne è traccia l’intitolazione della Chiesa Collegiata a San Medardo, anticamente molto venerato oltralpe. Arcevia, proprio in quanto zona di confine fra longobardi, bizantini e franchi, fu più volte ingrandita e potenziata, soprattutto nel periodo del dominio degli Sforza, con l’aggiunta di cinta muraria, porte e rivellini, diventando inespugnabile e perciò ribattezzata Roccacontrada Libero Comune. Nel 1500 avvenne un ulteriore cambio di scena, venendo annessa allo Stato Pontificio.
La sua peculiarità è oggi quella di essere un Comune diviso in 18 frazioni con 9 castelli medievali, per lo più ben conservati e di gran fascino, collegati dal cosiddetto Itinerario dei 9 Castelli di Arcevia”. Nel centro storico del borgo si visitano anche il Museo Archeologico Statale, il Teatro Misa, gioiello della metà dell’800, e i Giardini Giacomo Leopardi, da cui si gode un bellissimo e ampio panorama sulle colline circostanti.
Santuario di Santa Maria Goretti
Corinaldo e la sua Santa. Il borgo marchigiano in provincia di Ancona si distingue per la bellezza del centro storico medievale ancora intatto, racchiuso com’è nella sua possente cinta muraria in mattoni rossi, e per aver dato i natali a Maria Goretti, canonizzata nel 1950 da Papa Pio XII. A memoria del suo omicidio all’età di soli 12 anni, in seguito a un tentativo di stupro, nel borgo si visitano oggi la casa natale in contrada Pregiagna, il Santuario dell’Incancellata dove andava a pregare da bambina, e soprattutto il Santuario di Nostra Signora delle Grazie, dedicato poi nel ‘900 anche a Santa Maria Goretti. Realizzata nel Settecento su disegno dell’architetto corinaldese Giuseppe Carbonari Geminiani, in prossimità all’Ex monastero dei Padri eremitani dell’ordine di Sant’Agostino, la chiesa conserva un’urna in argento contenente l’osso del braccio della Santa, con il quale secondo la tradizione la Martire tentò di difendersi dal suo aggressore, Alessandro Serenelli. La chiesa merita una sosta anche perché al suo interno sono custodite numerose opere d’arte tra le quali spiccano l’Annunciazione secentesca (copia del Barocci), un crocefisso ligneo del ‘400 e un prezioso organo del 1767 opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. I pellegrini comprendono in questo itinerario spirituale anche la Chiesa di San Francesco, situata appena fuori le mura, per via della fonte battesimale dove fu battezzata la Goretti.
Abbazia di San Vittore delle Chiuse
Uno scheletro di ittiosauro è già una rarità, se in più è esposto all’interno di una chiesa è un unicum assoluto. Il fossile di questo rettile di ambiente marino dell’Era Mesozoica è il pezzo di maggior richiamo del Museo Speleo Paleontologico ed Archeologico allestito nell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse. Siamo a Genga, all’imbocco della Gola di Frasassi che conduce alle celebri grotte, attrazione principale dell’entroterra anconetano. L’abbazia, un’imponente costruzione in pietra calcarea fondata fra il 1060 e il 1080, è una delle più importanti chiese in stile romanico delle Marche, dichiarata monumento nazionale nel 1902. Chiesa conventuale di un complesso benedettino noto fin dal 1007, ebbe il suo massimo splendore nel XIII secolo, periodo in cui governava su 42 chiese e su vasti beni e territori. Già duecento anni più tardi però l’abbazia veniva soppressa per poi essere ricostruita nel XIV-XV secolo. La struttura architettonica presenta pianta a croce greca iscritta in un quadrato, quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate coperte da volte a crociera, e cinque absidi semicircolari lungo il perimetro.
Borgo di Corinaldo
Galeotto Malatesta. Un nome che a Corinaldo è sinonimo di distruzione. Fu lui infatti che nel 1360 rase al suolo questo antico borgo marchigiano nell’entroterra di Senigallia, ma ciò non impedì che i suoi abitanti lo ricostruissero da zero e anche meglio, come dimostra il fatto che oggi è inserito fra i “Borghi più belli d’Italia”. Ad accogliere i visitatori è un’imponente cinta muraria medievale, fra le meglio conservate non solo delle Marche ma forse d’Italia, cosa che ha preservato il centro storico da altre invasioni e distruzioni. Asse del paese è la Via Piaggia, una suggestiva scalinata di 109 gradini su cui incombono tutt’attorno case in mattoni rossi disposte a spina di pesce, e a metà della quale si trova il Pozzo della Polenta. Nome curioso che allude a un fatto storico che ha segnato il paese: nel ‘400, venne realizzato un pozzo per l’approvvigionamento idrico, poi interrato e infine ricostruito nel 1980. Da allora, proprio in questo luogo, ogni terza domenica di luglio viene rievocata una gloriosa pagina di storia, la cosiddetta Contesa del Pozzo della Polenta, a ricordo dell’eroica resistenza perpetrata nel 1517 dalla popolazione contro l’assedio di Francesco Maria I della Rovere.
Risale invece agli inizi del Novecento la triste vicenda della giovane martire Maria Goretti, nata a Corinaldo nel 1890 e morta a soli 12 anni in un tentativo di stupro e infine proclamata santa nel 1950. Nel borgo si visitano in sua memoria il Santuario di Santa Maria Goretti, dove è collocata un’urna in argento contenente una sua reliquia, e la casa natale, appena fuori dal paese.
Nel borgo c’è un’altra casa che richiama attenzione, ma per una storia assai diversa. E’ la cosiddetta Casa di Scuretto, soprannome dato a un certo Gaetano, ciabattino perditempo il cui figlio emigrato in America aveva fatto fortuna. Per anni aveva dunque mantenuto il padre inviandogli i propri guadagni, a patto che costui costruisse una bella casa per quando sarebbe rimpatriato. Gaetano però sperperava sempre tutto, e per continuare l’inganno, fece costruire una facciata, solo quella, e inviò la foto in America come prova. Il figlio però capì l’inganno e smise di mandare il denaro. La facciata è ancora lì, in piedi, al civico 5 di Via Piaggia, a ricordo anche di un’epoca di grandi flussi emigratori verso gli Stati Uniti.
Parco Archeologico di Sentinum
Visitare il Parco Archeologico di Sentinum, nell’anconetano, significa camminare nella storia, grazie alle numerose evidenze di un abitato datato a qualche secolo prima di Cristo. Cinta muraria, cardo e decumano, resti di un impianto termale pubblico urbano e di uno extra-urbano, colonne di granito, ville con pavimenti a mosaico, botteghe per la fusione del metallo o altri mestieri. La Sentinum dell’epoca romana era così, almeno nel 295 a.C., quando nella sua campagna avvenne la cosiddetta “Batttaglia delle nazioni”, in cui i Romani sconfissero la coalizione Italica formata da Galli Senoni e Sanniti. Una volta caduta in declino e abbandonata, Sentinum divenne una sorta di cava cui attingere pietre e marmi per la costruzione dei monumenti di Sassoferrato, borgo medievale a circa 1 km dagli scavi.
Terme di Frasassi
Nel Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, attrattiva di punta dell’anconetano, le attrattive davvero non mancano. Oltre alle rinomate Grotte di Frasassi troviamo il Tempio del Valadier, l’Eremo di Santa Maria Infra Saxa, l’Eremo di Grottafucile e l’ex mulino nei pressi dell’abbazia romanica di San Vittore alle Chiuse. Per non farsi mancare niente, qui c’è anche uno stabilimento termale, quello di San Vittore, alimentato da acque minerali naturali sulfuree-sodiche dalle ottime qualità terapeutiche – già note ai tempi dei romani – che sgorgano a 13° dalle Fonte di San Vittore.
Malattie dell’apparato respiratorio, osteoarticolare o otorinolaringoiatrico sono curate in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, ma chi frequenta le Terme di San Vittore può approfittare anche di un valido reparto Estetico e Massoterapico, che punta invece su trattamenti estetici, terapeutici e di benessere a 360 gradi, sfruttando anche una miscela di materiale argilloso e acqua termale da cui deriva il fango termale.