Irpinia

La toponomastica è una scienza esatta. La località di Ospedaletto d’Alpinolo, in provincia di Avellino, deve il suo nome al cospicuo numero di ostelli che nei secoli sono sorti attorno al Santuario di Montevergine per accogliere i tanti pellegrini devoti a Guglielmo da Vercelli, vissuto a cavallo fra XI e XII secolo.
Il Santuario è un complesso monastico dedicato alla Madonna la cui storia, iniziata nel 1126 con la costruzione di una serie di celle fatte di solo fango e malta per accogliere i molti proseliti di Guglielmo, lo ha visto passare attraverso momenti di grande splendore ma anche di gravi difficoltà, per lo più economiche ma anche strutturali a causa di un incendio, fino a essere dichiarato Monumento Nazionale e a custodire segretamente la Sacra Sindone nel corso della Seconda Guerra Mondiale. I pellegrinaggi, tradizione molto radicata non solo in Campania ma anche in tutto il resto del Sud Italia, sono tuttora un fenomeno importante, tanto che arrivano a sfiorare il milione e mezzo di presenze all’anno.

Dal centro di Ospedaletto d’Alpinolo prende abbrivio l’itinerario detto Sentiero di Mamma Schiavona dedicato alla Madonna di Montevergine, meta che si raggiunge in circa 2 ore, a quota 1260 metri. Questo è solo uno dei tanti percorsi del Parco Regionale del Partenio: per organizzare un’escursione ci si può rivolgere all’associazione Irpinia Trekking o al WWF che qui gestisce due Oasi. In alternativa è possibile consultare la Mappa Escursionistica del Partenio – Alta Via del Partenio, nata dalla collaborazione tra la sezione di Avellino del CAI e la Comunità Montana del Partenio. Uno dei più significativi è il Sentiero Italia, che attraversa il Massiccio del Partenio da Mercogliano a S. Martino Valle Caudina, passando per la cresta dei Monti di Avella, punto di incontro di quasi tutti i 33 sentieri del Parco e, simbolicamente, di 4 Province e 19 Comuni.

Irpinia

Il suo nome è Irpinia Express, ma localmente lo chiamano anche il “treno delle tre DOCG”. Un modo inconsueto per viaggiare ma che permette di sintonizzarsi subito sul “canale” dello slow travel, utile per assaporare quanto ci attende nelle varie stazioni. Mentre procede, il treno si fa largo fra valli e colline ammantate di vigneti e oliveti, colture cui la zona è particolarmente vocata. La produzione di quest’ultima, per esempio, si concentra a Frigento, originando uno straordinario olio extravergine d’oliva DOP, denominato Irpinia – Colline dell’Ufita.

In alternativa al treno si può percorrere la “Strada dei vini e dei sapori di Irpinia”, che comprende tre distinti percorsi, uno per ciascuna delle tre DOCG. Quella del Taurasi ha il fascino di paesaggi montani coperti da boschi di querce e faggi. Quella del Fiano di Avellino tocca antichi manieri e luoghi di fede, come l’Abbazia di Loreto e il Santuario di Montevergine, entrambi a Mercogliano, mentre quella del Greco di Tufo porta alla scoperta delle origini di questo particolare nome, facendo tappa in miniere di zolfo e cave di tufo, e poi ancora nei centri medievali di Montefusco e di Tufo.

Il Taurasi, il re dei rossi campani, è prodotto in 17 comuni situati a un’altezza compresa fra 400 e 700 metri di quota, e per l’85% da vitigno Aglianico e invecchiato tre anni in botti di rovere. Il Fiano di Avellino ne comprende 26 di comuni, tra la Valle del Calore, la Valle del Sabato, le falde del Monte Partenio e le colline del Vallo di Lauro. Il suo nome deriva dal vitigno, l’antica Vitis Apiana, detta così perché con la dolcezza delle sue uve attira le api. Già apprezzato ai tempi di Federico II di Svevia e prima ancora dagli imperatori romani, il Fiano si colloca oggi fra i migliori bianchi d’Italia. La terza DOCG è quella del Greco di Tufo, bianco emblema del grande contributo che questo territorio ha dato al patrimonio vinicolo italiano. Deve probabilmente il suo nome all’origine del vitigno, importato dai Greci attorno all’VIII secolo a.C. Coltivato su terreni generalmente argillosi e ricchi di potassio e magnesio, ha un sapore fresco e minerale, ed è proposto anche spumantizzato.

Il Consorzio tutela vini d’Irpinia conta circa 500 produttori di uve e aziende vitivinicole, e rappresenta il 75% dei vini prodotti e certificati DOCG. Fra le sue attività c’è Ciak Irpinia, evento che si tiene annualmente ad Atripalda per promuovere la conoscenza di quelle che sono considerate a tutti gli effetti tre eccellenze del Sud. Nel borgo di Taurasi, in estate si svolge invece l’annuale Fiera Enologica, che si articola in cinque serate dedicate a musica, spettacolo, degustazioni, convegni, mostre, artigianato locale e visite ad aziende vitivinicole e cantine.
Un mix di tutto questo e in forma permanente lo offre il MAVV, il Museo Dell’Arte, Del Vivo e Della Vite, noto anche come Wine Art Museum, con sede nella Reggia di Portici, in provincia di Napoli. Da qui sono coordinate una serie di attività realizzate in loco e in collaborazione con alcune aziende irpine, fra cui le Tenute Cavalier Pepe. Fra le più proattive e indipendenti anche nel promuovere il territorio ci sono poi la Tenuta del Meriggio e Feudi di San Gregorio.

Come si diceva, in Irpinia, itinerari naturalistici e religiosi trovano spesso una sovrapposizione con percorsi di tutt’altro genere, legati ai molti prodotti di cui questo territorio è generoso. Ospedaletto d’Alpinolo, per esempio, punto di partenza per l’escursione che conduce fino al Santuario di Montevergine e da qui ai trekking nel Parco Naturale del Partenio, è celebre anche per la produzione di torrone e ”castagne del prete”, così chiamate proprio perché fu un frate a scoprire il particolare processo di cottura che ancora oggi viene usato anche su scala industriale. Un accorgimento tecnico, per così dire, che conferisce al prodotto finale un sapore speciale, unico, che c’è solo a Ospedaletto. Alla sapienza dei Padri Benedettini di Montevergine si deve invece la produzione di ottimi liquori e prodotti erboristici dalle proprietà curative.
Avella è invece legata alla coltivazione della nocciola, orgoglio del piccolo Comune che ancora oggi vede il proprio nome legato a questo frutto tradotto in varie lingue: in catalano e spagnolo è avellana, in portoghese avela e in occitano avelana. La nocciola è una delle prelibatezze attorno alla quale sono stati creati cinque Tour di Degustazioni, con visite alle aziende locali alternate a quelle ai siti archeologi e monumenti di maggior interesse.

Irpinia

Le aree tutelate del Parco Regionale dei Monti Picentini ricoprono gran parte dell’Alta Irpinia, facendo quindi di quest’ultima una destinazione vocata all’escursionismo naturalistico. All’interno del Parco sono identificati sei diversi percorsi principali, che consentono di entrare in contatto con le piccole comunità montane e di scoprirne le bellezze monumentali e di flora e fauna più nel dettaglio.

Un esempio concreto è offerto dall’itinerario denominato Dal Monte Terminio al Monte Cervialto: nella sola prima tappa, identificata con il Comune di Serino, si possono vedere il duecentesco Convento dei Frati Minori, i resti del Castello Medievale e la Grotta di San Salvatore, ricca di stalattiti. Nell’itinerario della Valle del Sele, ci si imbatte invece nella natura rigogliosa che circonda le sorgenti del Sele, le cui acque trovano il mare 250 km più a sud, a Santa Maria di Leuca, punta estrema della Puglia, incanalate nel cosiddetto Acquedotto Pugliese, il più lungo del mondo. Nelle vicinanze della sorgente si trovano poi il Santuario di San Gerardo Maiella, luogo di culto frequentato da pellegrini, e l’Oasi WWF Valle della Caccia – Senerchia. Una seconda Oasi WWF è in zona Lago di Conza, con sentieri anche di facile percorribilità.

Nell’incrocio tra le province di Napoli, Salerno e Avellino, nel Vallo di Lauro ricade Pizzo Alvano, che dall’alto dei suoi 1133 metri domina la Piana Salernitano-Napoletana fino a intravvedere l’inconfondibile profilo del Vesuvio. Questa vetta, insieme all’intero massiccio dei Monti di Avella e Partenio e alle aree tutelate come SIC (Sito di Interesse Comunitario) di Pietra Maula e dei Monti di Lauro, è oggi compresa nel vasto Parco Naturalistico Valle Lauro – Pizzo Alvano, che ricade sotto ben tre province, quelle di Napoli, Salerno e Avellino.

Al suo interno si sviluppano circa 50 km di sentieri naturalistici – segnalati secondo le indicazioni internazionali del CAI e identificate con il numero 400 – percorrendo i quali si ha la possibilità di avvistare molte specie di volatili, fra cui la maestosa aquila reale, la poiana, l’astore, il picchio rosso e il picchio nero, l’upupa e il falco pellegrino. Birdwatching da fare a piedi o su due ruote, meglio se in mountain bike, pronti a deviazioni nei piccoli borghi lungo la strada, quali Marzano, Pago, Vallo di Lauro, Taurano, Lauro, Moschiano, Quindici e Domicella, per scoprire prodotti e piatti locali che affondano le radici nel territorio.

Irpinia

Percorrere i 200 km del Trekking Partenio è come camminare indietro nel tempo. Tralasciando per un attimo l’aspetto preponderante, quello naturalistico, e concentrandosi invece sui segni lasciati dall’uomo, si può cogliere come questo tracciato sia un insieme di mulattiere, carrarecce, viottoli, sentieri più o meno comodi, ma sempre segnalati dal CAI, lungo i quali sono passati pastori, taglialegna, rifugiati e sfollati di guerre, briganti, contrabbandieri o semplici cercatori dei tesori del bosco, i funghi. Transiti che hanno cambiato, chi in un senso e chi in un altro, la storia stessa della Campania, e prima ancora della Valle Lauro e dell’Irpinia tutta. Dopo decenni di abbandono dovuto al fenomeno dell’emigrazione e della motorizzazione, l’esigenza di un ritorno alla natura ha permesso di ripristinare tali sentieri, coniugando attività sportiva e culturale e ridando al territorio il suo giusto ruolo, tanto che oggi il Partenio è considerato una delle oasi naturali più belle e incontaminate del Paese.

Il Trekking Partenio è l’itinerario principale che insiste sul Monte Partenio, mettendo in comunicazione i vari comuni attraverso un percorso che si snoda lungo la dorsale principale fra i passi dei Monti di Avella, Piano di Lauro e Mafariello, toccando le zone più alte del territorio e collegandole direttamente con le aree a valle. Un altro percorso che dà grande soddisfazione è quello che parte dal centro di Ospedaletto d’Alpinolo ed è detto Sentiero di Mamma Schiavona dedicato alla Madonna di Montevergine, meta che si raggiunge in circa 2 ore, a quota 1260 metri.
Per chi cerca l’emozione di camminare sospeso nel vuoto o fra le chiome di castagni e faggi secolari, sempre in località Ospedaletto d’Alpinolo c’è il Parco Avventura Montevergine, dove si entra in una modalità slow e di totale contatto con la natura. Le attività proposte hanno diversi gradi di difficoltà, fra liane, ponti tibetani o oscillanti, passerelle di cavo e ponti di corda per tutte le età.
A fare da raccordo a tutti i 33 sentieri del Parco e, simbolicamente, di 4 Province e 19 Comuni, è il Sentiero Italia, che attraversa il Massiccio del Partenio da Mercogliano a S. Martino Valle Caudina, passando per la cresta dei Monti di Avella.

Il Parco del Partenio offre quattro rifugi, situati in pianori di natura carsica, tappa ideale per spezzare cammini che possono durare anche svariate ore. Ne bastano invece due per effettuare il Percorso Ambientale Summonte-Campo San Giovanni che parte dal centro storico di Summonte per poi raggiungere località naturalistiche come Urupreta, Castellone e Becco dell’Aquila, terminando in zona Campo San Giovanni, a 1150 metri di quota.

Per organizzare un’escursione nel Parco Regionale del Partenio e ci si può rivolgere all’associazione Irpinia Trekking o al WWF che qui gestisce due Oasi. In alternativa è possibile consultare la Mappa Escursionistica del Partenio – Alta Via del Partenio, nata dalla collaborazione tra la sezione di Avellino del CAI e la Comunità Montana del Partenio.

Sempre nell’avellinese, altro punto di riferimento e di arrivo dei numerosi percorsi di trekking in Alta Irpinia è il Monte Cervialto, che con i suoi 1809 metri di quota è la seconda cima della Campania. Il suo nome lo deve al cospicuo numero di cervi che un tempo popolavano la zona, ma a essere rimasto inalterato è il panorama che spazia dalla Piana del Sele al Golfo di Salerno, fino a intravvedere il Tavoliere delle Puglie. Assieme al Montagnone di Nusco, il Cervialto costituisce un complesso orografico di grande interesse faunistico, tale da essere riconosciuto come area SIC (Sito di Interesse Comunitario). Attraverso fitti boschi di castagni, principale coltura arborea del territorio, si raggiunge l’Altopiano di Sazzano, a circa 1330 metri, e da qui quello di Gaudo, nei pressi del Santuario della Madonna della Neve.
Il vicino borgo di Calabritto con le sue 14 cascate formate dal rio Zagarone è una di quelle mete imperdibili, soprattutto se al trekking si vuole alternare il canyoning nella Forra di Calabritto.

Sagra della Castagna e del Tartufo Nero

Il Tartufo Nero di Bagnoli Irpino PAT e la Castagna di Montella IGP sono due delle eccellenze più rappresentative del territorio dell’Irpinia e del Parco dei Monti Picentini, giustamente celebrate dall’annuale Sagra della Castagna e del Tartufo Nero che si svolge a Bagnoli Irpino nel periodo autunnale.

Tartufo e castagna, accompagnati da funghi e prodotti caseari, fra cui spicca il pecorino bagnolese a base di latte di pecore autoctone, fanno di questa Sagra un appuntamento fra i più attesi, popolato da circa un centinaio di stand distribuiti per le vie del borgo.

Spettacoli, concerti di musica popolare e danze folkloristiche completano il calendario, cui si aggiungono visite guidate ai siti di interesse nella zona. Un’occasione da non perdere per una full immersion in cultura, storia, arte ed enogastronomia dell’Irpinia.

Laceno d’Oro

Bagnoli Irpino, 1959. Pier Paolo Pasolini e Camillo Marino fondano il primo festival dedicato al “cinema del reale” in Italia. Nasce l’evento che da lì a breve diventerà il Festival Internazionale del Film “Laceno d’Oro”, con un chiaro imprinting che mette al centro i problemi sociali, stimolando il dibattito e l’approfondimento, ma spesso rimanendo fuori dai circuiti della grande distribuzione.

Da allora, il festival prevede ogni anno a dicembre la proiezione di opere significative del cinema indipendente e di ricerca, oltre a una serie di iniziative collaterali in grado di attrarre un pubblico molto trasversale, per età e cultura.

Museo Civico e della Ceramica

L’Irpinia e la ceramica. Una storia plurisecolare che affonda le radici nel passato, e che in ogni epoca ha visto compiersi evoluzioni, di stile, tecnica, gusto. A raccontare tutta questa ricchezza sono gli oltre 250 pezzi della collezione del Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino, situato all’interno di Palazzo Forte.

Si va da ceramiche del IX secolo a maioliche dal Trecento in poi fino a opere contemporanee: in questo ampio excursus, brocche, piatti, fiasche e boccali dai colori solari illustrano gli usi, i costumi, le abitudini e i valori di un popolo e del suo territorio nell’arco di oltre dieci secoli.

Momento clou della ceramica arianese fu il Settecento, periodo in cui erano attestate ben 11 fornaci e circa 29 artigiani con diverse mansioni: faenzari, cretai, rovagnari e stovigliai, artefici di alcuni dei pezzi più notevoli conservati nel Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino. Fra questi, lucerne antropomorfe e zoomorfe, brocche e fiasche a segreto, estrose saliere, scaldamani a foggia di scarpetta, grandi piatti e piatti devozionali e così via.

Museo della Ceramica di Calitri

Calitri è un antico borgo dell’ avellinese, in Irpinia, che deve la sua fama alla lunga e ricca tradizione delle ceramiche dipinte. A testimoniarlo sono le numerose botteghe presenti in zona e nell’intera Alta Valle dell’Ofanto, da quelle a conduzione familiare fino a veri e propri colossi per la produzione di laterizi e vasi in terracotta, e ovviamente il Museo della Ceramica situato nel Borgo Castello di Calitri.

Inaugurato nel 2008, il museo raccoglie oggetti databili dalla protostoria alle mezze maioliche dell’epoca medievale, dalle maioliche rinascimentali fino a quelle del XX secolo. Una collezione preziosa che assomma reperti provenienti dai numerosi scavi archeologici effettuati in zona, a donazioni e prestiti fatti da cittadini privati e associazioni culturali.

Fiera Enologica Taurasi

Tra le prelibatezze enogastronomiche che emergono in questa regione, spiccano il Taurasi DOCG, il Fiano di Avellino DOCG e il Greco di Tufo DOCG.

Il Taurasi, vino di straordinaria raffinatezza, ha radici in un’area di lunga tradizione vitivinicola, abbracciando 17 comuni. Presenta un intenso colore rosso rubino che sfuma in toni granato con l’invecchiamento. Grazie a un lungo periodo di affinamento, sviluppa profumi e sapori complessi. L’Aglianico è il vitigno predominante, con la possibilità di includere fino al 15% di altre varietà a bacca rossa non aromatiche. Dopo tre anni di maturazione in botti di rovere, nasce il rinomato “Taurasi”, un’espressione unica di fattori come il terroir, il clima e le uve provenienti dai vigneti situati tra i 400 e i 700 metri sulle incantevoli colline. Questo vino pregevole rappresenta uno dei pilastri della rinomata “Strada dei vini e dei sapori”.

Una delle manifestazioni più significative a sostegno dell’enologia locale è la Fiera Enologica Taurasi. Questo appuntamento, che si svolge ad agosto, si svolge per cinque giorni e unisce enogastronomia, musica e cultura del territorio. L’obiettivo è presentare un quadro completo delle attività legate al vino nell’area. Le giornate includono degustazioni, visite guidate, convegni, esposizioni, artigianato locale, stand enogastronomici, concerti e naturalmente, l’opportunità di gustare eccellenti vini.
La fiera si snoda in diverse località del comune di Taurasi, con un ruolo centrale svolto dal maestoso Castello Marchionale, luogo di nascita del Principe Carlo Gesualdo. Oggi sede dell’Enoteca regionale, il castello offre spazi per degustazioni e laboratori del gusto durante l’evento. La partecipazione delle aziende vinicole e cantine presenti sul territorio contribuisce in modo sostanziale al successo della fiera, che apre le porte all’entusiasmante “Taurasi Tour”.

Nel corso degli anni, l’evento ha cresciuto la sua popolarità, dando vita anche ad una versione invernale, dimostrando così la sua importanza turistica e enogastronomica campana.

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