Vitigni Irpini

La Campania, terra dai ricchi e antichi vitigni, offre una produzione vinicola autentica e radicata nella storia millenaria della regione. Questa tradizione affonda le sue radici in insediamenti secolari, con molti vigneti che ancora oggi ospitano viti plurisecolari. I “vini degli imperatori” come la Vitis Hellenica, il Vinum Album Phalanginum e la Vitis Apiana, menzionati da autori come Virgilio, Plinio, Cicerone e Marziale, sono gli antenati di celebri vini quali il Greco, la Falanghina e il Fiano. Una regione ricca di varietà di uve autoctone, da cui si originano oltre cento vini bianchi e rossi, rinomati per la loro autenticità e pregio.

Il distretto dell’ Irpinia dei Principi e dei tre Re, intitolato al Principe Carlo Gesualdo da Venosa e ai tre vini che nascono in queste terre ovvero il Taurasi DOCG, il Fiano di Avellino DOCG e il Greco di Tufo DOCG, racchiude comuni come Bonito, Gesualdo, Taurasi e altri. Il Taurasi, un vino rosso DOCG, è prodotto in un territorio dalle radicate tradizioni vitivinicole, comprendente 17 comuni dell’Irpinia. Di un rubino intenso, virante al granato, il Taurasi è adatto a un invecchiamento prolungato che ne esalta gli aromi e i sapori complessi. Elaborato principalmente dall’Aglianico, può includere fino al 15% di altre uve rosse non aromatiche. Questo vino rappresenta un’armoniosa combinazione tra terreno, clima e uve coltivate tra i 400 e i 700 metri sulle colline irpine.

Il Fiano, rinomato bianco, è prodotto in un’area che abbraccia 26 comuni, dalle Valli del Calore e del Sabato al Monte Partenio e le colline del Vallo di Lauro. Questo vino bianco secco, citato dal Gambero Rosso tra i migliori, sposa finezza e sapidità in perfetta armonia, grazie a un’acidità armonicamente integrata.
Il Greco di Tufo, uno dei vini bianchi italiani più rinomati, porta con sé una tradizione millenaria. Con una corposità ben bilanciata, questo vino presenta un colore giallo paglierino e un sapore fresco e minerale, con sentori di agrumi e fiori di ginestra. Si abbina a piatti di pesce, crostacei, molluschi e carni bianche, risultando un’ottima scelta per l’aperitivo.

Per immergersi nel mondo enologico dell’Irpinia, la Fiera Enologica Taurasi rappresenta un evento imperdibile, organizzato da Taurasi Wine City. Questa manifestazione di cinque giorni unisce enogastronomia, cultura e musica, offrendo un’ampia panoramica delle eccellenze enologiche della regione. Le attività includono degustazioni, visite, convegni, esposizioni, artigianato locale, concerti e ovviamente una vasta selezione di vini.

Il “Consorzio tutela vini d’Irpinia” rappresenta un’importante realtà, composta da circa 500 produttori di uve e aziende vitivinicole. Questo consorzio rappresenta il 75% dei vini certificati DOCG Taurasi, DOCG Fiano di Avellino, DOCG Greco di Tufo e DOC Irpinia prodotti nell’Irpinia. L’organizzazione di eventi come Ciak Irpinia, presso Atripalda, e Wine Art Museum, che offre esperienze di degustazione e percorsi immersivi, promuove l’arte del vino in tutta la sua bellezza e complessità.

Scegliendo di esplorare cantine come Tenuta del Meriggio e Feudi di San Gregorio, si può scoprire l’equilibrio tra tecnologie moderne e tradizioni antiche. Queste cantine offrono tour degustativi e un’esperienza completa nella scoperta dei vini irpini. In alternativa, The Grand Wine Tour offre visite guidate che portano alla scoperta delle eccellenze vinicole dell’Irpinia.

La Campania, terra di antichi sapori e profonde radici enogastronomiche, si svela attraverso i suoi vini pregiati e le esperienze uniche offerte dalle cantine e dagli eventi enologici del territorio.

Oasi WWF Lago di Conza

L’Oasi WWF Lago di Conza è una delle più vaste aree umide della Campania e una delle più importanti stazioni di ristoro e riposo per le specie di uccelli migratori che attraversano il territorio tra il Tirreno e l’Adriatico. Data la sua importanza, l’area assume un rilievo sia nazionale che sovranazionale, specialmente per la varietà e la ricca avifauna che vi trova rifugio durante le migrazioni. L’ambiente si integra nel paesaggio Sannitico-Lucano, situato in un’area di basse montagne. La presenza di una diga influenza periodicamente il livello dell’acqua del lago.

La fruizione dell’Oasi è concentrata principalmente nella zona prossima al centro visite, da cui partono tre diversi sentieri in terra battuta, brecciolino o assi di legno, presentando un andamento prevalentemente pianeggiante, adatto a tutti i tipi di visitatori.

Il primo sentiero, chiamato “Sentiero Natura,” è un percorso ad anello accessibile tutto l’anno. Si sviluppa su un camminamento in legno, fruibile da tutti i visitatori. Lungo questo sentiero, sono posizionate bacheche e pannelli illustrativi che forniscono informazioni sull’habitat, la fauna e la flora dell’Oasi. Lungo il percorso si trovano numerosi punti di interesse come il Belvedere sul lago, che offre una vista panoramica sull’Oasi, gli antichi borghi di Conza e Cairano e lo Stagno Didattico.

Il secondo sentiero, conosciuto come “Sentiero della Cicogna Bianca,” è accessibile tutto l’anno ed è costituito da un camminamento in pietrisco che circonda l’area abitata dalle cicogne. Esso permette l’accesso a un capanno d’osservazione, da cui è possibile ammirare alcune esemplari di Cicogna Bianca. Quest’area ospita cicogne bianche nate in cattività, destinate a un progetto di ripopolamento nell’alta Irpinia. Il sentiero conduce anche al giardino delle Testuggini, dove sono ospitate quattro diverse specie di tartarughe affidate all’Oasi dal Corpo Forestale dello Stato.

Il terzo sentiero, conosciuto come “Sentiero Mountain Bike,” si estende per quasi 4 km lungo la sponda del lago, dalla diga al centro visite. Fanno parte di questo percorso delle vecchie strade di campagna, che attraversavano le case coloniche e offrono un paesaggio suggestivo. Lungo il sentiero è possibile avvistare diverse specie di uccelli tipiche degli ambienti prativi, come Cappellaccie, Allodole e Cardellini. Il sentiero offre numerosi punti di osservazione dell’avifauna acquatica.

I diversi ambienti presenti nell’Oasi includono il bosco igrofilo, i pascoli e gli ambienti steppici. Il bosco igrofilo è composto da varie piante, tra cui il salice bianco, la tamerice, l’ontano e il pioppo italico. La vegetazione palustre è estesa e comprende specie come il salice bianco, diverse varietà di pioppo, cannuccia di palude, tifa, scirpo, iris palustre, sagittaria e ranuncolo d’acqua. I pascoli e gli ambienti steppici sono caratterizzati dalla presenza predominante di Bromus erectus, accompagnato da avena selvatica, rovo, sambuco, biancospino, prugnolo e rosa canina.

L’Oasi WWF Lago di Conza è un ambiente ideale per lo studio dell’avifauna acquatica e delle migrazioni degli uccelli. Nel Centro Visite, è presente una sala conferenze, un laboratorio di educazione ambientale e un’aula all’aperto. La gestione dell’Oasi è affidata all’Associazione Campana per le Oasi del WWF (A.C.O.WWF), in collaborazione con l’Ente Irrigazione di Puglia, Lucania e Irpinia e la Provincia di Avellino. Il centro visite offre diverse strutture, tra cui una sala per conferenze, un laboratorio didattico, un percorso natura, capanni di osservazione e un’area attrezzata per la sosta.

Le visite guidate sono condotte da operatori esperti e includono parti dei sentieri natura, delle cicogne e delle mountain bike. Durano circa un’ora e mezza, sono su prenotazione e si svolgono per gruppi di almeno 10 persone. Inoltre, l’Oasi WWF Lago di Conza offre ai visitatori la possibilità di esplorare l’area protetta in modo indipendente, grazie alla tecnologia QRcode, che fornisce narrazioni guidate attraverso dispositivi abilitati come smartphone e tablet.

Necropoli Monumentale di Avella

L’antica città di Abella, il cui nome potrebbe derivare da “nux abellana,” la noce abbondante nella zona menzionata anche da Plinio il Vecchio, sorge lungo una strada che collega la pianura Campana con la valle del Sabato e il Sannio Irpino. Nonostante sia una via meno agevole rispetto alla Via Appia, questa strada è sempre trafficata fin da sempre. La coltivazione della preziosa nux Abellana, unita allo sfruttamento dei boschi e all’allevamento nelle zone collinari, costituiva una vera e propria fonte di ricchezza economica.
Lungo le strade che collegano l’antica Abella alle località circostanti, si ergono imponenti monumenti funerari romani. Questi mausolei, costruiti in opus incertum o reticolatum con inserti di laterizio, appartengono a tipologie architettoniche ben conosciute in altri centri della Campania antica. La necropoli monumentale, sviluppatasi tra la tarda età ellenistica e i primi anni dell’Impero Romano, si dispiega lungo una strada extra-urbana che si estendeva dalla città di Abella verso ovest, dirigendosi verso la pianura campana.
Il complesso, ora aperto al pubblico, include quattro mausolei funerari delimitati da recinti, costruiti con laterizio e pietra calcarea. Questi mausolei presentano una pianta quadrata con parti superiori cilindriche che terminano con cuspide o edicola. All’interno dei mausolei erano presenti letti tricliniari per i banchetti funebri. Particolarmente degna di nota è la tomba contrassegnata dal numero 88, la cui camera ipogea è stata rinvenuta ancora sigillata. Le tipologie architettoniche dei monumenti funebri di Avella si riscontrano in altre parti della Campania e costituiscono esempi preminenti di architettura funeraria romana.
La Necropoli Monumentale di Avella è gestita dal Comune di Avella e, unitamente all’Anfiteatro di Avella e al Castello di Avella, rappresenta uno dei principali siti archeologici della città. È possibile acquistare un unico biglietto per l’accesso a questi tre siti e richiedere l’assistenza di guide turistiche ufficiali della regione. Inoltre, il comune fornisce un servizio di navetta per collegare i principali siti archeologici. Nel sito web del comune, nella sezione “Avellartelis,” è disponibile una guida ai siti archeologici in Lingua Italiana dei Segni (LIS).
L’ufficio turistico di Avella regola gli ingressi alla Necropoli Monumentale e offre la possibilità di organizzare visite guidate con guide turistiche ufficiali della regione. Avella è facilmente raggiungibile attraverso la S.S. 7/bis e l’autostrada Napoli – Bari, grazie ai caselli autostradali Nola – Baiano, oltre che dai treni e mezzi pubblici gestiti dalla circumvesuviana.

Castello di Avella

Il maestoso Castello di Avella, che si erge imponente su una collina lungo la parte orientale della pianura campana e affacciato sul fiume Clanio, racchiude in sé la storia di una roccaforte longobarda. Costruito nel VII secolo e dedicato all’arcangelo Michele, aveva il compito di sorvegliare il confine. Nel corso dei secoli, il castello subì vari attacchi, tra cui l’assalto saraceno nel 883.

Situato a un’altitudine di 320 metri sul livello del mare, il Castello di Avella fu edificato dai Longobardi nel VII secolo d.C. sui resti del tempio di Ercole. Questo primo insediamento potrebbe aver svolto la funzione di avamposto militare, contribuendo al controllo della strada tra Avellino e Benevento e alla difesa dal Ducato bizantino di Napoli. Nel corso dei secoli, il castello passò di mano tra diverse dinastie, tra cui i baroni di Avella di origine normanna, i Del Balzo, gli Orsini e i Doria del Carretto, fino a giungere nelle proprietà della famiglia Spinelli che nel 1533 restaurò la fortezza. La struttura fortificata presenta una forma trapezoidale con tre aree distinte disposte in modo quasi concentrico. La prima comprende il palatium Mastio, le cui murature interne realizzate con tufo e rari pezzi di calcare sagomato conservano tracce delle modifiche subite nel corso dei secoli. Un elemento caratteristico è la torre circolare situata nell’angolo sud-est del palatium, tipica dell’architettura angioina. Questa torre alta e slanciata serviva alla difesa dell’accesso principale. All’interno della torre, si trovano ambienti per la residenza e servizi, mentre la cisterna è al piano inferiore. Le seconde e terze aree sono costituite da due cinte murarie.

Nonostante la sua importanza come complesso medievale, solo recentemente il Castello di Avella è stato oggetto di esplorazioni sistematiche, grazie a finanziamenti destinati a creare un parco archeologico. Le indagini condotte tra il 2000 e il 2001 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento si sono concentrate sulla rocca per definirne lo sviluppo planimetrico e stabilire una periodizzazione basata su stratigrafia delle fasi di occupazione.

Il Castello di Avella, gestito dal Comune di Avella, insieme all’Anfiteatro di Avella e ai Monumenti funebri della necropoli romana, rappresenta una delle principali attrazioni della città. È possibile acquistare un biglietto unico che consente l’accesso a questi tre siti archeologici, e richiedere una guida ufficiale della regione per una visita guidata. Inoltre, il comune mette a disposizione un servizio di navette che collega i siti principali. Il sito web del comune dispone di una guida ai siti archeologici in Lingua Italiana dei Segni (LIS).

L’ufficio turistico di Avella regola gli ingressi al sito archeologico e offre la possibilità di prenotare visite guidate con guide turistiche ufficiali della regione. Durante i mesi estivi, dall’inizio di giugno a settembre, è attivato il format “TRAMONTO ED APERITIVO AL CASTELLO”, che comprende incontri, visite guidate all’anfiteatro romano, al centro storico (Convento e Palazzo Baronale) e al Castello di Avella, seguite da un aperitivo con vista panoramica sul Vesuvio e sul tramonto.

Avella è facilmente raggiungibile attraverso la S.S. 7/bis e l’autostrada Napoli – Bari, grazie alla presenza dei caselli autostradali Nola – Baiano, oltre che dai treni e mezzi pubblici gestiti dalla circumvesuviana.

Anfiteatro di Avella

L’anfiteatro di Avella costituisce uno dei siti archeologici di maggior rilevanza all’interno della città, accanto all’area archeologica della necropoli monumentale e al maestoso Castello di Avella, conosciuto anche come Castello di San Michele.

Il nome antico di questa città, Abella, sembra derivare dal termine “nux abellana”, in riferimento alle noci presenti in abbondanza nella zona, menzionate anche da Plinio il Vecchio. Situata lungo la via che collegava e collega ancora oggi la pianura campana con la valle del Sabato e il Sannio Irpino, Avella, pur essendo su una strada meno agevole rispetto alla celebre Via Appia, è stata da sempre un punto di passaggio importante. Le attività economiche erano varie, spaziando dalla coltivazione delle preziose noci Abellana alla sfruttamento delle risorse boschive e all’allevamento nelle zone collinari circostanti.

L’anfiteatro, costruito in opus reticulatum di tufo, richiama le maestose rovine di Pompei. Questo struttura, di ampie dimensioni, svolgeva anche il ruolo di sede per vari eventi culturali e poteva accogliere fino a 3000 persone. La sezione meridionale dell’anfiteatro poggia su robuste costruzioni a volta, mentre l’arena si trova al di sotto del livello circostante. Notevolmente conservati sono i due vomitorii principali lungo l’asse maggiore dell’ellisse (itinera magna), che presentano ambienti laterali. Inoltre, il podio che separava la curva dall’arena è stato restaurato e preserva intatta la sua struttura. I sedili in tufo dell’ima cavea sono interrotti da podii (tribunali) lungo l’asse minore. Nel periodo tardo imperiale, furono avviate costruzioni di stalle all’interno del podio, ma queste furono abbandonate a seguito degli eventi che portarono al collasso dell’Impero Romano d’Occidente.

L’ufficio turistico di Avella gestisce gli ingressi al sito archeologico e offre la possibilità di prenotare visite guidate con guide turistiche ufficiali della regione. Un biglietto unico consente l’accesso all’anfiteatro, ai monumenti funerari della necropoli e al Castello di Avella. Inoltre, il Comune mette a disposizione un servizio di navetta che collega questi tre importanti siti archeologici. Chi preferisce immergersi nella storia passeggiando, può esplorare il centro storico di Avella lungo il decumanus maximus, l’antica strada principale, dove si possono ammirare diverse chiese e antichi palazzi.

Avella è facilmente raggiungibile tramite la S.S. 7/bis e l’autostrada Napoli – Bari, grazie alla presenza dei caselli Nola – Baiano, oltre che dai treni e mezzi pubblici gestiti dalla circumvesuviana.

Museo Civico di Summonte

Il pittoresco Comune di Summonte, inquadrato tra i gioielli italiani riconosciuti dall’associazione “I Borghi più belli d’Italia”, si posiziona con orgoglio come una gemma nascosta in mezzo a paesaggi mozzafiato.
Summonte vanta radici che si perdono nel tempo, testimoniando la sua storia attraverso i ruderi millenari del castello e la maestosa Torre Angioina. Da questa torre, lo sguardo si perde nell’ampio panorama del Parco Regionale del Partenio e persino del Golfo di Napoli, abbracciando una vista unica sul Santuario di Montevergine.

All’interno della Torre Angioina il Museo Civico di Summonte. Una serie di rilievi aerofotogrammetrici a raggi infrarossi, effettuati da esperti nel giugno del 1980, ha permesso di scoprire più informazioni sulla struttura preesistente al castello. Questa era dominata da una maestosa torre che, in passato, sovrintendeva all’intera zona. Elevata sui resti del castello originario, la torre ha preservato tracce della famiglia Malerba, che gestì il feudo normanno.
Recenti restauri hanno restituito l’antica gloria alla Torre Angioina, che in passato appariva come un rudere. Attualmente, la torre si eleva con eleganza su cinque piani, con pareti murarie restaurate e solai di legno ricostruiti, rispettando scrupolosamente le tecniche costruttive originali.
Lo spazio ospita una mostra permanente, con documenti che narrano la storia del territorio e le sue risorse naturali. Il Museo Civico di Summonte, suddiviso in due sezioni, affascina i visitatori con reperti archeologici e armamenti medievali. La sezione dedicata agli armamenti presenta riproduzioni di attrezzi utilizzati tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, mentre la Torre stessa ospita reperti archeologici risalenti al XIII-XVII secolo.

All’esterno del castello, la “platea” è stata trasformata in una suggestiva cavea, un teatro all’aperto in cui si svolgono spettacoli teatrali, concerti di musica classica e presentazioni letterarie. Inoltre, un sentiero turistico attraverso l’antica cinta muraria offre una vista panoramica sulla montagna e il centro urbano, regalando un’esperienza visiva unica.

L’ingresso al complesso è possibile dal cancello di via Gelsi, alle spalle della Chiesa Madre San Nicola di Bari, nella suggestiva Piazza Gelsi.

Santuario di Montevergine

Nel cuore della provincia di Avellino, a Mercogliano, si erge il celebre complesso monastico mariano, un autentico simbolo dell’Italia meridionale: il Santuario Montevergine. Questo monumento nazionale rappresenta un’esperienza unica, includendo il Santuario, un’abbazia millenaria, una ricca biblioteca e un affascinante museo.
La storia del Santuario è intrecciata con la figura di San Guglielmo, un pellegrino dalla vita avventurosa che, dopo un periodo di riflessione, si ritirò in solitudine sul monte ora noto come Partenio. A oltre mille metri d’altitudine, costruì una modesta cella e visse un anno intero in contemplazione profonda, in armonia con la natura circostante, persino in compagnia di orsi e lupi, che parevano rispettare la sua presenza.
Sebbene la salita di San Guglielmo al monte Partenio risalga al 1118, la costruzione del Santuario ha inizio con la consacrazione della prima chiesa nel 1126. Questa chiesa, con dedicata alla Madonna, visse il suo massimo splendore tra il XII e il XIV secolo. Durante questo periodo, il Santuario si arricchì di numerose opere d’arte e divenne custode del dipinto della Madonna, venerato anche oggi nella cattedrale, insieme a numerose reliquie.
Un altro momento importante della storia della chiesa fu nel 1956 quando venne aperta una funicolare che collega il centro di Mercogliano al Santuario in soli 7 minuti, offrendo ai pellegrini una comoda alternativa alla strada, ripida e tortuosa.

L’architettura del Santuario si compone in Nuova e Antica Basilica. La Nuova Basilica, in stile romanico, presenta una pianta a tre navate, con un coro ligneo dietro l’altare principale e un soffitto a cassettoni decorato in oro zecchino. Il campanile, imponente e rivestito di granito bianco e grigio raggiunge un’altezza di circa 80 metri.

L’Antica Basilica si caratterizza per l’arte barocca, con decorazioni a stucco. All’interno si trovano la Cappella del Crocefisso e la Sala San Guglielmo, che ospita testimonianze di grazie e ex voto. Un altare del XVII secolo, con tarsi della scuola napoletana e influssi dell’arte araba, domina la Basilica, circondato da opere d’arte di notevole pregio.
La cripta di San Guglielmo accoglie il sarcofago contenente le spoglie del santo, impreziosito da raffigurazioni salienti della sua vita terrena e alcune reliquie raccolte nel corso degli anni.

Alla devozione della Madonna è legata la “Juta a Montevergine” che si svolge due volte all’anno e ha come protagonista la Madonna Nera di Montevergine, anche detta Mamma Schiavona. La “Juta” è il percorso in montagna per raggiungere il Santuario, all’interno del quale è custodita l’icona della Mamma Schiavona, oggetto di culto che richiama pellegrini da ogni parte d’Italia. La leggenda che si confonde con la realtà, in uno dei culti più seguiti nel sud Italia, ruota proprio attorno al misterioso quadro inserito nel complesso monastico realizzato da Montano D’Arezzo. La leggenda narra che la Madonna di Montevergine, unica nera di 7 sorelle (da qui l’appellativo Schiavona, cioè “straniera”), per il colore della sua pelle era considerata la più “brutta” e che per tale motivo, offesa, si rifugiò sul Monte Partenio. Nel tempo la Mamma Schiavona è diventata il simbolo di protezione degli ultimi, dei deboli, dei poveri e degli emarginati, diventando così la più bella delle sorelle, tanto da essere festeggiata due volte all’anno: il 2 febbraio, giorno della Candelora, e il 12 settembre, giorno di Santa Maria. Queste due date segnano rispettivamente l’apertura e la chiusura della festa delle sette Madonne che, come gran parte dei culti mariani, affonda le sue radici in arcaici riti precristiani legati al culto della Madre Terra e volti a propiziare un buon raccolto.
Nel giorno della Candelora, come già accennato, si compie anche uno degli eventi più suggestivi e caratteristici della tradizione campana: la juta a Montevergine dei femminielli.

Abbazia del Goleto

L’ultimo capitolo della quasi millenaria storia dell’Abbazia del Goleto, ossia del complesso della cittadella monastica del Santissimo Salvatore al Goleto, risale al 2021, anno in cui in questo rifugio dello spirito situato tra S. Angelo dei Lombardi e Rocca San Felice, in provincia di Avellino, si è insediata una fraternità presbiterale diocesana, che ogni giorno apre le porte a visitatori e pellegrini.

A fondarla fu nel 1133 Guglielmo da Vercelli, su un terreno ricevuto in dono da Ruggero, signore normanno della vicina Monticchio, il quale espresse il desiderio di creare una comunità mista di monaci e monache guidata da una badessa. E così fu. Il complesso comprendeva il monastero grande delle monache, a fianco dell’abside, e quello più piccolo dei monaci, davanti alla facciata. Grazie all’operato di abbadesse determinate come Febronia, Marina I e II, Agnese e Scolastica, la comunità crebbe e si arricchì di terreni e di opere d’arte. La torre Febronia, per esempio, è un vero capolavoro di arte romanica costruita con blocchi lapidei recuperati da un mausoleo romano, mentre la Cappella di San Luca, edificata nel 1255 per accogliere le reliquie del santo evangelista, è il gioiello dell’abbazia.

Oasi del Lago di Conza

Immersa nell’incantevole scenario dell’invaso di Conza, sul corso del fiume Ofanto, si estende un gioiello naturalistico: l’Oasi del Lago di Conza. Questa oasi costituisce l’area umida più estesa della Campania e si sviluppa nelle aree a valle della diga. Posizionata lungo l’asse Ofanto-Sele, che si snoda dal nord-est al sud-ovest, riveste un ruolo cruciale nella rotta migratoria tra il Mar Tirreno e l’Adriatico. In collaborazione con l’Oasi WWF di Persano l’Oasi del Lago di Conza è un rifugio prezioso per molte specie ornitiche in cerca di riposo e ristoro.

Questa area riveste importanza a livello nazionale e internazionale grazie alla sua ricca avifauna. Durante le migrazioni tra l’Europa e l’Africa, numerose specie trovano rifugio qui, rendendo l’area un autentico paradiso per gli appassionati di birdwatching e per gli studiosi che desiderano approfondire le migrazioni degli uccelli.

L’Oasi offre molteplici opportunità per esplorare e apprendere. Le scolaresche possono beneficiare di una sala conferenze, un laboratorio di educazione ambientale e un’aula all’aperto. Un sentiero appositamente attrezzato con capanni di osservazione e pannelli didattici offre la possibilità di avvicinarsi alla natura e all’avifauna in modo responsabile.
Inoltre, per coloro che desiderano immergersi ancora di più nell’esperienza, è possibile pernottare presso la foresteria dell’Oasi.

Santuario Abbazia di Montevergine

In un pittoresco contesto ai piedi del crinale del Partenio, sorge uno dei santuari più venerati d’Italia: il Santuario di Montevergine. Fondato nel 1118 da San Guglielmo da Vercelli, questo luogo di culto ha subito varie ristrutturazioni nel corso del tempo, assumendo oggi un’imponente e austera bellezza. La struttura comprende due chiese adiacenti, la Vecchia e la Nuova, oltre al monastero, la foresteria, il campanile, la cripta e gli spazi di servizio.
Un capitolo significativo nella storia del santuario è legato al XII secolo, quando Carlo II d’Angiò, prigioniero degli Aragonesi in Sicilia, fece erigere una cappella per adempiere a un voto. Questa cappella venne decorata dall’artista Montano d’Arezzo, il cui lavoro culminò nell’icona della Maestà di Montevergine, realizzata tra il 1296 e il 1297 e nota come Mamma Schiavona.
Nel 1712 la Madonna di Montevergine ricevette l’incoronazione solenne decretata dal Capitolo Vaticano. La chiesa Vecchia, già ornata da stucchi dorati e dettagli in bronzo dorato, fu ulteriormente abbellita e le tele, i lampadari d’argento e opere d’arte come le sei tele raffiguranti i Misteri della Vergine di Ludovico Mazzanti arricchiscono ancora oggi l’interno della chiesa.
Per far fronte all’ingente afflusso di fedeli nella seconda metà del secolo scorso, venne costruita la Chiesa Nuova, opera dell’architetto romano Florestano Di Fausto. Inaugurata nel 1961, questa chiesa si distingue per un imponente campanile alto 47 metri.
All’interno del complesso abbaziale, si trova il Museo Abbaziale, allestito durante l’ultimo Giubileo. Suddiviso in quattro sezioni tematiche, il museo ospita una pinacoteca, una ricca collezione di paramenti sacri e oggetti liturgici, un mostra di presepi napoletani e da tutto il mondo e la stanza della pietra conosciuta come “impronta della Madonna”, meta dei pellegrinaggi a Montevergine.
All’interno del complesso abbaziale presente anche un’ erboristeria che offre una vasta gamma di prodotti artigianali, tra cui erbe, tisane, liquori, miele, birre, cioccolato e dolciumi, prodotti dai padri benedettini di Montevergine e da altri monasteri.
Ogni anno, il Santuario di Montevergine accoglie circa un milione e mezzo di pellegrini provenienti da tutto il meridione d’Italia.

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