Castello Lancellotti

Il Castello Lancellotti è un simbolo di storia. Le sue origini risalgono all’XI secolo, quando fu eretto su una roccia nota come “primo sasso” dove, in epoca romana, si trovava un’antica costruzione. I segni del passato emergono dai secoli e rivelano un racconto avvincente.
Passando di mano in mano, il Castello Lancellotti ha attraversato le epoche: sotto i Longobardi appartenne ai Nobili del Principato di Salerno, sotto i Normanni ai Conti di Caserta, quindi ai Del Balzo-Conti durante il periodo svevo-angioino e agli Orsini Conti di Nola e ai Pignatelli in epoca aragonese.

Solo nel 1632 la famiglia Lancellotti ne divenne proprietaria e ancora oggi ne custodisce il retaggio. La notte del 30 aprile 1799, durante il dominio dei Lancellotti, vide il castello andare in fiamme e, a seguito dell’incendio, il maniero cadde in disuso fino al 1870, quando il Principe Don Filippo Massimo Lancellotti volle ricostruirlo caratterizzandolo con un mix di stili: gotico, rinascimentale, neoclassico e barocco.

Torri quadrate e mura con varie porte di accesso creano un’atmosfera suggestiva. I particolari non mancano: un portale rinascimentale a bugnato, la Sala del Plastico, la Scuderia che custodisce carrozze del XVIII e XIX secolo insieme a un cavallo di legno. La Sala da Pranzo con il soffitto cassettonato, la Sala d’Armi, il Salone Rosso, che ospita oggetti farmaceutici di origine siriana, la Sala del Biliardo e la Biblioteca, con oltre mille opere. La Cappella Privata, accessibile tramite un chiostrino interno segreto, affrescata con scene dei prodigi di santi, offre un’atmosfera particolare.

Le stanze conducono a un vasto terrazzo panoramico, uno sguardo aperto sul Vallo di Lauro. Oggi il Castello Lancellotti è più di un semplice monumento storico: è un museo che ospita le pagine del passato, ma è anche uno spazio d’eccezione per eventi privati e manifestazioni culturali. Rivive come un testimone mutevole del tempo, offrendo il fascino dell’antico insieme alle moderne esigenze.

Irpinia

L’Irpinia è una terra di passaggio tra due mari. il Tirreno e l’Adriatico, ricca di storia e cultura, di tradizioni religiose e popolari, di produzioni enogastronomiche di qualità. Il fascino dei piccoli borghi arroccati, che spesso ospitano fortificazioni e palazzi di pregio, ed il paesaggio naturale, fatto di boschi e corsi d’acqua ma anche di distese destinate a pascolo o a coltivazioni di grano e foraggio, costituiscono lo scenario per un’accoglienza calorosa, meta ideale per un turismo lento.

Il territorio, che corrisponde a quello della provincia di Avellino, è attraversato da itinerari culturali di grande valore storico: la Valle dell’Ofanto, la Via Francigena, la Via Appia e da cammini religiosi. È sede di due Parchi Naturali, il Parco regionale dei Monti Picentini e il Parco del Partenio, nel territorio dei quali sono presenti anche attrattori di interesse culturale oltre che naturalistico.

Tra le località che registrano il maggior numero di presenze di visitatori, in quanto meta di pellegrinaggio religioso, vi sono Montevergine con il Santuario dedicato alla Madonna “Mamma Schiavona” e l’Abbazia di Loreto e Materdomini, con il Santuario di San Gerardo Maiella. Entrambi richiamano ogni anno più di un milione di pellegrini in quanto luoghi di culto caratterizzati da una fervente spiritualità. Si trovano, inoltre, ubicati in aree di grande interesse naturalistico.

Il Santuario di Montevergine si trova nel territorio del Parco del Partenio che ospita al suo interno diversi sentieri sia di pellegrinaggio sia per gli amanti del trekking o del cicloturismo. In particolare, il Massiccio del Partenio è attraversato dal “Sentiero Italia” nel quale sono fatti convergere quasi tutti i 33 sentieri del Parco, in modo tale che l’intero territorio possa essere percorso da est (Ospedaletto-Summonte) ad ovest (Arienzo S. Felice a Cancello) per circa 35 chilometri e da sud (Valle di Lauro e Baianese) a nord (Valle Caudina), unendo simbolicamente in una unica rete ben 19 Comuni e 4 Province.  Nel territorio del Parco del Partenio si trova anche l’Oasi gestita dal WWF, la “Montagna di Sopra di Pannarano”.

Il territorio di Caposele dove si trova il Santuario di San Gerardo Maiella è noto per la presenza delle sorgenti del Sele che alimentano l’“Acquedotto Pugliese” e fa parte della comunità montana Terminio Cervialto e gran parte del territorio comunale ricade per l’appunto nel Parco Regionale Monti Picentini. Il fiume Sele è citato da Virgilio nelle Georgiche, successivamente anche da Plinio il Vecchio e Strabone.

Campania Felix

Campania Felix. Gli Antichi Romani la chiamavano così, e il senso di questa definizione sta nella fortunata composizione di elementi naturalistici e “umani” che sono andati nel tempo a creare realtà straordinarie come Capri, Pompei e Sorrento, solo per citarne alcune. In periodo imperiale, la Regione comprendeva i territori che da Capua arrivavano fino a Salernum e poi tutta l’area circumvesuviana. Particolarmente apprezzati erano già all’epoca quelle che oggi chiameremmo wellness destination, ossia le sorgenti termali attorno a cui sorsero grandiosi stabilimenti termali frequentati anche da personalità e aristocrazia romana. Fra questi, le “Spa” di Contursi Terme, Telese e Napoli, attive ancora, oltre ovviamente a quell’unicum che è Ischia, vera e propria “Isola del benessere”. La natura generosa ha regalato alla Campania anche una serie di oasi verdi, a iniziare dal Parco Nazionale del Vesuvio e quello del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, cui si aggiungono il Parco Regionale del Matesesino, il Parco sommerso di Gaia e l’Area Marina Protetta di Costa degli infreschi e della Masseta nel Cilento.

Felix la Campania lo è anche per la ricchezza che ha saputo coltivare l’uomo, a volte letteralmente, con colture come la vite, presente da oltre duemila anni con vitigni autoctoni – vedi le vitis Hellenica, Apiana e Aminea Gemina – che oggi hanno ceduto il passo a Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo, prodotti da esportazione che fanno parlare di questa terra in tutto il mondo.

Così come altri prodotti di tradizione locale: le ceramiche artistiche di Vietri sul Mare, i tessuti artigianali di San Leucio, i coralli e cammei di Torre del Greco, cuore di un fiorente distretto orafo noto a livello internazionale, e le ceramiche di Capodimonte nel capoluogo.

Campania Felix

La ceramica è un’arte antica in Campania, come attestano reperti di epoca etrusca e romana in vari siti archeologici, uno dei quali si trova nell’area di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. In particolare, è nel XIII secolo che, all’interno di grotte di arenaria, si perfeziona la tecnica dell’invetriatura, di origine greco-romana e mixata con le culture orientali, bizantine e islamiche, su cui nel XV secolo si innesta anche la sapienza dei maestri faentini portati qui intorno al 1421 dal Conte Francesco Sforza. L’evoluzione continua fino al ‘700, periodo in cui il piccolo borgo irpino arriva a contare 11 fornaci e 20 forniciai specializzati nella produzione di manufatti per uso domestico. A oggi, Ariano è tornato a far sentire la sua voce, proponendo sul mercato i cosiddetti “oggetti solari”, acquasantiere, mattonelle votive, coppe, fiasche a forma di animale o umane dai colori sgargianti.

Si trova nell’avellinese anche Calitri, dove la tradizione ceramica prende piede a partire dal XVI secolo, grazie alla scoperta di ricchi giacimenti di argilla in zona. Da qui, in breve inizia un fiorente commercio anche extra regionale, sulla scia del successo di due decori tipici e assai caratterizzanti: i “sing sing”, tipiche linee verticali che seguivano la circonferenza dei manufatti, e la “rosa mascarina”, una sorta di rosa selvatica stilizzata, arricchita nel tempo con stemmi o emblemi gentilizi e richiami ad animali o piante.

Altri due luoghi dediti a quest’arte si trovano nel Sannio. Il primo è Cerreto Sannita, nel Parco Regionale del Matese, dove è stato rinvenuto un forno arcaico per la cottura dell’argilla. Bisogna però attendere il ‘700 per veder nascere la Scuola delle Maioliche Cerretesi, dovuta a una proficua produzione di manufatti che iniziò a essere esportata in tutto il Meridione. Un approfondimento su tutte le fasi evolutive dello stile locale lo dà il Museo Civico e della Ceramica Cerretese, che raccoglie in tre sezioni i capolavori degli artigiani locali dall’epoca romana fino all’età contemporanea.

Il secondo “spot” sannita per appassionati del genere è San Lorenzello, la cui particolarità è che qui, dal Seicento in poi, si sono sviluppate varie botteghe ma tutte specializzate in una tipologia di manufatto, chi in vasi, chi in presepi, acquasantiere e così via. Una particolarità che ha reso unica la sua ceramica, ancora oggi esportata con successo, fino ad arrivare in Giappone e non solo.

Nel salernitano si trova infine Vietri sul Mare, tanto legata al mondo della ceramica da essere dichiarata nel 1997 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ciò che oggi si vive in paese, nelle sue viuzze affollate di botteghe artigiane dedite a tramandare quest’arte antica, è uno spaccato assolutamente fedele di ciò che già accadeva nei secoli addietro, quando il borgo era sia la base di produzione sia lo scalo commerciale della Badia di Cava de’ Tirreni. Perfetta, a chiudere questo itinerario all’insegna della bellezza plasmata da mani sapienti, è la visita alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, impreziosita dentro e fuori da straordinarie maioliche del Seicento.

Campania Felix

Per scoprire l’anima più selvaggia della Campania si può iniziare dal Cilento, dove il fiume Calore Lucano ha scavato nei secoli cinque profonde incisioni, le cosiddette Gole del Calore, uno dei luoghi più spettacolari del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni insieme all’Oasi WWF delle Grotte del Bussento, 670 ettari di verde caratterizzati da fenomeni carsici fra i più importanti in Italia.
Dalle acque del Rio Bussentino, sempre nel Cilento, vicino ai resti di un mulino, nasce la Cascata dei Capelli di Venere, il cui nome deriva dall’abbondante presenza di felce capelvenere, che crea tutt’attorno una piccola oasi dall’aspetto quasi tropicale.

Il più grande parco regionale campano, di 63.000 ettari, nonché uno dei maggiori bacini idrici del Mezzogiorno, è invece l’Oasi di Caccia di Senerchia, nella provincia di Avellino, riserva naturale di 450 ettari che rientra nel Parco Regionale dei Monti Picentini.

Anche la Costiera Amalfitana nasconde un insospettabile wild side appena alle spalle di uno dei luoghi più celebri, Amalfi, dove fra i comuni di Scala e Agerola si sviluppa la Valle delle Ferriere, attraversata da un percorso semplice e della durata di circa tre ore, con scorci sul mare di rara bellezza.

Dall’azione erosiva del torrente Titerno, nel Beneventano, derivano infine le gole rocciose dette Forre del Lavello, spettacolare “canyon” con grotte, antri e sentieri, anche di trekking fluviale, attrazione del Parco Regionale del Matese.

Campania Felix

L’Isola di Ischia, il Golfo di Napoli, la Costiera Amalfitana, il Cilento, l’Irpinia…Non c’è zona della Campania che non richiami alla mente antiche memorie legate a sorgenti benefiche. Fra le terme pubbliche dell’isola a più alto “tasso di benessere” del Mediterraneo ci sono quelle di Sorgeto e delle Fumarole, ben note e sfruttate sin dai tempi dei Romani e da allora sempre rimaste fra le mete preferite di personalità di ogni epoca, come testimonia il fatto che fu qui che Giuseppe Garibaldi, “ferito ad una gamba”, venne a curarsi, immergendosi nella fonte del Gurgitello a Casamicciola.

Insieme a Ischia, anche Procida e Vivara fanno parte della vasta area denominata Campi Flegrei, che nel tratto di mare da qui alla terraferma presenta numerosi crateri sprofondati sott’acqua. Per la sua natura altamente sismica, il Golfo di Pozzuoli tutto e i Campi Flegrei in particolare erano il luogo ideale per la pratica dell’otium, inteso come momento per la cura del sé, là dove manifestazioni dovute alla continua attività vulcanica di una grande caldera in stato di quiescenza venivano interpretate come segnali divini. Se quest’ultimi erano frutto di interpretazioni assolutamente aleatorie, gli effetti curativi erano e sono tutt’oggi tangibili, qui come negli altri centri termali della Regione. Restando in zona, per combattere artrosi, acne, reumatismi e malattie respiratorie si può andare alle Terme di Pozzuoli, vicino al Lago Averno, particolarmente tonificanti e anti-infiammatorie, con temperature che oscillano dai 38°C ai 74°C nelle piscine principali. Sempre non lontano da Napoli, ci sono le Terme di Agnano, che hanno la particolarità di essere immerse in un parco archeologico dove sono visibili le strutture del primo impianto costruito fra il I e il II secolo d.C. dall’imperatore Adriano.

Sul Golfo di Napoli affacciano le Terme di Castellammare di Stabia, note per le cure dermo-cosmetiche che possono attingere a un circuito di ben 28 diverse fonti minerali. Si lascia la costa per inoltrarsi nell’entroterra salernitano e raggiungere Contursi Terme, che ha il vanto di offrire acque con la più alta concentrazione di anidride carbonica d’Europa e perciò di grande efficacia contro le patologie vascolari.

In provincia di Benevento troviamo invece il complesso delle Terme di Telese, alimentato da acque ricche di zolfo ottime contro patologie di natura inalatoria, ginecologica e dermatologica. Una volta giunti qui, vale la pena intraprendere anche il Sentiero delle Sorgenti, per raggiungere l’area naturalistica e archeologica di Monte Pugliano, spettacolare per le doline nate dal crollo di antiche grotte scavate dall’acqua.

Questo tour ideale nella Campania all’insegna dell’otium non potrebbe chiudersi in un luogo più significativo delle Antiche Terme di San Teodoro, a Villamaina, nell’avellinese: da Virgilio a Plinio il Vecchio, non c’è stato autore del passato che non abbia decantato la purezza e bontà delle acque curative, generate da un’attività sismica che coinvolge anche l’area nei pressi del Lago della Mefite, ricca di fumarole e fanghi bollenti. Suggestioni che, è il caso di dirlo, riaffiorano dal passato per regalare ancora, oggi come ieri, un migliore stato di salute e un profondo relax.

Campania Felix

Una cucina dalle infinite sfumature quella della Campania, aristocratica e gustosamente plebea, che intreccia mare e terra senza distinzione o prevalenza alcuna. Una cucina che si avvale di prodotti premiati con le classificazioni DOP e IGP, frutto di una campagna “felix” per via della fertilità generata da fenomeni vulcanici e affini.

Sulla pizza, alimento mitico e universale, si possono trovare molti degli ingredienti di eccellenza che la rendono un emblema di italianità, oltre che di regionalità: in primis, la Mozzarella di Bufala Campana, DOP come il Caciocavallo podolico dei Monti Alburni e il Provolone del Monaco della Penisola Sorrentina, tre dei numerosi gioielli di una produzione casearia ampia e di qualità. DOP sono anche varie tipologie di olio extravergine d’oliva, la Colatura di alici di Cetara e, complice la pummarolla, il Pomodoro di San Marzano e il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, entrambi portabandiera di una ricca selezione di ortaggi e frutta di altissima qualità. Fra questi spiccano il carciofo di Paestum, le Olive di Gaeta DOP, il Fico bianco del Cilento DOP e il limone di Sorrento, con cui vengono prodotti oli essenziali, liquori e conserve.

Dopo la pizza, c’è la pasta secca, altro emblema della cucina di territorio, prodotta in centinaia di pastifici artigianali – assiepati in particolare nella zona di Gragnano, in provincia di Napoli – dove la trafilatura al bronzo, l’essiccazione lenta e a basse temperature sono ancora gli elementi cardine di una filiera controllata.

Fra i salumi, se il più comune è il salame di Napoli e il più sfizioso è il prosciutto di Pietraroja, quello più di nicchia è la salsiccia di polmone, detta anche polmonata, a base di carne di maiale nero casertano. Salumi che in genere ben si accompagnano a molti dei vini autoctoni, che negli ultimi anni hanno conquistato sempre più terreno – 24.000 gli ettari vitati – e sempre più “premi”, come certificato da ben 15 DOC (Ischia, Capri, Vesuvio, Cilento, Falerno del Massico, Castel San Lorenzo, Aversa, Penisola Sorrentina, Campi Flegrei, Costa d’Amalfi, Galluccio, Sannio, Irpinia, Casavecchia di Pontelatone, Falanghina del Sannio), 4 DOCG (Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Aglianico del Taburno) e 10 IGP (Colli di Salerno, Dugenta, Epomeo, Paestum, Pompeiano, Roccamonfina, Beneventano, Terre del Volturno, Campania e Catalanesca del Monte Somma).

Valle di Lauro – Antico Clanis

Quota 1133 metri. La si potrebbe definire un’altitudine modesta, e in effetti lo è, ma è sufficiente perché dalla cima di Pizzo d’Alvano si domini la Piana Salernitano-Napoletana fino a intravvedere l’inconfondibile profilo del Vesuvio. Questa vetta, insieme all’intero massiccio dei Monti di Avella e Partenio e alle aree tutelate come SIC (Sito di Interesse Comunitario) di Pietra Maula e dei Monti di Lauro, è oggi compresa nel vasto Parco Naturalistico Valle Lauro – Pizzo Alvano, che ricade sotto ben tre province, quelle di Napoli, Salerno e Avellino.

Al suo interno si sviluppano circa 50 km di sentieri naturalistici – segnalati secondo le indicazioni internazionali del CAI e identificate con il numero 400 – percorrendo i quali si ha la possibilità di avvistare molte specie di volatili, fra cui la maestosa aquila reale, la poiana, l’astore, il picchio rosso e il picchio nero, l’upupa e il falco pellegrino. Birdwatching da fare a piedi o su due ruote, meglio se in mountain bike, pronti a deviazioni nei piccoli borghi lungo la strada, quali Marzano, Pago, Vallo di Lauro, Taurano, Lauro, Moschiano, Quindici e Domicella, per scoprire prodotti e piatti locali che affondano le radici nel territorio.

Valle di Lauro – Antico Clanis

Percorrere i 200 km del Trekking Partenio è come camminare indietro nel tempo. Tralasciando per un attimo l’aspetto preponderante, quello naturalistico, e concentrandosi invece sui segni lasciati dall’uomo, si può cogliere come questo tracciato sia un insieme di mulattiere, carrarecce, viottoli, sentieri più o meno comodi, ma sempre segnalati dal CAI, lungo i quali sono passati pastori, taglialegna, rifugiati e sfollati di guerre, briganti, contrabbandieri o semplici cercatori dei tesori del bosco, i funghi. Transiti che hanno cambiato, chi in un senso e chi in un altro, la storia stessa della Campania, e prima ancora della Valle Lauro e dell’Irpinia tutta.

Dopo decenni di abbandono dovuto al fenomeno dell’emigrazione e della motorizzazione, l’esigenza di un ritorno alla natura ha permesso di ripristinare tali sentieri, coniugando attività sportiva e culturale e ridando al territorio il suo giusto ruolo, tanto che oggi il Partenio è considerato una delle oasi naturali più belle e incontaminate del Paese.

Il Trekking Partenio è l’itinerario principale che insiste sul Monte Partenio, mettendo in comunicazione i vari comuni attraverso un percorso che si snoda lungo la dorsale principale fra i passi dei Monti di Avella, Piano di Lauro e Mafariello, toccando le zone più alte del territorio e collegandole direttamente con le aree a valle.

Viaticus

L’antica Via Francigena, cammino di fede per eccellenza, ha da sempre due “sensi di marcia”, Canterbury – Roma, Roma – Gerusalemme. Il progetto Vie Francigene del Sud ha di recente rilanciato l’importanza di questo itinerario religioso, ponendo l’accento sulla rotta che da Roma “caput mundi” porta fino al cuore della Terra Santa, Gerusalemme. Limitandoci alla sola Italia, tale viaggio, fisico sì ma anche dell’anima, che dal Medioevo in poi non ha mai smesso di attrarre pellegrini e non solo, transita per Lazio, Molise, Campania, Basilicata e Puglia, in 45 tappe per un totale di 930 km. In provincia di Avellino, nel cuore dell’Irpinia, c’è quella che è stata identificata come Tappa 20, che da Buonalbergo porta a Celle San Vito e che all’altezza del torrente Ginestra attraversa il cosiddetto Ponte del Diavolo. Il cammino si inerpica poi su una serie di colline, toccando luoghi che riportano a una Storia di secoli fa, testimoniata dai resti dell’antico centro di Aequum Tuticum e dalla Taverna Tre Fontane, stazione di posta della Via Traiana.

L’idea alla base del progetto Vie Francigene nel Sud è molto di più che creare un modello di cammino a tappe: il cammino ha la forza di unire l’Occidente all’Oriente, il cristianesimo al paganesimo, l’Età Antica al Medioevo. È un itinerario trasversale, tra basolati romani e antichi tratturi, templi pagani, imponenti cattedrali e santuari cristiani, dolci panorami collinari e aspri passi montani.

Una curiosità in più: le tappe ripercorrono quelle realizzate dalla troupe di Radio RAI durante una spedizione del 2012, raccontata da Sergio Valzania e da altri giornalisti nella trasmissione radiofonica “Da Roma a Gerusalemme, le strade, il mare, la nostra lingua”.

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