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Ecomuseo del paesaggio della Valle del Raganello
L’espressione “museo diffuso” rende perfettamente l’idea di ciò che è l’Ecomuseo del Paesaggio della Valle del Raganello di Civita, nel cosentino. Il quartier generale si trova nell’antico Palazzo Castellano di proprietà dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, ma è tutt’attorno al borgo che si sviluppano gli itinerari di conoscenza del territorio, oggetto primario delle varie attività proposte. L’Ecomuseo è a tutti gli effetti un’istituzione che assicura, in forma permanente e con la partecipazione della popolazione, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e culturali, quest’ultimi intesi come materiali e immateriali, qui radicati da secoli, mirando a un modello di sviluppo sostenibile.
Il Museo prevede un laboratorio di idee per la comunità locale, un centro visite e informazione per l’organizzazione delle escursioni in zona, una biblioteca scientifica e una sala espositiva per approfondire i singoli argomenti, fra cui figura anche la cultura arberesh e la sua presenza sul territorio.
Museo del Gusto e delle Tradizioni Popolari
La sigla MAGB sintetizza i molti contenuti espressi dal Museo Civico di Buonvicino, che altri non sarebbe che il Museo del Gusto e delle Tradizioni Popolari, noto anche come Museo Arti Gusto Buonvicino.
Cinque le sezioni che creano il percorso espositivo, volto a conservare, valorizzare e tramandare la memoria e il sapere di questo piccolo borgo del cosentino: Archeologia, con i reperti rinvenuti negli scavi di epoca bizantino-longobarda; Arte Contemporanea, con opere di ceramica artistica locale; Arte Popolare, sezione volta a ricostruire usi e costumi contadini; Arte Sacra, che raccoglie corredi e paramenti di varie chiese della zona; Beni Ambientali, con campioni di roccia ignee e sedimentarie, di stalattiti e stalagmiti del Parco Nazionale del Pollino, di cui Buonvicino fa parte.
Un insieme che restituisce un quadro prezioso quanto complesso, a tratti inimmaginabile, di una micro realtà come quella di Buonvicino, ma che rende perfettamente l’idea di ciò che sa esprimere la Calabria meno nota.
Museo della Civiltà Contadina di Oriolo
Un restauro esemplare quello che ha avuto come oggetto Palazzo Giannettasio, nel centro storico di Oriolo. I muri esterni in pietra a vista e i saloni che dal 2008 ospitano il Museo della civiltà contadina hanno recuperato tutta la loro allure gentilizia, quel fascino settecentesco che si respira ancora nel salone delle feste, la cui soffittatura affrescata, con al centro il dipinto di San Giorgio che uccide il drago, è lì per essere ammirata.
Nelle quattro sale adibite a Museo sono esposti oggetti d’uso quotidiano in legno e terracotta e persino una cucina del Settecento napoletano, a memoria dell’origine partenopea degli antichi proprietari del palazzo. La visita regala così uno spaccato di autentica vita rurale, come si svolgeva a Oriolo e più in generale in Calabria circa trecento anni fa.
Castello di Rocca Imperiale
Il borgo di Rocca Imperiale è il suo Castello e viceversa. Il nome e l’origine stessa del paese derivano dalla presenza della roccaforte, costruita fra il 1225 e il 1240 per volere dell’Imperatore Federico II di Svevia. Della struttura originaria rimangono pochi ma significativi dettagli, come il portale d’ingresso, una torre e una finestra ogivale, mentre le dimensioni e l’aspetto attuale si rifanno a quanto richiesto nel 1487 da Alfonso II d’Aragona duca di Calabria. A questa fase risalgono in particolare il maschio poligonale, le numerose torri e il cassero, che permisero a gran parte della popolazione di Rocca Imperiale di salvarsi quando nel 1644 quattromila soldati turchi misero sotto assedio il borgo. Ciò avvenne anche grazie alle “dotazioni di bordo” della fortezza, ideate per resistere a lunghi periodi di isolamento, fra cui ampi depositi di olio e grano e ben cinque cisterne d’acqua.
Visitare oggi il castello, dalle sale di rappresentanza alle cucine fino ai sotterranei, così come perdersi fra la Piazza d’Armi e i camminamenti che collegano la Torre Polveriera e la Torre di Federico, significa ripercorrere sette secoli di storia, in un continuo rimando a fatti e rivoluzioni che la storia della Calabria hanno contribuito a mutarla. Da qui fino al Golfo di Taranto, sulla linea dell’orizzonte che si scorge dalla Terrazza Panoramica della rocca.
Museo delle Cere
Otto musei in uno. Questa è la sintesi di ciò che si trova all’interno dell’Antico Monastero Comunale di Rocca Imperiale, che raduna sotto lo stesso tetto otto diverse esposizioni museali. L’edificio è già di per sé motivo di visita: eretto nel 1562 dai Frati Minori Francescani, ha una struttura piuttosto complessa, che si articola in chiostro con cisterna, porticato, celle, chiesa.
Degli otto temi sviluppati ciascuno con un allestimento specifico, il Museo delle Cere rappresenta forse il più inaspettato in un contesto come quello di un borgo medievale. La rassegna di personaggi storici e dello spettacolo è quanto mai varia: Madre Teresa di Calcutta, De Gasperi, Mussolini, Che Guevara, Gianni Agnelli, Totò, Alberto Sordi, Giuseppe Verdi, Pablo Picasso, Charlie Chaplin, Federico II di Svevia e persino un paio di scene corali come l’ultima cena di Gesù con i dodici apostoli e la Sacra Famiglia. Ciascuna figura umana ha grandezza naturale, capelli veri e occhi di vetro, il che rende tutto molto verosimile.
Nel monastero si trovano poi anche il Museo Scientifico del Mare, il Museo Mineralogico, il Museo del Sapone, il Museo Mitologico, il Museo Medievale, il Museo Araldico e il Museo Misto, che altri non è che una raccolta di presepi, documenti e oggetti di ambito religioso.
Museo Civico Santa Maria della Consolazione
La grande ricchezza di opere d’arte giunta fino a noi ha avuto nei secoli due motori principali, soprattutto in un contesto storico come quello che ha caratterizzato la Calabria: le famiglie nobili e di feudatari e gli ordini religiosi. Se ne ha chiara testimonianza nel Museo Civico di Altomonte, il cui percorso espositivo si divide in due sezioni: medievale e domenicano. La prima conserva la ricca collezione di opere raccolte a partire dal Trecento dalla casata Sangineto, fra le contendenti al feudo di questo piccolo ma importante borgo del cosentino. Collezione sviluppatasi per lo più attorno alla Chiesa di Santa Maria della Consolazione e che comprende fra le altre il San Ladislao, tempera su tavola dipinta nel 1326 da Simone Martini, due tavole di Bernardo Daddi, con quattro figure di santi datate al 1328, e due lastre di alabastro della prima metà del XIV secolo importate dalla Francia e commissionate da Filippo Sangineto.
Altrettanto preziosa la sezione domenicana, dove accanto a oli su tela e sculture lignee ampio spazio è dato a paramenti sacri, reliquiari e argenterie liturgiche. Bellissimo il mobile da farmacia del ‘500 e i codici miniati rinvenuti nella sacrestia della Chiesa di Santa Maria della Consolazione e custoditi un tempo nella Biblioteca, scrigno prezioso di testi di teologia, diritto canonico e storia della Chiesa, soprattutto del periodo della Controriforma.