Itinerario degli antichi commerci. La Riviera dei Cedri e gli antichi vini

San Francesco da Paola, nato a Paola, in provincia di Cosenza, è il patrono della Calabria, e per questo, il borgo e il Santuario omonimo voluto dall’illustre concittadino sono da sempre meta di pellegrinaggio. A essere venerate sono le spoglie del santo, o meglio, parte di esse, perché il resto si trova a Tours, in Francia. La visita al Santuario si articola in vari edifici, ciascuno con la propria identità quanto a stile architettonico. La Basilica Antica è gotica e barocca insieme, la Basilica Nuova è postmoderna. Va da sé che nel mezzo, fra le due epoche di costruzione, ci sono quasi 5 secoli di differenza, andando dalla seconda metà del XV secolo alla fine degli anni Novanta del Novecento.

Cosenza est: la costa Ionica e i fasti della Grande Sibari

Considerando che in tutta Italia, da Nord a Sud, ci sono svariate migliaia di castelli e fortezze, essere annoverati fra quelli meglio conservati del Meridione non è cosa da poco. E’ questo il vanto del Castello di Corigliano Calabro, nel Comune di Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza, borgo che si fa notare da lontano proprio per la mole imponente di questo edificio che sovrasta l’intero abitato. Voluto da Roberto il Guiscardo nell’XI secolo, ha visto nei secoli vari avvicendamenti di potere e proprietà, passando in mano a famiglie prima del Ducato di Calabria, poi del Regno di Napoli e infine delle Due Sicilie. Sfarzoso quasi da reggia è il Salone degli Specchi al piano nobile, realizzato nel Settecento dalla casata dei Saluzzo. Dal 1927 è Monumento Nazionale, custodendo nei suoi vasti ambienti le memorie storiche di questa parte di Calabria, e offrendo sontuosi ambienti per eventi culturali e mostre pittoriche.

Cosenza est: la costa Ionica e i fasti della Grande Sibari

Il borgo calabrese di Rossano, in provincia di Cosenza, è noto per due cose: il Codex Rossanensis, prezioso manoscritto miniato in greco del VI secolo d.C. contenente i Vangeli di Marco e Matteo, e la liquirizia. Entrambi questi “tesori” sono custoditi gelosamente “in casa”, il primo nel Museo Diocesano e del Codex, e il secondo nel Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”. Quest’ultimo è un esempio illuminato di “museo d’impresa”, nato cioè per iniziativa di un imprenditore locale che ha voluto così valorizzare un certo prodotto e la tradizione, in questo caso gastronomica, che ne è derivata. Per intenderci, un altro modello simile è quello della Ferrari a Maranello, il più visitato d’Italia di questo genere, seguito proprio da quello della piccola Rossano grazie a una media di 50.000 visitatori all’anno. Nel 2001, in virtù di questi numeri importanti, il Museo della Liquirizia ha vinto il premio Guggenheim Impresa & Cultura, e nel 2004, è stato realizzato un francobollo della serie filatelica italiana “Il patrimonio artistico e culturale italiano”.
L’edificio che lo ospita si trova in Contrada Amarelli, omonima della famiglia che da tre secoli si occupa di estrarre, lavorare e commercializzare la liquirizia.

Cosenza est: la costa Ionica e i fasti della Grande Sibari

Nel Museo Diocesano e del Codex di Rossano, in provincia di Cosenza, è conservato un volume che è l’oggetto del desiderio di qualunque archeologo o studioso di testi antichi. Il Codex Rossanensis, dal nome del luogo di ritrovamento, è un manoscritto onciale greco del VI secolo d.C. contenente i testi dei Vangeli di Matteo e Marco e una serie di miniature che lo rendono uno dei più antichi esemplari miniati di Nuovo Testamento al mondo. Tale volume, inserito nel 2015 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco fra i 47 documenti del Registro della Memoria Mondiale, si compone di 188 fogli sui 400 originari, molti dei quali tinti di rosso e per questo definito Codex Purpureus.
La grafia in cui è redatto è la maiuscola biblica o greca onciale, con termini in scriptio continua (senza separazione delle parole), privi di accenti, spiriti, segni di interpunzione, eccetto il punctum, il nostro “punto fermo”.

Il massiccio del Pollino e popolazione arbresche

Fra i “Borghi più belli d’Italia” ce n’è uno che porta con sé un ricco patrimonio “straniero”, per la precisione albanese. Civita, Çifti in Arbëresh, è uno dei Comuni della provincia di Cosenza che fa della Calabria un’ “enclave” di questa cultura, approdata nel nostro Meridione nel 1470. Alcuni nuclei provenienti dall’Albania si rifugiarono qui per sfuggire alle milizie turche, rimanendo fedeli alle loro tradizioni e alla loro lingua, parlata ancora oggi, e fondando paesi come Acquaformosa, S. Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, S. Costantino Albanese, S. Paolo Albanese e, appunto, Civita.

Il borgo si trova a 450 metri di quota, all’interno della Riserva naturale Gole del Raganello e del Parco Nazionale del Pollino, immerso in una vallata chiuda da montagne boscose che pure all’orizzonte guardano sull’azzurro del mare. Civita è per questo noto come “il paese tra le rocce”, o “Il paese del Ponte del Diavolo”, per via del ponte medievale in pietra appena fuori dall’abitato.

Il massiccio del Pollino e popolazione arbresche

La zona a nord della provincia di Cosenza è occupata da una porzione del Parco Nazionale del Pollino, “santuario” dell’endemico pino loricato, perciò detto anche “Giardino degli Dei”, e delle vette più alte del Sud Italia, che sfiorano i a 2.200 metri e guardano a Ovest le coste tirreniche di Maratea, di Praia a Mare e Belvedere Marittimo e a Est il litorale ionico da Sibari a Metaponto. Istituito nel 1992 e “promosso” a Geopark Unesco nel 2015, il Pollino è l’area protetta più vasta d’Italia, che con i suoi 1.926 kmq si estende fra Calabria e Basilicata, comprendendo i Massicci del Pollino e dell’Orsomarso.
Benché sia la natura a fare da padrona da queste parti, non mancano gli spunti storico-archeologici, e persino preistorici, come per esempio nella Grotta-Riparo del Romito, o in quella di Sant’Angelo, con una graziosa chiesa ipogea del V-VI sec. d.C., o ancora nei borghi di Mormanno e Civita, fermi al Medioevo.

Per non farsi mancare nulla, c’è anche il tocco di “esotico” in più, dato dalle comunità di cultura Arbëreshe, presenti sul territorio dal 1470. Alcuni nuclei provenienti dall’Albania si rifugiarono qui per sfuggire alle milizie turche, rimanendo fedeli alle loro tradizioni e alla loro lingua, parlata ancora oggi, e fondando paesi come Acquaformosa, Civita, S. Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese.
La comunità albanese presente nel Pollino è fra le più radicate d’Italia: a Civita e a S. Paolo Albanese, si trovano i Musei della Civiltà Arbëreshe dove sono conservati numerosi oggetti, attrezzi e costumi tipici. Di grande interesse religioso sono le funzioni di rito greco-bizantino e le Vallje, le particolari danze che gli Arbëreshë intrecciano uniti l’un l’altro attraverso un fazzoletto.

Le guide del parco e le indicazioni precise dei vari sentieri permettono a chiunque, famiglie comprese, di esplorare il territorio seguendo fil rouge diversi, ora naturalistici, ora etnico-culturali e così via.

Cosenza e la Sila Grande

La Strada delle Vette deve il suo nome al fatto che unisce le tre maggiori cime della Calabria. Si parte da Camigliatello Silano, “capoluogo” della Sila in provincia di Cosenza, che con i suoi 1300 metri di quota offre pendii che in inverno si trasformano in piste da sci. Si intraprende la SP249 e un tornante dopo l’altro si sale fino a Fago del Soldato, a 1450 metri. In pochi minuti si arriva al valico di Montescuro, a quota 1600 metri, punto panoramico sulla vallata di Cosenza e quella di Camigliatello. Ecco, è questo il luogo di partenza della Strada delle Vette vera e propria.

Dopo circa 5 Km, ecco il suggestivo altopiano di Macchia Sacra, punteggiato dai caratteristici “capanni dei vaccari”. Qui sgorga la freschissima Fontana del Colonnello, poco prima del Macchione, da cui parte un altro impianto di risalita per Monte Curcio, base di riferimento per raggiungere il Monte Botte Donato, la vetta più alta della Sila.

Rifugio, bar e ristorante attendono chi prende la cabinovia da Lorica, sulla riva del Lago Arvo: affacciandosi dal terrazzo del rifugio si può ammirare tutto l’Altopiano Silano per rimanere stupiti di fronte a un paesaggio che ricorda molto le foreste canadesi. Sul fondavalle appare il Lago Arvo, fra i punti più suggestivi della Strada delle Vette. Chi vuole proseguire può raggiunge Rovale e intraprendere la SP211 verso Silvana Mansio, S. Nicola Silano e Sculca, da cui si raggiunge Croce di Magara. Qui si possono ammirare i “Giganti della Sila” in località Fallistro, famosa riserva biogenetica con un bosco di pini secolari classificati fra gli alberi monumentali d’Italia. Imboccata la S.S. 107, si fa ritorno a Camigliatello Silano. Un rapido calcolo riporta quanto segue: 35 Km per la Strada Delle Vette, 60 Km per completare il cerchio con ritorno a Camigliatello Silano.

Cosenza e la Sila Grande

Sui pendii della cosiddetta Sila Greca, in provincia di Cosenza, si arroccano borghi le cui fortificazioni raccontano di secoli di invasioni nemiche. Longobucco, Boccchigliero, Camigliatello e San Giovanni In Fiore ne sono un esempio, avamposti di civiltà antiche, dove ogni famiglia aveva un’arte portata avanti generazione dopo generazione, fino ai giorni nostri. Due i mestieri più diffusi, quello del tessitore e quello dell’orafo, che oggi come allora danno vita a distretti di produzione di rilievo per la qualità dei manufatti.

Cosenza e la Sila Grande

Sono le mulattiere e i tratturi tracciati secoli fa da pastori e animali a fare da guida ai Sentieri dei Passi Perduti, filo conduttore nell’entroterra cosentino, che dalla costa porta alle pendici della Sila e nel cuore del Parco Nazionale della Sila. Si parte dal rifugio montano Casello Margherita, a circa 1400 metri di quota, fra faggi e castagni secolari, raccogliendo i frutti copiosi di un sottobosco integro e ben conservato.

Cosenza e la Sila Grande

Sono le mulattiere e i tratturi tracciati secoli fa da pastori e animali a fare da guida ai Sentieri dei Passi Perduti, filo conduttore nell’entroterra cosentino, che dalla costa porta alle pendici della Sila e nel cuore del Parco Nazionale della Sila. Si parte dal rifugio montano Casello Margherita, a circa 1400 metri di quota, fra faggi e castagni secolari, raccogliendo i frutti copiosi di un sottobosco integro e ben conservato.

Skip to content