L’Acropoli megalitica di Alatri come le piramidi della piana di Giza. Può sembrare un paragone esagerato, ma sono numerosi gli archeo-astronomi che sostengono come le mura e le porte ciclopiche di accesso alla cittadina ciociara siano orientate astronomicamente verso il sorgere del sole al solstizio d’estate. Una teoria scientifica, o quasi, che trova riscontro nelle tradizioni popolari, secondo le quali il 21 giugno di ogni anno è consuetudine attendere l’alba sull’acropoli per essere testimoni dei natali dell’antica Aletrium. Fra leggenda e realtà, vero è che Alatri è solo uno degli esempi delle grandiose acropoli erette dai geniali architetti degli antichi Ernici e Volsci, popolazioni descritte da Virgilio come “civiltà di fieri combattenti e tiratori infallibili”. Un’affermazione in linea con quanto sostenne lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius, rimasto più impressionato dalle mura di Alatri che dal Colosseo.
Ma la Storia volle che la capitale della confederazione delle città erniche fosse un’altra, la dives Anagni, cantata da Virgilio per la sua bellezza, arrivata a noi grazie alla maestosa cinta muraria – realizzata senza alcun tipo di legante fra i blocchi di travertino – che per secoli ha custodito il centro storico.
Una dinamica comune alla vicina Ferentino, che della sua romanità plurisecolare conserva il mercato, il criptoportico, il teatro e la Porta Sanguinaria, cosiddetta perché un tempo varcata dai condannati a morte e teatro di sanguinose battaglie.
Ben più protetta doveva essere l’antica Verulae, i cui resti sono visibili a tratti fra le vie e nei sotterranei della medievale Veroli. Di quest’epoca più recente rimangono i torrioni, mentre del Forum e delle mura degli Ernici solo alcune tracce davanti al Palazzo Comunale.
Tant’è, l’orgoglio di civitas erecta è ancora ben saldo, così come ad Arpino, “città’ dei Volsci, municipio dei Romani, patria di Marco Tullio Cicerone, principe dell’eloquenza, e di Caio Mario, sette volte console…”, fondata da Saturno che qui terminò i suoi giorni. Qualcosa di prodigioso dovevano trasmetterlo già all’epoca anche le mura e l’arco a sesto acuto in esse conservato, frutto di ingegno e capacità tecniche ancora oggi sorprendenti.
Infine, fra quelle che Virgilio definì le città più importanti del Lazio c’era Atina potens, la potente, la cui ricchezza era dovuta ai depositi di ferro e rame dei vicini Monti della Meta. Qui furono infatti forgiate per secoli armi, comprese quelle usate contro Enea giunto qui come profugo da Troia, appena prima che desse origine alla stirpe che portò alla nascita di Romolo e Remo e quindi di Roma.