Basilicata

Il nome antico della Basilicata, Lucania, deriva da lucus, bosco sacro, e il motivo si deve al fatto che da queste parti non è poi così raro imbattersi in pini e abeti tipici di una foresta nordica. Una specie arborea che non ti aspetteresti mai a questa latitudine, ma in un territorio con solo l’8% di pianura e per il resto equamente diviso fra montagne e colline, non c’è da stupirsi. Anzi, possiamo dire che questa è solo la prima delle molte sorprese che la Basilicata ha in serbo per il visitatore. Se ci si arriva in auto, molto probabilmente lo si fa dalla A3, e una volta lasciata l’autostrada, il paesaggio cambia repentinamente: la statale si insinua fra le montagne dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese, zona dal 2007 istituita a Parco Nazionale. Anche se si è solo di passaggio, merita una sosta Lagonegro, il paese della bella chiesa di San Nicola, dove secondo un’antica leggenda riposerebbe la Monna Lisa. Sì, l’enigmatica dama ritratta da Leonardo da Vinci, che avrebbe terminato la sua vita in questa “selva oscura” di alberi non proprio da macchia mediterranea. A ricordare però alla “Gioconda” la sua terra d’origine, in Basilicata c’erano già allora le dolci colline ammantate di grano e forse, chissà, anche la presenza dei primi vigneti nel Vulture, il vulcano spento oggi zona di vini autoctoni che si fanno rispettare, caratteristiche che in tempi più recenti sono valse alla Regione il soprannome di “Toscana del Sud”.

Si prosegue il viaggio verso l’entroterra ed ecco che ci si imbatte in un’altra realtà che richiama alla mente un altrove sicuramente più noto di questa versione meridionale: le Dolomiti Lucane, nel Parco Nazionale del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia, dal 2005 nella lista globale dei geoparchi Unesco. Qui il vento ha plasmato guglie e rocce dando adito a fantasiose interpretazioni, fra cui pare di riconoscere ora un’aquila, ora un’incudine o una civetta. Castelmezzano e Pietrapertosa sono i due borghi che fanno da tappa obbligata per chi sceglie come meta il Parco per un’escursione di trekking, in MTB, a cavallo, di free climbing, canyoning o speleologia, in un contesto generoso di colpi di scena fra dirupi, pareti di faglia, gole profonde, grotte carsiche, timpe vulcaniche, inghiottitoi, pascoli di alta quota e persino circhi glaciali che sfiorano i 2.200 metri. Terreno fertile di numerose specie di flora e fauna, fra cui domina incontrastato l’endemico e maestoso pino loricato, ma anche scrigno di tradizioni antiche, come i cosiddetti riti arborei, il “matrimonio” fra un albero e la sua cima, celebrato fra maggio e settembre nei vari borghi dolomitici.

In un lento vagare fra borghi e campi coltivati, spesso si riconoscono all’orizzonte i profili di fortezze di federiciana memoria: a Melfi e Lagopesole si visitano due dei castelli meglio conservati eretti nel Duecento dallo “Stupor Mundi”, che sembrano quasi due scorci rubati alla Puglia, appena qualche chilometro in là. L’area del Vulture-Melfese regala anche altre emozioni, in particolare a Venosa, dove l’accoglienza è data da un massiccio Castello Aragonese. In pochi passi si scoprono poi la casa natale del poeta latino Quinto Orazio Flacco, il Parco Archeologico con un bellissimo impianto termale, le catacombe ebraiche e la celebre “Incompiuta”, l’affascinante complesso della Santissima Trinità, rimaneggiata più e più volte dall’epoca paleocristiana in poi, senza però mai giungere a compimento, lasciando così l’edificio open air. Leggende e misteri abbondano qui come pure a Craco, borgo noto come la “città fantasma”, in seguito a una frana che nel 1963 costrinse la popolazione ad abbandonare il centro fino a lasciarlo completamente disabitato. L’eleganza degli aristocratici Palazzo Grossi e Palazzo Maronna, la sacralità della Chiesa Madre… tutto è fermo a sessant’anni fa, pronto per il prossimo “ciak”. E in effetti, qui e nella vicina Matera, di registi se ne sono sempre visti parecchi, attratti dai riflessi ocra della pietra tufacea del Sasso Barisano e Caveoso del luogo più noto della Basilicata, soprattutto da quando nel 1993 è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità. Riprendendo il “gioco” delle somiglianze con realtà extra-lucane, Matera ricorda un po’ la Cappadocia, ma allo stesso tempo è qualcosa di diverso, con i suoi “Sassi” unici al mondo, da oltre duemila anni trasformati in abitazione o luogo di culto, tanto numerose da creare un circuito di chiese rupestri oggi tutelato in quanto Parco Archeologico Storico Naturale.

Scenari diventati popolari grazie a pellicole firmate a partire dagli anni Cinquanta da grandi autori della “Settima Arte”: Mario Volpe, Alberto Lattuada, Roberto Rossellini, Lina Wertmuller, Giuseppe Tornatore, fino a Mel Gibson, che nel 2004 girò The Passion, e alle più recenti riprese di Patty Jenkins per Wonder Woman, del 2016, e al capitolo No Time To Die di 007, girato nel 2020 con scene di inseguimenti da brivido alla James Bond fra Sassi e dintorni.

Echi di panorami ellenici si ritrovano invece a Metaponto, ammirando i colonnati del Tempio di Hera e gli scavi del sito archeologico lucano più grande e meglio conservato.

Fa invece volare addirittura oltre oceano il profilo del Cristo Redentore di Maratea, in cima a Monte San Biagio, scultura alta 22 metri e seconda per dimensioni solo al Cristo del Corcovado che si erge sul “Pan di Zucchero” a Rio de Janeiro. Un ultimo tocco esotico a questo viaggio in cui la Basilica, alla fine, somiglia solo a se stessa. E lo dimostrano bene questi 32 km di costa stretti fra Calabria e Campania, pochi ma che si fanno ricordare: un susseguirsi di torri medievali, anfratti e grotte da scoprire e spiaggette baciate da un mare cristallino che nulla hanno da invidiare al mondo.

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