Palermo e i suoi molti principi. Si potrebbe scrivere un libro intero su questo argomento e sui palazzi aristocratici che affollano il Centro Storico del capoluogo siciliano. Fra i più splendenti c’è Palazzo Belmonte Riso, eco del potere economico dei Principi Ventimiglia di Belmonte. Costruito alla fine del Settecento, è un interessante esempio di residenza privata nobiliare, mix fra magnificenza tardo barocca e rigore neoclassico, dal 1986 di proprietà della Regione Sicilia. Grazie a una lunga opera di restauro, il palazzo è dal 2005 sede di “Riso, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia” che punta alla promozione dei giovani artisti e, insieme alla Cappella dell’Incoronazione e all’Albergo delle Povere, mette a disposizione della comunità uno spazio unico nel suo genere per mostre temporanee, spettacoli, concerti, rappresentazioni teatrali.
Presso Museo Riso si trova inoltre lo Sportello per l’Arte Contemporanea della Sicilia, S.A.C.S. archivio cartaceo e digitale degli artisti siciliani che rende fruibile a chiunque quanto le nuove generazioni di creativi locali stanno portando avanti in questi anni. A garanzia di questo ambizioso progetto sono stati anche costituiti il Comitato Valutazione Mostre – formato da Valeria Patrizia Li Vigni, Bruno Corà, Thierry Dufrêne, José Jiménez e Werner Meyer – e il Comitato Tecnico Scientifico, formato dal Presidente di Amici di Riso, dai Direttori delle due Accademie di Catania e Palermo, e dai rappresentanti delle più importanti fondazioni di arte contemporanea siciliane: la Fondazione Orestiadi di Gibellina, Fiumara d’Arte di Castel di Tusa, le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento. Il Museo Riso è diventato Polo Museale regionale d’arte Moderna e Contemporanea di Palermo inglobando il Museo interdisciplinare di Terrasini.
Nel 1735, l’edificio fatto costruire circa trent’anni prima sul frontemare di Palermo dal Duca Branciforti Girolamo Martini diventa di proprietà dei Principi Butera, giusto in tempo per ospitare Carlo di Borbone appena incoronato. Nel 1760, dopo un terribile incendio, il Principe Butera acquista anche l’edificio accanto dei Principi Moncada, e dall’unione delle due proprietà deriva ciò che oggi ancora si vede. L’artista Gioacchino Martorana riceve la committenza dei decori pittorici, cui nel periodo Roccocò si aggiungono stucchi, specchiere e molto altro.
Questo l’antefatto di quanto accade oggi in questo meraviglioso centro d’arte che è Palazzo Butera, acquistato nel 2016 da Massimo Valsecchi e Francesca Frua De Angeli. Importanti lavori di restauro hanno riportato la dimora a quell’epoca d’oro, cui si è aggiunto l’allestimento della straordinaria collezione di opere raccolte dai due proprietari rimasta per anni in prestito al Fitzwilliam Museum di Cambridge e all’Ashmolean Museum di Oxford.
La formazione della Collezione Valsecchi è avvenuta a Londra, nell’arco degli ultimi cinquant’anni, ed è stata definita “the least known private holding of great art in London” (Susan Moore, ‘Apollo’, giugno 2016).
Ora al piano terra di Palazzo Butera c’è una biblioteca di consultazione, spazi per le esposizioni temporanee e per le attività didattiche rivolte agli studenti delle scuole e delle università. Il primo piano è di fruizione privata e è una casa-museo, mentre il secondo piano nobile è aperto al pubblico per le visite guidate. Per ridare un senso di mecenatismo al palazzo, è disponibile anche una foresteria, pronta ad accogliere artisti, curatori e personalità della cultura coinvolti nelle attività espositive in-house.
Il caveau di una banca della Natura, ma di un istituto bancario speciale, detto germoplasma, in cui la “moneta di scambio” è rappresentata dalle semenze di piante e fiori allo scopo di aumentare il numero delle specie vegetali “in.house” e di conseguenza anche quelle nei luoghi di “esportazione”. Si potrebbe definire così l’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Palermo, una tra le più importanti istituzioni accademiche italiane dotata di un vasto museo en plein air che da oltre 200 anni – fu inaugurato nel 1789 – contribuisce allo studio e alla diffusione di specie vegetali in Sicilia, in Europa e in tutto il Mediterraneo. Specie non solo autoctone ma anche provenienti dalle regioni tropicali e subtropicali, che creano un mix di rara bellezza e varietà: Agavaceae, Aloaceae, Araliaceae, Cactaceae e così via sono suddivise in diverse aree, in un complesso corollario botanico e geografico che con le sue 12.000 piante non smette di stupire.
È uno dei monumenti più visitati nella Sicilia e dal 2015 è Patrimonio dell’Unesco nell’ambito del sito seriale “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale”. Tanto basterebbe per stimolare una certa curiosità verso Palazzo dei Normanni, detto anche come Palazzo Reale. Il motivo di questa notorietà è semplice: l’edificio è la più antica residenza reale d’Europa, ex dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale di Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Monumento simbolo di un’epoca d’oro per Palermo e la stessa Sicilia, il palazzo custodisce tesori d’arte di inestimabile valore, primo fra tutti la Cappella Palatina, che Guy de Maupassant non ebbe indugio a definire “la più bella che esiste al mondo, il più stupendo gioiello religioso vagheggiato dal pensiero umano ed eseguito da mano d’artista”. A volere la costruzione della Cappella fu Ruggero II, che all’indomani della sua incoronazione, avvenuta nel 1130, volle sottolineare l’incontro fra culture e religiosi diverse in un luogo che riunì maestranze bizantine, islamiche e latine.
Ma la reggia palermitana ha altre sorprese in serbo: la splendida Sala d’Ercola, decorata da un ciclo di affreschi rifinito nel XIX secolo da Velasquez, gli Appartamenti e i Giardini Reali, con piante plurisecolari che da sole meriterebbero la visita.
Durante il suo Grand Tour, Guy de Maupassant ebbe modo di fermarsi qualche tempo anche a Palermo, diventando un vero estimatore delle tante bellezze artistiche del capoluogo siculo. Fra i luoghi che più apprezzò ci fu il cinquecentesco Convento dei Cappuccini, situato nel quartiere Cuba e annesso alla Chiesa di Santa Maria della Pace. Lo scrittore francese raccontò di essere rimasto impressionato dallo spettacolo macabro nel sotterraneo del convento: qui si trovano infatti le famose catacombe, con migliaia di cadaveri esposti – si dice siano circa 8.000 – in gallerie scavate alla fine del ‘500 in stile gotico, a formare un ampio cimitero sotterraneo.
Per scoprire questa Palermo “underground” basta prenotare una visita al Convento dei Cappuccini. Percorrere i lunghi corridoi delle catacombe è un viaggio nell’Ade: le mummie sono disposte in piedi o coricate, vestite di tutto punto, divise per sesso e categoria sociale. Prelati, ufficiali dell’esercito, commercianti, borghesi nei loro vestiti “buoni”, giovani donne vergini con il loro abito da sposa, intere famiglie e purtroppo anche molti bambini e infanti. Lo spettacolo della vita che va in scena nel regno dei morti.
In Via Crispi a Palermo si sviluppa l’Area Archeologica monumentale di Castello a Mare. Un luogo inaspettato, che spesso neanche i palermitani conoscono, ma che merita di essere visitato e apprezzato. Si tratta del “Castrum Inferior” posto all’imboccatura dell’antico porto della Cala. C’è chi sostiene l’esistenza di un precedente edificio di fondazione islamica, ma i recenti scavi archeologici della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Palermo parlano del periodo compreso negli ultimi decenni dell’epoca normanna, fra il 1160 e l’inizio del XII° secolo. Di certo c’è che il primo documento giunto fino a noi in cui si cita il Castello a Mare di Palermo è il “Liber de regno Siciliae” di Ugone Falcando, datato al 1154: qui si parla di un “Mastio” turriforme (Torre Mastra), separato dalla citta da una vasta spianata, di un impianto planimetrico a forma di quadrilatero con ampi e profondi fossati e di stanze riservate all’alloggio per il castellano e la truppa. Accanto a questa costruzione di chiara funzione militare c’erano due chiese, quella di San Giovanni Battista, riedificata dai normanni su una moschea, e quella di San Pietro la Bagnara, che era rivolta verso la città.
Ingrandito, modificato, adeguato ai diversi momenti storici e all’evolversi dell’arte militare, il Castello a Mare ha visto nei secoli l’aggiunta di numerosi elementi architettonici, e ad oggi è parzialmente visitabile.
Pane e panelle, pane ca’ miuza, fritti e frittini di ogni genere, senza contare il trionfo di dolci dalle origini multietniche. Il cibo di strada è ovunque a Palermo ed è fra i più ricchi d’Italia e del mondo. Per questo, proprio qui si svolge il Palermo Street Food Fest, che per dieci giorni trasforma il Centro Storico del capoluogo siciliano, e in particolare la zona di Piazza Marina e Corso Vittorio Emanuele, in un Villaggio gastronomico a cielo aperto. Cuochi di ogni estrazione e provenienza si confrontano in show cooking, laboratori e degustazioni che raccontano tutte le tipologie di street food possibili, in una vera e propria festa del gusto globale. Non solo. Concerti di grandi artisti italiani e nuovi talenti, artisti di strada, talk show e momenti di approfondimento arricchiscono il calendario dell’evento, in un connubio di ogni forma d’arte, da quella culinaria a quella fatta di note, parole e musica.
Ciò che oggi vediamo allestito all’interno del Complesso Monumentale di Sant’Anna è frutto di oltre un secolo di lavoro, per far sì che la GAM – Galleria d’Arte Moderna di Palermo diventasse una delle più moderne e proattive istituzioni culturali del capoluogo siciliano e non solo. L’attuale sede è attiva dal 2006, e ha visto un team di grandi esperti collaborare per la sua realizzazione: il progetto generale di ordinamento scientifico del Museo è stato curato da un gruppo di studiosi sotto la guida di Fernando Mazzocca e composto da Gioacchino Barbera, Luisa Martorelli, Antonella Purpura e Carlo Sisi, mentre l’allestimento è stato firmato da Corrado Anselmi e quello illuminotecnico da Leonardo Adragna.
La GAM è oggi un ensemble di 14 sezioni tematiche e monografiche che illustrano il percorso delle arti figurative in Italia tra Otto e Novecento e tra i maggiori capolavori comprende le grandi tele di Giuseppe Sciuti, i paesaggi di Francesco Lojacono, il naturalismo di Antonio Leto, gli echi Art Nouveau di Ettore De Maria Bergler, il gusto luministico di Giovanni Boldini. Il Novecento è invece rappresentato da una carrellata di opere di Massimo Campigli, Felice Casorati, Mario Sironi, Renato Guttuso, Franz von Stuck, aggiuntesi alla collezione iniziale esposta per la prima volta il 24 maggio 1910 nel Ridotto del Teatro Politeama. All’epoca, era in voga la Belle Epoque e a dirigere le operazioni c’era Empedocle Restivo, alla cui memoria è oggi intitolata la GAM.
Può una collezione di mattonelle diventare oggetto da museo? Sì, se queste sono frutto di una lavorazione artigianale sopraffina, siciliana e campana, e datata tra il XV e il XX secolo. A Palermo, nel quartiere della Kalsa, sorge Palazzo Torre Pirajno, in cui oggi ha sede questo originale museo dal nome altrettanto curioso, Casa Museo “Stanze al Genio”, ispirato alla fontana del Genio della vicina Piazza Rivoluzione. L’edificio, appartenuto prima ai Fernandez di Valdes, nel corso del Settecento ai Torre – Benso Principi della Torre e successivamente ad i Pirajno, solo di recente è stato restaurato e riportato al suo aspetto originario. Al piano nobile, dove tutto evoca il XVI e XVII secolo, otto sale sono state interamente restaurate per recuperare i decori originali celati da strati di intonaco, i lambris e buone parte delle pavimentazioni d’epoca. Con quasi 5000 esemplari di mattonelle esposte è una tra le più grandi collezioni aperte al pubblico in tutta Europa, suddivisa in base all’epoca ed alla provenienza geografica e incrementata ogni anno con l’inserimento di nuovi pezzi. Collezioni minori di giocattoli antichi, scatole di latta, oggetti vintage e articoli di cancelleria d’epoca fanno da corollario all’esposizione della Casa-Museo.
Dal 2011 a oggi, “Una Marina di Libri” a Palermo è diventata la kermesse cultural-letteraria più importante del Sud Italia. Edizione dopo edizione, è andata accrescendo il suo status e la sua fama, attirando migliaia di visitatori – 30.000 in media ogni anno – più di 130 case editrici da tutto il Paese, scrittori nazionali e internazionali, ma anche musicisti, artisti e operatori culturali che hanno arricchito il programma di cinque giorni. Set della manifestazione è Piazza Marina, al centro di un progetto di valorizzazione territoriale portato avanti da un organismo no profit che mira a farne come Distretto Produttivo, Culturale e Turistico di qualità.